Author: Anonymus (Padre Giovanni Battista Martini?)
Title: Giudicio di Apollo
Editor: Massimo Redaelli
Source: Anonymus, Giudicio di Apollo. (Naples, 1763) in Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS I. 43, f. 90-99
[-1-] GIUDICIO DI APOLLO. NAPOLI, PER IL GESSARI. Con licenza de' Superiori. [Venezia, 1763. add. m. s.] [-3-] Rendutosi pochi giorni sono alla Maestà d'Apollo uno de' Segretari suoi dopo avere compiutamente con prestezza dato fine per ogni parte lodevole, e vantaggioso ad affari difficili, e di somma consideratione degni alla sua fede, ed accortezza al tutto già commessi; onde il Nume ne restò perfettamente pago; per l'aggradimento di lui di tanta impresa a chiari segni manifestato messosi cuore ossequiosamente gli presentò alcune Carte in forma valida, ed autorevole dagl'Originali del Compositore puntualmente, e con ogni fedeltà trascritte. Chese lui Apollo di ciò che in esse conteneasi, e l'Autore ne domandò. Rispose esser alcune composizioni di Musica, ed un' trattato, o dissertazione, o qualunque altra cosa ella siasi di Canto Teorico, parti di un certo Andrea Menini da Udine, da lui, come pare innanzi tempo prodotti nel mese di Marzo 1761., affinchè fossero all' Accademia de' Filarmonici di Bologna presentati per essere in questa dotta, e nobile, ed illustre ragunanza annoverato. E bene, disse, non tiene ella da lungo tempo per lo sperimentato valor suo, e per la costante rettitudine de' suoi giudizj da noi per grazioso rescritto una piena facoltà legittima di aggregare a se chi lo desidera, e n' è degno, e a presontuosi, e non meritevoli dar' ripulsa, senza che a questi rimanga il benefizio dell' appello alla nostra Reggia? Se il Menini contentato si fosse, soggiunse, il Secretario, di proporre solamente all' Accademia le sue prove, ond' ella avesse far' saggio della naturalezza, dell' ingegno, della dottrina, e della sperienza di lui nell' Arte Musica, nè io presentemente eserciterei questo ragionevole Ufizio, nè fare ora alla Maestà Vostra con quella umiltà, che le potesse fare le mie affettuose preghiere accettevoli in maniera, che degnar si volesse di avvocare a se una causa, dalla giusta risoluzion della quale dipender' dovesse la restituzione al primiero stato del buon' nome di tanti, che ingiustamente, e a gran torto si è procurato di diminuire, cosa, la quale [-4-] presso l' ignorante Volgo con tanta facilità si ottiene. Hà l' Autore del supposto Trattato fatto tali parole, che mostra poco rispetto, anzi fa chiaro del niun' conto in cui tiene l' Accademia tutta, e insieme quelli, che la compongono. Ha censurato Jacopo Antoni Perti suddito della Maestà Vostra, per lo qual avete sempre avuto un' parziale affetto per la sua Eccellenza nell' Arte del Contrappunto, e per lee sue rare doti dell' Animo, per le quali è virtuoso sopra la Terra per il corso di novantacinque Anni sempre con uguale singolar stima, ed amore di tutti in verso di lui. Ha in fine non leggiermente ripreso il primo Tomo della Storia della Musica ultimamente dato in luce pregiata immortal' Opera di singolar merito, che riscuoterà per sempre en giustamente da' Saggi ogni considerazione, e rispetto. Il Nume fisi gl' occhi al suolo compose il Volto ad estrema severità, e alquanto tacciutosi fuor' dell' usato altamente si adirò, e forte battendo il destro piè in Terra tutto ne scosse il Sagro Monte, e gridando, disse: O incauto ardimento! Non anderà franco da pena, chiunque fà oltraggio all' Accademia de' Filarmonici di Bologna, dalla quale abbiamo riscossi da lungo tempo per lo merito loro tanti Eccellenti uomini onore del nostro Regno. E chi è questi a noi totalmente incognito, che si è avanzato a riprendere il Perti tanto a noi gradevole? E chi è che presume parlare con poco riguardo dell' Autore della Storia della Musica, il quale per gl' alti suoi pregi contro l' usato abbiamo già ascritto agl' Eroi, che ben' farà conoscere in appresso la vastità del nostro Impero? Vedrà il coraggioso, che dir' voglia avere a giusta ira commosso un' Nume. Rivoltosi al Segretario gli diede carico di consegnare le proposte Carte a Musici Teorici, e Pratici, a quali aveva accordato il grand' onore d' essere ammessi nella sua Reggia, e loro ordinare a nome suo, che per minuto, e con attenzione le esaminassero per esser pronti al loro Voto consultivo in una generale Assemblea, che sarebbesi in appresso tenuta, e nella quale la Maestà Sua avrebbe prese le risoluzioni più convenienti, e proporzionate al merito dello Scrittor Valente novellamente comparso. Nell' eseguir prontamente il Segretario quanto dal suo Signore eragli stato imposto, non lasciò di muovere con particolari fervorose sue preghiere gl' Animi de suddetti Musici ad adempiere perfettamente quanto loro era stato da Apollo comandato per formarne delle proposte Opere un pieno concetto; sicchè per li Voti loro ancora sortir' ne dovesse un giudicio, il quale toccasse in qualche maniera l' Animo dello spiritoso Autore, siccome ardentemente bramava, e per lo contratto impegno, e per una certa avversion concepita contro di lui nel leggere il suo Trattato, mentre saliva il Monte, nel quale trovò moltissimi errori di Ortografia; Vocaboli, e frasi straniere al puro parlar Toscano; idee oscure, e indigeste; Contradizioni, ed Argomenti insussistenti, e fallaci [- 5-] assai; cose tutte, che lo infastidirono a gran segno, come colui, che sà toscanamente, e solo con pulitezza parlare, e scrivere; e quello, che più monta, solo rettamente concepire, e ragionare. Giunto lo stabilito giorno, e fattasi la generale adunanza di tutti i Sapienti della Reggia sino ad uno nella gran Sala dell' Udienza, e convenevolmente allogatisi, comparve la Maestà d' Apollo accompagnata dal gran Cancellier delfico, da Segretarj, ed altri Ministri, e da tutti i Musici Teorici, e Pratici, Antichi, e Moderni di tutte le Nazioni d' immortal lauro il capo ornati del valor loro indizio, e premio. Il Nume asceso, e sedutosi sull' Aureo Trono, e gl' altri postisi a destinati luoghi, e rendutisi i dovuti Ossequj da tutto il Senato al gran Monarca, presentossi a piè del Trono il Segretario colle consegnate Carte, e Jacopo Antonio Perti principale istante in questa Causa. Mai più s' era veduto un così pieno consesso in questa Regal Abitazione, da che Apollo terminò il gran Processo, e la final Sentenza scagliò contro il temerario Cantor Lino, che aveva avuto l' ardire di paragonarsi a Lui. Il Nume impose al Segretario il leggere ad altra, e distinta voce il Trattato del Menini. Lungo sarebbe riferire gli aperti, e chiari segni di ciascheduno di quelli, che componevano il ragguardevol Consiglio, con li quali espressero la grave molesta noja, che patirono nel ascoltarlo. Che se non fosse stato il rispetto ben dovuto al lor' Signore, come di poi si protestarono, la maggior parte sarebbesi con dispetto partita prima del fine per non udir di vantaggio. Adempiutosi dal Segretario quanto era suo carico, Apollo rivoltosi al Perti dolcemente sorridendo disse: al presente appartiene con tutta libertà dichiararvi come sentiate la correzione fatta alla Composizione vostra a quattro voci, sopra le parole: Adoramus et cetera avendo il Menini, come udito avete francamente detto, che sosterrebbela per una conserva di spropositi a chiunque voglia prendersi l' assunto di diffenderla. Dopo una profonda riverenza rispose il Perti: questa Composizione, gran Monarca, per quanto portò la mia scarsa abilità, fu da me fatta con il più geniale, e sollecito, e maturo avvedimento, e procuraj di tesserla secondo le più giuste regole del Contrappunto stabilite, ed approvate da più saggi, e rinomati Maestri di quest' Arte del secolo XVI., e XVII., che hanno meco il pregievole onore di far Corona a Vostra Maestà. Attenzion' particolare ebbi, che fosse dal Canto espresso vivamente il senso delle parole, e che egli secondasse, o muovesse gl' affetti, che regnano, oppure regnar dovrebbero nel cuor de Mortali in quel tempo, a cui questo mio qualunque siasi lavoro determinai. Rimetto ben' volentieri, e con diletto il pieno giudizio di questa mia Opera alla Maestà Vostra, e a tanti valorosi Compositori, che quì m' ascoltano, e pongo ugualmente in loro pieno arbitrio il determinare il merito del mio Oppositore, avendo esse l' intenzione, e il fine di lui pienamente rintracciato. Apollo con pari brevità, ed espressione commendò [-6-] a Cielo il valor del Perti nell' Arte sua, e insieme la singolare sua costumata moderazione nel parlare, e dopo un' applauso giulivo ad una voce di tutto il Nobil consesso, fattesi da Lui le dimostrazioni di ufficiosa riverenza in verso del Nume, ritirossi al luogo destinatogli. Tosto si diè capo al giudizio consultivo de' Musici, e parlò da prima Giovanni Pier Luigi da Palestrina, riconosciuto universalmente insigne Maestro, e restauratore della più retta, e ben fondata pratica, nella seguente guisa: Gran monarca, avendo io più volte attentamente ponderata la Composizione a quattro del Celebre Perti, vi ho riconosciuto quanto di più Eccellente puossi desiderare dalla nostra Arte, o rigurardasi la retta collocazion' degl' interualli, o la giusta disposizion delle parti, dando luogo l' una al altra, o l' esatta melodia di ciascheduna di esse; mantenendo ogn' una il propio carattere, o la scielta del Tuono o Modo, delle idee, e degl' attacchi propri, e adattati alla Cantilena dell' intonazion del terzo Tuono, o riguardisi infine la Natura, la chiarezza, la soavità dell' armonia costante in tutto il complesso, e l' unità di tutta la Composizione: onde n' è l' egreggio Autore ben' meritevole d' ogni più distinto encomio; avendo con questa sua Opera dato a vedere, che (a) anche nel poco avvi il sublime ingegno [(a) Manzini, Arte Poetica libro 2. add. infra], e che secondo il parere di Seneca Magni Artificis est clausisse tutum in exiguo. Per questo primo aspetto non bene distinguesi quai de' due atti dell' eccellente virtù del suo oppositore tenga la maggioranza; se il coraggio nel condannarlo, oppure l' animosità nel correggerlo; pure questo a pari di quello, par' che vinca assai; perche fa chiaro colla sua pessima ammenda, che l' Arte Musica da se posseduta è una conserua di spropositi secondo il detto: (b) Si prava est regula prima, Normaque si fallax rectis regionibus exit, Et libella aliqua si ex parti claudicat hilum; Omnia mendose fieri, atque obstipa necessum est, Prava, cubantia, prona, supina, atque absona tecta; Iam ruere ut quedam videantur velle, ruantque, Predite judiciis fallacibus Omnia primis. [(b) Lucretius, de rerum Natura libro 4. v. 516. add. infra] Non dovendosi metter per vero, che la Botte questa volta abbia gettato altro vino dal quel che tiene. Indi tutto lieto il Perti guardando con amichevoli parole disse: ringrazial bene l' avversario tuo, che, ammontati avendo i più alti errori, secondo il saper suo, nella correzione alla tua degna Opera, che sfuggonsi comuntemente da giovinetti, che tentan l' Arte, ha con efficacia ottenuto, che tanto più campeggia il tuo valore. Il breve sì, ma ben concepito ragionamento dell' insigne Palestrina fu non senza dimostrazione di stima da sua Maestà, e da tutti [-7-] gl' Assessori, e primamente da' Musici ad ogni modo approvato. Seguitò Gian-Maria Nanino in questa maniera: e perchè questo animoso Censore non ha condannato, e corretto sul fine della prima Casella, e sul principio della seconda il salto di quarta diminuita, che fu dalla nostra Scuola regolarmente proibito? Soggiunse Francesco Soriano: tacci o dolce Amico. Ti credi tu, che gli sien conti questi divieti? E quali, conosca, i soli ristretti casi, ov' è permesso l' usarne, siccome ne diè il modo Gaudio Mel Fiammingo del celebre Palestrina, e nostro comune Maestro? O Soriano, ripigliò il Nanini, tu dì pur vero, e ben conosco che avrebbe più forte assai suonato a martello, se cognizione ne avesse avuto; perocchè riprendendo il Perti alle Caselle 18. 