Author: Beccatelli, Giovanfrancesco
Title: Annotazioni sull’opera di Padre Giovanni d’Avella, intitolata Regole di Musica
Editor: Massimo Redaelli
Source: Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS F 8, 1-51
[Numero 6.] Annotazioni sull' opera del Padre Giovanni d' Avella, intitolata Regole di Musica et cetera, Roma, 1657, in folio Molto Illustre Reverendo Signore L' occasione che per grazia di Vostra Signoria Molto Reverenda ho avuta di leggere il da lei consaputo Autore, dal quale come da fonte, molti moderni scrittori, non troppo fondati nelle teoriche musicali hanno bevuto una quantità grande d' errori molto nocivi, e perniciosi all' insegnamento e uso pratico del Canto Ecclesiastico, mi è stata di stimolo a raccogliere in queste Annotazioni quel più d' erroneo, che in detto libro si legge; tanto più che il mostrarne di questo la correzione mi serve di motivo a spiegare molte cose, che non pochi forse anno mai sapute per la scarsità, e oscurità degli Autori, che fondatamente di tal materie anno scritto: e pur sono molto necessarie à chi veramente pretende di farsi Professore, e Maestro. Non intendo però di formar con queste un satirico discorso, del quale possa veruno restarne offeso; non essendomi riuscito il potermi astener da qualche sentimento, e parola piccante: conciosiacche non è mia intentione il toccare non solo i buoni d' ogni lode dignissimi, mà etiamdio li mediocri Scrittori; mentreche di tutti si deve con ogni rispetto parlare: che avendo potuto noi da tutti qualche cosa di bello, e di buono apprendere, ne viene in conseguenza, che siamo o poco, o molto a tutti obbligati. Mà l' aver letto in questo Auttore un abbisso d' ignoranza non solo nelle materie Teoricali come ancora nelle prattiche, e un vantamento di gran Professione, e Maestro tanto di Pratica, che di Teorica con intacco ancora de' buoni Professori, mi hà fatta saltar la colera in maniera che in molte occasioni non ho potuto a meno di non uscire in qualche accrezza. E perche mi potrebbe essere ascritto à viltà l' invehire. con chi non puol far giocare le sue ragioni per non esser più del numero de' viventi; e perche hò stimato necessario lo scoprimento di tanti errori, acciò possino esser fugiti, e corretti, per questo io nascondo il nome di detto Autore; bastandomi il far conoscere il male, e il rimedio; accioche questa mia fatica riesca di utile a chi studia, e non sia di pregiudicio ad alcuno. Compatisca pertanto la mia temerità, che senza studio di lettere mi sia arrischiato à mettere in Carta tali miei sentimenti; mentre il genio di giovare mi a fatta chiuder la mente a que' riflessi necessarj à me particolarmente per fuggir la taccia di temerario. Gradisca adunque il mio buon Cuore, e se in questi miei scritti vi trovasse cosa; che non stasse a dovero, che facilmente puó avvenire, sappia che piu degli altri io son soggetto à ciò, che d' infelice ha l' umanità; che vale a dire, che più degli altri sono capace, anzi capacissimo d' errare. E le fo devotissima riverenza Di Vostra Signoria Molto Illustre, e Reverenda Affezionatissimo Servitore Giovanni Francesco Beccatelli Avvertimento Prima di venire alle promesse annotazioni ho stimato bene fare una spiegazione di tutte le proporzioni, e loro medietà: mentreche chi non avesse di queste sufficiente cognizione in molti luoghi poco, o nulla intenderebbe, racchiudendosi in queste la raggione di tutte le consonanze, e Cromatico, e dissonanze musicali: e la cognizione delle antiche divisioni del monocordo tanto Diatonico, che Cromatico, ed Enarmonico. Le quali divisioni io le produrò tutte doppo terminate le dette annotazioni. [-2-] Spiegazione delle Proporzioni La nobilissima, e non mai abbastanza lodata scienza universale delle Proporzioni è una chiave, che apre all' Intelletto umano la porta per passare a conoscere, se non ogni cosa, che questo non è in nostro potere una buona parte almeno dell' opere meravigliose di Dio negli estrinseci, ed intrinseci effetti della natura, senza la quale l' uomo o nulla o poco di queste cose intende; e chi la possiede quando non sia da altri beni di Fortuna assistito si puole pur dir ricco assai. La mia miseria hà voluto, che io non abbia saputo nel fior della mia gioventù adattarmi allo Studio per l' acquisto della medesima; con tutto che il mio genio vi fosse non poco inclinato; per lo che non mi resta, che un continuo rammarico della mia debolezza, e ignoranza. Tuttavìa per causa di quella inclinazione che v' hò sempre avuta, hò procurato per quanto mi hà permesso il mio debole ingegno d' intenderne almeno qualche principio, col pratticare quando mi si è posta l' occasione con Uomini, che di tale scienza si dilettavano. Onde per quanto io potrò impiegherò adesso quel piccol lume, che me ne resta, per far, che Vostra Signoria sappia almeno quello, che di queste proporzioni appartiene alla Musica. Se mi riescirà di ben spiegarle; lode à Dio: Se male; crederò d' esserne in qualche parte meritevole di Scusa, mentre di queste io non ne sono Professore. Per proporzione s' intende quella relazione, che hà una grandezza con un altra, della medesima specie. Le Proporzioni sono di due sorta: cioè d' ugualità, e di disugualità. Quelle d' ugualità sono quelle grandezze che trà di loro sono in tutto, e per tutto uguali, cioè che l' una non sia ne maggiore, ne minore dell' altra. Quelle di disugualità sono quelle grandezze, che l' una è maggior dell' altra, cioè, che l' una supera l' altra, ò vien dall' altra Superata. Queste Proporzioni di disugualità si spiegano con due termini; cioè quando si fà la relazione dalla maggior grandezza alla minore si chiamano proporzioni di maggiore disugualità; e quando dalla minore alla Maggiore si dicono proporzioni di minore disugualità. L' oggetto, o vero la materia di queste proporzioni è la quantità; e questa è di due Sorte Continua, o vero Congiunta; e Discreta ovvero disgiunta. La quantità continoua sono le linee, la Superficie, [[il Corpo <...>]] [il Tempo, il fiato, ed altre corr. supra lin.] cose simili, à [[quali convenga]] [cui si compete corr. supra lin.] l' Epiteto di Moltitudine, e che è composta di particelle separate: E con questa si dimostrano tutte le proporzioni Musicali. Le Proporzioni sono di due Specie. Razionali; e Irrazionali. Le Proporzioni razionali sono quelle che si spiegano con i numeri cioe nella quantità e discreta, e [nella add. supra lin.] Continoua. Le Proporzioni irrazionali solamente nella Continoua si possono dimostrare. Perche à dimostrarle nella discreta si richiederebbe la minuta divisione dell' unità, il che non si concede. Nella Musica però non si tratta, che delle razionali Proporzioni. Li generi delle Proporzioni razionali sono cinque: Tre principali, e Due Composti. Il primo Genere si chiama moltiplice: il Secondo Superparticolare: il terzo Superpartiente: Il quarto Moltiplice Superparticolare il quinto: Moltiplice Superpartiente. Le Proporzioni razionali del Genere Moltiplice son quelle, che una grandezza, o sia numero maggiore ha con un minore, il quale preso più volte misura appunto il maggiore senza avanzarne, o mancarne cosa alcuna, come l' 8 col 2: il qual 2 preso più volte misura appunto l' 8: e come il 20 col 4, e cosi con qualsivoglia numero, purche il minore preso due o più volte misuri appunto il maggiore. Le Denominazioni di queste proporzioni si prendono dal numero delle volte, che il Maggiore contiene il minore: La prima proporzione di questo genere si dice Dupla, che vuol dire che il Maggiore contiene il minore due volte come il 2 [[i]] con l' unità; il 4 col 2; il 10 col 5; e così in infinito. La seconda si chiama Tripla, che vuol dire che il Maggiore contiene il minore tre volte, come il 3, con l' unità; il 6 col 2; il 12 col 4; e così in infinito. La Terza si chiama Quadrupla, che vuol dire che il maggiore contiene il minore quatro volte come il 4 con l' unità; l' 8 col 2; il 16 col 4. E così s' intende dell' altre, che si chiamano Quintupla se il maggiore contiene il minore cinque volte: Sestupla se [il maggiore contiene il minore add. supra lin.] sei volte et cetera. Questi termini di Dupla, Tripla, Quadrupla con gli altri servono solo quando si fa relazione di proporzioni di maggiore disugualità. Mà quando si fà relazione dal numero minore al maggiore [-3-] come dal 3 al 4; dal 3 al 9; che si chiamano proporzioni di minor qualità, ci si aggiugne à' detti termini la proposizione sub; cioè sotto; cosi sudupa, suttripla, suquadrupla, suquintupla, e cosi dell' altre. Le Proporzioni razionali del genere superparticolare son quelle, che una grandezza, ovvero un numero maggiore tiene il minore una sol volta, e di più una parte di esso minore detta Aliquota, che presa più volte misura appunto il detto numero minore, e per conseguenza poi anco il maggiore, come dalla sua definizione si cava. Pars aliquota est, quae aliquoties sumpta reddit suum totum precisè; ut media quae bis sumpta ssum integrè numerum implet; et tertia ter sumpta: Come per esempio il 6 col 4; il quale 6 contiene il 4 una sol volta e di più 2; il qual 2 preso due volte misura appunto il 4: Il 12 col 9 [[numero ......9]] [onde il maggiore contiene il minore una sol volta corr. supra lin.], e di più 3 il quale 3 [[..] [preso corr. supra lin.] tre volte misura appunto il 9; e cosi dell' altre in infinito. Le Denominazioni di queste Proporzioni si prendono dalla parte Aliquota contenuta dal numero minore, cioè dalla parte, che è del minore, se mezza, o terza, o quarta, o altra parte che sia del minore. Cosi la Prima proorzione di questo genere si chiama sesquialtera, che vuol dire, che il numero maggiore contiene il minore una sol volta, e di più la mettà di esso minore; come il 3 col 2; il 6 col 4; il 9 col 6. [che il 3. contiene il 2. una sol volta, e di più una unità, che è la metà del 2. e cosi gl' altri numeri Segnati, ed al altri in infinito add. in marg.] La Seconda Proporzione si chiama Sesquiterza, che vuol dire, che il numero maggiore contiene una sol volta il minore, e di più una sua terza parte; come il 4 col 3; l' 8 col 6; il 12 col 9. [che il 4. contiene il 3. una Sol volta e di più un unità che è la terza parte del 3. e cosi li altri numeri Segnati, ed altri in infinito add. in marg.] La Terza Proporzione è la Sesquiquarta, che vuol dire, che il numero maggiore contiene una sol volta il minore, e di più una quarta parte di esso minore; come il 5 col 4; il 10 col 8; il 15 col 12; [ed altri in infinito add. supra lin.] e cosi delle altre proporzioni, che se la parte aliquota è la quinta parte del minore si chiama sesquiquinta; se è la sesta [parte add. supra lin.] Sesquisesta; e se la ventesima parte Sesquiventesima. Quando poi si fa la relazione dal minore al maggiore ci si aggiugne la proporzionesotto così sussesquialtera il 2 col 3; susesquiterza il 3 col 4; sussesquiquinta il 5 col 6; e così di tutte le altre. Proporzioni razionali del genere Superparziente son quelle, che il numero maggiore contiene il minore una sol volta, e di più una parte di esso minore detta Nonaliquota, ovvero Aliquanta; e da Molti è detta Parti, quale non misura il minore, e per conseguenza ne meno il maggior numero; come il 5 col 3; il 9 col 7; l' 11 col 8. [il 5 contiene il 3. una sol volta, e di più 2. il qual 2. non è misura del 3. onde questo 2. si chiama parti del 3. overo parte aliquanta add. in marg.] A me però piace il servirmi [piace servirmi ante corr.] di questo termine [di parte add. supra lin.] Aliquanta [[per non essere chiamate aliquota del numero minore;]] lasciando [tralasciando ante corr.] gli altri [[termini]] al piacimento di chi vuole. Questa parte Aluquanta è composta di più parti Aliquote, come ne mostra la sua definizione: Pars Aliquanta est, quae pluribus aliquotis constat. Ovvero si deve ridurre in più parti Aliquote, con dividerla in tante parti, che l' una [di dette parte add. supra lin.] sia aliquota della grandezza ò numero minore. E quando non si possa in altra maniera si riduce à quante unità, che in se contiene, mentre che l' unità è parte aliquota di tutti gli numeri, perche ella misura tutti i numeri; come per esempio dall' 11 al 7 vi corre 4, e questo è parte aliquanta del 7, perche preso due volte supera il 7: Questo 4 bisogna dividerlo per ridurlo in più parti aliquote, e non si puol dividere che ò per metà ò in quattro parte: per metà [[..]] [noi add. supra lin.] habbiamo [ha ante corr.] il 2, che ne men questo è parte aliquota de 7. onde bisogna prendere la quarta parte del 4, che è l' unità, e questa è Aliquota essendo del 7 la settima parte; sicche il detto 4; cioè detta parte aliquanta è composta di quatro aliquote, che sono quatro settime parte del numero minore che è il 7. E così s' intende di tutte le altre parti aliquante. Le denominazioni di queste proporzioni si prendono dal numero delle Aliquote, delle quali è composta l' aliquanta, e da quello che sono dette aliquote del numero minore, le terze, quinte, seste, ed altre parte del minore. Per esempio. il 5 col 3 si dice essere in superbiparziente terza: la parola super e parziente si mette in tutte le proporzioni di questo genere , e la sillaba Bi vuol dire che l’aliquanta è composta di due aliquote , e che queste aliquote sono terze parte bel numero minore, e per questo si dice parziente terza, che dal 5 al 3 vi corre 2, quale è composto di due unità che son due terze parti del 3 numero minore [signum]. [[Ecco s....... delle altre.]] Eccone varij esempi di queste Proporzioni. [Beccatelli, Annotazioni, 3; text: Superbiparziente terza, il 5 col 3, 15, 9, 35, 27, Supertriparziente quarta, 7, 4, 21, 12, 42, 24, Superquardriparziente