Author: Anonymus (Padre Giovanni Battista Martini?)
Title: <Papers accompanying Giudicio di Apollo>
Editor: Massimo Redaelli
Source: Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS I. 43, f.72r-76r

[-f.72r-] La terra è oramai piena di libri, e tutto il giorno se ne publicano de nuoui, e il piaceuole, e forte amore della lode, e dell' immortalità del Nome n' è il continuo acuto stimolo; ma la più parte degli autori s' ingannano, perchè o quello, che scriuono non merita attenzione alcuna, essendo o falso, o inutile, o dannoso, o ridetto le mille uolte, o non lo fanno in una douuta, o nuoua, o comoda, o uantaggiosa, o diletteuole maniera, onde gli altri Uomini, Letterati principalmente, non si prenderanno cura di conseruare tali prodotti, ne saranno mossi per lo pregio loro a guardarli sempre con qualche consideratione. Si dee dunque saper grado molto moltissimo a que' dotti, e prudenti, i quali per lo bene comune si prendono la faticosa [fasicosa ante corr.] briga di leggere le frequenti opere, le quali continuamente si danno alla luce, e ne formano un retto disinteressato giudizio del loro ualore, ed alla letteraria Republica con sommo uantaggio lo scoprono, e le palesano affinche non s' impiega disutilmente il breue, e perciò da tener conto, irrecuperabil tempo, il quale è concesso all' uomo di uiuere sù questa terra [-f.72v-] È comparsa ultimamente una Dissertazione col titolo: Giudicio di Apollo 1763 presso il Gessari con licenza de Superiori, che è finalmente una riprensione, ed una critica contro un' altra Dissertazione inedita di un certo Andrea Menini da Udine, fatta da lui presentare all' Accademía de Filarmonici di Bologna. Sarebbe stato desiderabile che l' autore del Giudizio di Apollo auesse dato in luce ancora la detta Dissertazione del Menini, [[e]] [che corr. supra lin.] in tal maniera il Pubblico, e sarebbe restato persuaso della giustizia della causa, e non sarebbe stato obbligato a fondarsi unicamente sulla fede [[dell']] [del detto corr. in marg.] autore [[del Gudicio]], legge alla quale difficilmente si sottomette. Io uoglio metter buono a lui, che le maniere adoperate dal Menini tali sieno, che facciano graue oltraggio alla detta Accademia, e al buon nome di due Uomini Eccelletissimi nell' altre del contrappunto, quali sono il Perti, e l' autore della Storia della Musica; non ci posso pássare sotto silenzio che, supposto uero un tale affronto egli abbia poi trattato con tanta dolcezza l' ingiurioso Menini, ne io sò trouare in questo affare la douuta proporzione trà il peccato, e il gastigo. L' hà ripreso, è uero, ma l' hà fatto tanto graziosamente, che il Menini siccome non poteua operare più scioccamente di quello, che hà fatto, [-f.73r-] così non poteua incontrare un punitore più discreto, e temperato. [Ringrazie dunque il Menini l' Autore del Giudizio per la discretezza con esso lui usata, e stia in auenire lontano dal prouocarlo maggiormente, acciochè non sia poi obligato ad oltrepassare i limiti della moderazione, e cambiare l' umanita in furore da lui fin da principio ben meritato: ricordandosi che per criticare le opere degli Uomini Uniuersalmente accreditati, ui si richiede non una semplice superficiale tinsura in qualunque facoltà, ò scienza, ma un profondo possesso in esse. add. in marg.] Hò condannato, e condanno di nuouo pieno di rabbia quelli, che uogliono scriuere Italianamente, e non usano del Dialetto toscano, come di quello, che è più colto di qualunque altro d' Italia, e che è inteso comunemente da tutta questa uasta Prouincia, a tutti egualmente diletta; ma non approuo per questo que' Scrittori che usano con troppa frequenza le più scelte, e rare frasi; mostrando perciò d' auerne fatta affettata ricerca, e di tenere nello scriuere uno stile non naturale, e non senza arte. Se l' autore del Giudicio, quando fà parlare il Nobile Ueneto Benedetto Marcello al Calegari, auesse fatto dire qualche cosa di più contro la moderna musica, e contro il principal promotore di lei in Italia, che n' è