20. 26. errore chiama quello, che è stato eseguito secondo i primi saggi dell' Arte del contrappunto, per lor' concedendosi il praticare le dissonanze alla sfuggita scambievolmente una buona, l' altra cattiva, purchè vadino di grado ascendente, o discendente. Guardimi poi il Cielo, che io avessi mosso parole a biasimo del chiaro Perti. E non ha egli, l' eccezione usando, operato con le cautele tutte, e le avvertenze prescritte, e attese da più Eccellenti maestri? E tu Soriano ne dasti un bel Saggio, allorchè amendue provocati da Sebastiano Raval a comporre a competenza sopra un canto fermo, io con 172. contrappunti, e tu con 110. Canoni sopra l' Ave Maris Stella per confusione ne ammutolì egli, e con vantaggio suo molto bene la propria ignoranza apprese; perocchè al numero 66. della tua Opera facesti, un Armonia languida, e ad un punto stesso i cassi tutti mostrasti, e il modo, e il tempo, ne' quali certi intervalli generalmente di vietati si possono con lode usare, siccome oculatamente ha eseguito il dotto Perti. Fa ben di mestieri, disse Francesco Antonio Calegari, per poco prendere altra via, con brevità mostrando l' origine, e i progressi della moderna Musica, affinchè la cagion si disveli, per la quale tanto ha il Menini errato, e questo, perchè quando servj per alcun tempo di Maestro di Capella nella Patria del Perti, in ferma union d' amicizia con lui mi legaj. In sul principio del Secolo decimo settimo, e non prima furono gettati i semi della moderna Musica pratica, tanto drammatica, che concertata. Autori ne furono Jacopo Peri, Giulico Caccini, Jacopo Corsi, Claudio Monteverde, Ludovico Viadana, Agostino Agazzari, ed altri in quei tempi in questa facoltà valenti professori; e, siccome a gl' altri nuovi sistemi in qualunque scienza, ed Arte per lo più avviene, non mancarono a questo acerimi contradittori, tra quali segnalar si vollero, e distinguere Antonio Braccino, e Giovanni Maria Artusi; essendosi questi alla nuova maniera di comporre dal Monteverde spezialmente introdotta, il quale chiamolla Seconda pratica, con li loro pungenti scritti validamente opposti; ma non ebbe [-8-] in conto alcuno queste gagliarde contrapposizioni; perochè dell' autorevole protezione godeva egli di personaggi di conto, ne' servigi de' quali avea con raggraddimento sua Opera impiegata, ed era da alcuni letterati di que' tempi favorito, sopra tutto da Giovan Battista Doni uomo ornato di vasta erudizione, il quale con sue Opere non lasciò che fare per mettere la nuova pratica ad alto stato, e porla in sicuro dalle acute saette, le quali contro di lei venivan scagliate furiosamente: per le quali cose erano le opere di Lui quasi universalmente gradite, come la lettera pubblicata da suo fratello Giulio Cesare, colla quale la ragionevolezza del nuovo metodo in parte confermò, tantochè finalmente a fronte degl' avversari suoi ne riportò il meglio. Mancato il Monteverde non venne ella meno ne si restò, anzi vieppiù per le nuove scoperte notabilmente arricchì in maniera, che nel principio del presente Secolo decimo ottavo forte dolendomi, che niun' Maestro si fosse messo studio di esporre ordinatamente i fermi principi suoi, m' accinsi io alla malagevole impresa, e con una dissertazione mostrai: Esser la Musica Greca la vera base fondamentale della Latina, e questa della moderna Musica presente; e per ridurre l' edifizio a ferma stabilità ne gittai profonde le fondamenta, dimostrando, che tutto ciò, che di perfetto nel contrappunto fu praticato da più Eccellenti Maestri della Latina, non può, ne dee essere, che comendabile, e quello, che ha aggiunto la moderna pratica non consiste che in deduzioni, eccezioni, e nel uso più frequente di certi intervalli si in Melodia, che in Armonia poco, e quasi mai usati, i quali per altro servono mirabilmente ad esprimere con straordinaria forza i varj affetti dell' animo, e a ridurre la Musica a servire all' Orazione, più tostoche questa serva quella, come per l' addietro era comune usanza, dalla Musica de Madrigali, di que' tempi in fuori quanto rara, e sorprendente per l' espression degl' affetti, altrettanto al presente quasi ignota, e trascurata. Per le quali cose io porto Opinione ferma alquanto, che il Menini, avendo con debil lume la Moderna pratica veduto, qual' è sull' imbrunir della notte, per cui scorgonsi gl' oggetti, come sognion vedersi le cose per densa nebbia, sol tanto da Lei abbia rilevato quello, che di più licenzioso, e di men grato comprende, e che viene in essa rare rarissime volte, e in alcune poche circostanze, e con certe avvertenze, e restrizioni ammesso, e tolerato; e di tali pericolosi principj fattole un fascio entro il suo Capo vuoto già de' veri fondamenti della Musica tanto antica, che moderna, se ne sia poi senza riflessione quasi di prima norma servito senza distinzion de' tempi, e luoghi, ne' quali per altro non è vietato a chichesia l' usarne; quindi secondo che ha osservato il nostro Palestrina, ammontati ha i più alti errori, che sfuggonsi da giovenetti, i quali tentan l' Arte, non solo nella sua pretesa correzione, ma ancora nel Chirie a quattro; e nell' altro Adoramus a quattro pure anch' egli. E non sono forse altri errori di quella spezie le dissonanze al rovescio [-9-] risolute, cioè ascendenti? e non sono errori gl' incontri di due ottave, e quinte da lui commmessi senza numero? Non sono errori tante strane combinazioni d' intervalli? Errori non sono la cattiva melodia, la peggior armonia, l' ammassamento di consonanze, e dissonanze senz' alcun riguardo? Son questi pure i preggi più rari dell' Accennate Opere del Menini, il quale non li può a ragione alla moderna pratica apporre; quasi incolpar da Colui si volesse il Giardino, dal quale raccolse solamente i men belli, e senza garbo, e spicciolati fiori, nè dispor li potè, e li seppe in modo, che in mazzuol' uniti, facessero ragionevole, e gentile, e gradita comparsa. Il Nobile Veneto Benedetto Marcello fatto segno di silenzio al Calegari dissegli: di leggieri hai compreso da non dubbiosi segni quanto sia stato al gran Monarca, e a tutto il dottissimo Consesso il parlar tuo accettevole; ne io affermo, che stato sia più caro avuto da gl' altri, che da me, il quale la sostanza, e fermezza de' fondamenti della moderna Musica ho per lui finalmente addentro conosciuto, delle quali cose non restai persuaso allora, che della dedica dell' accennata disserazion tua, diretta a stabilirne i suoi principj, ne facesti a me graziosa offerta; pensato, e lo confesso, avendo, che l' assunto da te preso insussistente fosse, e non abbastanza dimostrato; anzi i principj da te ora uditi alla moderna pratica paragonando probabile mi rendano un' opinione, che da lungo tempo in mente racchiudo, e insieme mi confortano a darla fuora senza timor di vergogna. Egli è certo, e sicuro, che il senso dell' udito è il principale, ed ultimo oggetto della Musica, dal quale l' animo i suoni, e le voci trae, e deriva, e per cui i grati, e consoni, da men grati, e dissoni discerne, e distingue. Egli è del pari fuor di dubbio, che questo, come gl' altri esterni sensi tutti del Uomo, è limitato, e ristretto a segno, che animali si trovano, che nella squisitezza del sentire l' avanzano, e maggioreggiano: Nos Aper auditu, Lynx visu, Simia gustu, Vultur odoratu, praecedit Aranea tactu. Egli è chiaro ancora, che i suoni, e le voci nella loro estensione, e moltiplicità dall' intelletto considerate, divengono oggetto maggiore di quello, che il senso soffra, e comporta. Inter singulos Tonos jacent plures alii intermedii, quos humana auiris nequit distinguere. [a) [(a) Musschembrock, Tomo 2. capitolo 37. paragrafo 1137. add. infra] Consistendo la moderna pratica, come hai tu poc' anzi affermato in deduzioni, eccezzioni, e nel uso più frequente di certi intervalli si in Melodia, [-10-] che in Armonia poco, e quasi mai praticati. Non può egli di leggieri avenire che l' intelletto senza freno rilevando le misure tutte, le qualità, le differenza de' medesimi dell' estensione, e dovizia, e altrettanto poi messi in Opera senza alcun riguardo al senso a questo riescano, e oscuri, ignoti, e disgradevoli? In fatto qual è quell' intelletto, che volentieri, e con piacere non veda, quando ciò a dovere gli sia proposto, come le progressioni geometriche, e aritmetiche servano di chiaro lume fino ad un certo termine alle progressioni armoniche? Ma se queste costringere, ed obbligar si vogliano pienamente alle leggi tutte di quelle, si vedranno ben presto rampollare, rispetto al senso deduzioni false, opinioni erronee, principj insussistenti, che in vece di servir d' appoggio, di assodare, ed illustrare le leggi li lui speziali, le distruggono, e le confondono. Quanto il meglio si può dunque mercè si dica a i molti, e gravi errori del Menini, i quali hanno opportuna occasion perito ad esporre una dottrina, la quale potrà servire di chiara sicura guida a moderni Scritttori, la quale seguendo delle loro fatiche riporteranno commendazione, e lode, in tal maniera isfuggendo que' due pericolosi scogli, a quali nel comporre possono facilmente urtare con grave rischio di naufragio, l' error de' Pittagorici, che vollero tutta la Musica appoggiata alla sola ragione; e l' altro degli Aristossenici, che dal solo senso pretesero fosse regolata. Indi voltosi ad Apollo disse: È mio carico, Sagra Maestà, se pure ne ho licenza, di porle innanzi le più modeste suppliche a nome di tanti Filarmonici miei coacademici, che quì si trovano, e che sonosi a lor tempi distinti singolarmente per le sue date in luce Opere egregie, tra' quali Giovanni Paolo Colonna, Donato Cossoni, Bartolommeo Monari, Giovanni Battista, e Pietro deg' Antoni, Sebastiano Chierici, l' Uno Aresti, e l' altro Padre, e Figliuolo, Giuseppe Aldovrandini, Evil Merodae Milanta, Arcangelo Corelli, Giuseppe Torrelli, Francesco Gasparini, Agostino Tinazzoli, Francesco Antonio Pistochi, Tommaso Vitali Giovanni Bononcini, e Giacomo Cesare Predieri, e Giuseppe Matteo Alberti; affinchè si degna di fare in maniera, che venga il loro rimpicciolito onor reparato, per lo dispregio con cui ne ha scrittto il famoso Menini. Al quale; sarà nostra cura che ciascheduno venga, com' è dovere, intieramente compiacciuto. Il Segretario in appresso fu ricercato dal Nume delle qualità di quello critico; e se onorevole impiego avesse; e se fosse da presenti Professor di musica tenuto in Conto. Sagra Maestà, rispose, perciò molto mi diedi attorno, ne fatto mi venne di rinvenire alcuno in questa Arte perito a cui noto fosse; e per quanto udj da Persone [-11-] le quali si può aver fede senza chieder prova, si prende spasso altre carte maneggiando sovente assai; e che dalla natura ne riscosse un talento, e un Capo torbidetto alquanto. Ma l' Accademia prima del ricorso avrà