nona 13, 9, 52, 36, 91, 63, Supersestapartiente undecima, 17, 11, 51, 33, 204, 132 e cosi in infinito.] E facendosi la relazione del minore al maggiore vi si aggiugne la solita preposizione cosi susuperbiparziente terza il 3 col [[4]] [5 add. supra lin.]; susupertriparziente quarta il 4 col 7; e cosi di tutte l' altre. Le Proporzioni razionali del genere Moltiplice suparparticolare son quelle, che il numero maggiore contiene il minore più volte, e di più una parte di esso Minore Aliquota, come il 20 col 6; e [[p]] questa si chiama tripla sesquiterza; che vuol dire che il 20 contiene tre volte il 6, e di più una sua terza parte: Il 10 col 4 si dice dupla sesquialtera perche il 10 contiene il 4 due volte, e di più la metà: Il 16 col 5 si chiama Tripla sesquiquinta: Il 25 col 6 si dice quadrupla sesquisesta; e [-4-] cosi dell' altre: e quando Si fa la relazione dal minore al maggiore si dice suttripla sesquiterza il 6 col 20; suddupla sesquialtera il 4 col 10 et cetera. Le proporzioni razionali del genere moltiplice superpaziente sono quando il numero maggiore contiene il minore più volte, e di più una parte di esso aliquanta: come il 11 col 3; e questa si chiama tripla superbiparziente terza. Il 19 col 4 si chiama Quadrupla supertriparziente Quarta; il 16 col 6 si dice dupla supequadriparziente sesta; e cosi dell' altre; e quando si fà la relazione del minore al Maggiore vi si aggiugne la solita preposizione, come all' altre cosi:suttriplasuperbipartienteterza, Suquadrupla supertriparziente quarta et cetera. Questo è quel tanto [[si]] posso [può ante corr.] dire per spiegarle le proporzioni. Ora deve sapere che le consonanze Musicali risiedono solamente nelle proporzioni delli due primi generi Moltiplice, e Superparticolare; e [[.....di questi generi]] [di questi generi in proporzioni che per dimostrarle corr. supra lin.] non [[abbia]] [sia add. supra lin.] di bisogno [[passare]] [eccedere corr. supra lin.] il numero senario, cioè il 6: Avverta che non intendo dire, che non si possino adoprare nelle proporzioni Musicali maggiori numeri di quelli, che si contengono nel senario; mà solo c dette proporzioni siano quelle, che li suoi termini radicali stanno racchiusi dentro il Senario. Termini radicali d' intendono li minori numeri, con li quali si può dimostrare una proporzione; come per essempio la sesquialtera, che è il 24 col 16, e del 300, col 200 li suoi termini radicali sono il 3 col 2. Ecco come per dimostrarla non si eccede il numero senario, [[conciosiacosache <......>]], mentreche dentro ad esso numero si dimostra fino à due volte cioe 3 e2; 6 4 4. La sesquiterza che è il 24 col i8, e con cent' altri numeri, li suoi termini radicali sono [[quattro col]] 4 col 3; così viene ancor essa dimostrata dentro al numero senario: e medesimamente la Sesquiquarta, li di cui termini radicali sono 5 e4; e della Sesquiquinta 6 e 5. Queste sono tutte del genere superparticolare. E del genere moltiplice noi abbiamo la dupla, li di cui termini radicali son 2, i; e 4; 2; La Tripla che li radicali suoi termini sono 3 [2 ante corr.], 1; 6 e 2; e la Quadrupla i di cui termini radicali sono 4 e 1. Come le consonanze Musicali hanno queste proporzioni, cioè La Diapason è in proporzione dupla, che è il 2 col 1; 4 col 2 La Diapente è in proporzione sesquialtera, che è il 3 col 2; 6 col 4 La Diatessaron è in proporzione sesquiterza, che è il 4 col 3 Il Ditono è in proporzione sesquiquarta, che è il 5 col 4 Il Semiditono è in proporzione sesquiquinta, che è il 6 col 5 La Bisdiapason è in proporzione quadrupla, che è il 4 col 1 La Diapason Diapente è in proporzione tripla, che è il 3 col 1 Queste sono le consonanze della Musica. Mà ci è da osservare che tutte queste consonanze (toltone la Bisdiapason e la Diapason Diapente) si racchiudono dentro la Diapason, cioè trà il termine maggiore, che è l' unisono, e il termine minore, che è l' ottava. Ora il riflesso di queste proporzioni deve essere, che [con add. supra lin.] uno di detti termini della Diapason, quelle consonanze, che hanno la lor proporzione col termine maggiore son le migliori di quelle che l' hanno col minore. Le già nominate hanno tutte la lor proporzione col termine maggiore; ma le seste tanto maggiori che minori, rispetto al termine maggiore della Diapason sono in proporzioni dissonanti, mentre hanno le lor proporzioni del Genere Superparziente, che la sesta maggiore è in superbiparziente terza da 5 à 3; e la minore in supertriparziente quinta da 8 a 5. Mà operando come si deve il termine minore della Diapason, la Sesta minore col detto termine è in sesquiquarta, e la maggiore in sesquiquinta, e per questo sono anch' esse Consonanti, come potrà vedere più chiaramente nella sottoposta Tavoletta, riducendo ciascheduna proporzione alli suoi termini radicali. Osservi ancora li nomi delle corde che hò notati per distinguere gl' intervalli, perche hò posto solamente quelle, che servono al mio fine, che [è add. supra lin.] di dimostrare tutte le consonanze. Per termine maggiore s' intende il numero maggiore, che ne Corpo sonori è l' estremo grave, e per minore il numero minore, che ne corpi sonori è l' estremo acuto. [Beccatelli, Annotazioni, 4; text: aa la mi re, e la mi, c sol fa ut, a la mi re, F fa ut, E la mi, D sol re, C fa ut, A re, 6, 8, 10, 12, 15, 16, 18, 20, 24] Qui vedrà la Diapason da A: ad a:; [[G a cc.]] [C. a c. corr. supra lin.] da E: ad [[.]] [e add. supra lin.]: e da a: ad aa: in proporzione dupla. La Diapente da A: ad E:, da D: ad a:, da F: a [[C]] [c corr. supra lin.], e da a: ad [[.]] e: in sesquialtera. La Diatessaron da A: a D:, da C: ad F:, da E: ad a:, e da e: ad aa: in sesquiterza Il Ditono da C: ad E:, ad F: ad a:, e da c: ad e: in sesquiquarta. Il Semiditono da A: a C:, da D: ad F:, e da a: a c: in sesquiquinta. La Bisdiapason da A: ad aa: in Quadrupla. La Diapason Diapente da A: a e: in Tripla. L' essacordo maggiore da C. ad a:, e da c: ad aa: Il minore da A: ad F:, e da E: a [[C.]] [c. corr. supra lin.]. Questi essacordi, che con il loro termine maggiore, e [il add. supra lin.] minore sono in proporzione superparziente da il loro termine minore col termine minore della Diapason sono in proporzione superparticolare. Poiche da A ad F vi è la proporzione supertriparziente quinta; e da F. ad a vi è la sesquiquarta; Da C [G ante corr.] ad a [vi è la proporzione add. supra lin.] supertripariente terza e da aa [[C]] c vi è la sesquiquinta [[da questo vedrà la]] [cosi vedrà benissimo che tutti gl' intervalli consonanti anno le loro corr. supra lin.] proporzione [[tutte]] dentro al numero Senario [[il quale si]] [di qui è che il numero senario si corr. supra lin.] chiama il numero sonoro, e non già [non il ante corr.] il novenario come [a Suo luogo vedrà che add. infra lin.] dice lo [questo ante corr.] nostro Autore [[<........>]] [-5-] [-6- ante corr.] Le proporzioni poi, che passano nella loro dimostrazione il numero senario, come ancora tutte quelle del genere superparziente son tutte dissonanti, nelle quali vi sono queste. Il Semituono maggiore è in sesquidecimaquinta dal 16 al 15. Il Semituono minore è in sesquivigesima quarta dal 25 al 24. Il Tuono maggiore è in sesquiottava dal 9 all' 8: Il [[Tuono]] minore è in Sesquinona dal 10 al 9: e per questo anticamente dicevano, che ci era il Tuono maggiore, e minore come à suo luogo vedrà. Il Tritono è in proporzione super13parziente 23, da 45 a 32. La Quinta falsa da molti chiamata semidiapente, non prendendo quella parola Semi (che vien da Semis) per metà,mà per imperfetto; cosi come si prende per imperfetto nel Semiditono, e neel Semituono; Questa è in proporzione super19parziente 45 da 64 a 45. La Settima cioè l' ettacordo maggiore è in supersettima parziente ottava da 15 a 8. L' ettacordo minore è in supernoveriparziente quinta da 9 a 5. Ora nel sottoposto [infraposto ante corr.] essempio, qual è la divisione del Moncordo detto Diatonico Sintono di Tolomeo, che è stata la più prossima al vero di tutte le altre antiche divisioni Vostra Signoria vedrà benissimo tutte le dette consonanze, e dissonanze con la ragione di Perfette, Imperfette, e Cattive, intorno alla quale trà tutti gli Autori, che hò veduti non hò trovato cosa alcuna, che mi renda sodisfatto, quanto una raggione dettatami dalle mie musiche speculazioni. Qual è [questa add. supra lin.], che, come hò detto [di sopra add. supra lin.] bisogna portare il riflesso di tutte le proporzioni degl' Intervalli musicali ad ambidue li termini della Diapason, cioè all' unisono, e all' ottava. Onde le perfette son quelle che con ambidue gli estremi della Diapason sono in proporzione sonora, e di queste le migliori son quelle, che hanno la proporzione maggiore con l' estremo maggiore di detta Diapason [che è l' Unisono add. supra lin.], perche de' due estremi il fondamentale è sempre il migliore. Sicche la Diapente [che add. supra lin.] con l' estremo fondamentale [che è l' Unisono add. supra lin.] ella è in proporzione sesquialtera, e con l' estremo minore [che è l' ottava ella è in proporzione add. supra lin.] sesquiterza. La Diatessaron con il Fondamentale è in proporzione sesquiterza, e con l' estremo minore in sesquialtera [signum].[[onde <......>] però che la Diapente è migliore della Diatessaron [[a causa della maggiore proporzione.]] L' Imperfette son quelle che hanno la proporzione [sonora add. supra lin.] con un solo Estremo della Diapason; che sono gli Essacordi maggiori, e minori, il Ditono, e Semiditono, e di queste le migliori sono il Ditono, e Semiditono per [avere add. supra lin.] la proporzione [sonora add. supra lin.] con l' estremo fondamentale [signum] Le cattive son quelle, che non danno proporzione sonora con alcuno delli detti estremi, le quali sono la seconda [[la settima,]] il tritono, la semediapente [e la settima add. supra lin.] L' Ottava è perfetta, perche è una repplicata [repplicazione ante corr.] dell' Unisono [estremo fondamentale add. supra lin.], il quale con l' ottava è in proporzione dupla; e l' ottava con l' unisono è in suddupla [sottodupla ante corr..] [signum] Eccole [il promesso add. supra lin.] essempio [[per]] [dove si potrà riscontrarle add. supra lin.] tutte [signum] [Beccatelli, Annotazioni, 5,1; text: A, [sqb], C, D, E, F, g, a, [sqb], c, 180, 192, 216, 240, 270, 288, 320, 360, 384, 432] E questa come hò detto è la migliore di tutte le antiche divisioni, mà non però la vera praticata in oggi [[parte]] [conciosiacosache corr. supra lin.] in questa vi è il primo Tuono del Tetracordo in sesquiottava proporzione, e il secondo in sesquinona; onde uno è maggiore, e l' altro minore; il che è fatto perche tutti li tuoni sono perfettamente uguali come [[dimostrerò]] [a suo luogo io proverò corr. supra lin.] Ma perche questa ugualià con la proporzione giusta de Semituoni, e di tutte le consonanze non si può provare nella quantità discreta, [[<......>]] [[Se poi nell' atto pratico del suono si servissero della degradasioe degl' intervalli come si pratica in oggi (il che io lo credo) [[certamente .... di queste dimostrati nelle dimostrazioni add. supra lin.]], questp sicuramente non si sa, perche non abbiamo altra cognizione della Musica antica, e prima, che questa della divisione dei loro monocordi, come dimostrerò. Ora per venir all' atto pratico. Supponga Vostra Signoria una corda sonora di strumento posata sopra due ponticelli in opportuna proporzione, la quale toccata facci suono d' A re, se nel mezzo di detta corda si ponga un altro ponticello d' egual altezza, questa metà darà il suono d' A la mi re, un ottava perfettamente sopra il suono d' A re: e perciò la Corda intera si dice avere proporzion dupla. Se poi si divida la carda in tre parti uguali, allora perche due parti, che sono la grandezza maggiore, contengono ' altra parte, che è grandezza minore si avrà la proporzione in sesquialtera, e il tuono della Diapente. Se poi si divida la corda in quattro parti [parte ante corr.] uguali, allora perche due parti, che sono la grandezza maggiore contengono l' altra parte, che è grandezza minore si avrà la proporzione in sesquiterza, e si avrà il suono della Diatezzaron. Ecco l' esempio]] [Beccatelli, Annotazioni, 5,2; text: A, E, D, C, B, 12, 9, 8, 6, 3] Sia la detta corda A. B. [quella che faccia add. supra lin.] il suono d' A re; si divida per metà nel punto C [dico che add. supra lin.] la data Corda A. B. è in proporzione dupla con la C e B sicche detta [C. B darà add. supra lin.] il suono dell' Ottava sopra [al suono add. supra lin.] A: B: onde la Diapason è contenuta nella proporzione dupla, e [[il]] [l' estremo, o vero corr. supra lin.] termine maggiore sarà nel punto A, e il Minore nel punto C: [[.]] Si divida poi detta corda in tre parti uguali, delle quali [parte add. supra lin] se ne prendano due nel punto D: [[allora]] [dico che corr. supra lin.] la Corda A B: è in proporzione sesquialtera con a D: B: mentre [e questa ante corr.] D: B: darà il tuono della Diapente sopra il suono dell' A B:, e il punto A: si chiamerà termine maggiore, e il punto D: termine minore. Se poi si divida detta corda in quattro parti uguali, prese tre di dette parti nel punto E, l' A: B: è in proporzione sesquiterza, con l' E: B:, e darà il suono della Diatessaron sopra l' A: B:, e il puno A: sarà termine maggiore, e il punto E il minore della detta Diatessarron, e proporzione. E così dell' altre. Ci resta di parlare adesso delle divisioni di dette proporzioni, propriamente dette Medietà, Analogia, Proporzionalità. Mà io mi servirò del nome medietà come più intelligibile. Trè sono le medieta: Aritmetica, Geometrica, ee Armonica. Per nome d' Analogia, ò