stato il detto Calegari, ne aurebbe ottenta lode, non che incontrata riprensione. La nuoua maniera di comporre in questo genere, è stata la totale ruina di questa facoltà. Non u' è stato secolo, si può dire, il qual abbia potuto nouerare tanti, che pretendono d' intendersi di Musica, quanti ne conta il secol nostro; e non u' è secolo, che si possa lamentare d' auere tanto pochi soggetti che la musica ueramente capiscano quanto [[lui]] [il presente add. supra lin.]: Si dica perciò che ora la Musica uà del pari colla Pittura rispetto alla sua totale decadenza. [-f.73v-] Finalmente non è nuouo il Sistema; e l' Immagine sù cui l' autore del Giudicio hà tessuto tutto il suo lauoro, e mostra ben chiaro d' auer uoluto imitare il famoso Trajano Boccalini, cosa da altri molte uolte tentata. E uero che se fosse stata trattata la materia nudamente niuno, e non m' inganno, aurebbe degnato di leggere sino al fine la detta Dissertazione, come quella che sarebbe stata intesa, e non aurebbe recato alcun piacere a Leggitori; ma poteua bene l' Autor del Giudicio crearsi una nuoua diletteuole Idea, e di lei usando riscuoterne dal Pubblico una più compiuta approuazione. [-f.74r-] Nota di alcune cose, che nel celebre scritto Giudicio di Apollo alla mellonaggine di F: NN. Parute sono, o dubbie, o oscure, o equiuoche segnate perciò da lui col segno [signum]. Coll' Aggiunta Di quanto a Lui Sembra, che dir si debba Per amor di chiarezza. Pagina VI. Riga 35. [[signum] add. in marg.] “Indi tutto lieto il Perti guardando con amichevoli parole disse: ringrazial bene l' avversario tuo, che, ammontati avendo i più alti errori, secondo il saper suo, nella correzione alla tua degna Opera, che sfuggonsi comunemente da giovinetti, che tentan l' Arte, ha con efficacia ottenuto, che tanto più campeggia il tuo valore” Primo. questi che parla è il Palestrina, che essendosi buona pezza indietro nominato, pare sfuggito dalla memoria del Letttore; e perciò farebbe duopo nuouamente quì ricordarlo. Secondo il che appellando sempre ciò, che s' è detto dianzi nella proposizion' immediata, ua costantemente attaccato al suo relatiuo: ond' è che quel che posto auante allo sfuggonsi, non altro uolendo significare che i quali errori et cetera non istarà bene dopo immediatamente all' Opera. Terzo. Nascendo la oscurità del sentimento [[,]] dalle male allegate proposizioni, e dalle parti confuse, o dall' ambiguità di una qualche dizione; quindi è che quel secondo il saper suo mal allegato, e confuso e ambiguo rimane, e perciò rende oscuro il sentimento, assieme col sopraddetto et cetera. Per tutto questo, e altro che non sa dire, giudica [[Aloysius <.......>]] F. N N. che si douesse scriuere cosi tenendosi intiere le stesse proposizioni: “Indi il Palestrina medesimo tutto lieto, il Perti guardando, con amichevoli parole disse: ringrazial bene l' avversario tuo, che, secondo il [suo add. supra lin.] sapere [[suo]], nella correzione alla tua degna Opera ammontati avendo i più alti errori, che sfuggonsi comunemente da' giouinetti, che tentan l' Arte, ha con efficacia ottenuto, che tanto più campeggi il tuo valore”. Pagina VIII. Riga 7. [[signum] add. in marg.] “per le quai cose erano le opere di Lui quasi universalmente gradite, come la lettera pubblicata da suo fratello Giulio Cesare, colla quale la ragionevolezza del nuovo metodo in parte confermò, tantochè finalmente a fronte degl' avversari suoi ne riportò il meglio.” Primo. distinti i tre Capi, de' quali in questo luogo si parla; cioè primo la [[della ante corr.]] Nuoua maniera introdotta dal Monteuerde. Secondo l' opposizion del Braccino e dell' Artusi, che in niun conto s' ebbe dal Monteuerde. Terzo La erudita e valorosa difesa fatta dal Doni con sue Opere a fauore della Seconda Pratica. distinti dico questi tre capi, soggiungendosi poi per le quali cose erano le opere di lui quasi uniuersamente gradite, resta ambiguo, se questo aggradimento fosse pel Monteuerde o pel Doni, essendosi parlato delle Opere tanto dell' uno quanto