forte romoreggiato? I capi nell' operar suo, Maestà, hanno fatto gran senno. Fattasi la ragunanza de' soli Maestri di Cappella Filarmonici; lettasi la dissertazione; le composizioni con attenzione osservatisi, si fermò, che per niuna guisa all' intiero corpo si presentassero. E con quale prò, giudicarono essi? Quando ciò non sia appiccare un fuoco, il quale muova a dismisura. In un fascio le carte sue frivole, all' inteso fine inette, a veri principj contrarie gli si rimandino, e a cortesia prenda, che non siensi aperte di vantaggio. Bene hai tu detto: che i Capi nell' Operar suo hanno fatto gran senno. E l' Autore della Storia della Musica levato si sarà a gran difesa? Nò, Sire, egli sen vive riposato, e tranquillo; perche dice: e qual bisogno me n' astringe? E non sarebbe replicare il già detto? Legga l' oppositore il mio Libro, e l' intenda, se da Lui si puo, soprattutto la dissertazion terza; e ne scommetto, se ei non si riman convinto, che le difficoltà da Lui mossesi sieno da non curar punto, come quelle, che si appoggiano sol tanto ad opinioni false, erronee, insussistenti, Sebbene a tutta prudenza il chiaro Autore consigliato siasi, soggiunse Apollo, contuttociò l' ascoltare i sentimenti de' Musici riguardo a tali opposizioni sommamente ci aggrada. Giovanni Battista Doni il primo si fece innanzi, e disse: Sagra Maestà io penso, che il Menini stia pur bene nella schiera, anzi il solo luogo sia, che gli convenga, di que' Musicastri, i quali, dopo aver per breve tempo atteso alla superficial lettura di alcuni libercoli di Musica, spendono tutta la loro età sempre in mezzo ad una turba di Cantori, e di Suonatori del basso volgo; e fra idiota gente, di Musica trattando per esser prezzati valenti, e dotti, e bei paroloni a fior di labra con gravità maestosamente usando, de' quai neppur essi ne sanno il significato, dottrine spargono, le quali non sono ne dalla ragione, ne dalla autorità in verun modo sostenute. O Menini: Meglio saria, se luminoso raggio Non scende in Te di più propizia Stella Lasciar l' impresa, e nuovo ordir viaggio. (a) [(a) Menzin. Arte Poetica libro primo. add. infra] In fatti, seguitò Franchin Gaffurio, stabilisce questo Critico il seguente principio: Un istesso Tuono puol modular tanto verso l' ottava acuta che verso l' ottava grave senza punto variar l' esser suo. O grazioso Fabbricator [-12-] di nuovi sistemi! L' Oracol vostro si oppone alla natura de' Tuon, i quali desumano la loro quiddità dalla specie dell' ottava, e delle sue componenti. E non sapete, che i Tuoni de' i nostri Latini si distinguono da que' de' Greci appunto dalla diversità della specie? I Greci col trasporto di tuto il loro massimo sistema, o sia Scala di 15. voci, o suoni, ora verso il grave, ora verso l' acuto, formarono il costitutivo, e la differenza de' loro quindici. Al contrario i Latini lasciando stabile il detto sistema, fermarono sette Tuoni su le sette specie dell' ottava, nate dalle tre della quarta, e dalle quattro della quinta, delle quali ella è composta. Ma via con evidenza edete, che le specie sono il costitutivo de' nostri Tuoni. Sette essendo esse dell' ottava, sette soli dovrebbero essere i Tuoni, ma l' Ottavo nè fu aggiunto, perchè la specie di Lui della quarta, sebbene simile a quella del secondo, non era però tale la specie della quinta: perciò l' approvarono anch' esso, e nel novero vi dettero distinto luogo, come quello, che composto era della prima specie della quarta, che già servì al secondo, e della quarta specie della quinta, la quale al settimo serve unicamente e quindi anche al Plagale di lui, che n’è pur l' ottavo. Ne l' un sistema, ne l' altro piacque a Tolomeo Scrittor Greco, disse Giovanni Wallis Inglese, il quale, fermo lasciando il massimo de' Greci precettori suoi stabilì la diversità de' tuoni da; trasporto del Diazaeutico, o sia di disgiunzione tra Mese, e Paramese par noi a. [signum] nelle sete specie dell' ottava; a sette soli il loro numero determinando. Enrico Lorito Glareano soggiunse, non sa il Censore, che la divisione Armonica, e Aritmetica dell' ottava è uno de' principali distintivi de' nostri Tuoni? e che di Lei usando il lor numero produssi fino al dodicesimo? benchè sette Secoli prima, da quello, ch' io vidi, siccome intesi, Reginone avea lasciato scritto, che tanti appunto a que' dì n' erano stati introdotti? Ma possibile, che egli non veda, che approvato il suo principio di estendere a due ottave ogni tuono, dell' ottava si vengono a perdere, e confondere le specie, e le divisioni? Egli stesso a maraviglia si contradice, e con gl' esempi tratti dal canto fermo, de' quali neppur uno da se preso si estende alle due pretese ottave; e con quelle parole sue: le Cantilene, che modulano alla quinta sopra fra l' ottava acuta dissero esser di Tono, o modo autentico.... e quelle che modulano alla quarta sotto fra l' ottava grave di modo Plagale. Non arriva l' Autore a comprendere, che la quinta resta stabile; essendo comune tanto agl' Autentici, che ai Plagali, e che la sola quarta posta or sopra, or sotto di lei per distinguerli, non produce, che il corso d' una sola ottava armonicamente ne' primi, e negl' altri aritmeticamente divisa? e che il pretendere, che i Tuoni si estendano per lo spazio di due ottave è lo istesso, che il Latin sistema sconvolgere, e ridurre al niente/? Non solo egli non ha esempio addotto, il quale comprovi la [-13-] Chimerica sua idea, ma ne meno l' avrebbe potuto addurre, o lo potrà di poi, che vaglia a formarne un general principio; perchè qualunque Tuono perfetto non estendesi, che all' ottava armonicamente, o aritmeticamente divisa; qualunque più che perfetto non si allarga, che con qualche voce di più al disopra, o al di sotto della sua particolar ottava; e il Commisto, dirà egli? Il Commisto unisce un Autentico, e Plagale dell' una specie con altro Autentico, o Plagale dell' altra. Or bene mi trovi tu di grazia in tutto il canto fermo che d' ordinario le Cantilene si dispiegano oltre le dieci, o dodici corde? Ho detto d' Ordinario, perchè so, e questo penso, che ti arriva nuovo, che dare si può un solo particolar caso, in cui la cantilena sino alle 14. o 15. corde si allunga, e si propaga, e ciò farebbe nella mestione del settimo col secondo Tuono, purchè questo si avanzasse sino alla Gamma: anzi ti dico, che in alcuna rara Cantilena egli è di fatto: Il che conferma, e non distrugge quanto per ora ti ho detto. Lemme Rossi: avesse almeno per decor' suo rinvenuta qualche apparente ragione, onde il suo assunto in parte almeno rinfrancare, esempligrazia: la costumanza de Greci, che ogni lor Tuono scorrer faceano per due ottave; o l' invenzion di Tolomeo, il qual lasciando stabile il sistema delle Voci, o Corde, e per le sette specie dell' ottava il tuono di disgiungion mutando lasciò libero il corso a ciaschedun tuono di 15. Corde, le quali la Bis-Diapason, o doppia ottava formano, e compongono. Potea ancora soggiunse il Zarlino, fermare in parte l' opinion sua con quanto nelle mie Istitutioni Armoniche capitolo 13. della quarta parte lasciai scritto. E non dissi io in questo luogo a chiare note all' autorità de Scrittori anteriori a me appoggiato, che siccome il Tenore scorre le Corde dell’ Autentico, e il Basso quelle del Plagale; cosi il Soprano in ottava acuta le pedate batte del Tenore, e quelle del Basso il Contralto? E non si fa perciò manifesto, che non già nel Canto fermo, ma nel figurato bensì, le quattro parti principali constitutive del Contrappunto vengono a render composto ogni Tuono di due ottave? S' è dunque il Menini, e ben lo vedo, un general sistema formato, che si oppone alla natura de Tuoni, che fonda su alcuni esempi, i quali anziche comprovarlo, mirabilmente lo distruggono; e che non ha saputo render meno irragionevole, que' motivi d' apparente, e parzial verità portando, i quali, se negl' Autori studiato avesse, avrebbe potuto rilevare. Vorrei pure, che persuaso restasse. Che adegua appena L' umil Colomba, e crede aver le penne Cinte d' invitta infaticabil lena. (a) [(a) Menzini Arte Poetica libro 2. add. infra.] È che Erto è il Giogo di Pindo [-14-] E che........ Anime Eccelse A sormontar la perigliosa Cima Tra Numero infinito Apollo scelse. (a) [(a) Menzini Arte Poetica libro 1. add. infra] Giovanni Andrea Angelini Bontempi soggiunse, questa volta per verità mi è quello, che non sò essermi già mai, avvenuto. Propostomi il trattado del Menini vi lessi in fronte: Trattato in genere Teorico. Letta la prima pagina nella quale ombra di Teoria non vi trovai, meco dissi ne troverai in appresso, e da questa speranza nuda sempre accompagnato me n' arrivai al fine. M' interrogai di poi: ....... Amphora caepit Instituti, currente rota, cur Urceus exit? Affè, che l' Autore non sà che sia la Teoria non solo, ma ne anche la Pratica, e l' un genere non distingue dall' altro. Tu di pur ver Bontempi, disse Giovanni Maria Artusi, e l' affermo anch' io, e che il Menini, che sia Teorica non sappia, chiaro il dimostra egli stesso con quelle sue parole: per attestato di cognizione speculativa; e che della pratica sino a principj sia digiuno, ne da sicuro argomento, falsamente recando le sillabe mi, fa, delle quali l' una la final ne segna del terzo Tuono, e l' altra la prima nota dell' Euouae, E. F. E. C. come distanza di un Semituono mi, fa, quand' ella è d' una sesta minore mi, fa. E non aveva egli a scriver tanto (ma fatto non l' avrebbe) dopo aver letto, e inteso il nostro celebre Zarlino nelle Institutioni Armoniche pagina 1. Capitolo II, o almeno dopo avere cortesemente degnato d' uno sguardo suo attento, ed efficace la mia Arte del Contrappunto Edizione 2. ove trovato avrebbe alla pagina 2. la Teorica va speculando intorno alle cose Musicali soddisfatta di questa sola cognizione, e alla pagina 3. Teorico semplice, senza aver' cognizione alcuna di cose, che s' appartenghino alla pratica? Ma v' è di più che quantunque abbia adoperato un' linguaggio oscuro assai nell' esporre una dottrina, al quale muover solo potea dal suo capo, che le sillabe re, la; re, fa; mi, fa; mi, la e servir deano di regola per intonare entro de limiti della voce corale l' Antifona seguente di tuono diverso; ha però lasciato bastevol lume a chiari ingegni a riportarne un trionfo coll' iscoprire l' ignoranza sua nel Canto fermo. D' uopo era, che egli letto avesse gli Scrittori; i quali di quella materia tengono ragionamento, e apparato avrebbe, che le regole per intonare una Cantilena dopo l' altra di diverso tuono solo dalle accennate sillabe molto lontane, e affatto diverse.. [-15-] Disse Euclide: approvo, e acetto quanto ha in fine saggiamente esposto il nostro Artusi, come quello che conosciuto è vero, e confermato dal comun' parere di noi Greci, e da Latini; perochè avendo noi consigliato, che la mutazion di Tuono far' si dovesse più tosto per intervalli consoni, come più convenienti, che per intervalli dissoni, insegnaron essi esser necessario nella mutazion del Tuono aver' riguardo all' estensione dela divisione Armonica, e Aritmetica del' uno con quella del altro con cui ella si fà, il qual precetto con quel consiglio grandemente concorda, e si conforma. Quindi i Scritttori tutti del Canto Fermo, e più degli altri Bonaventura da Brescia, Franchin Gaffurio, Biagio Rossetti, Simeone Zappa, Stefano Vaneo, Angelo da Picitono, e Giulio