proporzionalità s' intende quella somiglianza, che hanno più grandezze insieme unite, una contigua all' altra, e che sieno simili; ò due simili ad altre due; ò la prima con la seconda, ò la terza con la Quarta purche sieno contigue: e questa si chiama [-6-] proporzionalità continova; e quando quest simiglianza sia tra più grandezze separate; all' ora si dice Analogia discreta, ò disgiunta. Mà perche ciò à noi non aspetta, il specularne più addentro dirò solo quello, che è necessario. Suponga adunque una grandezza tra due termini dimezzata da un altro termine; sicche ne nascano due intervalli: il primo dla termine maggiore al mezzano, il secondo dal termine Mezzano al minore. Posto questo [questa ante corr.], la medietà Aritmetica [consiste add. supra lin.], che egual differenza sia dal termine maggiore al mezzano, che dal mezzano al termine minore. Eccone l' esempio: sia termine maggiore il 12. il minore l' 8, il termine mezzano sarà il 10; e cosi quella differenza che corre dall' 8 al 10 è l' istessa, che corre dal dieci al 12: onde si spiega, che Medietà Aritmetica è quella, che hà le differenze uguali, e le proporzioni disuguali: si dicono le proporzioni disuguali perche ne mostrati numeri dal 12 al 10 vi è la proporzione sesquiquinta, e dal 10 al 8 la sesquiquarta. Medietà Geometrica, è quella cui le differenze sono disuguali, e le proporzioni uguali, e che cosi come sta il mezzano termine col minore, cosi sta la differenza maggiore con la minore. Per esempio 4; 2; 1: veda che sono disuguali le differenze. Le proporzioni poi sono uguali, perche e il 2 sta con l' unità in proporzione dupla, come il 4 col 2. Mà siccome questa medietà non hà che fare nella Musica, se non nella composizione de monocordi, e perche ella è impossibile à dimostrarla, perche non si può ridurre con numeri razionali, così io di questa non ne parlerò, e solo tratterò dell' Armonica. Medietà Armonica è quella, che hà le differenze, e le proporzioni disuguali: come 3, e 2 che sono differenze, e 15, e 12 che sono proporzioni in sesquiquarta, e il 12 col 10 in sesquiquinta. Eccole una Tavola dove si dimostrano tutte le medietà. [Beccatelli, Annotazioni, 6,1; text: Medietà Aritmetica, Differenze uguali, Proporzioni disuguali, Geometrica, Armonica, 4, 1, 3, 2, 6] Ora parlerò del modo di dividere le proporzioni secondo la medietà Arimmetica, e Armonica perche la Geometrica non s' adopra. A voler dividere per esempio una sesquialtera arimmeticamente si pigliano li suoi termini radicali [che sono] 3 e 2, mà perche questi [devono esser add. supra lin.] somati [[fanno]] [devono costituire corr. supra lin.] numero pari [impari ante corr.] [e tre, e 2: fanno un numero impari corr. supra lin.] per questo si raddoppiano con farli 6 e 4, i quali [questi ante corr.] [sommati corr. supra lin.] fanno 10: Ora si prenda [prende ante corr.] il 5 che è il divisore per metà del 10, e si ponga nel mezzo de detti termini così 6 5 4, e si vedrà la Sesquialtera mediata arimmeticamente in differenze uguali, e proporzioni disuguali. In questa maniera si dividono tutte le altre proporzioni arimmeticamente col prender i numeri di quella proporzione, che si vuole dividere ne suoi termini radicali che sumati faciano numero pari, e di questi la metà sarà il divisore. Ora dirò della divisione Armonica. Nella divisione Armonica si deve prima fare la divisione Aritmetica, e col divisore di questa moltiplicare ambidue li termini della premessa proporzione; dappoi moltiplicato il termine maggiore per il minore il prodotto sarà il divisore Armonico. Per essempio la sesquialtera sopradetta mediata arimmeticamente è 6. 5, 4, ora si moltiplica il 6 per il 5,e si hà 30; dappoi si moltiplica il 4 per il detto 5, e si hà 20; collocati questi due trovati numeri in ragionevol distanza l' uno dall' altro così 30 20 tra quali stà la stessa proporzione sesquialtera; si moltiplicherà il termine maggiore che è il 6 per il 4, che è termine minore, e avremo 24, e questo porremo nel mezzo de trovati numeri così 30, 24, 20; ora veda come le differenze sono disuguali, e le proporzioni disuguali; le quali proporzioni sono le medesime della medietà Arimmetica, mà situate al contrario. Per maggior chiarezza darò l' esempio della dupla Vostra Signoria in questi termini 4 e 2, che sommati fanno 6 la metà di questo, che è il 3 sarà il divisore arimmeticamente così 4, 3, 2; Ora si moltiplichi il 4 per il 3, e avremo 12. dipoi il 2 per l' istesso 3, e avremo 6, i quali addatteremo come sopra così 12 6 tra i quali si serba la dupla. ora si moltiplichi il 4 per 2 e si avrà 8 suo divisore, che si porrà nel mezzo così 12, 8, 6, dove si vedran le stesse proporzioni della divisione arimmetica, mà poste al contrario. E in questo modo si dividono tutte l' altre. Oltre al già detto, io stimo quasi necessario il descrivere il modo di moltiplicar le proporzioni una doppo l' altra come ancora il modo di sommar le medesime; Onde Per moltiplicar le proporzioni, si prendono di quelle i loro termini radicali, e si pongono per ordine una dopo l' altra e che il termine maggiore sia sopra il minore cosi [Beccatelli, Annotazioni, 6,2; text: 6, 4, 3], e più di queste volendone; dappoi si farà una linea sotto, e si moltiplicherà, ponendo pero una proporzione da una parte e l' altra dall' altra parte il numero maggiore dell' una col maggiore dell' altra, dappoi il minore dell' una col minore dell' altra e doppo il minore dell' una col maggiore dell' altra. Sia l' esempio in due sesquiterza dove si vedrà nelle proporzioni ancora l' analogia continua così. [Beccatelli, Annotazioni, 6,3; text: 4, 3, 16, 12, 9] Se poi à queste proporzioni volesse aggiungere un altra, Vostra Signoria una sesquialtera, la collochi come l' altre, mà con doppia distanza così, e agiunga un' altra linea di sotto, poi moltiplichi li avanti trovati numeri col termine maggiore della aggiunta proporzione, e poi il numero minore di questa col minore dell' antecedente [Beccatelli, Annotazioni, 6,4; text: 4. 3. 2. 16. 12. 9. 48. 36. 27. 18] e in questa maniera si farà [-7-] volendone aggiugner delle altre: e per maggior chiarezza, eccone un altro Esempio col' aggiunta di due proporzioni [Beccatelli, Annotazioni, 7,1; text: 16. 9. 10. 3, 15. 8. 9. 2, 144. 135. 120, 1220, 1350. 1200. 1080. 4320. 4050. 3600. 3240. 2160.] Ci sono altri modi di moltiplicare le dette proporzioni, mà perche questo è abbastanza per il nostro bisogno, non voglio allungarmi per cose à noi superflue. onde verrò al modo di sumarle. Con tutto che l' effetto di questa operazione di sommare le proporzioni possiamo averlo dalla loro moltiplicazione; tuttavia per esser questa un' operazione più breve per questo stimo bene il non tralasciarla. Per sommare adunque le proporzioni bisogna porle tutte ne' loro termini radicali,e di questi i termini maggiori collocheremo l' uno sotto l' altro, e poi in adequata distanza accomodaremo medesimamente un sotto l' altro li termini minori. Come per essempio volendo sommare le quatro già moltiplicate proporzioni, cioè la sesquidecimaquinta, sesquiottava, sesquinona, e sesquialtera, le addateremo così [Beccatelli, Annotazioni, 7,2; text: 16, 15, 9, 8, 10, 9, 3, 2, 4320, 2160] Dipoi moltiplicaremo li termini maggiori l' un per l' altro cominciando dalli primi, che sono il 16, e il 9, e avremo 144: dappoi si moltiplicherà il terzo, che è il 10 per il prodotto cioè per il 144 e avremo 1440, e con questo prodotto si moltiplicherà l' ultimo, che è il 3, e avremo 4320, e questo porremo sotto gli detti termini come hò mostrato. Nell' istessa maniera si moltiplicheranno li termini minori l' un per l' altro cominciando da due primi, [e add. supra lin.] con il lor prodotto si moltiplicherà il terzo, indi il quarto, e avremo 2160, e questo collocharemo sotto li termini minori. Sicche e nell' uno, e nell' altro modo noi abbiamo l' effetto di questa operazione di sommare le proporzioni. Ora non parlerò di vantaggio di queste materie, mà mi porterò alle mie annotazioni sopra il consaputo Autore dove vedrà qualche cosa di maggior gusto, e sodisfazione sua. Annotazione Prima Nel Capitolo che tratta dell' invenzione della Musica. Spiega l' Autore questi sentimenti: Che Pittagora doppo aver trovate le consonanze musicali dal peso de' Martelli, ed aver ritrovato l' ordine delle sette corde, contrasegnò le medesime con le 7 lettere dell' Alfabeto A: B: C: e così dell' altre per ordine. Che quest' ordine si praticò fino al tempo d' Aristotile, e che Aristotile poi per non convenire con l' uso passato cominciò l' ordine delle corde dalla lettera B: seguitando le altre per ordine. Rispondo, che tutto questo è falso, e per accostarsi più che sia possibile al vero, Io trovo che Pittagora fù quello, che ricavò la cognizione delle consonanze dal peso de' martelli sotto la raggione delle Proporzioni. Che Terpandro Lesbio sia stato quello, che addatto le sette corde. Che Licaone Samio aggiunse l' ottava corda; Profrasto Periota la nona; Estiaco Colofonio la decima; e così fino che crebbero al numero di 14. [, ante corr.] Ma come che questo non è di ostro giovamento, non occorre perdervi il tempo. Mà per farmi intender con più facilità verrò alla spiegazione dell' Antico Sistema. [-8-] Quel che Molti per errore chiamano Monocordo altro non è che l' ordine delle Corde secondo l' esistenza de' loro proprj intervali, detto dagli intendenti Sistema massimo. Il Tetracordo è un Composto di quattro corde unite una doppo l' atra, che dalla prima all' ultima hà l' intervallo d' una Diatessaron. E perche in detto intervallo vi si comprende due Tuoni, e un Semituono, quello si chiama Tetracordo, che hà il semituono tra la prima, e seconda corda dalla parte grave, e dalla seconda alla terza un tuono. Sicchè Tetracordo sono le quattro corde. Mi Fa Sol La. Or quando furono addattate per ordine le prime sette corde, restarono congiunte in due Tetracordi, che hanno relazione, alle note B mi, Cfaut, Dsolre, Elami, Ffaut, Gsolreut, e Alamire. Mà perche in dette sette corde, non vi si potè trovare la Diapason origine di tutti gl' Intervalli, e perfezione armonica quale risiede nella proporzion dupla per questo poi fu aggiunta l' ottava corda nella maniera, che ;\espongo colle nostre lettere, secondo la loro situazione [Beccatelli, Annotazioni, 8; text: E, F, G, a, [sb], c, d, e.] Doppo queste otto corde, ne furono repplicate altre sei, e poi una anteriore alla prima, e fù costituito il sistema di 15 corde, contenute in una Bisdiapason con [col ante corr.] la distinzione dei Tetracordi. Il Primo Tetracordo fù chiamo Hypaton, che vuol dir principale; il Secondo Meson, cioè Mezzano; il Terzo Diezeugmenon, che significa separato, perche la sua corda grave non è l' accuta del suo sottoposto. Il Quarto Tetracordo fù chiamato Hyperboleon, che vale a dire sopraecedente. Alla prima corda antica, che è quella da Noi segnata B: posero nome d' Hypate Hypaton. Alla seconda Perhypate Hypaton, che significa à canto alla principale delle principali: alla Terza Lychanos Hypaton, che spiega Indice delle principali; alla Quarta Hypate meson; alla Quinta Perhypate meson; alla Sesta Lychanos Meson; alla Settima Mese. L' ultima Corda che Noi chiamiamo A re la nominarono Proslambanomenos, che vuol dire acquistata. Alla prima delle altre aggiunte addattarono il nome di Paramese; alla seconda Tritediezeugmenon alla Terza Paranete Diezeugmenon alla Quarta Netediezeugmenon; alla Quinta Trite Hyperboleon; alla Sesta Paranete Hyperboleon; e alla Settima Nete Hyperboleon. A queste corde ne fu poi aggiunta un altra; e questo lo fecero per aver sopra tutte le Corde la consonanza Diatessaron, e per sfugir il Tritono, come afferma il Franchino Ut et Tritoni asperitas fiat in modulatione suavior. E così ebbero il sistema di 16 corde, diviso in cinque Tetracordi; il quale à suo luogo tutto per ordine dimostrerò. Questo fù il Sistema tenuto dagli Antichi fino al tempo di Guido Aretino, e con tali nomi li Greci, e Latini chiamavano le dette corde. Mà volendo i nostri primi Santi Padri Latini uniformarsi alla Chiesa Orientale nell' introdurre il canto ne' divini uffizi, a questo fine San Gelasio, e San Gregorio Pontefice, come ancora Sant' Ambrogio si affaticarono molto per ritrovare un modo di Cantare, che avesse più del sacro, che del profano, mentre che il Canto Orientale avea più dell' effeminato, che del virile, e vedendo la gran difficoltà nella pratica è probabile che da Loro avesse principio l' uso del contrasegnar le corde con lettere dell' Alfabeto; anzi io tengo per certo che questa sia stata invenzione di San Gregorio, come mi conferma il Franchino in [il ante corr.] quelle parole: Septem tantus essentiales chordas septenis litteris à Gregorio descriptas. Doppo molto tempo l' Abbate Guido Aretino Uomo eccelente in Mattematica, e Musica s' affatica per ritrovare, come lo ritrovò un metodo per imparar la Musica, che fusse facile non solo agli Uomini di qualche talento dotati, mà eziamdìo per gli Fanciulli, dando fuori l' invenzione di dividere il Monocordo per Essacordi, abolendo gli Tetracordi Antichi, e riducendo le voci al numero di ventidue dimostrate con dieci righi, e dieci Spazi, diede à ciascheduna voce dell' Essacordo il suo proprio nome in queste Suillabe Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, tolte da capi de versi dell' Inno di San Giovambattista Ut queant laxis come è noto ad ognuno; perche secondo l' opinione d' alcuni, che è probabilissima, aveva li detti Capi versi, che cominciavano appunto in dette corde, assegnate da Lui per L' essacordo, come ne mostra fino l' Esempio dell' Aria antica di quest' Inno con le lettere