dell' altro. Secondo. Accresce l' oscurità la qui ricordata Lettera pubblicata da suo Fratello Giulio Cesare, la quale sembra, o che si uoglia porre anch' essa a parte dell' uniuersale aggradimento, o che uoglia dir qualcosa [[che]], che quì non si esprime. Ma, come dissi, restando ambiguo chi appelli quel di Lui, resta anche ambiguo a chi nol sa, di chi Giulio Cesare sia Fratello. [Terzo add. in marg.] Nè mi si dica, che chi nol sa, se lo appari, basta ben che gl' intendenti lo sappiano, non mi si dica questo; perchè ogni buono scrittore, quando che non iscriua indouinelli, dee, quanto è dal canto suo toglier ogni dubitazione dalla mente del Leggitore, e far conoscere la chiarezza delle idee, che tiene in mente primo perchè la chiarezza dello scriuere è indizio della chiarezza de' pensamenti. secondo perchè la chiarezza non toglie la grazia, e la uenustà dallo scritto, anzi n' è il più bell' ornamento, che dar si possa. terzo perchè la chiarezza mensura diuiene di pubblico diritto assieme colla scrittura et cetera. Ciò intendesi, (come quì siamo nel caso) quando si tratta di cose, che unicamente dipendono dallo Scritto, sapendo anch' io, che nello scriuere (come dicesi) dogmatico, si [[usano]] [hanno add. supra lin.] certi termini della Fauella, che ueramente richieggono lo studio e la perizia di chi lette. Et cosi pure certi dogmi, certe Leggi, e siffatti, che basta l' auerli richiamati una uolta (se si ha per fine l' insegnare) o si rimettono [[al giudicio di chi legge]]. Che si suppone intendente, altrimenti ne se ponga a leggere ignorante che sia la Facultà. [Quarto add. in marg.] Il punteggiare una scrittura a proposito, e il replicare anche lo stesso nome o uerbo, quando sia di mestieri, serue mirabilmente alla chiarezza. Il perche primieramente io aurei incominciato a punteggiar questo racconto del Nuouo Sistema nella pagina VII. addietro in altra maniera. Io aurei fatto punto fermo, oue egli fa punto e uirgola auanti a quelle parole; e, siccome et cetera (riga 28.) Lo stesso aurei fatto innanzi a quelle parole ma non ebbe et cetera (riga ultima); lo stesso pure farei prima di questo periodetto, su cui io scriuo, e che incomincia [[appresso]]; per le quali cose et cetera (pagina VIII. Riga 7); in tutti e tre questi luoghi un bel punto, perche è già chiuso il sentimento, e se ne incomincia un altro. Secondariamente non mi uergognerei di ripetere nel luogo, che [[sta]] ho per le mani, un' altra uolta il Monteuerde (giacche io penso più probabile che si parli delle di lui opere, che di quelle del Doni) e poi porre un qualche reggente a quella Lettera pubblicata et cetera che è abbandonata, e uaga; e finalmente porre senza scrupolo tutt' i uerbi in un tempo, o preterito indeterminato, imperfetto, prout sequitur uidelicet: “Per le quali cose cominciarono le Opere del Monteverde ad esser quasi universalmente gradite; e, per la Lettera [[,]] (in cui la ragionevolezza del nuovo metodo si confermò,) data in luce da suo fratello Giulio Cesare, e ricevuta dal Pubblico con applauso, la nevella Pratica in tant' altra riputazion crebbe, ch' egli finalmente ne riportò il megio a fronte degli avversarii suoi.” [pagina VIII. Riga 28. add. in marg.] [[signum] add. in marg.] “Per le quali cose io porto Opinione ferma alquanto, che il Menini, avendo con debil lume la Moderna pratica veduto, qual' è sull' imbrunir della notte, per cui scorgonsi gl' oggetti, come soglion vedersi le cose per denza nebbia, sol tanto da Lei abbia rilevato quello, che di più licenzioso, e di men grato comprende et cetera” Primo. Parrebbe giusta cosa, che l' auuerbio alquanto posto quì in diminuimento del ferma, si collocasse prima, e non dopo; giacchè egli fu costume de' buoni Scrittori il far si, come specialmente si ha dal Boccacio nelle sue Nouelle: con maniera alquanto pietosa et cetera alquanto lento. Secondo. Sendo le Immagini, o uogliam dir similitudini, fatte apposta per render chiaro il Discorso,, e per condur facilmente chi ascolta o legge al bramato