Cesare Marinelli si dolsero, e altamente parlarono contro il Menini tanto per avere il ragguardevole Autore della Storia della Musica dispregiato; quanto per aver detto esser concesso in ogni Tuono l' estendersi ad una corda di più dell' ottava al di sotto per gl' Autentici, e al di sopra per i Plagali della dottrina ne libri nostri contenuta, e dell' autorità degli' altri Scrittori di Canto Fermo avendo per ciò sconvenevolmente usato. Questo statuto, aggiunse Pietro Fabbrici, non è che fondato sull' esempio. Vedansi le Antifone Leva Hierusalem del I. Tuono; O sapientia del 2. Quando natus es del 3. Maria, et flumina del 4.; Montes, et omnes Colles del 5. Pater manifestavi del 6. Urbs fortitudinis del 7. Elevare elevare consurge del 8. vedansi tant' altre cantilene di Canto fermo, ove negl' Autentici v' è una nota di più al di sotto della sua ottava divisa armonicamente, e nei Plagali una al di sopra della sua ottava divisa Aritmeticamente; vedasi perciò quanto dell' Autore insussistente sia il precetto; e veda egli in quanto la derisione che ha usata contro l' Autore della Storia della Musica stia bene, e meglio, anzi solamente a se convenga. Qual stravagante conseguenza, così s' espresse Pietro Aaron, deduce mai questo nuovo legislatore nel confondere egli le condizioni dell' Organo, perciò che riguarda il trasporto, con quelle del Canto fermo? Non è chiaro, che l' Organo essendo uno strumento stabile, qualora d' uopo sia del trasporto usare, necessità s' incontra di servirli degli accidenti b molle. B quadro, Diesis? Per l' altra parte il trasporto nel Canto fermo, che necessità ha egli di alcun accidente? Chi non vede, che il prendere qualunque cantilena alcun poco, o più verso l' acuto o verso il grave, purchè non si muti la corda, non obbliga il Cantante, e non lo astringe a mutarne il solfeggio, e ad alcuno accidente introdurvi? Jacopo Antonio Perti per sì fatte parole n' espose i sentimenti suoi: come che io avessi ferma risoluzion preso di non far' altro moto in questo rispettabil Contesto, pure me n' ha prohibito l' ingiuria fatta al mio Discepolo attento, e valoroso. Dice il Menini di aver letto il [-16-] primo Tomo della Storia della Musica; dunque non l' hà inteso. Lo rilegga perciò, e procuri d' intenderlo, e mi prometto, che si rimprovererà le mille volte d' averne l' Autore tanto a torto oltraggiato e vilipeso. Osservi il Menini l' Annotazione (97.) alla seconda Dissertazione, che comincia alla pagina 207. e proseguisce sino alla 210., dalla quale apprenderà i varj diversi modi con li quali si può del trasporto usare. L' autor della Storia non nega all' Organo in tale occasione gli accidenti di b molle. b quadro, e Diesis, ma dice alla pagina 411. nel fine dell' Annotazione (220.) In tutti i Codici, Frammenti, e Libri di Canto Ecclesiastico dei Secoli IX. X. XII. XIII. da me veduti, neppur l' ombra di alcun accidente di b quadro, b molle, e Diesis ritrovasi, eccettuatone il b molle necessario, che chiamasi proprietà di b. Per ribatterlo con sodezza non dovea il Critico documenti portare, che provassero il contrario? Egli ha imitato un che braveggia, e cammina di buja notte, dal quale, rumore uditosi, spesso si va stocheggiando, ma indarno, perch' ei tira i colpi all' aria,; essendo chi l' eccitò lontano assai. Vie più, replicò il Zarlino, questo prode Scrittore mostra la sua imperizia nella Teorica, e in tutte le parti della Musica pratica se egli avesse dato una semplice occhiata al XVII. Capitolo della quarta Parte delle mie Institutioni Armoniche, e sporta tutto al Capitolo 6. Libro 7. de miei Supplementi Musicali, compreso avrebbe la diversità, che passa tra la mutazion di Tuono, e di Concento; conosciuto avrebbe, che nel trasporto dell' Organo necessità v' è di servirsi degl' accidenti, e che nel trasporto del quale parla l' Autore della Storia non ve n' è alcuna; perchè egli l' assomiglia alla diversità de Coristi, i quali in una Nazione sono più acuti, e nell' altra più gravi l' istessa identità di voce però sempre conservando: esempligrazia C sol, fa, ut in un Corista è più acuto, e in un altro più grave senza mutare la sua sostanza; e vi è pur anche nel Canto Fermo l' altro trasporto di mutare un canto d' una proprietà in un' altra. Io non vorrei, che il nostro Censore prendesse abbaglio; dico, che egli è ignorante nella Musica; non affermo perciò, che egli abbia l' intelletto suo qualunque siasi in dense tenebre rispetto alle altre cose ingombrato, e ravvolto. Io ne ho raggion di tenerlo; perchè i passaggi, che fa dal prendere una particolar dottrina affermata per pretendere, che ne sia stabilita una universale ne danno ragionevol fondamento. L' Autore della Storia della Musica sostiene, che le cantilene de' Salmi, le quali su usano al presente sono quelle stesse, Davidde stabilì, e che furono sempre nel Tempio suo dagl' Ebrei praticate. E il Critico, che dice? Pensa che l' Autore detto pretenda di provare, che il nostro Canto Fermo in tutta la sua estensione sia lo stesso, che quello dagl' Ebrei costumato. Buon per me, disse Maurizio Zapata, che non sarà venuto sotto gl' acuti, e perspicaci occhj del celebre Menini [-17-] il Mio Ristretto di Canto Fermo, nel quale alla pagina 7. dissi: Il Canto Fermo viene composto da voci Omogenee, cioè d' ugual valore; onde dal Zarlino, e da altri viene chiamato piano, come che le sue Note siano piane, e di uniforme valore; per verità una qualche opposizion inudita in caso non iascansava, stante l' interpretazion strana data da questo nuovo legislatore al titolo Canto Fermo co' seguenti termini: Tal Canto non per altro si dice Fermo, se non perchè debbasi star' fermi nelle proprie corde del tono semplice. Niuno però venga in meraviglia se in effetto il Menini si oppose alle dottrine di tutti i chiari Scrittori di Musica. Egli è in massima, manifestata già sul bel principio del suo Trattato, ove degl' Accademici Filarmonici parlando cosi s' esprime: portatemi però da vari Soggetti per osservar le loro Composizioni sopra del Canto (Fermo) praticate, e per rilevar le loro Composizioni, e se i sentimenti (per l' addietro da me apresi sopra tal Canto) si uniformavano a i loro dottrinali, cuì non avendo nè questi, nè quelle trovate uniformi; perciò.... avevo destinato.... esponere al giudizio della propria Accademia i Teorici sentimenti sopra tal Canto da valenti Maestri apresi et cetera. Aggiunger potea del Groenland, o della nuova Zembla, o qualchedun' altro di que' freddi, incolti paesi nominate. E da quali altri ha potuto avere appreso principj, e instituzioni tanto lontane da quelle, che hanno servito di regola agl' Accademici Filarmonici, e a tutti gl' altri veri Maestri di Musica della più dotta Europa, e della più colta Italia? Sebbene, soggiunse in fine Francesco Salina, insussistenti, e fuor di proposito siano le ragioni con le quali questo ignoto Censore pretende di provare, che ogni composizione di terza minore nella stessa terza debba terminare; tuttavia non arriverà giammai a bene chi tentasse di persuaderglielo; perchè se egli non riman pago della costante pratica di tutti iCompositori, come riferisce l' Autor della Storia; rimarrà poi convinto Egli con alcuni altri pochi Professori incapaci dalle chiare ragioni, che ci presenta la Teorica pienamente a loro sconosciuta? e se contendono ancor fra loro i più illuminati nella Musica Pratica, e Teorica rispetto al fermare, e stabilire dal principio sonoro (il quale unicamente ne dimostra il Tuono di terza maggiore) il principio del Tuono di terza minore; come potranno restar perrsuasi quelli, che appena hanno qualche superficial abito della sola Pratica? ...... Ego nec studium sine divite vena, Nec rude quid prosit video ingenium, alterius sic Altera poscit opem res, et conjurat Amice. (a) [(a) Horatio, Arte Poetica add. infra.] [-18-] Che dovrà poi dirsi, se l' un fondamento manca, e l' altro? E pur v' è a chi senza questi necessari arnesi è dato il cuore di produrre in mezzo un Trattato (di Musica) in genere Teorico. Spectatum admissi risum teneatis Amici? (a) [(a) Horatio, Arte Poetica add. infra] Eppure v' è chi senza queste bisognevol Armi si è attentato di opporsi alle dottrine, e a principj stabiliti, e confermati da quasi tutti gl' Eccellenti Maestri nell' Arte Musica, di dispregiare l' Accademia de Filarmonici di Bologna, e il celebre Jacopo Antonio Perti, e il chiaro Autore della Storia della Musica censurare. Bastevolmente, e bene assai, disse Apollo, si è la Causa ricercata. A voi Saggi miei, ad essi rivolto, or s' appartiene il deliberare un gastigo, che sia al grave error del Menini proporzionato. Alcuni proposero la pena data da Sua Maestà in altre occasioni ad un' certo Letterato Laconico; altri quella che toccò ad Arpocrate; altri quella sostenuta da Giovanni Bodino; altri una di quelle punizioni portate da molti Letterati di varie reità inquisiti; e chi approvava il supplizio, che provò un Poeta bestemiatore, o Natal Conte. Jacopo Antonio Perti, benchè principalmente, e in verie guise offeso volse le sue preghiere al Nume, che non volesse prender contro il Menini vendetta convenevole al suo concepito di più di quello, che forse è peccato; più presto degnar si volesse di usare verso di lui la più cortese piacevolezza; Forse egli è il primo errore da lui di questa spezie commesso, cagionato più da cecità d' intelleto, che da malizia di volontà, e forse sedotto da chi nutre animo torbido, e mal contento, nè per avventura ha egli pensato di avere perciò a commovere tanto l' animo suo generoso, e sublime. Buon Vecchio, disse Apollo, io lodo il vostro bel animo, il quale, quantunque per sì strane maniere offeso, ed oltraggiato, tanta moderazione ammette, e a lei s' appiglia: non lascerò, salva la giustizia, e l' equità, di compiacervi; ne io punirò l' ignoranza in riguardo vostro, ma la presunzione, che le và d' ordinario congiunta. L' imprudente Censore serva d' esempio a certi Musicastri, affinchè in avvenir si guardino dal parlar con poco rispetto, e criticare l' Opere egregie di que' Professori Eccellenti, il merito, e il valor singolare de quali non ben comprendono. Voi Segretario una Minuta stendete d' incorso, e caduto nell' alta perpetua indignazion d' Apollo per lo folle ardir suo, che lo portò, privo per ogni verso di scienza, a scriver contro, e censurare tanto in particolare, che in generale tanti [-19-] celebri Professori passati, e presenti dell' Accademia de' Filarmonici; che in pubblico il fascio tutto delle sue Carte, che ben lo meritano, sia dato alle fiamme. Che dal Sagro Monte, e da tutti i Stati miei sia per sempre esule, e bandito; e il Nome di lui nel Catalogo de Cacomusici sia con distinzion notato. Voi gran Cancelliere la Minuta prenderete dal Segretario, e le clausule più forti v' aggiungerete, e le formalità; lo scriverete nel registro de' vostri Atti; imprimer ne farete molte copie da affigersi in tutti i luoghi soliti del nostro vasto Impero; pubblicato sia in fine alla nostra diletta Accademia de Filarmonici di Bologna. Per ultimo fu fatto a Nome di tutto il Consesso, e de Musici singolarmente da Vincenzo Galilei un breve, e ben concepito ringraziamento alla Maestà Sua, e dopo i dovuti atti di profondo rispetto da tutti dimostrati in verso del gran Monarca, dal Trono sceso fu da tutti i Musici ai Reali Appartamenti accompagnato. IL FINE.