Gregoriane, il rinomato Don Angelo Berardi nella sua Miscellanea Musica, quale è il seguente [-9-] [Beccatelli, Annotazioni, 9,1; text: C, D, F, E, G, A, Ut quesnt laxis resonare fibris mira gestorum famuli tuorum solve polluti labij reatum] E cosi detto Guido con aver ritrovato righi, e spazij, e note per distinguer l' elevazione, e allentamento della voce; i detti nomi delle note, acció con la lettura delle medesime agevolmente s' apprendesse la loro intonazione, e con aver aggiunta una nuova corda sotto la prima antica per dar Principio all' Essacordo primo, e contrasegnatala con la Gamma, accioche non si perdesse la memoria, che la musica fù ritrovata da' Greci, facilitò i Posteri ad imparare il Canto Ecclesiastico. Per la qual cosa Egli fú chiamato à Roma da Benedetto Ottavo, e poi da Giovanni Vigesimo suo Successore, quale ordinò, che dalla Chiesa fosse universalmente questo suo nuovo modo ricevuto; e così fù comunemente abbracciato. Eccole la dimostrazione del Sestema secondo l' uso antico, e moderno [Beccatelli, Annotazioni, 9,2; text: Antico Tetracordo Hyperboeon, Diezeugmenon, Meson, Hypaton, Nete, Paranete, Trite, Paramese, Mese, Lychanos, Parhypate, Hypate, Proslambanomenos aa, g, f, e, d, c, [sqb], b, a, G, F, E, D, C, [sqb], A, Sinemmenon] [-10-] Io ho contrasegnate le dette corde con le nostre lettere acciò più agevolmente siano conosciute [Beccatelli, Annotazioni, 10,1; text: Nete, Paranete, Trite, Hyperboleon, diezeugmenon, Paramese, Mese, Lychanos, Meson, Parhypate, Hypate, hypaton, Proslambanomenos, aa, g, e, d, c, [sqb], a, G, F, E, D, C, A, Ultime delle acutissime, accanto all' ultima, Terza, separate, mezzana, Mezzana, Indice, Mezzane, Appresso la principal, Principali, Acquistata] Il seguente ordine è quello di Guido Aretino da Molti chiamato introdutorio [Beccatelli, Annotazioni, 10,2; text: ee, la.. dd, sol. ee, fa. [sqb] [sqb], Mi. bb, fa. aa, gg, ut, f, e, d, c, [sqb], a, g, F, E, D, C, [sqb], D, D, A, [Gamma]] Ora da tutto questo ognuno potrà agevolmente conoscere, che è più falso il dire, che gli antichi cominciasser l' Ut chi da una corda, e chi da un' altra: perche la deduzione Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, fù trovata da Guido, che viveva dieci secoli doppo la nostra Redenzione, e Aristotele, Platone, e Pitagora furono il primo tre, il secondo quattro, e il Terzo cinque secoli avanti. E se fusse dettto, che il cominciare la deduzione in diverse corde sia stato messo in uso doppo Guido, ancor questo è falso. Perche quando Guido stabilì la division del Sistema per Essacordi, costituì che il semituono risedesse nel Mezzo dell' Essacordo tra la voce Mì, e Fà. E perche il primo semituono stava tra la lettera [sqb], e C per questo nella lettera [sqb] pose il Mì, e nella C: il Fa e nell' A il Re, e mancandovi la corda per dirvi Ut, a questo fine Egli l' aggiunse, segnandola col Gamma. Intorno al dire, che Aristotile non volesse seguitare l' opinione degli altri, io trovo in molti Moderni auttori, che doppo diverse contenzioni delle due famose Accademie de Platonici, e de' Peripatetici intorno all' aggiunta della Corda Proslambanomenos, doppo qualche tempo tutti convenero all' ammettere la detta corda Proslambanomenos. In oltre dice, che l' Abate Guido fosse chiamato à Roma dal Pontefice San Gregorio, e gli ordinasse la riforma del Canto. Questo è uno sbaglio di Cronologìa, perche detto Santo Pontefice fù cinquecento anni avanti à Guido, essendo stato Creato Pontefice nel 550. E ben vero che detto Santo riformò da se stesso il Canto Ecclesiastico, e riordinò i Graduali, e Tratti, e vien tenuto da molti, che questo fusse per ispeziale aiuto divino, mentre non si trova memoria che Egli fosse Professor di Musica. Doppo questo fù riccorretto da San Vitaliano Papa, e doppoi da San Leone Secondo il quale usò ogni suo potere per rendersi prima professore di questa Scienza. E l' ultima volta al tempo di [-11-] Giovanni Vigesimo dal sopradetto Abbate Guido Aretino. E perche il Corso de' tempi, E la poca diligenza di molti Scrittori hà alterato le cose del primiero suo essere, così io son di parere, che in oggi ancora non sarebbe del tutto vana in tali cose qualche correzione Annotazione Seconda Nel Capitolo Quinto Dice l' Autore, che i Latini abbino introdotto nel Monocordo l' uso del B: molle grave, e per farne l' ordine conforme all' altre proprietà abbiano introdotta un altra corda sotto il Gamma segnata con lettera F, secondo l' ordine del' altre, e ne fà la mano posta da Lui nel Capitolo 22. Sopra questo rispondo, che gli Antichi, non hanno mai praticato il B: molle grave, come apparisce nei loro Sistema; solo fù introdotto l' accidente di B molle nella corda [sqb] per togliere il Tritono, che risiede tra la corda F, e la detta [sqb], e per questo gli Antichi formarono il quinto Tetracordo chiamato synemenon. E Guido seguitò in tutto il detto ordine senza introdurre nuovi semituoni, fuori dalla replica del sopracuto. Onde se nel Canto Ecclesiastico si sieno delle Antifone, Introiti et cetera che richiegano B. molle, queste son quelle di Decimo, o di Duodecimo Tuono, in oggi portate nella posizione del Secondo, e del Sesto. E se fussero altre cose à quali abbisognasse il B: molle, questo è per accidente, e per sfuggire il Tritono, ò qualche quinta falsa, benche la quinta falsa non sempre deve esser ridotta a buona, perche in se non [hon ante corr.] hà qual tanto di cattivo, che à il Tritono. E ben vero, che gli musici à tempi nostri nel Canto Figurato si son diletati di più del Sistema antico non solo nella parte sopracuta, mà ancora nella grave. Mà questo non fa stato per il Canto Ecclesiastico: anzi dirò che l' aggiunta fatta da Guido non fù necessaria, mà superflua, come dottamente ne hà scritto il Padre Scorpione. Mà Guido on ebbe altra intenzione nel far detta aggiunta, che dimostrare l' ordine di tutte le corde per quanto si poteva estendere con buona modulazione la voce umana di Basso, Tenore, Alto, e Soprano. Onde ritorno sopra la deduzione del B: molle grave, e [[detto]] dico, che se tra le Scuole degli antichi Filosofi nacquero gran discordie per la Diapason, e Diatessaron negate da Pitagorici per consonanze, quanto, per questo si deve abborire chi vuol far del Sacente, distaccandosi da ciò, che hà fatto con molta considerazione l' Abate Guido, e per una cosa, che non giova à nulla: tuttavìa è benn sapere tutte le oppinioni [[non]] pe poterne discorrere, non gia per insegnarle. Annotazione Terza Nel Capitolo Ottavo Dice che il cantare per diverse proprietà faccia diversa melodìa; e che cantando per B [sqb] si fa una melodìa acre, sdegnosa, e orgogliosa. Il B molle cagiona melodìa effeminata, e dolce. Natura una mezzana melodìa tra la sdegnosa, e dolce, rapportandosi alla natura de' Pianeti, che phantasticamente descrive al Capitolo 52. Tutto il detto è falso; e si prova con questo, cioè che cantisi per qualsivoglia proprietà il Canto sarà sempre del Genere Diatonico, mentre sì pcoceda per Tuoni, e semituoni solamente naturali; e se si proceda per tutto con Diatessaron corrispondenti, cantisi per qualsivoglia proprietà la Melodia sarà sempre l' istessa. Le differenze che corrono nell' Armonie nascono dal Tuono Fondamentale, poiche il Tuono è di due sorte ò di Terza Maggiore, o di Terza minore, così trà queste due sorta vi stà la differenza; conciosìàche il Tuono di Terza maggiore farà un' Armonia viva, e Spiritosa; e quello di Terza minore la farà languida, e affettuosa. Mà tutti gli Tuoni di Terza Maggiore saranno tra se stessi uguali, siccome quelli di Terza minore: e il divario nascerà dall' esser piantati in una Corda ò più alta, o più bassa; che quanto più son alti saran più vivi, e quanto più bassi, più languidi. E se si dica, che nella Musica si senta una gran diversità da Tuono a Tuono dell' istessa Natura, rispondo, che questo procede ne Tuoni che escono fuori delle lor corde naturali per l' applicazione di Diesis, o B: molli. L' Armonia poi che stia effeminata nasce dal mescolar nelle conposizioni il Genere Diatonico, con il Cromatico; Mà se le Composizioni saranno puramente Diatoniche, non cagioneranno mai effeminata la Melodìa. Questo sia detto intorno al Canto figurato. Che poi si senta nel Canto Fermo diversità di melodìa, essendo tutto Diatonico. Rispondo per prima ragione ciò, che hò detto di sopra della differenza dal Tuono di Terza maggiore à quello di Terza minore. Per seconda. Che questo avviene nel sistema de Tuoni, che sono diversi per le diverse Specie dell' Ottava, che li compongono [- 12-] e particolarmente della Spezie delle Diapenti. Onde il Terzo, Quarto, Quinto, e Sesto Tuono farà l' armonia acre, e sdegnosa, perche in loro risiede la seconda, e terza Spezie della Diapente, la qual composta nella sua formazione contiene il Tritono, la quale, se non in caso di Necessità, non si deve alterare, cioè per sfuggire il Tritono immediato ò pur mediato da una nota sola, come hà lasciato scritto l' Abate Guido: Inventum est Graecis b rotundum ad temperantiam Tritoni, ut ubi necessarium fuerit apponatur. E in altro luogo ancora lo stesso conferma. E in verità per le ragioni fondamentali del Canto fermo, non si deve mai produrre senza necessità in detti Tuoni il b molle per non distruggere la principal loro formazione, che è la Specie della Diapente. Benche non manchino moderni buoni uomini, che introducono il B molle fisso in chiave in composizioni fatte da Loro in Sesto, e Quinto Tuon: mà non sanno quello che si dicono perche le dette composizioni, fatte così sono dell' undecimo, e duodecimo Tuono, e non di Quinto, o Sesto . Se poi detto B: molle non è per tutto il Corpo della Cantilena necessario, vuol dire che vi sarà stato posto per cortesia dello Scrittore ignorante. E se fusse detto, che vi è stato posto per sfuggire i varj, e molti Tritoni, rispondo che per sfuggire il Tritono non vi ha di bisogno di B molle segnato, mentre ella è regola generale d' intonare il B mi di B quadro acuto per fa, quando occorre il Tritono con la corda F nel Quinto, e Sesto Tuono, ò in altro. Mà nel Terzo, Settimo, e Ottavo, e alcuna volta nel Quarto che sono di Natura Contraria a detto Bmolle, se non vi è come hò detto un' estrema necessità, si deve fuggire il Tritono con il Diesis in F: e non con il B molle in [sqb]. Tutto questo s' intende rispetto al Sistema de Tuoni Ecclesiastici, quali non camminano non la stessa regola de' Musicali, perche nella Musica particolarmente moderna ogni Fondamentale del Tuono richiede una Quarta Sopra una à se simile corispondente, come hò già detto nel principio di questo discorso; per lo che facendosi una composizione in F per necessità vi deve essere il B molle fisso nella [sqb]. Mà gli Tuoni Ecclesiastici son regolati dalla Specie delle Diapenti, e Diatessaron: Confuse queste si confonderà il tutto. Mà per tornare d' onde mi son partito, dico che la diversità della melodia ne Canti Ecclesiastici, nasce dalla diversità della Specie delle Diapenti, e Diatessaron, e non dal cantarsi ò per natura, o per Bquadro, o per B molle: e tanto basti sopra questo punto. Annotazione Quarta Nel Sudetto Capitolo Insegna, che tutte le proprietà dalle quali hà principio la loro deduzione nele lettere maiuscule sono proprietà gravi, quelle poi che hanno principio dalle minuscule sono acute; che quelle che l' anno nelle doppie son sopracute. E così comincia la deduzione di B molle grave nel Fa, di Natura grave quelli di B molle acuto, e nega nella mano comune il B molle sopracuto; mà che se ci desse la sua deduzione avrebbe principio nel Fa di Natura sopracuta et cetera. Quanto sia sconcio, e sciocco questo suo insegnamento creo, che ognuno che hà senno agevolmente lo comprenderà. Mà per discorrervi sopra qualche poco; dico che Egli si è già scordata la mano latina della quale parla nel Capitolo Quinto, e che dimostra nel Capitolo 22 ed io ne hò parlato al suo luogo. Che se non gli fosse uscita dalla mente non direbbe simile sproposito, perche il cominciar la deduzione di B molle grave da Natura grave, e uno sproposito veramente massiccio. In tener simile opinione Egli non è stato solo (se per altro non ne sia stato Egli l' Inventore) perche hò letto nel Padre Scorpione, che ci sieno stati altri simili bellumori, che arrivarono fino a dire che il B quadro acuto doveasi chiamar grave per la sua deduzione da [dalla natura ante corr.] lettera G Sol di natura grave, e perche Guido aggiunse il Gamma vengono à dare all' ordin grave otto corde: il che è errore perche le corde sono sette, e tante, e non più costituiscono un ordine; sicche secondo al loro pazza opinione ci sarebber due sorta di B quadro grave. Altri poi non dissimili, essendo interrogati come si dovean distinguere questo acuto grave, sicchè il Terzo B quadro l' avranno chiamato sopracuto, e questo similmente avranno detto de' B molli: oh; che dotti insegnamenti compariscono alla luce! La Cecità di Costoro nasce dal prendere la denominazione della Proprietà dall' ut [Ut ante corr.], quando si deve prender dal Semituono, cioè dalla corda che detto Semituono costituisce, che è il Fa, e non dall' Ut; e intanto Guido aggiunse il Gamma per obbedire al semituono, e non perche il semituono obbedisce al Gamma. Onde si conosce chiaramente, che il rispetto si deve avere al Fa denominante la proprietà. Dunque dal Fa si devon conoscere le proprietà se son gravi, ò acute, e non da altre voci. Nel Capitolo Nono conferma l' antecedente sproposito, ed avendo negato, che nella mano commune si dia B molle sopracuto; nel Capitolo seguente cioè Decimo ammette detto B molle mentre dice che il Canto fermo [-13-] non puole arrivare