intendimento; conuerrà che sieno talmente chiare in se medesime, che non abbian bisogno d' altro, che le spieghi. Ora quì così non auuiene, perchè a [al ante corr.] spiegar il lume del Menini, si assume la simiglianza del lume, che è sull' imbrunir della notte, e poi, quasi che non bastasse, si assume un altro lume terzo a spiegar il secondo, si adduce cioè l' addensamento della nebbia, che toglie il ueder distinti gli oggetti. Il che mi sembra generar confusione non poca, non che l' intesa spiegazione. [-f.75r-] Terzo. Lascio al giudicioso Scrittore il decidere, o almeno l' inuestigare, se sia lo stesso il uedere gli oggetti sull' imbrunir della notte, che sull' addensamento di folta nebbia? E lascio pure al saggio discernimento di lui il uedere, se man mi apponessi a seruir lo stesso sentimento nella seguente maniera: “Per le quali cose io porto opinione alquanto ferma, che il Menini avendo con debil lume la moderna Prattica veduto, come sull' imbrunir della notte scorgonsi gli oggetti, e come per densa nebbia soglion vedersi le cose, abbia poi da lei soltanto rileuato quello; che di più licenzioso ha, e di men grato comprende et cetera. Pagina IX. Riga 7. “quasi incolpar da Colui si volesse il Giardino, dal quale raccolse solamente i men belli, e senza garbo, o spicciolati fiori, nè dispor li potè, e li seppe in modo, che in mazuol' uniti, dacessero ragionevole, e gentile, e gradita comparsa.” Primo. buonissima similitudine per esprimere, che se il Menini uolesse incolpare la moderna Pratica per non auer da essa sputo raccogliere [senon add. supra lin.] ciò che è di men grato, e che con riserua si concede, lo s' incolperebbe a torto. Ma, siemi permesso il dirlo, non parmi bene espressa la cagione, per cui a torto uerrebbe incolpato da Colui il Giardino. Vi si faccia riflessione. Secondo. Ci anderemo spiegando meglio. Tutto il male sta a mio giudizio in quel dal quale, in vece di cui parrebbe più a proposito un perchè, e poi sarebbe necessario [[fa]] l' aggiungerui un da lui. Che sembrasse più a proposito un perchè, che un dal quale, eccone la ragione: conciosiachè ciò che quì è ragione di paragonare il Menini a Colui, non è già il semplice raccogliere, ma egli è la causale, come chiamasi da' Filosofi, perche raccolse, e perche non seppe et cetera e perciò non si dee incolpar il Giardino, e perciò non si dee apporre alla moderna et cetera. Quando dunque non si esprima bene la ragione del paragone, o resti oscuro il medesimo o si lascia tutto l' impaccio al Lettore, che può prender facilmente errore; come addiuiene et cetera. Terzo. Non voglio [[<........>]] [ridurre corr. supra lin.] un sentimento mio, che è: [che add. supra lin.] il Pronome Colui non da costantemente seguito dall' azione che fa, o che si suppone fare; quantunque auesse per me la ragione, e l' esempio. Dirò bene, che in questo caso parrebbe dicevole accompagnarlo col suo correlatiuo il quale, perchè naturalmente lo chiama. Ma volendosi questo piutosto al Giardin concedere: dal quale il Pronome Colui resta desolato, e quasi indi mancante. Quarto. Quando adunque vogliasi seguire la ragione, che ho detta al numero secondo, cioè che debbasi esprimere non perchè, come principal motivo del paragone; ecco che il Colui non vi avrà più luogo, quando non oglia cader anch' io in ciò, che noto al numero terzo. Farà dunque mestieri il sostituire [[nome che]] un nome, che abbia forza di colui, e insieme insieme esprima l' azione di raccogliere i fiori del Giardino, e questo non altro sarà che il nome Raccoglitore di fiori: E perchè i fiori si nominano altroue, di quà li leueremo, e farem' in maniera, che a prima giunta si sottintendano. Ecco come [-f.75v-] “i quali che da un raccoglitor di fiori o spicciolati, o senza gambo, e de' men belli che siano, incolpar si volesse il giardino, da cui li levò; perchè dispor non li potè, o non li seppe in modo, che in mazzuol' uniti facessero ragionevole, e gentile, e gradita comparsa.” pagina IX.riga 19. “; pensato, e lo confesso, avendo, che