Title: Giudicio di Apollo
Editor: Massimo Redaelli
Source: Anonymus, Giudicio di Apollo. (Naples, 1763) in Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS I. 43, f. 90-99
[-1-] GIUDICIO DI APOLLO. NAPOLI, PER IL GESSARI. Con licenza de' Superiori. [Venezia, 1763. add. m. s.] [-3-] Rendutosi pochi giorni sono alla Maestà d'Apollo uno de' Segretari suoi dopo avere compiutamente con prestezza dato fine per ogni parte lodevole, e vantaggioso ad affari difficili, e di somma consideratione degni alla sua fede, ed accortezza al tutto già commessi; onde il Nume ne restò perfettamente pago; per l'aggradimento di lui di tanta impresa a chiari segni manifestato messosi cuore ossequiosamente gli presentò alcune Carte in forma valida, ed autorevole dagl'Originali del Compositore puntualmente, e con ogni fedeltà trascritte. Chese lui Apollo di ciò che in esse conteneasi, e l'Autore ne domandò. Rispose esser alcune composizioni di Musica, ed un' trattato, o dissertazione, o qualunque altra cosa ella siasi di Canto Teorico, parti di un certo Andrea Menini da Udine, da lui, come pare innanzi tempo prodotti nel mese di Marzo 1761., affinchè fossero all' Accademia de' Filarmonici di Bologna presentati per essere in questa dotta, e nobile, ed illustre ragunanza annoverato. E bene, disse, non tiene ella da lungo tempo per lo sperimentato valor suo, e per la costante rettitudine de' suoi giudizj da noi per grazioso rescritto una piena facoltà legittima di aggregare a se chi lo desidera, e n' è degno, e a presontuosi, e non meritevoli dar' ripulsa, senza che a questi rimanga il benefizio dell' appello alla nostra Reggia? Se il Menini contentato si fosse, soggiunse, il Secretario, di proporre solamente all' Accademia le sue prove, ond' ella avesse far' saggio della naturalezza, dell' ingegno, della dottrina, e della sperienza di lui nell' Arte Musica, nè io presentemente eserciterei questo ragionevole Ufizio, nè fare ora alla Maestà Vostra con quella umiltà, che le potesse fare le mie affettuose preghiere accettevoli in maniera, che degnar si volesse di avvocare a se una causa, dalla giusta risoluzion della quale dipender' dovesse la restituzione al primiero stato del buon' nome di tanti, che ingiustamente, e a gran torto si è procurato di diminuire, cosa, la quale [-4-] presso l' ignorante Volgo con tanta facilità si ottiene. Hà l' Autore del supposto Trattato fatto tali parole, che mostra poco rispetto, anzi fa chiaro del niun' conto in cui tiene l' Accademia tutta, e insieme quelli, che la compongono. Ha censurato Jacopo Antoni Perti suddito della Maestà Vostra, per lo qual avete sempre avuto un' parziale affetto per la sua Eccellenza nell' Arte del Contrappunto, e per lee sue rare doti dell' Animo, per le quali è virtuoso sopra la Terra per il corso di novantacinque Anni sempre con uguale singolar stima, ed amore di tutti in verso di lui. Ha in fine non leggiermente ripreso il primo Tomo della Storia della Musica ultimamente dato in luce pregiata immortal' Opera di singolar merito, che riscuoterà per sempre en giustamente da' Saggi ogni considerazione, e rispetto. Il Nume fisi gl' occhi al suolo compose il Volto ad estrema severità, e alquanto tacciutosi fuor' dell' usato altamente si adirò, e forte battendo il destro piè in Terra tutto ne scosse il Sagro Monte, e gridando, disse: O incauto ardimento! Non anderà franco da pena, chiunque fà oltraggio all' Accademia de' Filarmonici di Bologna, dalla quale abbiamo riscossi da lungo tempo per lo merito loro tanti Eccellenti uomini onore del nostro Regno. E chi è questi a noi totalmente incognito, che si è avanzato a riprendere il Perti tanto a noi gradevole? E chi è che presume parlare con poco riguardo dell' Autore della Storia della Musica, il quale per gl' alti suoi pregi contro l' usato abbiamo già ascritto agl' Eroi, che ben' farà conoscere in appresso la vastità del nostro Impero? Vedrà il coraggioso, che dir' voglia avere a giusta ira commosso un' Nume. Rivoltosi al Segretario gli diede carico di consegnare le proposte Carte a Musici Teorici, e Pratici, a quali aveva accordato il grand' onore d' essere ammessi nella sua Reggia, e loro ordinare a nome suo, che per minuto, e con attenzione le esaminassero per esser pronti al loro Voto consultivo in una generale Assemblea, che sarebbesi in appresso tenuta, e nella quale la Maestà Sua avrebbe prese le risoluzioni più convenienti, e proporzionate al merito dello Scrittor Valente novellamente comparso. Nell' eseguir prontamente il Segretario quanto dal suo Signore eragli stato imposto, non lasciò di muovere con particolari fervorose sue preghiere gl' Animi de suddetti Musici ad adempiere perfettamente quanto loro era stato da Apollo comandato per formarne delle proposte Opere un pieno concetto; sicchè per li Voti loro ancora sortir' ne dovesse un giudicio, il quale toccasse in qualche maniera l' Animo dello spiritoso Autore, siccome ardentemente bramava, e per lo contratto impegno, e per una certa avversion concepita contro di lui nel leggere il suo Trattato, mentre saliva il Monte, nel quale trovò moltissimi errori di Ortografia; Vocaboli, e frasi straniere al puro parlar Toscano; idee oscure, e indigeste; Contradizioni, ed Argomenti insussistenti, e fallaci [- 5-] assai; cose tutte, che lo infastidirono a gran segno, come colui, che sà toscanamente, e solo con pulitezza parlare, e scrivere; e quello, che più monta, solo rettamente concepire, e ragionare. Giunto lo stabilito giorno, e fattasi la generale adunanza di tutti i Sapienti della Reggia sino ad uno nella gran Sala dell' Udienza, e convenevolmente allogatisi, comparve la Maestà d' Apollo accompagnata dal gran Cancellier delfico, da Segretarj, ed altri Ministri, e da tutti i Musici Teorici, e Pratici, Antichi, e Moderni di tutte le Nazioni d' immortal lauro il capo ornati del valor loro indizio, e premio. Il Nume asceso, e sedutosi sull' Aureo Trono, e gl' altri postisi a destinati luoghi, e rendutisi i dovuti Ossequj da tutto il Senato al gran Monarca, presentossi a piè del Trono il Segretario colle consegnate Carte, e Jacopo Antonio Perti principale istante in questa Causa. Mai più s' era veduto un così pieno consesso in questa Regal Abitazione, da che Apollo terminò il gran Processo, e la final Sentenza scagliò contro il temerario Cantor Lino, che aveva avuto l' ardire di paragonarsi a Lui. Il Nume impose al Segretario il leggere ad altra, e distinta voce il Trattato del Menini. Lungo sarebbe riferire gli aperti, e chiari segni di ciascheduno di quelli, che componevano il ragguardevol Consiglio, con li quali espressero la grave molesta noja, che patirono nel ascoltarlo. Che se non fosse stato il rispetto ben dovuto al lor' Signore, come di poi si protestarono, la maggior parte sarebbesi con dispetto partita prima del fine per non udir di vantaggio. Adempiutosi dal Segretario quanto era suo carico, Apollo rivoltosi al Perti dolcemente sorridendo disse: al presente appartiene con tutta libertà dichiararvi come sentiate la correzione fatta alla Composizione vostra a quattro voci, sopra le parole: Adoramus et cetera avendo il Menini, come udito avete francamente detto, che sosterrebbela per una conserva di spropositi a chiunque voglia prendersi l' assunto di diffenderla. Dopo una profonda riverenza rispose il Perti: questa Composizione, gran Monarca, per quanto portò la mia scarsa abilità, fu da me fatta con il più geniale, e sollecito, e maturo avvedimento, e procuraj di tesserla secondo le più giuste regole del Contrappunto stabilite, ed approvate da più saggi, e rinomati Maestri di quest' Arte del secolo XVI., e XVII., che hanno meco il pregievole onore di far Corona a Vostra Maestà. Attenzion' particolare ebbi, che fosse dal Canto espresso vivamente il senso delle parole, e che egli secondasse, o muovesse gl' affetti, che regnano, oppure regnar dovrebbero nel cuor de Mortali in quel tempo, a cui questo mio qualunque siasi lavoro determinai. Rimetto ben' volentieri, e con diletto il pieno giudizio di questa mia Opera alla Maestà Vostra, e a tanti valorosi Compositori, che quì m' ascoltano, e pongo ugualmente in loro pieno arbitrio il determinare il merito del mio Oppositore, avendo esse l' intenzione, e il fine di lui pienamente rintracciato. Apollo con pari brevità, ed espressione commendò [-6-] a Cielo il valor del Perti nell' Arte sua, e insieme la singolare sua costumata moderazione nel parlare, e dopo un' applauso giulivo ad una voce di tutto il Nobil consesso, fattesi da Lui le dimostrazioni di ufficiosa riverenza in verso del Nume, ritirossi al luogo destinatogli. Tosto si diè capo al giudizio consultivo de' Musici, e parlò da prima Giovanni Pier Luigi da Palestrina, riconosciuto universalmente insigne Maestro, e restauratore della più retta, e ben fondata pratica, nella seguente guisa: Gran monarca, avendo io più volte attentamente ponderata la Composizione a quattro del Celebre Perti, vi ho riconosciuto quanto di più Eccellente puossi desiderare dalla nostra Arte, o rigurardasi la retta collocazion' degl' interualli, o la giusta disposizion delle parti, dando luogo l' una al altra, o l' esatta melodia di ciascheduna di esse; mantenendo ogn' una il propio carattere, o la scielta del Tuono o Modo, delle idee, e degl' attacchi propri, e adattati alla Cantilena dell' intonazion del terzo Tuono, o riguardisi infine la Natura, la chiarezza, la soavità dell' armonia costante in tutto il complesso, e l' unità di tutta la Composizione: onde n' è l' egreggio Autore ben' meritevole d' ogni più distinto encomio; avendo con questa sua Opera dato a vedere, che (a) anche nel poco avvi il sublime ingegno [(a) Manzini, Arte Poetica libro 2. add. infra], e che secondo il parere di Seneca Magni Artificis est clausisse tutum in exiguo. Per questo primo aspetto non bene distinguesi quai de' due atti dell' eccellente virtù del suo oppositore tenga la maggioranza; se il coraggio nel condannarlo, oppure l' animosità nel correggerlo; pure questo a pari di quello, par' che vinca assai; perche fa chiaro colla sua pessima ammenda, che l' Arte Musica da se posseduta è una conserua di spropositi secondo il detto: (b) Si prava est regula prima, Normaque si fallax rectis regionibus exit, Et libella aliqua si ex parti claudicat hilum; Omnia mendose fieri, atque obstipa necessum est, Prava, cubantia, prona, supina, atque absona tecta; Iam ruere ut quedam videantur velle, ruantque, Predite judiciis fallacibus Omnia primis. [(b) Lucretius, de rerum Natura libro 4. v. 516. add. infra] Non dovendosi metter per vero, che la Botte questa volta abbia gettato altro vino dal quel che tiene. Indi tutto lieto il Perti guardando con amichevoli parole disse: ringrazial bene l' avversario tuo, che, ammontati avendo i più alti errori, secondo il saper suo, nella correzione alla tua degna Opera, che sfuggonsi comuntemente da giovinetti, che tentan l' Arte, ha con efficacia ottenuto, che tanto più campeggia il tuo valore. Il breve sì, ma ben concepito ragionamento dell' insigne Palestrina fu non senza dimostrazione di stima da sua Maestà, e da tutti [-7-] gl' Assessori, e primamente da' Musici ad ogni modo approvato. Seguitò Gian-Maria Nanino in questa maniera: e perchè questo animoso Censore non ha condannato, e corretto sul fine della prima Casella, e sul principio della seconda il salto di quarta diminuita, che fu dalla nostra Scuola regolarmente proibito? Soggiunse Francesco Soriano: tacci o dolce Amico. Ti credi tu, che gli sien conti questi divieti? E quali, conosca, i soli ristretti casi, ov' è permesso l' usarne, siccome ne diè il modo Gaudio Mel Fiammingo del celebre Palestrina, e nostro comune Maestro? O Soriano, ripigliò il Nanini, tu dì pur vero, e ben conosco che avrebbe più forte assai suonato a martello, se cognizione ne avesse avuto; perocchè riprendendo il Perti alle Caselle 18. 