à B fa B mi sopracuto. Dal principio di questo Decimo Capitolo parla de venti luoghi della mano, dicendo, che gl' antichi Sapienti, li [le ante corr.] disposero in dieci righi, e dieci spazi. Qui dubito che per gl' antichi Sapienti intenda Platone, Aristotile, ò almeno Tolomeo, o Boezio. Nella fine di detto Capitolo, dice che nella corda B: non si da B molle, e dice bene, non perche intenda, che non si dia B molle grave, mà perche chiama grave quello, che è acuto; onde come Egli hà insegnato sarebbe, se si desse, necessario chiamare soggrave. Di qui veda di che fede è questo, se in un Capitolo, insegna una Cosa, e nell' altro poi la nega. Annotazione Quinta Nel Capitolo Decimottavo. Mette il Saeculorum del quinto Tuono col B molle. Chiama ignoranti Quelli che dicono, che li Seculorum de Salmi sieno fatti a Caso. Dice che l' Antifone del Quarto Tuono, che cominciano in F, doppo il Salmo si devono ripigliare una terza sopra alla finale, cioè in G per fuggire la difficoltà del ripigliarle un Semituono sopra. Cosi ancora le Antifone, che cominciano in D vuole che si ripliglino nella stessa corda della Finale, perche questa Corda Finale suona voce di Re, eccettuate però quelle Antifone, che cantano per il suo B: quadro giacente, perche queste cominciando in D: detta Cord fà suono d' Ut, e così è bene ripigliarle così come stanno. Al primo rispondo, che è grave errore praticare il B molle nel Saeculorum di Quinto Tuono, poiche la regola , e la pratica c' insegna il contrario. Circa il chiamare ignoranti quelli che dicono, che li Saeculorm son fatti a caso, io non gli contradico in tutto, e in tutto non approvo le sue raggioni, perche se fusse fatta questa interrogazione. Il Primo Tuono perche deve avere Sei finali, e il Secondo una? e così degl' altri: non mi pare che si possa dare altra risposta, che sic voluere priores. Perche le Spiegazioni degli autori Moderni portarebbe che a ragione ogni Tuono avesse tante Finali [[saranno]] quanti sono i suoi Principj. Non è dunque da meravigliarsi, se alcuni anno detto, che queste Finali siano state poste à Caso. e questo sia detto in difesa di quelli, che da Lui son tacciati d' ignoranza. Io però direi, che la diversità di queste finali per esser nata dalla diversità de luoghi, e de tempi, e che in questi si sia dato chi abbi usata una finale, e chi un altra, e dipoi molte di queste sien state raccolte, e praticate. Da forza à questo mio pensiero l' aver veduto, che li Francesi praticano una finale nel Quarto Tuono, oltre alle praticate da Noi, quale Noi non abbiamo in uso, ed è la seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 13,1; text: Evovae] Questo nostro Autore ne pone un altra pure di Quarto Tuono da Noi non praticata, quale non mi sembra troppo laudabile, e vaga come quella de Francesi, come Vostra Signoria puol vedere essendo la seguente [Beccatelli, Annotazioni, 13,2; text: Evovae] Come dice ancora d' averne veduta un altra per il Quarto Tuono, diversa da quella che communemente si pratica. E ne' Cori di buon gusto io non sento più poste in uso certe finali, mà solamente le più vaghe, e le più belle. Ed è ben fatto; essendo stato introdotto il Canto Ecclesiastico per dar gloria à Dio, e per allettare il popolo alla frequenza delle sacre funzioni. Di più io non sento per puro uso introdotta una Finale al Secondo Tuono nell' ufficio de' Morti differente dall' unica sua finale, come Vostra Signoria può vedere, essendo la seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 13,3; text: Luceat eis] [-14-] Questa in tal congiontura io la stimo degna di lode, mentre rende la Salmodia piu mesta ad imitazione degli Ambrosiani. In oltre io hò vedute notate altre differenti finali, che da Noi non sono praticate, quali sono le seguenti. [Beccatelli, Annotazioni, 14,1; text: Evovae, Del Primo Tuono, Quarto, Quinto] Queste oltre alle praticate in oggi io l' hò vedute scritte dal Padre Andrea da Modona. Nel Franchino io poi ritrovo le seguenti finali praticate dagli Ambrosiani. [Beccatelli, Annotazioni, 14,2; text: Al Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Quinto, Sesto, Settimo, All' Istesso, Ottavo] Onde da tutto questo mi pare, che si possa dire, che queste Finali sieno state introdotte dal' uso e non da intrinseca ragione, che sìa delle Antifone. Sopra l' insegnamento di alterare, cioè ripigliare da diversa corda le Antifone doppo i Salmi, io non la giudico cosa troppo laudabile per cagione di sentirsi il Salmo in Tuono di diversa voce dal ripiglio dell' Antifona. Quando però si dovesse rimettere l' antifona ò per la troppa altezza, o bassezza del Salmo, ciò deve esser secondo il prudente giudicio di chi dovrà ripigliarle. Mà lasciamo queste pagatelle, e passiamo a cose piu massiccie, e Dottrinali. Annotazione Sesta nelli Capitoli ventunesimo, e ventiduesimo Dimostra una mano chiamata da Lui la mano di Boezio con i nomi delle note Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La. Dice che Boezio congiunse gl' antichi modi con quelli di Guido. Dimostra altre mani con accidenti di B: molli, e Diesis, dicendo la prima congiunta di Boezio, e l' altra, che ebbe principio da Platone [[..]]. [-15-] À queste Cose si risponde brevemente, che ne Platone, ne Boezio mai si segnarono tanti B molli, e Diesis coi nomi delle note, perche l' Inventore dei Nomi delle Note fù Guido Posteriore di sei, e più secoli à Boezio,e molti più agl' antichi Filosofi, e la pluralità de B molli è stata introdotta Molto doppo Guido; e al tempo di Guido non si praticava che il B molle nel Tetracordo Synemmenon, come attesta ancora il Franchino Libro 3 capitolo 3. Anzi in tutti e quattro i Libri del Franchino, che visse nel [del ante corr.] decimo quarto secolo non vi trovo altra cognizione di Diesis fuori dell' Enarmonico, del quale egli parla così: Sunt et qui apposizione huius signi [signum] notulam, cui apponitur, deprimi volunt minimo dieseos intervallo, quod Enharmonici generis est...... At cum vel Chromatico vel permixto generi id sanè competat, praeses haec cura refellit: Diatonicam tantum Guidonis referens institutiones. Ore se il Franchino, con tanto lume in tutta la sua opera adorna di tanti essempi di Cantilene non parla mai d' altro Diesis, che del già detto di sopra, non è questo un forte arcomento di dire, che questo nostro buon uomo non sa quel che si dice? Il Primo che abbia usato il segno del Diesis fù il famoso Josquino nl decimo Sesto Secolo. Instruzione per bene intendere ciò che seguentemente si tratterà. Il Coma non è altro, che una minima particelle di voce contenuta secondo gl' Antichi nove volte in un Tuono perfetto, ò per meglio dire egli è una delle parti in cui dividevano il Tuono. E perche il Tuono si divideva in due Semituoni, uno maggiore, e l' altro minore, assegnarono cinque Coma al maggiore, e quatro al Minore. Questa divisione de' Semituoni è stata nel' antico diversamente trattata: onde Molti ancora de temi nostri anno chiamato semituono minore quell' intervallo, che è tra le corde, a, e b: e semituono maggiore, quello che è tra a detta B, e [sqb]; perche nella divisione Pitagorica, che è stata la più comune il Semituono tra l' a e' l b è di proporzione super13partiente243:e il Semituono dalla b al [sqb] è in proporzione super139partiente 2048 [super159partiente ante corr.]: onde il primo è quasi la ventesima parte del suo tutto, e il secondo è quasi la decimasesta parte del suo tutto. Ma questa divisione con tutte l' altre antiche in oggi non servono, mentre che in esse non vi erano altre consonanze che la Diapason, Diapente, e Diatessaron, e tutti gli altri intervalli erano disonanti, a riserva della sintona di Tolomeo ritrovandosi in essa il Ditono. Onde fà di mestieri sapere, che nella divisione del Sistema, che sinoggi si pratica il Tuono non si divide in nove parti, mà bensi in cinque, essendo il semituono maggiore di tre, e il minore di due. Il Semituono maggiore è quello che corre dall' a alla b, e il minore dalla b al [sqb], che vale a dire tutto all' opposto de' Semituoni antichi. Il Semituono minore è quello abbassamento, e accrescimento di voce, che fanno i b molli, e i Diesis alle Note alle quali accanto son posti: e Semituono maggiore è quell' intervallo che corre dai detti B molli, e Diesis, fino a compire l' intera degradazione d' un Tuono. Il Semituono maggiore perche si pratica naturalmente io lo chiamo semituono naturale: il che non si può dire del minore; mercecche a metterlo in pratica è necessario intonar prima la corda naturalmente com' è, e poi immediatamente intonarla col b molle, il che non si può fare senz' arte; onde io non lo chiamo naturale, e per questo non si ammette nel Genere Diatonico, mà bensì nel Cromatico. Quello che hò detto del B molle si dica nel Diesis, con questo divario, che il Semituono maggiore è quello, che è sopra il Diesis, quale io chiamo naturale, per la somma facilità con cui s' intuonano, e quello che è sotto il Diesis si dira minore. Il Maggiore si chiama ancora [[di]] proveniente da Diesis occulto (mercecche nel genere Diatonico si usano bensì i Diesis, mà non si segnano mai); e di questo occulto Diesis ne parla il Franchino libro 1 capitolo13: con queste parole: Persaepe etiam plerique pronuntiant sol sub fa, Semitonii, intervallo, quum potissime proceditur his notulis La, Sol, La; incipiendo in Alamire rursusque in ipsum terminando: ut Salve Regina. Atque item inter Sol, et Fa incipiendo, et terminando in Gsolreut hoc transitu Sol, Da, Sol: quod Ambrosiani plerumque modulari solent. Onde si conferma che solo il semituono maggiore è naturale: mentre che volendo praticare il minore, bisogna prima intonare la corda naturalmente, e poi darà il diesis; il che naturalmente non si può fare. Di qui s' intenderanno i grossi abbagli, che nel discorrer del Coma hà presi questo nostro Autore, con ammeterli ancora, che il Tuono perfetto si divida in nove Coma. In oltre par che Egli erri nella cognizione della divisione de communi Srumenti Cimbali, e Organi. Per conoscere i quali errori Vostra Signoria Sappia che negli Strumenti communi molti sono i tasti bianchi, e molti i neri; ma essenzialmente non sono più che sette i tasti bianchi e cinque i neri come à tutti è noto. Trà i tasti neri vi Sono tre Diesis, e due B molli. Il primo B molle è tra l' A, e B: e questo e B molle della B mi: il secondo è tra l' F, e la G:, e l' A qual è Diesis della G: Tra le Corde B, e C:; E, e F: non vi è il tasto nero, perche tra loro vi corre un Semituono maggiore, essendo posti li neri solamente trà quelle corde che dal' una all' altra vi corre un tuono, cciò questo resti diviso in due Tuoni Maggiore, e Minore. [-16-] Deve ancora Sapere che ci sono stati Autori, che anno fatte composizioni, con intendere, che gli Diesis sieno ancora B molli, come per esempio il [a ante corr.] Diesis di Ffaut sia B molle di Gsolreut; onde in questa maniera vengono à dividere il Tuono in due eguali semituoni; Onde Costoro sono più tosto semplici che sapienti; perche quel che è B molle non può esser mai essenzialmente Diesis. Di più ci sono ancora alcuni, che nominano il Tuono maggiore, e il Tuono Minore seguendo la divisione del Sistema di Tolomeo. Ora in detta divisione essendo il primo intervallo del Tetracordo, cioè il Semituono, in proporzione sesquiquintadecima, il Tuono seguente in sesquiottava, e l' altro in Sesquinona, per questo chiamano il Primo Tuono, Tuono maggiore, e il Secondo Tuono minore. Ecole di nuovo la sua dimostrazione con li due primi Tetracordi. [Beccatelli, Annotazioni, 16; text: 108, 120, 135, 144, 160, 180, 193, a. g. E. D. [sqb].] Mà così come con queste divisioni non si può mostrare perfettamente l' essenza di tutte le consonanze, così è vano, e falso il dire, che ci sia il Tuono maggiore, e Minore tanto più, che l' esperienza fà chiaramente conoscere, che li Tuoni son tutti uguali, perche dall' Ut al Re corre un Tuono perfetto, che naturalmente risiede tra la C: e la D: il qual intervallo chiamano Tuono Maggiore; dunque stando questo l' intervallo tra la D e la E sarà il Tuono Minore. Gran cecità. Mà venghiamo alla prove degli Strumenti, poiche potrebbe esser detto, che il Senso della voce umana trattandosi di perfezione è ingannevole. Piglisi adunque uno Strumento perfettamente accordato, prendasene poi un altro, e s' accordi una voce sopra il primo. Ora se le corde C, e D del secondo Strumento son le medesime della D; e la C del primo, ne viene in consequenza, che l' intervallo del Tuono che è tra a D, e la C del primo Strumento, chiamato Tuono Minore, sia uguale al' Intervallo C e D del Secondo chiamato Tuono maggiore. Dunque è falsissimo il dire che ci sia il Tuono Maggiore, e Minore, essendo che tutti sono uguali. Io le potrei dimostrare ancora in questo luogo il modo di provare la sudetta divisione del Tuono in cinque Quinti, il quale si fà con uno Strumento a due Registri; mà per essere una operazione non solo fastidiosa a descriversi, mà eziamdìo malagevole a capirsi, ho stimato bene il tralasciarla, e solo li serva il sapere, che in verità la Cosa è così. Questo mi pare à sufficienza per intendere ciò, che è necessario per le seguenti annotazioni. Annotazione Settima nei Capitolo 24, 25, 26, e 27. Primo insegna. Che l' Armonia sia formata di tre generi di voce, che sono, Tuono perfetto, Semituono Maggiore, e Semituono minore. Secondo. che il Tuono perfetto risiede nelle quatro Voci Ut, RE, Sol, La; Il semituono magiore nel mi, e il Minore nel Fa: producendo per raggione, che l' Ut, Re, Sol, La sono voci perfette, e le altre imperfette. Terzo. Si mette a parlare della divisione del Tuono perfetto in nove Coma, perche