l' assunto da te preso insussistente fosse, e non abbastanza dimostrato; anzi et cetera.” Primo. Molto si [] sapere, perchè io noti questo passo. Il participio passato troppo disgiunto sta dal gerundio auendo. Egli è uero, che non deasi, scriuendo stare scrupolosamente attaccato a una rigorosa grammaticale Costruzione; stuccheuol cosa, è render languido il discorso: Ma egli è certo altresì, come ben nota il Farriolati nella Ortografia (Avvertimenti grammaticali [signum] TRASPOSIZIONI.), che le Trasposizioni son generalmente abborrite nella nostra lingua per soggiacer ella agli equiuoci più che la Latina, e la Greca, et cetera che se ciò intendesi generalmente da quella,s' intenderà anche in qualsiuoglia uoce, che sia fuor di luogo. Secondo. Poste dunque assieme, siccome ragion vuole, le due uoci pensato e auendo, resta da collocarsi quel detto e lo confesso. Pare, che se si ponga dopo pensato auendo, seguendo a dire il Marcello parlando col Calegari che l' assunto da te preso insussistente fosse et cetera; pare, dico, che il Marcello dicendo prima di ciò e lo confesso, che torni a dire, che l' assunto del Calegari sia insussistente, contra ciò. Che ha poc' anzi detto e confessato di conoscere la fermezza e sostanza della moderna Musica, che vendicaua il Calegari. E questa forse è stata la cagione per cui il dotto Scrittore si è seruito di quella trasposizione. Ma a scampar questo equiuoco ui erano due scuole non che una, e ui son pur anche addesso. La prima è, chiuder, fra due parentesi (che sono nell' occasioni ineuitabili il più bel rimedio del mondo) quella dizione: e lo confesso: scriuendo in questa guisa pensato avendo, (e lo confesso,) che l' assunto da te preso et cetera Che se questa uia non piaccia, o non sembri appieno toglier l' equiuoco sudetto, ui è la seconda, a cui ci atterremo. Questa è, risoluere il gerundio con un poichè, o perchè, all' uso de' Latini, essendo che uogliono i Maestri della nostra lingua. E sicome in questo caso sarà meno ristretto di [[p....]] [parole add. supra lin.] il sentimento, perciò io dico, che riuscirà più facile il collocarle (e lo confesso) in luogo, che non tolga la venustà e assieme non generi confusione, o equiuoco. Terzo. Aggiungo, che anche a maggior chiarezza si potrebbe usare altro punteggiamento da quello, che quì si usa. Potrebbesi infatti porre un punto fermo prima di quelle parole: ne io affermo, che stato sia et cetera incominciarassi [[quinti]] quiui un' altro sentimento, che naturalmente richiede quella parte [-f.76r-] a cui il punto fermo è diretto. La stessa ragione c' induce a giudicare necessario un simil punto prima alle parole: anzi i principi da te ora uditi et cetera. Vorrebbe ragione infine, che prima delle parole, che quì si notano si ponessero una virgola, e un punto, siccome ui ha un misto d' incompimento e di compimento. 4. Sarà bene quà auuertire, che nella Nota delle scorrezioni secondo l' Ortografia, che abbiamo fatta sullo scritto intiero nell' altro foglio distinto da questi, ci siamo dimentichi di notare la parola rendano, che auendo ragione d' indicatiuo presente, non potrà mai reggere; perchè quello fa terminare tutt' i uerbi nel numero del più e nella terza persona in ono, toltine quelli della prima maniera: e però dourà dirsi rendono. Conchiudiamo dunque, e poniamo, oltre il sentimento qui presso a notarsi, poniamo dico tutto il testo facendo che lo giudichiamo bisognoso di correzione. “Nè io affermo, che stato sia più caro auuto dagli altri che da me, il quale la sostanza, e fermezza de' fondamenti della moderna Musica ho per lui finalmente addentro conosciuto; delle quali cose non restai persuaso allora a stabilirne i suoi principii, ne facesti a me graziosa offerta; perchè, e lo confesso, pensato avea, che l' assunto da te preso insussistente fosse, e non abbastanza dimostrato. Anzi i principii da te ora uduti alla moderna Pratica paragonando probabile mi rendono un' opinione et cetera.”

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