20. 26. errore chiama quello, che è stato eseguito secondo i primi saggi dell' Arte del contrappunto, per lor' concedendosi il praticare le dissonanze alla sfuggita scambievolmente una buona, l' altra cattiva, purchè vadino di grado ascendente, o discendente. Guardimi poi il Cielo, che io avessi mosso parole a biasimo del chiaro Perti. E non ha egli, l' eccezione usando, operato con le cautele tutte, e le avvertenze prescritte, e attese da più Eccellenti maestri? E tu Soriano ne dasti un bel Saggio, allorchè amendue provocati da Sebastiano Raval a comporre a competenza sopra un canto fermo, io con 172. contrappunti, e tu con 110. Canoni sopra l' Ave Maris Stella per confusione ne ammutolì egli, e con vantaggio suo molto bene la propria ignoranza apprese; perocchè al numero 66. della tua Opera facesti, un Armonia languida, e ad un punto stesso i cassi tutti mostrasti, e il modo, e il tempo, ne' quali certi intervalli generalmente di vietati si possono con lode usare, siccome oculatamente ha eseguito il dotto Perti. Fa ben di mestieri, disse Francesco Antonio Calegari, per poco prendere altra via, con brevità mostrando l' origine, e i progressi della moderna Musica, affinchè la cagion si disveli, per la quale tanto ha il Menini errato, e questo, perchè quando servj per alcun tempo di Maestro di Capella nella Patria del Perti, in ferma union d' amicizia con lui mi legaj. In sul principio del Secolo decimo settimo, e non prima furono gettati i semi della moderna Musica pratica, tanto drammatica, che concertata. Autori ne furono Jacopo Peri, Giulico Caccini, Jacopo Corsi, Claudio Monteverde, Ludovico Viadana, Agostino Agazzari, ed altri in quei tempi in questa facoltà valenti professori; e, siccome a gl' altri nuovi sistemi in qualunque scienza, ed Arte per lo più avviene, non mancarono a questo acerimi contradittori, tra quali segnalar si vollero, e distinguere Antonio Braccino, e Giovanni Maria Artusi; essendosi questi alla nuova maniera di comporre dal Monteverde spezialmente introdotta, il quale chiamolla Seconda pratica, con li loro pungenti scritti validamente opposti; ma non ebbe [-8-] in conto alcuno queste gagliarde contrapposizioni; perochè dell' autorevole protezione godeva egli di personaggi di conto, ne' servigi de' quali avea con raggraddimento sua Opera impiegata, ed era da alcuni letterati di que' tempi favorito, sopra tutto da Giovan Battista Doni uomo ornato di vasta erudizione, il quale con sue Opere non lasciò che fare per mettere la nuova pratica ad alto stato, e porla in sicuro dalle acute saette, le quali contro di lei venivan scagliate furiosamente: per le quali cose erano le opere di Lui quasi universalmente gradite, come la lettera pubblicata da suo fratello Giulio Cesare, colla quale la ragionevolezza del nuovo metodo in parte confermò, tantochè finalmente a fronte degl' avversari suoi ne riportò il meglio. Mancato il Monteverde non venne ella meno ne si restò, anzi vieppiù per le nuove scoperte notabilmente arricchì in maniera, che nel principio del presente Secolo decimo ottavo forte dolendomi, che niun' Maestro si fosse messo studio di esporre ordinatamente i fermi principi suoi, m' accinsi io alla malagevole impresa, e con una dissertazione mostrai: Esser la Musica Greca la vera base fondamentale della Latina, e questa della moderna Musica presente; e per ridurre l' edifizio a ferma stabilità ne gittai profonde le fondamenta, dimostrando, che tutto ciò, che di perfetto nel contrappunto fu praticato da più Eccellenti Maestri della Latina, non può, ne dee essere, che comendabile, e quello, che ha aggiunto la moderna pratica non consiste che in deduzioni, eccezioni, e nel uso più frequente di certi intervalli si in Melodia, che in Armonia poco, e quasi mai usati, i quali per altro servono mirabilmente ad esprimere con straordinaria forza i varj affetti dell' animo, e a ridurre la Musica a servire all' Orazione, più tostoche questa serva quella, come per l' addietro era comune usanza, dalla Musica de Madrigali, di que' tempi in fuori quanto rara, e sorprendente per l' espression degl' affetti, altrettanto al presente quasi ignota, e trascurata. Per le quali cose io porto Opinione ferma alquanto, che il Menini, avendo con debil lume la Moderna pratica veduto, qual' è sull' imbrunir della notte, per cui scorgonsi gl' oggetti, come sognion vedersi le cose per densa nebbia, sol tanto da Lei abbia rilevato quello, che di più licenzioso, e di men grato comprende, e che viene in essa rare rarissime volte, e in alcune poche circostanze, e con certe avvertenze, e restrizioni ammesso, e tolerato; e di tali pericolosi principj fattole un fascio entro il suo Capo vuoto già de' veri fondamenti della Musica tanto antica, che moderna, se ne sia poi senza riflessione quasi di prima norma servito senza distinzion de' tempi, e luoghi, ne' quali per altro non è vietato a chichesia l' usarne; quindi secondo che ha osservato il nostro Palestrina, ammontati ha i più alti errori, che sfuggonsi da giovenetti, i quali tentan l' Arte, non solo nella sua pretesa correzione, ma ancora nel Chirie a quattro; e nell' altro Adoramus a quattro pure anch' egli. E non sono forse altri errori di quella spezie le dissonanze al rovescio [-9-] risolute, cioè ascendenti? e non sono errori gl' incontri di due ottave, e quinte da lui commmessi senza numero? Non sono errori tante strane combinazioni d' intervalli? Errori non sono la cattiva melodia, la peggior armonia, l' ammassamento di consonanze, e dissonanze senz' alcun riguardo? Son questi pure i preggi più rari dell' Accennate Opere del Menini, il quale non li può a ragione alla moderna pratica apporre; quasi incolpar da Colui si volesse il Giardino, dal quale raccolse solamente i men belli, e senza garbo, e spicciolati fiori, nè dispor li potè, e li seppe in modo, che in mazzuol' uniti, facessero ragionevole, e gentile, e gradita comparsa. Il Nobile Veneto Benedetto Marcello fatto segno di silenzio al Calegari dissegli: di leggieri hai compreso da non dubbiosi segni quanto sia stato al gran Monarca, e a tutto il dottissimo Consesso il parlar tuo accettevole; ne io affermo, che stato sia più caro avuto da gl' altri, che da me, il quale la sostanza, e fermezza de' fondamenti della moderna Musica ho per lui finalmente addentro conosciuto, delle quali cose non restai persuaso allora, che della dedica dell' accennata disserazion tua, diretta a stabilirne i suoi principj, ne facesti a me graziosa offerta; pensato, e lo confesso, avendo, che l' assunto da te preso insussistente fosse, e non abbastanza dimostrato; anzi i principj da te ora uditi alla moderna pratica paragonando probabile mi rendano un' opinione, che da lungo tempo in mente racchiudo, e insieme mi confortano a darla fuora senza timor di vergogna. Egli è certo, e sicuro, che il senso dell' udito è il principale, ed ultimo oggetto della Musica, dal quale l' animo i suoni, e le voci trae, e deriva, e per cui i grati, e consoni, da men grati, e dissoni discerne, e distingue. Egli è del pari fuor di dubbio, che questo, come gl' altri esterni sensi tutti del Uomo, è limitato, e ristretto a segno, che animali si trovano, che nella squisitezza del sentire l' avanzano, e maggioreggiano: Nos Aper auditu, Lynx visu, Simia gustu, Vultur odoratu, praecedit Aranea tactu. Egli è chiaro ancora, che i suoni, e le voci nella loro estensione, e moltiplicità dall' intelletto considerate, divengono oggetto maggiore di quello, che il senso soffra, e comporta. Inter singulos Tonos jacent plures alii intermedii, quos humana auiris nequit distinguere. [a) [(a) Musschembrock, Tomo 2. capitolo 37. paragrafo 1137. add. infra] Consistendo la moderna pratica, come hai tu poc' anzi affermato in deduzioni, eccezzioni, e nel uso più frequente di certi intervalli si in Melodia, [-10-] che in Armonia poco, e quasi mai praticati. Non può egli di leggieri avenire che l' intelletto senza freno rilevando le misure tutte, le qualità, le differenza de' medesimi dell' estensione, e dovizia, e altrettanto poi messi in Opera senza alcun riguardo al senso a questo riescano, e oscuri, ignoti, e disgradevoli? In fatto qual è quell' intelletto, che volentieri, e con piacere non veda, quando ciò a dovere gli sia proposto, come le progressioni geometriche, e aritmetiche servano di chiaro lume fino ad un certo termine alle progressioni armoniche? Ma se queste costringere, ed obbligar si vogliano pienamente alle leggi tutte di quelle, si vedranno ben presto rampollare, rispetto al senso deduzioni false, opinioni erronee, principj insussistenti, che in vece di servir d' appoggio, di assodare, ed illustrare le leggi li lui speziali, le distruggono, e le confondono. Quanto il meglio si può dunque mercè si dica a i molti, e gravi errori del Menini, i quali hanno opportuna occasion perito ad esporre una dottrina, la quale potrà servire di chiara sicura guida a moderni Scritttori, la quale seguendo delle loro fatiche riporteranno commendazione, e lode, in tal maniera isfuggendo que' due pericolosi scogli, a quali nel comporre possono facilmente urtare con grave rischio di naufragio, l' error de' Pittagorici, che vollero tutta la Musica appoggiata alla sola ragione; e l' altro degli Aristossenici, che dal solo senso pretesero fosse regolata. Indi voltosi ad Apollo disse: È mio carico, Sagra Maestà, se pure ne ho licenza, di porle innanzi le più modeste suppliche a nome di tanti Filarmonici miei coacademici, che quì si trovano, e che sonosi a lor tempi distinti singolarmente per le sue date in luce Opere egregie, tra' quali Giovanni Paolo Colonna, Donato Cossoni, Bartolommeo Monari, Giovanni Battista, e Pietro deg' Antoni, Sebastiano Chierici, l' Uno Aresti, e l' altro Padre, e Figliuolo, Giuseppe Aldovrandini, Evil Merodae Milanta, Arcangelo Corelli, Giuseppe Torrelli, Francesco Gasparini, Agostino Tinazzoli, Francesco Antonio Pistochi, Tommaso Vitali Giovanni Bononcini, e Giacomo Cesare Predieri, e Giuseppe Matteo Alberti; affinchè si degna di fare in maniera, che venga il loro rimpicciolito onor reparato, per lo dispregio con cui ne ha scrittto il famoso Menini. Al quale; sarà nostra cura che ciascheduno venga, com' è dovere, intieramente compiacciuto. Il Segretario in appresso fu ricercato dal Nume delle qualità di quello critico; e se onorevole impiego avesse; e se fosse da presenti Professor di musica tenuto in Conto. Sagra Maestà, rispose, perciò molto mi diedi attorno, ne fatto mi venne di rinvenire alcuno in questa Arte perito a cui noto fosse; e per quanto udj da Persone [-11-] le quali si può aver fede senza chieder prova, si prende spasso altre carte maneggiando sovente assai; e che dalla natura ne riscosse un talento, e un Capo torbidetto alquanto. Ma l' Accademia prima del ricorso avrà forte romoreggiato? I capi nell' operar suo, Maestà, hanno