Boezio divide il Tuono in quattro diesis, e un Coma. (Avverta che questi Diesis sono gli antichi, cioè Enarmonici, quali dividono il semituono in due parti): e per questo Egli ancora divide il Tuono perfetto in nove Coma. Fin qui non può dirr meglio; mà ora ne viene il buono. Ora egli avvanza il suo insegnamento con dire, che non intende parlare di questa divisione, o per meglio dire distribuzione del Coma per intervallo, che corra da una aall' altra voce, mà per la quantità del Fiato, che ci vuole in pronunciare, e proferire con la voce le Sillabe della Deduzione, chiamando detto Fiato Quantità discreta, e per conseguenza mensurabile. [-17-] Quarto. Che la Causa della dolce, ò aspra armonia, che nasce trà gl' Intervalli consonanti, e dissonanti sia la quantità dei Coma, che essi intervalli contengono: Eg;o sesso intende, e vvuole, che detti Intervalli si numerino composti,e non semplici, cioè che volendo numerare una quarta non si dica Ut, [[Re]] Fa, Re, Sol, mà Ut, Re, Mi, Fa, Re, Mi, Fa, Sol, e così degl' altri intervalli; e il numero dei coma vvuole, che s' addatti ad ogni Sillaba secondo l' essenza ch' Egli le dà. Per essempio numerando la prima di dette quarte, alla voce Ut, che chiama Tuono perfetto vi si deve segnare il 9: intendendosi nove coma, perche il Tuono perfetto consta di nove coma; alla voce Re, che anco questo secondo Lui è Tuono perfetto vi si deve segnare il 9: alla voce Mi, che chiama semituono maggiore si segna 5; e alla Voce Fa chiamata da Lui Semitono minore si segna il 4: nella seguente forma [Beccatelli, Annotazioni, 17; text: 9, 5, 4] Sicchè sommati questi numeri, questa quarta costa di 2 Coma, i quali Coma per esser di numero impari, che non si possono dividere in due parti uguali, e per gli estremi disuguali: secondo la sua regola questa Quarta è Falsissima, e Dissinante; che se avesse gli estremi uguali, o le parti allora sarebbe perfettissima. Queste, e simili inezie insegna ne predetti capitoli> Ma per dar principio a dir qualche Cosa Sopra questo Chaos di Spropositi comincierò dai due primi punti. Quanto al primo, che sieno nella Musica le divisioni di Tuono, Semituono maggiore, e Minore questo è verissimo; Ma che per formar l' armonia si richieda metter in pratica ambidue li semituoni, questo è falso; perche le Composizioni Diatoniche, non ammettono altro Semituono, che il Maggiore. Di qui è che tutti quei Regolisti, che nel capitolo 28 chiama poco esperti, si vede chiaramente, che erano più dotti di Lui, mentre negarono il Semituono maggiore, non perche intendessero negare quel Semituono che è veramente maggiore; mà perche non avendo cognizione della vera divisione del Monocordo credevano Maggiore quello, che è minore, e chiamavano Minore il Semituono naturale; e perche nelle composizioni Diatoniche non si ammette altro semituono, che il Naturale, e questo lo chiamavano minore, per questo negavano il maggiore, onde la poca esperienza loro non consisteva in altro, che non conoscere realmente l' essenza de semituoni. Il praticare ambidue li semituoni è proprio del genere Cromatico, o pure in Composizioni Miste dell' uno, e dell' altro genere. E queste composizioni in quei luoghi, dove s;useranno li semituoni minore saranno sempre languide, flebili, deboli, e prive di quella risonante Armonia, che anno le Diatoniche. Sicche Costui non sa quello, che si dice, ne eziamdio sà, che cosa sia semituono maggiore, ne Minore, come dal suo insegnamento chiaramente si vede. All' altro Io non intendo come Egli qui dica, che le quatro Voci Ut, Re, Sol, e La si pronuncino naturalmente e il Mi, et il La con arte; mentre Egli al Capitolo 20 insegna, che l' Ut e' l Sol devono pronunciarsi con terribilità; il Re, et il La con affetto allegro; il Mì con affetto sdegnoso,e il Colera, e che spiri più il fiato per il naso, che per la bocca; Il Fa competentemente gagliardo, e non molto allegro. Sicche secondo il suo parere nissuna voce sara proferita naturalmente, ma tutte con arte: dunque tutte imperfette. Questi stessi sentimenti hò letti in Altri a mio giudicio suoi seguaci: tuttavìa questi giocondi pensieri nelli Autori Classici non li hò mai trovati, ne mi soviene, che per insegnarmi i miei riveriti maestri usassero queste diversità; e ne pure io le pratico sembrandomi riflessi da Persone Semplici, e Idiote. E la ragione mia in breve è questa che la stessa nota Verbi Grazia Mi si deve pronunciare per La nel discendere: Che adunque la stessa voce si dovrà pronunciare ora con terribilita, ora con dolcezza? dunque la parola stessa, sarà sillaba per sillaba pronunciata aspra, dolce, cruda, e soave, in Caso che costi di quattro sillabe, e queste cadino sopra l' Ut, Sol, Mi, Fa? Mà se mi fusse risposto, che questi loro insegnamenti si devono applicare solamente alle note, io rispondo; che il recar diletto colla Musica, a chi ascolta nasce dalla dolcezza, e soavità del Canto, non dal Cantar come insegnano Costoro or aspro, terribile, crudele, e orgoglioso, essendo queste maniere più proprie a dilettar i Cavalli, che gli Uomini, Mercecchè Questi molto s' inquieterebbeno, e Quelli con tali modi sogliono risvegliarsi, e prendere Spirito. passiamo al Terzo. Circa alla divisione del Tuono in nove Coma, il Semituono maggiore di cinque, e il minore di Quatro, io glielo accordo; perche come hò detto di sopra gli antichi credevano così, ed egli forse non poteva sapere le moderne divisioni, e l' esperienza, che sono state fatte, e per questo in questo capo, mi servirò della stessa sua divisione. Il dir poi, che non intende parlar del Coma per intervallo, mà che risieda nela quantità del fiato, che si spira in pronunciare le sillabe dalla deduzione, e che le [-18-] Voci Ut, Re, Sol, e La siano tuoi perfetti di nove Coma, il Mi semituono maggiore di cinque, e il Fa semituono Minore di quatro: questo è uno sproposito così grosso, che chi sia lo può agecolmente conoscere. Mà se lui fusse presente io gli farei queste interrogazioni. Ditemi di grazia mio Padrone. La Corda dove si dice Ut sol si dice ancora Fa; mà come può stare che la stessa corda per i vostri insegnamenti sia Tuono perfetto, e semituono minore? Se la cosa dunque và così, il vostro Coma risiede nelle sillabe, e non nelle voci; e se risiede nelle sillabe, Voi dite che la Sillaba Ut è Tuono perfetto di nove Coma, in oggi che questa Sillaba si chiama Do, sarei curioso di sapere, di quante Coma costera? Se mi dite che in proferire il Do, si pronuncia la stessa vocale el Sol, e per conseguenza anch' egli avrà nove coma; vi risponderò, che il Là hà la sua stessa vocale del Fa, e pur questi snon tanto diversi? Di più i Professori di Musica quando vogliono cantar da per loro qualch' aria non sono necessitati a usar le Sijllabe della deduzione, mà si servono di qual sijllaba più loro piace, e per lo più del La dicendo La La La La, e in questo Caso non si darebbe niuna distinzione' ? E poi quando si canta quel versetto: Solve vincla reis Se per Caso sopra la Corda, che dice Fa, vi cadesse la [il ante corr.] Sillaba Sol di Solve, quel Fà diventerebbe Tuono perfetto di nove Coma? Oh gran bestialitade! Mà Padron Mio Voi che dite, che questi Coma risiedono nel fiato, che si spira dalla bocca, avete Voi fatto riflessione, che li Cantori ora Cantano con voce gagliarda, e ora con soave; quando forte, e quando piano; secondo il senso delle parole, e secondo il loro buon gusto: Come ancora chi hà grande, e chi hà picciola voce. Come pretendete adunque di dar misura universale ad una Cosa, che in tutti i soggetti è particolare come quella dello Spira il fiato più, o meno? In oltre chi v' hà insegnato, che il fiato che si spira per la bocca sia quantità discreta, e per questo mensurabile? Dunque se fusse altra quantità non sarebbe mensurabile? Mi dispiace che in tutto, e per tutto abbiate avuti cattivi Maestri. Sapiate per tanto che il fiato è quantità continua, e che altresì questa quantità è mensurabile,onde non dovevate dire quel gran sproposito. Andianne avanti. Che la Causa intrinsica delle consonanze, e dissonanze sia il numero dei Coma in numero divisiile in due parti uguali, e in numero indivisibile: Questa è una sciochezza, che non ha pari; ed io per bizzaria [[diro]] m' estenderò un poco sopra questo. L' Autore dice: La Terza comunemente è tenuta di due modi maggiore, e minore; si dice maggiore perche contiene maggiore, e più diastimi della minore et cetera: La Terza realmente è di due Specie. La prima dice Re, Mi, Fa; e l' altra Mi, Fa, Sol. Il chiamar di divera specie gl' intervalli Musicali non s' intende rispetto a gli estremi, mà in riguardo alle note medie, cio è dal Semituono che dentro Loro contengono. Onde quando si dice Re, mi, Fa, il semituono sta nel secondo intervallo; e quando si dice Mi, Fa, Sol, sta nel primo. Quelle consonanze che in se non hanno semituono sono d' una sola specie, come è il Ditono, e il Tritono, mentre in esse non si puol dar variazione. Ora secondo questo bell' ingengo il Semituono costa di 18 Coma, e di tante appunto costa la seconda Maggiore, e pure quello è maggior intervallo di questa, quello si Compone di tre voci, e questa di due, quello è consonante, e questa nò? Di più se questo Semiditono Re, Mi, Fa, Noi lo chiamaremo Sol, La, Fa, iventerà Ditono, perche costerà di 22 Corda come il Ditono Fa, Sol, La; Come dunque si potranno mai superare queste gravissime difficoltà? Che a Seconda abbi 18 Coma, e la Terza minore il simile? E pure Egli dice, che la maggiore dicesi così, perche contiene più diastimi della Minore. Mà portiamoci ad esaminare questi suoi Coma. Le Terze minore Re, Mi,, Fa, e Mi, Fa, Sol amendue hanno 18 Coma uguali cioe 5, e 9; onde solamente questa sarà buona? Passiamo al Ditono. Il Ditono cio Terza maggiore è di due Specie, se si riguarda ai nomi delle conte, che l' una dice Ut, Re, Mi: e l' altra Fa, Sol, La; Mà realmente egli è d' una sola specie. Mà perche il nostro Autore lo dimosta in amendue le maniere, ancor io d' amendue discorrerò: Il Primo adunque costa di 23 Coma, il Secondo di 22. Il perimo però temo, che sia dissonante per le 23 Coma; che sono indivisibili, e il secondo perche hà gli estremi disuguali, e pure in sostanza tanto è il primo, che il secondo; onde tanto nelle Terze maggiori, quanto nelle minori vi sono molti intrighi. Mà ora m' avveggo, ch' Egli medesimo me gli scioglie tutti perche parlando di tutte queste Terze Maggiori, e Minori così la discorre: Questa Specie è difettosa nelli diastimi 23, che son et cetera come prosegue. Ah! Egli dice le belle cose! E così dalle sue nerborute raggioni io hò imparato, che le terze non sono buone Consonanze. Sicche saranno qualche poco Cattive, toltane la Terza Minore Mi, Fa, Sol? Ma piano che poco doppo dice, che ancora questa non è buona, perche hà a seconda nota alterabile col Diesis. Et io dico che ancora Re, mi, Fa, ha la seconda nota alterabile col BB molle. Mà che hanno da fare l' alterazioni delle note Medie per formar le consonanze, e gl' intervalli Musicali? Che non sono gli estremi quelli che costituiscono [-19-] detti intervalli? No! Mi rimetto. Passiamo avanti. Dopo il Ditono parla della Quarta, detta da Greci Diatessaron, dicendo: La Quarta pure è di due modi Maggiore, e Minore et cetera. La Quarta è di trè Specie. La Prima dice Re, Mi, Fa, Sol; La Seconda Mi, Fa, Sol, La; e la terza Ut, Re, Mi, Fa; e queste sono le Quarte Minori [minori ante corr.], che Egli chiama imperfette, perche hanno gli diastimi indivisibili.Mi suppongo però che dica delle due prime specie; perche la terza secondo le sue regole esser dee cattivissima, mentre negli estremi ancora è incompatibile, essendo il primo impari, e l' altro pari. Mà che direbbe Egli se io la facessi diventar perfettisima? Eccola. In vece di dire Ut, Re, Mi, Fa; dica Fa, Re, Mi, Fa; così in questa maniera contiene 22 Coma, ed hà l' ugualità negli estremi. Mà se questa Quarta hà 22 Coma, e le altre 27, converra dire, che sia molto Minor del' altre. Non v' è dubbio, mentre Questa secondo Lui non hà più coma di quel, che n' abbia il Semiditono, che dica Sol, La, Fa: e dicendo, che la Maggiore, qual è il Tritono si [se ante corr.] dice maggiore perche hà gli Estremi uno maggiore, e l' altro minore; dunque di tre modi saranno le Quarte, cioè Quarte Maggiori, che sono i Tritoni, Quarte Minori, che sono quelle di 27 Coma, e Quarte minorissime, che saranno quelle di 22 Coma. Oh che belle conseguenze si cavano dalle dottrine di questo grand' Uomo. Mà andiamo avanti, che ci sono cose più belle. Ne seguono le Quinte dette da Greci Diapenti, e sono di quattro Specie; :a prima dice Re, Mi, Fa, Sol, La: la seconda Mi, Fa, Sol, Re, Mi; la terza Fa, Sol, Re, Mi, Fa, la quarta Ut, Re, mi, Fa, Sol. Queste Egli le Chiama perfette perche hanno li Coma divisibili, e perche convengono negli Estremi, eccetto la Terza Specie, che hà gli Coma indivisibili, essendo di 31. Mi meraviglio che questa Diapente abbi un Coma di più: Io dico, che ne ha meno: contiamogli bene. La prima, e Quarta Specie ne ha 36, la Seconda ne ha 32, e la Terza, che è Fa, Fa, ne ha 31? sicche rispetto agli diestimi ancora le Quinte sono di tre modi come le Quarte; edi più la Terza sarà imperfetta perche il suo numero è indivisibile: E la quarta Specie se in luogo di dire Ut, Re, Mi, Fa, Sol, si dirà Fa, Re, Mi, Fa, Sol sarà cattivissima, perche di più avrà gli estremi incompatibili. E di dove cava Egli mai, che la Quinta Fa Fa non si possa perfettamente accordare negli strumenti? E che per questo ne sia cagionato il Tritono? Che ha à fare il Tritono con questa Quinta? Ovvìa poniamo il B molle alla Corda [sqb] sarà distrutto il Tritono, e lee Corde Fa Fa senza alterazione diranno Ut Sol: In questa maniera questa Quinta sarà bene accordarla? Io credo, che nel suo gran Cervello non l' abbi mai potuta accordare, e per questo ne nasce un discordante Tritono di Confusione, che l' accettasse affatto, sicche non potesse vedere le palpabili sciochezze, che Egli hà scritte nel Dottrinale di queste Materie. Io non mi voglio dilungar d' avvantaggio; solo parlerò dell' Ottava, perche in trattar di Questa, fa dire à Boezio uno Sfarfallone, che non lo sognò giammai. Queste son co suoi esempi le sue parole L' Ottava è di quatro Specie, e si chiama Diapason Madre, e Seno di tutte le Consonanze et cetera. eccone gli esempi [Beccatelli, Annotazioni, 19; text: Prima, Seconda,Terza, Quarta] [-20-] L' Ottava detta da Greci Diapason è di sette Specie, e non di quatro. La diversità della Specie, come già dissi, nasce dalla diversità del posto de Semituoni. L' Ottava comprende nella sua composta formazione due semituoni, e le sue specie sono sette, perche se dette specie son simili tra di loro nel primo semituono son dissimili però nel Secondo; e dicendo il nostro Sapientissimo Autore, che l' Ottava è di quatro specie, fà ben conoscere, che non intende cosa sieno queste Specie. Che ella sia madre, e Seno di tutte le consonanze, è la prima cosa, che Egli abbi detto di bene: Ma gli quatro esempi d' ottava, che pone son solamente quelli, che servono di forma alli primo quatro Tuoni Autentici; e quelle che servono di forma autentica alli Plagali dove sono? Dice poi che Boezio descrivendo la Diapason declina alla parte più debole dicendo: Diapason constat ex se tonis, et aliquid minus: si vede bene, che se il nostro autore hà avuta la facolta di legger Boezio, non l' hà però avuta per intenderlo. Ii Boezio parla della divisione antica pitagorica, detta Diatonica Diatona; e non parla mai di una sola specie d' Ottava, mà di tutte le Ottave. E queste Ottave nella detta divisione antica son un poco minori. Mà misurate con la divisione di Tolomeo detta Diatonica Sintona, che fa gli Tuoni uno di sesquiottava, e l' altro di sesquinona proporzione dette Ottave son maggiori una picciola particella di Sei Tuoni. E di queste parla Boezio. Conciossiacchè avendo fatto il riscontro ancora nell' altra divisione, cioè con tre Tuoni sesquiottavi, e tre sesquinoni io la trovavo maggiore di detti Sei Tuoni, questo,che divisa la Diapason in 25 parte ella supera gli sei Tuoni di tre quinti di una delle 25 parti, che vale à dire il termine minore di detta Diapason col termine minore degli sei tuoni è in proporzione supertriparziente 125; e tra il termine maggiore di detta Diapason col termine maggiore dei [[Sei]] sei Tuoni vi è proporzione minore di 74 à 73, e maggiore di 75 a 74. Eccole per piu Chiarezza l' esempio di quest' ultima proporzione. [Beccatelli, Annotazioni, 20,1; text: A. B. C. D. E. c. e. F. 1030, 10, 1050, 14, 1026, 1036] Adunque il termine maggiore de sei Tuoni sia A., e il termine maggiore della Diapason B. e la differenza C.: si moltiplichi C. per 75 ne verrà D. onde D: supera A. della quantità segnata E. di nuovo si moltiplichi C. per 74 ne verrà F., il quale è maggiore di B. la istessa quantità E. Dunque D. è maggiore di A. l' istessa quantità, che F. di B., e tra D, ed F vi è la proporzione di 75 a 74. Dunque trà A. e B. vi sarà una maggior proporzione, perciò si dirà che tra il termine maggior di sei Tuoni, e il termine maggiore della Diapason vi è maggior proporzione di 75 a 74. In oltri posti i stessi numeri al contrario nella seguente maniera [Beccatelli, Annotazioni, 20,2; text: E, B.C.D. E. F. 1036, 4, 1040, 14, 1022., 4, 1026] Si moltiplichi il medesmo C. per 74 avremo D. doppoi si moltiplichi per 73 avremo F. e vedremo che D. vien superato da A. della quantità E., e della Stessa quantità F. vien superato da B. e perche tra D. ed F. vi è la proporzione di 74 a 73, ne viene, che tra A. e B. vi sia minor proporzione di questa, onde si dirà, che trà il termine maggiore de sei Tuoni, e il termine maggiore della Diapason vi è minor proporzione, che 74 a 73, e maggiore, che di 75 a 74, e di tanto son maggiori i Sei tuoni della Diapason. [-21-] Ecco la dimostrazione della prima. Moltiplicati li sei Tuoni li termini prodotti sono questi 531441 – 262144 e non avendo questi termini comun partitore, e non potendosi dal maggiore cavar la dupla, io hò tolta come insensibilissima ad ambidue un unità, e gli hò costituiti così 5341440 – 262143 ridotti a termini radicali col partirli per sette, e poi per 73 vengono questi 1040 – 513 Cavata dal maggiore la dupla, che è la proporzione della Diapason, ne seguono questi tre termini [Beccatelli, Annotazioni, 21,1; text: 1040, 520, 513, 7, 8, Termine maggiore, minore della Diapason, delli sei Tuoni, Differenza, Sessagesima quinta parte] Dimostrazione seconda. Moltiplicati li 6 Tuoni tre di sesquiottava, e tre di sesquinona proporzione, Li termini prodotti son questi 729000 – 373248 ridotti a termini radicali con partirli prima per 729, e poi per 4 ne vengono questi 250 – 128 cavata dal maggiore la dupla ne seguono questi tre termini [Beccatelli, Annotazioni, 21,2; text: 250, 128, 125, 3, 5, Termine maggiore, minore, della Diapason, Differenza, Vigesimaquinta parte] E perche in tutte le divisioni antiche, come hò detto altre volte vi si trovano degli Intervalli di Quinta, che non hanno la lor proporzione; può esser perciò che Costui abbia di tali cose sentito parlare, e non essendo capace d' intenderle, abbia detti simili spropositi; mancando di gran cognizione per quanto si vede quando parla di dette proporzioni, che di questo ancora à suo luogo si [se ante corr.] discorrerà. Nella divisione Moderna l' Ottava è maggior di sei Tuoni un quinto, che vale a dire due Coma. E questa notata moderna divisione si riduce all' atto pratico di accordare gli Strumenti con il solo togliere un poco della sua perfezione ugualmente a tutte le Quinte, e così se ne cava, che non vi sono ne Quinte ne Ottave, che sieno l' una dall' altra differenti d' un Tomo. Se poi à questo nostro Autore non tornava questa uguaglianza ne' suoi strumenti; i quali Dio sà se sapeva accordare, questo avveniva per dar qualche ripiego agli sconcerti delli suoi Come consistenti per lui nelle Sillabe della deduzione; e non negli Intervalli. Mà che che Egli si confonda ancora in questo non è da dubitarne, mentre negando nel Cnto il Coma per Intervallo, vuol poi che negli Strumenti si computi per intervallo. Sentiamo quello che Egli dice nel capitolo 14 e si vedrà. Sicche à numerare con i Coma una consonanza negli Strumenti ella sarà diversa da quelle, che si formano colla voce? Mà portiamoci con questo punto al suo capitolo 28, e per cagion d' essempio riflettiamo sopra la Quinta descritta da Lui nel detto Capitolo, a numerar la quale negli Strumenti si dovrà far così [Beccatelli, Annotazioni, 21,3; text: 9, 5, 4] [-22-] Mentre il Coma risiede per intervallo nella formazione d' una voce all' altra perfetta secondo il suo notato insegnamento: e colla voce si deve numerar così. [Beccatelli, Annotazioni, 22,1; text: 9, 5, 4] Dunque negli Strumenti questa Quinta è Cattiva mentre costa di 27 Coma; e colla voce è perfetta perche costa di 36? Qui mi nasce una difficoltà, sopra il moto, che dice il nostro Autore doversi presuporre della nota antecedente. Mà state! Ora penso d' aver trovato questo moto precedente alle Consonanze, e sarà che nel Canto prima di cantare bisogna aprir la bocca, e negli Strumenti muoversi la Mano, benche ancora qui ci trovo qualche difficultà nel numerare questa apertura di bocca, o mossa di mano un numero determinato, mentre tra [fra ante corr.] gli Cantori vi è chi l' ha grande, e chi l' ha piccola, e chi l' apre più, e chi meno. Così trà Sonatori vi è chi più, o meno alzi la mano. Onde non vedo dove possa mettermi al Sicuro questa numerazione. Solo dirò, che le parole di Boezio: Pulsus, et percussio non potest esse sine motu, idest nisi priùs motus praecedat: e quelle d' Alberto Magno: Sonus non est sine commotione, eo quod eius esse est in fieri post motum. Io le intendo così che qualsisìa corda di Strumento non darà suono alcuno, se avanti non le sarà data la vibrazione, e il moto; cessato il Moto; cesserà anche il Tuono. Ma questi Moti, e percussioni come ancora la quantità del fiato non ga che fare cosa alcuna con gli Coma, che sono picciolissime particelle della voce, e non particelle o di Moto, o di Fiato. Egli chiama poi il numero novenario numero perfetto. Mà questo è falso perche gli Antichi chiamavano il numero Ternario perfetto, essendo radice quadra del novenario. Mà il numero sonoro è il Senario. Mà per uscire una volta di questa si sciocca Materia tralascierò di parlare come nel capitolo 29 confessa che da Alamire, a B mi son nove coma; ma ad ogni modo perche dice Mi vi ci si deve scriver cinque. Così accorda il Coma per intervallo, e poi lo nega. Dice che nella Musica tutte le voci sono imperfette. E nell' uno, e nell' altro Capitolo parla così confusamente di queste talisciochezze, che appena si lascia intendere. Nei Capitolo 34, 42, e 43 torna à parlar dei Coma per intevallo. Nel capitolo 37 chiama Specie di Tritono questo passo per causa di doversi dire nello stesso luogo, e Fa, e mi [Beccatelli, Annotazioni, 22,2] Mà se fussero due Alamire non sarebbe già detta specie. Tralascio adunque di parlar di vantaggio di queste, e molt' altre sciempiataggini per non esser troppo prolisso, e perche chi ben intende la vera divisione della voce da se medesimo può benissimo conoscerle, e in oltre mi è necessario di passare ad altre materie più curiose, e più degne di riflessione. Annotazione Ottava nei Capitoli 30, 42, 43, 44, 45, e 46. Uscito dalla distribuzione del Coma, entra il nostro Autore in un altro pelago di maggior confusione del passato: introducendosj à trattare de generi del Canto, sopra de quali comincia con semplice cenno nel Capitolo 30 dove dice, che il caminar di semituono in semituono sia di genere Diatonico. Nel capitolo 42 che sono i due Generi di Canto, Armonico, e Diatonico. Che il Canto Armonico consista nel non mutar nome alla nota che si Canta, mà se si dice Fa sid ebba sempre dir Fa, concedendo però le mutazioni, mà solamente per i Fa naturali. Che il Genere Diatonico sia quando una nota per un accidente vi si muta il nome senza alterazione di voce, come se in[sqb] vi si ponesse la b allora in A si deve dire non più re, mà Mi. Quando poi in una corda si dice diverso nome immediatamente con diverso suono di voce, come per essempio cantandosi per B quadro nella Corda [sqb] vi si dice mi, se sopragunge il b molle in detta corda vi si deve dir Fa, e per lo contrario levato il B molle nella Stessa corda si deve dir Mi, e il medesimo vuole, che s' intenda per Causa de Diesis. E questo chiama Diatonico proprio dalla parola Diatonos, che vuol dire due Tuoni. Nel capitolo 43: chiama Armonico quel modo di Canto che nell' antecedente Capitolo hà chiamato Diatonico [-23-] improprio. Mà per esser meglio inteso dimostrerò con le note ciò, che intende dire questo Autore. [Beccatelli, Annotazioni, 23,1; text: Questa Cantilena secondo Lui è di Canto Armonico. In ci sono quei modi chiamati da Lui Diatonici Improprij. Proprij.] Nel Capitolo 44. Doppod' aver detto, che San Gregorio detto il suo Antifonario a Guido Aretino acciò lo disponesse in modo più facile, dice che il Canto era di tre generi Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico. Il Diatonico già l' hà descritto di Sopra. Del Cromatico dice, che è quello che camina con diversita di semituoni, e scisoni (qual parola non mai ne letta ne intesa). L' Enarmonico è quelo, in cui si canta gradatamente sempre la stessa Nota, e ne porta l' essempio cosi [Beccatelli, Annotazioni, 23, 2] In oltre dice che San Gregorio inserì nel suo Canto tutti trè i detti generi, parlandone di tutti distesamente; e che poi da questi ne sia nato l' Armonico nel Canto Fermo Nel Capitolo 45 doppo aver detto che per uno accidente, o per l' altro la stessa nota può chiamarsi con tutti i sei nomi, dice che questa difficoltà ha mossi alcuni à formare Monocordi Cromatici, non avendo cognizione del Platonico. Nel capitolo 46 dice così. Scipione la Corcia segna il b in :d: e :gg: nelle sue opere per introdurre à dar quelle voci con vivacita e senza torcer la bocca, non avendo la guida del # che fà quell' effetto; e ne da l' essempio di detto Autore [Beccatelli, Annotazioni, 23,3] e poi seguita nello stesso capitolo molt' altre descrizioni. Per arrivare a conoscere le false, e sciocche opinioni di questo grand' uomo, è necessario spiegare che cosa sieno li generi del Canto per dottrina dichi non gli sapesse. Gli Generi del Canto son tre Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico. Il più antico genere è il primo, quale deriva da Pitagora, che trovò la ragione delle consonanze; con la derivazione, e addizione di moltaltri Autori, come ne hò parlato nella prima Annotazione sappi però Vostra Signoria che il Tetracordo è misura comune à tutti gli generi per gli suoi estremi. E la sua diversità secondo la diversità de generi consiste nelle corde intermedie. Onde la divisione del Tetracordo del Genere Diatonico procede dal grave all' acuto per un Semituono magiore, e Tuono, e Tuono. E perche in ogni Tetracordo vi risiedono due Tuoni gradatamente l' un doppo l' altro per questo gl' Antichi lo chiamarono Diatonico dalla voce Diatonos, he vuol dire per Tuoni. Questo genere è quello del quale si serve Santa Chiesa nelli divini ufficj, stimato tanto dai Santi Padri per essere il Canto di questo genere nobile, Grave, Modesto, e Devoto. Il che procede dal non