fatto gran senno. Fattasi la ragunanza de' soli Maestri di Cappella Filarmonici; lettasi la dissertazione; le composizioni con attenzione osservatisi, si fermò, che per niuna guisa all' intiero corpo si presentassero. E con quale prò, giudicarono essi? Quando ciò non sia appiccare un fuoco, il quale muova a dismisura. In un fascio le carte sue frivole, all' inteso fine inette, a veri principj contrarie gli si rimandino, e a cortesia prenda, che non siensi aperte di vantaggio. Bene hai tu detto: che i Capi nell' Operar suo hanno fatto gran senno. E l' Autore della Storia della Musica levato si sarà a gran difesa? Nò, Sire, egli sen vive riposato, e tranquillo; perche dice: e qual bisogno me n' astringe? E non sarebbe replicare il già detto? Legga l' oppositore il mio Libro, e l' intenda, se da Lui si puo, soprattutto la dissertazion terza; e ne scommetto, se ei non si riman convinto, che le difficoltà da Lui mossesi sieno da non curar punto, come quelle, che si appoggiano sol tanto ad opinioni false, erronee, insussistenti, Sebbene a tutta prudenza il chiaro Autore consigliato siasi, soggiunse Apollo, contuttociò l' ascoltare i sentimenti de' Musici riguardo a tali opposizioni sommamente ci aggrada. Giovanni Battista Doni il primo si fece innanzi, e disse: Sagra Maestà io penso, che il Menini stia pur bene nella schiera, anzi il solo luogo sia, che gli convenga, di que' Musicastri, i quali, dopo aver per breve tempo atteso alla superficial lettura di alcuni libercoli di Musica, spendono tutta la loro età sempre in mezzo ad una turba di Cantori, e di Suonatori del basso volgo; e fra idiota gente, di Musica trattando per esser prezzati valenti, e dotti, e bei paroloni a fior di labra con gravità maestosamente usando, de' quai neppur essi ne sanno il significato, dottrine spargono, le quali non sono ne dalla ragione, ne dalla autorità in verun modo sostenute. O Menini: Meglio saria, se luminoso raggio Non scende in Te di più propizia Stella Lasciar l' impresa, e nuovo ordir viaggio. (a) [(a) Menzin. Arte Poetica libro primo. add. infra] In fatti, seguitò Franchin Gaffurio, stabilisce questo Critico il seguente principio: Un istesso Tuono puol modular tanto verso l' ottava acuta che verso l' ottava grave senza punto variar l' esser suo. O grazioso Fabbricator [-12-] di nuovi sistemi! L' Oracol vostro si oppone alla natura de' Tuon, i quali desumano la loro quiddità dalla specie dell' ottava, e delle sue componenti. E non sapete, che i Tuoni de' i nostri Latini si distinguono da que' de' Greci appunto dalla diversità della specie? I Greci col trasporto di tuto il loro massimo sistema, o sia Scala di 15. voci, o suoni, ora verso il grave, ora verso l' acuto, formarono il costitutivo, e la differenza de' loro quindici. Al contrario i Latini lasciando stabile il detto sistema, fermarono sette Tuoni su le sette specie dell' ottava, nate dalle tre della quarta, e dalle quattro della quinta, delle quali ella è composta. Ma via con evidenza edete, che le specie sono il costitutivo de' nostri Tuoni. Sette essendo esse dell' ottava, sette soli dovrebbero essere i Tuoni, ma l' Ottavo nè fu aggiunto, perchè la specie di Lui della quarta, sebbene simile a quella del secondo, non era però tale la specie della quinta: perciò l' approvarono anch' esso, e nel novero vi dettero distinto luogo, come quello, che composto era della prima specie della quarta, che già servì al secondo, e della quarta specie della quinta, la quale al settimo serve unicamente e quindi anche al Plagale di lui, che n’è pur l' ottavo. Ne l' un sistema, ne l' altro piacque a Tolomeo Scrittor Greco, disse Giovanni Wallis Inglese, il quale, fermo lasciando il massimo de' Greci precettori suoi stabilì la diversità de' tuoni da; trasporto del Diazaeutico, o sia di disgiunzione tra Mese, e Paramese par noi a. [signum] nelle sete specie dell' ottava; a sette soli il loro numero determinando. Enrico Lorito Glareano soggiunse, non sa il Censore, che la divisione Armonica, e Aritmetica dell' ottava è uno de' principali distintivi de' nostri Tuoni? e che di Lei usando il lor numero produssi fino al dodicesimo? benchè sette Secoli prima, da quello, ch' io vidi, siccome intesi, Reginone avea lasciato scritto, che tanti appunto a que' dì n' erano stati introdotti? Ma possibile, che egli non veda, che approvato il suo principio di estendere a due ottave ogni tuono, dell' ottava si vengono a perdere, e confondere le specie, e le divisioni? Egli stesso a maraviglia si contradice, e con gl' esempi tratti dal canto fermo, de' quali neppur uno da se preso si estende alle due pretese ottave; e con quelle parole sue: le Cantilene, che modulano alla quinta sopra fra l' ottava acuta dissero esser di Tono, o modo autentico.... e quelle che modulano alla quarta sotto fra l' ottava grave di modo Plagale. Non arriva l' Autore a comprendere, che la quinta resta stabile; essendo comune tanto agl' Autentici, che ai Plagali, e che la sola quarta posta or sopra, or sotto di lei per distinguerli, non produce, che il corso d' una sola ottava armonicamente ne' primi, e negl' altri aritmeticamente divisa? e che il pretendere, che i Tuoni si estendano per lo spazio di due ottave è lo istesso, che il Latin sistema sconvolgere, e ridurre al niente/? Non solo egli non ha esempio addotto, il quale comprovi la [-13-] Chimerica sua idea, ma ne meno l' avrebbe potuto addurre, o lo potrà di poi, che vaglia a formarne un general principio; perchè qualunque Tuono perfetto non estendesi, che all' ottava armonicamente, o aritmeticamente divisa; qualunque più che perfetto non si allarga, che con qualche voce di più al disopra, o al di sotto della sua particolar ottava; e il Commisto, dirà egli? Il Commisto unisce un Autentico, e Plagale dell' una specie con altro Autentico, o Plagale dell' altra. Or bene mi trovi tu di grazia in tutto il canto fermo che d' ordinario le Cantilene si dispiegano oltre le dieci, o dodici corde? Ho detto d' Ordinario, perchè so, e questo penso, che ti arriva nuovo, che dare si può un solo particolar caso, in cui la cantilena sino alle 14. o 15. corde si allunga, e si propaga, e ciò farebbe nella mestione del settimo col secondo Tuono, purchè questo si avanzasse sino alla Gamma: anzi ti dico, che in alcuna rara Cantilena egli è di fatto: Il che conferma, e non distrugge quanto per ora ti ho detto. Lemme Rossi: avesse almeno per decor' suo rinvenuta qualche apparente ragione, onde il suo assunto in parte almeno rinfrancare, esempligrazia: la costumanza de Greci, che ogni lor Tuono scorrer faceano per due ottave; o l' invenzion di Tolomeo, il qual lasciando stabile il sistema delle Voci, o Corde, e per le sette specie dell' ottava il tuono di disgiungion mutando lasciò libero il corso a ciaschedun tuono di 15. Corde, le quali la Bis-Diapason, o doppia ottava formano, e compongono. Potea ancora soggiunse il Zarlino, fermare in parte l' opinion sua con quanto nelle mie Istitutioni Armoniche capitolo 13. della quarta parte lasciai scritto. E non dissi io in questo luogo a chiare note all' autorità de Scrittori anteriori a me appoggiato, che siccome il Tenore scorre le Corde dell’ Autentico, e il Basso quelle del Plagale; cosi il Soprano in ottava acuta le pedate batte del Tenore, e quelle del Basso il Contralto? E non si fa perciò manifesto, che non già nel Canto fermo, ma nel figurato bensì, le quattro parti principali constitutive del Contrappunto vengono a render composto ogni Tuono di due ottave? S' è dunque il Menini, e ben lo vedo, un general sistema formato, che si oppone alla natura de Tuoni, che fonda su alcuni esempi, i quali anziche comprovarlo, mirabilmente lo distruggono; e che non ha saputo render meno irragionevole, que' motivi d' apparente, e parzial verità portando, i quali, se negl' Autori studiato avesse, avrebbe potuto rilevare. Vorrei pure, che persuaso restasse. Che adegua appena L' umil Colomba, e crede aver le penne Cinte d' invitta infaticabil lena. (a) [(a) Menzini Arte Poetica libro 2. add. infra.] È che Erto è il Giogo di Pindo [-14-] E che........ Anime Eccelse A sormontar la perigliosa Cima Tra Numero infinito Apollo scelse. (a) [(a) Menzini Arte Poetica libro 1. add. infra] Giovanni Andrea Angelini Bontempi soggiunse, questa volta per verità mi è quello, che non sò essermi già mai, avvenuto. Propostomi il trattado del Menini vi lessi in fronte: Trattato in genere Teorico. Letta la prima pagina nella quale ombra di Teoria non vi trovai, meco dissi ne troverai in appresso, e da questa speranza nuda sempre accompagnato me n' arrivai al fine. M' interrogai di poi: ....... Amphora caepit Instituti, currente rota, cur Urceus exit? Affè, che l' Autore non sà che sia la Teoria non solo, ma ne anche la Pratica, e l' un genere non distingue dall' altro. Tu di pur ver Bontempi, disse Giovanni Maria Artusi, e l' affermo anch' io, e che il Menini, che sia Teorica non sappia, chiaro il dimostra egli stesso con quelle sue parole: per attestato di cognizione speculativa; e che della pratica sino a principj sia digiuno, ne da sicuro argomento, falsamente recando le sillabe mi, fa, delle quali l' una la final ne segna del terzo Tuono, e l' altra la prima nota dell' Euouae, E. F. E. C. come distanza di un Semituono mi, fa, quand' ella è d' una sesta minore mi, fa. E non aveva egli a scriver tanto (ma fatto non l' avrebbe) dopo aver letto, e inteso il nostro celebre Zarlino nelle Institutioni Armoniche pagina 1. Capitolo II, o almeno dopo avere cortesemente degnato d' uno sguardo suo attento, ed efficace la mia Arte del Contrappunto Edizione 2. ove trovato avrebbe alla pagina 2. la Teorica va speculando intorno alle cose Musicali soddisfatta di questa sola cognizione, e alla pagina 3. Teorico semplice, senza aver' cognizione alcuna di cose, che s' appartenghino alla pratica? Ma v' è di più che quantunque abbia adoperato un' linguaggio oscuro assai nell' esporre una dottrina, al quale muover solo potea dal suo capo, che le sillabe re, la; re, fa; mi, fa; mi, la e servir deano di regola per intonare entro de limiti della voce corale l' Antifona seguente di tuono diverso; ha però lasciato bastevol lume a chiari ingegni a riportarne un trionfo coll' iscoprire l' ignoranza sua nel Canto fermo. D' uopo era, che egli letto avesse gli Scrittori; i quali di quella materia tengono ragionamento, e apparato avrebbe, che le regole per intonare una Cantilena dopo l' altra di diverso tuono solo dalle accennate sillabe molto lontane, e affatto diverse.. [-15-] Disse Euclide: approvo, e acetto quanto ha in fine saggiamente esposto il nostro Artusi, come quello che conosciuto è vero, e confermato dal comun' parere di noi Greci, e da Latini; perochè avendo noi consigliato, che la mutazion di Tuono far' si dovesse più tosto per intervalli consoni, come più convenienti, che per intervalli dissoni, insegnaron essi esser necessario nella mutazion del Tuono aver' riguardo all' estensione dela divisione Armonica, e Aritmetica del' uno con quella del altro con cui ella si fà, il qual precetto con quel consiglio grandemente concorda, e si conforma. Quindi i Scritttori tutti del Canto Fermo, e più degli altri Bonaventura da Brescia, Franchin Gaffurio, Biagio Rossetti, Simeone Zappa, Stefano Vaneo, Angelo da Picitono, e Giulio Cesare Marinelli si dolsero, e altamente parlarono contro il Menini tanto per avere il ragguardevole Autore della Storia della Musica dispregiato; quanto per aver detto esser concesso in ogni Tuono l' estendersi ad una corda di più dell' ottava al di sotto per gl' Autentici, e al di sopra per i Plagali della dottrina ne libri nostri contenuta, e dell' autorità degli' altri Scrittori di Canto Fermo avendo per ciò sconvenevolmente usato. Questo statuto, aggiunse Pietro Fabbrici, non è che fondato sull' esempio. Vedansi le Antifone Leva Hierusalem del I. Tuono; O sapientia del 2. Quando natus es del 3. Maria, et flumina del 4.; Montes, et omnes Colles del 5. Pater manifestavi del 6. Urbs fortitudinis del 7. Elevare elevare consurge del 8. vedansi tant' altre cantilene di Canto fermo, ove negl' Autentici v' è una nota di più al di sotto della sua ottava divisa armonicamente, e nei Plagali una al di sopra della sua ottava divisa Aritmeticamente; vedasi perciò quanto dell' Autore insussistente sia il precetto; e veda egli in quanto la derisione che ha usata contro l' Autore della Storia della Musica stia bene, e meglio, anzi solamente a se convenga. Qual stravagante conseguenza, così s' espresse Pietro Aaron, deduce mai questo nuovo legislatore nel confondere egli le condizioni dell' Organo, perciò che riguarda il trasporto, con quelle del Canto fermo? Non è chiaro, che l' Organo essendo uno strumento stabile, qualora d' uopo sia del trasporto usare, necessità s' incontra di servirli degli accidenti b molle. B quadro, Diesis? Per l' altra parte il trasporto nel Canto fermo, che necessità ha egli di alcun accidente? Chi non vede, che il prendere qualunque cantilena alcun poco, o più verso l' acuto o verso il grave, purchè non si muti la corda, non obbliga il Cantante, e non lo astringe a mutarne il solfeggio, e ad alcuno accidente introdurvi? Jacopo Antonio Perti per sì fatte parole n' espose i sentimenti suoi: come che io avessi ferma risoluzion preso di non far' altro moto in questo rispettabil Contesto, pure me n' ha prohibito l' ingiuria fatta al mio Discepolo attento, e valoroso. Dice il Menini di aver letto il [-16-] primo Tomo della Storia della Musica; dunque non l' hà inteso. Lo rilegga perciò, e procuri d' intenderlo, e mi prometto, che si rimprovererà le mille volte d' averne l' Autore tanto a torto oltraggiato e vilipeso. Osservi il Menini l' Annotazione (97.) alla seconda Dissertazione, che comincia alla pagina 207. e proseguisce sino alla 210., dalla quale apprenderà i varj diversi modi con li quali si può del trasporto usare. L' autor della Storia non nega all' Organo in tale occasione gli accidenti di b molle. b quadro, e Diesis, ma dice alla pagina 411. nel fine dell' Annotazione (220.) In tutti i Codici, Frammenti, e Libri di Canto Ecclesiastico dei Secoli IX. X. XII. XIII. da me veduti, neppur l' ombra di alcun accidente di b quadro, b molle, e Diesis ritrovasi, eccettuatone il b molle necessario, che chiamasi proprietà di b. Per ribatterlo con sodezza non dovea il Critico documenti portare, che provassero il contrario? Egli ha imitato un che braveggia, e cammina di buja notte, dal quale, rumore uditosi, spesso si va stocheggiando, ma indarno, perch' ei tira i colpi all' aria,; essendo chi l' eccitò lontano assai. Vie più, replicò il Zarlino, questo prode Scrittore mostra la sua imperizia nella Teorica, e in tutte le parti della Musica pratica se egli avesse dato una semplice occhiata al XVII. Capitolo della quarta Parte delle mie Institutioni Armoniche, e sporta tutto al Capitolo 6. Libro 7. de miei Supplementi Musicali, compreso avrebbe la diversità, che passa tra la mutazion di Tuono, e di Concento; conosciuto avrebbe, che nel trasporto dell' Organo necessità v' è di servirsi degl' accidenti, e che nel trasporto del quale parla l' Autore della Storia non ve n' è alcuna; perchè egli l' assomiglia alla diversità de Coristi, i quali in una Nazione sono più acuti, e nell' altra più gravi l' istessa identità di voce però sempre conservando: esempligrazia C sol, fa, ut in un Corista è più acuto, e in un altro più grave senza mutare la sua sostanza; e vi è pur anche nel Canto Fermo l' altro trasporto di mutare un canto d' una proprietà in un' altra. Io non vorrei, che il nostro Censore prendesse abbaglio; dico, che egli è ignorante nella Musica; non affermo perciò, che egli abbia l' intelletto suo qualunque siasi in dense tenebre rispetto alle altre cose ingombrato, e ravvolto. Io ne ho raggion di tenerlo; perchè i passaggi, che fa dal prendere una particolar dottrina affermata per pretendere, che ne sia stabilita una universale ne danno ragionevol fondamento. L' Autore della Storia della Musica sostiene, che le cantilene de' Salmi, le quali su usano al presente sono quelle stesse, Davidde stabilì, e che furono sempre nel Tempio suo dagl' Ebrei praticate. E il Critico, che dice? Pensa che l' Autore detto pretenda di provare, che il nostro Canto Fermo in tutta la sua estensione sia lo stesso, che quello dagl' Ebrei costumato. Buon per me, disse Maurizio Zapata, che non sarà venuto sotto gl' acuti, e perspicaci occhj del celebre Menini [-17-] il Mio Ristretto di Canto Fermo, nel quale alla pagina 7. dissi: Il Canto Fermo viene composto da voci Omogenee, cioè d' ugual valore; onde dal Zarlino, e da altri viene chiamato piano, come che le sue Note siano piane, e di uniforme valore; per verità una qualche opposizion inudita in caso non iascansava, stante l' interpretazion strana data da questo nuovo legislatore al titolo Canto Fermo co' seguenti termini: Tal Canto non per altro si dice Fermo, se non perchè debbasi star' fermi nelle proprie corde del tono semplice. Niuno però venga in meraviglia se in effetto il Menini si oppose alle dottrine di tutti i chiari Scrittori di Musica. Egli è in massima, manifestata già sul bel principio del suo Trattato, ove degl' Accademici Filarmonici parlando cosi s' esprime: portatemi però da vari Soggetti per osservar le loro Composizioni sopra del Canto (Fermo) praticate, e per rilevar le loro Composizioni, e se i sentimenti (per l' addietro da me apresi sopra tal Canto) si uniformavano a i loro dottrinali, cuì non avendo nè questi, nè quelle trovate uniformi; perciò.... avevo destinato.... esponere al giudizio della propria Accademia i Teorici sentimenti sopra tal Canto da valenti Maestri apresi et cetera. Aggiunger potea del Groenland, o della nuova Zembla, o qualchedun' altro di que' freddi, incolti paesi nominate. E da quali altri ha potuto avere appreso principj, e instituzioni tanto lontane da quelle, che hanno servito di regola agl' Accademici Filarmonici, e a tutti gl' altri veri Maestri di Musica della più dotta Europa, e della più colta Italia? Sebbene, soggiunse in fine Francesco Salina, insussistenti, e fuor di proposito siano le ragioni con le quali questo ignoto Censore pretende di provare, che ogni composizione di terza minore nella stessa terza debba terminare; tuttavia non arriverà giammai a bene chi tentasse di persuaderglielo; perchè se egli non riman pago della costante pratica di tutti iCompositori, come riferisce l' Autor della Storia; rimarrà poi convinto Egli con alcuni altri pochi Professori incapaci dalle chiare ragioni, che ci presenta la Teorica pienamente a loro sconosciuta? e se contendono ancor fra loro i più illuminati nella Musica Pratica, e Teorica rispetto al fermare, e stabilire dal principio sonoro (il quale unicamente ne dimostra il Tuono di terza maggiore) il principio del Tuono di terza minore; come potranno restar perrsuasi quelli, che appena hanno qualche superficial abito della sola Pratica? ...... Ego nec studium sine divite vena, Nec rude quid prosit video ingenium, alterius sic Altera poscit opem res, et conjurat Amice. (a) [(a) Horatio, Arte Poetica add. infra.] [-18-] Che dovrà poi dirsi, se l' un fondamento manca, e l' altro? E pur v' è a chi senza questi necessari arnesi è dato il cuore di produrre in mezzo un Trattato (di Musica) in genere Teorico. Spectatum admissi risum teneatis Amici? (a) [(a) Horatio, Arte Poetica add. infra] Eppure v' è chi senza queste bisognevol Armi si è attentato di opporsi alle dottrine, e a principj stabiliti, e confermati da quasi tutti gl' Eccellenti Maestri nell' Arte Musica, di dispregiare l' Accademia de Filarmonici di Bologna, e il celebre Jacopo Antonio Perti, e il chiaro Autore della Storia della Musica censurare. Bastevolmente, e bene assai, disse Apollo, si è la Causa ricercata. A voi Saggi miei, ad essi rivolto, or s' appartiene il deliberare un gastigo, che sia al grave error del Menini proporzionato. Alcuni proposero la pena data da Sua Maestà in altre occasioni ad un' certo Letterato Laconico; altri quella che toccò ad Arpocrate; altri quella sostenuta da Giovanni Bodino; altri una di quelle punizioni portate da molti Letterati di varie reità inquisiti; e chi approvava il supplizio, che provò un Poeta bestemiatore, o Natal Conte. Jacopo Antonio Perti, benchè principalmente, e in verie guise offeso volse le sue preghiere al Nume, che non volesse prender contro il Menini vendetta convenevole al suo concepito di più di quello, che forse è peccato; più presto degnar si volesse di usare verso di lui la più cortese piacevolezza; Forse egli è il primo errore da lui di questa spezie commesso, cagionato più da cecità d' intelleto, che da malizia di volontà, e forse sedotto da chi nutre animo torbido, e mal contento, nè per avventura ha egli pensato di avere perciò a commovere tanto l' animo suo generoso, e sublime. Buon Vecchio, disse Apollo, io lodo il vostro bel animo, il quale, quantunque per sì strane maniere offeso, ed oltraggiato, tanta moderazione ammette, e a lei s' appiglia: non lascerò, salva la giustizia, e l' equità, di compiacervi; ne io punirò l' ignoranza in riguardo vostro, ma la presunzione, che le và d' ordinario congiunta. L' imprudente Censore serva d' esempio a certi Musicastri, affinchè in avvenir si guardino dal parlar con poco rispetto, e criticare l' Opere egregie di que' Professori Eccellenti, il merito, e il valor singolare de quali non ben comprendono. Voi Segretario una Minuta stendete d' incorso, e caduto nell' alta perpetua indignazion d' Apollo per lo folle ardir suo, che lo portò, privo per ogni verso di scienza, a scriver contro, e censurare tanto in particolare, che in generale tanti [-19-] celebri Professori passati, e presenti dell' Accademia de' Filarmonici; che in pubblico il fascio tutto delle sue Carte, che ben lo meritano, sia dato alle fiamme. Che dal Sagro Monte, e da tutti i Stati miei sia per sempre esule, e bandito; e il Nome di lui nel Catalogo de Cacomusici sia con distinzion notato. Voi gran Cancelliere la Minuta prenderete dal Segretario, e le clausule più forti v' aggiungerete, e le formalità; lo scriverete nel registro de' vostri Atti; imprimer ne farete molte copie da affigersi in tutti i luoghi soliti del nostro vasto Impero; pubblicato sia in fine alla nostra diletta Accademia de Filarmonici di Bologna. Per ultimo fu fatto a Nome di tutto il Consesso, e de Musici singolarmente da Vincenzo Galilei un breve, e ben concepito ringraziamento alla Maestà Sua, e dopo i dovuti atti di profondo rispetto da tutti dimostrati in verso del gran Monarca, dal Trono sceso fu da tutti i Musici ai Reali Appartamenti accompagnato. IL FINE.
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