praticarsi in esso altri semituoni che i maggiori, chiamati da me naturali; conciossiacche l' uso de semituoni minori rende il Canto molto aspro, ed ingrato. Eccole la dimostrazione delli cinque Tetracordi Diatonici [-24-] [Beccatelli, Annotazioni, 24; text: Hypato Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Il Genere Cromatico trovo scritto che fosse invenzione di Timoteo milesio. Questo genere è quello che nella sua divisione procede dal grave all' acuto per semituono minore, semituono maggiore, e Trihemituono, che è tanto a dire Semiditono. Questo genere è quello che mette in pratica, e si serve di ambidue li Semituoni maggiore, e minore. È poi detto Cromatico, quasiche colorito, o variato, poiche la terza corda del Tetracordo di questo genere fa diversità di Canto, e diversità d' intervalli dal Genere Diatonico, restando l' altre tre corde Comuni à questi due generi. Il Cantare in questo è proibito nelle Chiese, perche rende il Canto aspro, e odioso, se è trattato da Persone poco esperte; se poi da Persone dotte sarà languido, mole, vile, e effeminato. Per questo forse Pio IV fù per proibire la musica universalmente dalla Chiesa, mà fù ritenuto dal sentire le Composizioni di Pier Luigi Prenestino, chiamato volgarmente Palestina, le quali più tosto piacendo al detto Sommo Pontefice, come dice il Padre Scorpione, ordinò che nelle Chiese si cantasse solamente in detto Stile, che è puramente Diatonico. Tuttavìa è tollerato nelle Musiche concertate la mescolanza di questi due generi Diatonico, e Cromatico per il grande aiuto che danno al Canto, e all' Organo e agl' altri Strumenti e perciò il Canto si rende più gradito, e diletevole, senza punto offendere la divozione, e la pietà, ò pregiudicare al decoro Ecclesiastico. Di quì mi meraviglio, che si trovino in oggi Persone così delicate di Spirito, che arrivino à persuadere esser degno di pianto, e compassione il nostro corrotto secolo per l' introduzione delle profane Musiche nele Chiese, riportando le ammonizioni di San Gerolamo ad alcuni Cantori Ecclesiastici dove dice nel liro 3 capitolo 5 in Epistola ad Ephesios: ne in Ecclesia Theatrales moduli rudiantur et Cantica; à quali io risponderei, che i modi e modulazioni musicali, che si praticano in oggi ne nostri Teatri, mille anni doppo di detto Santo non erano ne men sognati. Onde è da dire che San Girolamo vietava a [[que]] Cantori Ecclesiastici l' uso del Canto Istrionico, o Mimico, le maniere del quale tanto antiche, che moderne, sono di accompagnare le loro Canzoni, e Balli con Suoni ridicoli, con atti, e gesti impuri, come si ricava da molti Autori. E chi volesse restar pienamente informato di queste maniere legga Pietro dalla Valle nella parte seconda de' suoi viaggi per la Persia, e così vedrà come a suo tempo si conservavano ancora in que' regni questi modi di Canti e balli osceni. In oltre risponderei a Costoro tanto scrupolosi, che in mille luoghi della Sacra Scrittura si vede come Iddio si compiaceva di essere onorato da Noi miserabili con Canti, e suoni di diversi Strumenti allegri, e festivi; e con quante esortazioni i Santi [nei add. infra lin.] Patriarchi inducessero i Popoli ad usargli. E per lasciare da parte il Santo Re David, e Salomone servirà solo, che io quì porti il seguente della solenne dedicazione del tempio. Tam Levitae quam Cantores, idest, et qui sub Ajaph erant, et qui sub Eman, et qui sub Dithun (questi erano i [t ante corr.] tre principali maestri) Cymbalis, et psalterijs, et citaris canere parabant stantes ad orientalem plagam altaris, et cum eis Sacerdos centum viginti canentes Tubis. E se mi fose soggiunto, che non intendono dar contro alla quantità de Strumenti, ne allo Strepitoso, e festivo lor suono, ma solo a certe cantilene profane, e a cert' arie così allegre, che par, che incitino al ballo, e per conseguenza indecorose nella Chiesa. A questo rispondo, che ancor io son dello stesso parere, e detesto, e abomino le Cantilene Profane, quando mai s' usassero, delle quali però in oggi non ne sento; tanto più che furono proibite ne divini ufficj le Cantate volgari. In oltre io molto venero l' ordine Santissimo d' Alessandro Settimo nella costituzione che fece, cioè che doppo i Salmi altro non si cantasse, che le loro Antifone. Tuttavìa non sò del tutto condannare l' uso di intrecciar qualche Mottetto per render più gradite, e dilettevoli le Feste: purche in esso si adoperino parole della sacra Scritttura, o almeno non si partino dal senso della medesima; e non sijno certa razzia di parole barbare, che hanno più del volgare, che del Latino. Mà ohime come mai si può approvare l' uso di Certi Cantori effeminati, che con diriasciaquamenti di voce sogliono cantare, e pur piacciono al volgo, che gli rende applauso! Solo dirò col sentimento de Santi Padri: guai à Coloro, che in vece d' indurre il Popolo à glorificare Iddio, procurano di trar à se soli la lode. [-25-] Circa poi all' Arie, che par che incitino al Ballo io dico che qualsisìa aria eziamdio Mesta, e lugubre si puol ridurre al ballo: Onde se questi veramente fusse male bisognarebbe toglier dalla Chiesa ogni sorta di Suoni ò di Strumenti. Ma io non riconosco questo male, quando specificatamente quest' arie non fossero Tresconi, Bergamasche, Minuet, Ruggieri, e simili ne sò ritrovar la ragione di scandalizarsi nel sentire pensieri, e motivi allegri nelle sinfonie, ed altre cose che si suonano in Chiesa, con tutto che in qualcheduno potessero arrivare a dar incitazione al ballo: Mentre che nell' introduzione dell' Arca in Gerusalemme: David autem, et ognis Israel ludebant coram Domino in omnibus lignis fabrefactis, et Cytharis, et Lyris, et Sistris, et Cymbalis. e poi soggiunge, che David saltabat totis viribus ante Dominum. Inoltre nella Siria fù costume, come forse lo sarà ancora, di andare alla Chiesa nel giorno della Ressurezione sonando, e ballando: Di più leggo che nella Spagna, e nell' Indie son soliti accompagnare il Santissimo Sacramento col premettere un Coro di Giovani, che d' avanti van cantando, e altro non fan, che ballare. E la nostra Santa Maria Madalena de Pazzi mossa anch' ella da certo gaudio Spirituale delle riportate vittorie sopra il nemico infernale, con graziosa maniera ballava, e saltava, e faceva gesti, che mostravano la letizia del suo Cuore. A me questo basta per provare che certi impulsi d' allegrezza però pìa e devota non posson esser mai di scandalo nela Chiesa di Dio. In ultimo se a questi tali non li servissero queste tali quali ragioni in difesa delle compositioni Musicali all' uso moderno, oltre a tant' altre, che se ne potrebbero addurre, io li manderei a vederne di quelle più forti, nell' ultima impressione del Hierolexicon latino del Mauri Stampato in Venezia nel 1712 alla voce Cantus. Di grazia mi compatisca: e per ritornare nel mio incominciato sentiero trattandosi del genere Cromatico mi corre l' obbligo di avvertirla; che Non si può dare Composizione alcuna, che si possa dire totalmente Cromatica, conciossiacche questo genere da se solo non può reggere senza l' aiuto del Diatonico. Eccole la dimostrazione de' Tetracordo Cromatici. [Beccatelli, Annotazioni, 25, 1; text: Hypaton, Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Il Genere Enarmonico molti dicono, che fosse invenzione d' Olimpo. La divisione di questo Genere è che nel Tetracordo si divida il Semituono in due parti chiamate Diesis, i quali à distinzione delli Diesis comuni si scrivono in questa maniera [signum]. Questi Diesis Enarmonici sono un poco maggiori di un Quinto all' uso nostro, e nel Enarmonico di Tolomeo sono un poco minori, sicchè negli Strumenti nostri non gli possiamo avere ad uso di quelli antichi; Mà possiamo ben chiamare l' intervallo di un Quinto Diesis per approsimazione. Di qui dunque potrà Vostra Signoria conoscere quanto vadino ingannati coloro, che stimano potersi fare le composizioni Musicali totalmente in questo genere; e se sia stato usato, sara stato posto in uso con un solo Strumento senza concerto, e senza accompagnatura. E benche io abbia veduti alcuni Moderni Autori,e degni di Stima, che anno preteso di dimostrare composizioni di questo genere Enarmonico a più voci, io l' assicuro, che questa non è se non una ben massima semplicità: come potrà chiaramente conoscere dalla seguente dimostrazione degli suoi Tetracordi. [Beccatelli, Avvertimenti, 25,2; text: Hypaton, Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Quel tanto, che si potrebbe metter in pratica, e che si accostasse à questo genere, si è, che in una Composizione dove si adoprano i Diesis, con qualche nota intermedia passare ai b molli delle corde accanto per dissopra a quelle, che si son toccate col Diesis. Mentre che dal Diesis d' una corda al B molle della corda dimostrazione in due esempi. Il primo accompagnato per la parte grave Diatonicamente, e il secondo Cromaticamente. [-26-] [Beccatelli, Annotazioni, 26,1; text: Primo, Secondo] Sicche solo come ho mostrato in questi esempi potremo dire Enarmonica una Composizione, quando si adoprerà qualche intervallo Enarmonico mediatamente: perche il servirsi degli Intervalli Enarmonici, e procedere per essi immediatamente con pretendere di far consonanza è una solenne pazzìa. E questo spero, che servirà per esser inteso nella Spiegazione di questi generi. Or venghiamo al nostro Autore. Al capitolo 30 in primo luogo egli spiega male la voce Diatonos, perche ella altro non significa, che l' intervallo che corre da una voce all' altra, e vuol dire due Tuoni, e non due Suoni. E poi il caminare di Semituon in Semituono questo è procedimento Cromatico, e non Diatonico. Sopra il Capitolo 42: dice che sono due Generi di Canto, Armonico cioè, e Diatonico; e del [dell ante corr.] primo non ne hò mai letto, ne sentito parlare dà alcun Autore o Moderno, oltre Lui, o Antico: e poi l' Armonia nasce dalli Generi Diatonico, e Cromatico: non so poi come questo nostro Filosofo chiami genere cosa prodotta da Generi? Questa voce Armonico per Genere si pratica nella Scienza delle proporzioni, dandosi le proporzionalità Arimmetica, Geometrica, e Armonico, come dimostrai da principio; mà non tra generi del Canto. Sopra il Capitolo 44. dice che San Gregorio vivea nel Quinto secolo, e Guido Aretino nell' undecimo. Si cavi la conseguenza se Detto Santo Padre diede il suo Graduale a Guido, acciò lo disponesse secondo la sua invenzione? Il produrre questo essempio per passo Enarmonico mi fa dubitare, che Costui intenda, che tutte le mostrate note si debbano chiamare con nome di Fà, mentre dice che il Canto Enarmonico è quello in cui si porta una stesa nota gradatamente in diverse corde con lo stesso Tuono: eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 26,2] Onde se ciò fusse vero che occorerebbero tanti vani suoi insegnamenti per legger le note; mentre in questo caso Egli medesimo pur potrebbe vedere, che Quelle Note dicono non sempre Fa, ma Mi, La, Sol, Fa. Ma quando ancora uno volesse nominarle tutte Fa, come può mai Egli intendere, che tutte faccino l' istesso Suono? Che metta ancora per Genere Enarmonico il saltare di Terza in Terza; di Quarta in Quarta; di Quinta in Quinta, e così degli altri intervalli; questo è maggiore sbaglio. E si vede bene che per quanto Egli Scrive, Egli era innocentissimo delle Materie di questi gener, e che solo aveva sentito dire, he si davano gli Generi Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico, i quali poi hà spiegati a suo modo. Ma perche Vostra Signoria intenda quello, che hò detto, che il Salto di Terza Minore sia specie Cromatica e di Terza Maggiore sia specie Enarmonica, deve sapere come alcuni anno creduto, che per comporre le Cantilene in questi generi non si debba servirsi d' altri suoni, movimenti, e intervalli che de dimostrati [-27-] nella divisione de' Loro Tetracordi come per Essempio. [Beccatelli, Annotazioni, 27,1; text: Tetracordi Diatonici. Cromatici. Enarmonici.] La Divisione Diatonica procede dal grave all' acuto per semituono Maggiore, Tuono, ee Tuono. Dunque li Canti Diatonici devono andra sempre di grado di Semituono maggiore di Tuono, e Tuono tanto in salire, che in discendere senza proceder mai per salto. La Divisione Cromatica procede dal grave all' acuto per semituno maggiore, Semituono minore, e Semiditono. Dunque le Composizioni Cromatiche devono sempre caminar di semituono in semituono, e di Salti di terza minore, senza proceder mai per altri intervalli. E così l' Enarmoniche composizioni devono sempre procedere di Diesis in Diesis Enarmonico, e di Salto di Terza Maggiore avvertendo,che le dimostrazioni delle divisioni di questo genere sono tutte in ascendente. E veda Vostra Signoria se queste illazioni non sono ridicolissime, e se son veramente semplci Coloro, che credono se non in tuto almeno in parte queste cose. Sappia poi Vostra Signoria che da Greci nel genere Enarmonico, e Cromatico i tre primi suoni dalla parte grave d' ogni Tetracordo, che contenevano nel primo i due Diesis, e nel secondo i due Semituoni, eran chiamati con questo nome [Pyknon] cioè Pichnon, che in nostra lingua cuol dir Spesso. cioè denso: onde doppo il Denso Enarmonico, ne succedette in ogni Tetracordo il Ditono; e doppo il Denso Cromatico il Semiditono; e doppo i due Tetracordi congiunti, ne succedeva il Tuono disgiuntivo. Eccone la dimostrazione. [Beccatelli, Annotazioni, 27,2; text: Enarmonico Genere, Cromatico, Nete Hyperboleon, Paranete, Trite, Diezeugmenon, Paramese, Tuono disgiuntivo, Mese, Lychanos Meson, Hypate, hypaton, Perhypate, Hypate, Proslambanomenos, Denso, Semituono, Semiditono, Tuono] Dunque Vostra Signoria comprenderà, che non sentirà altri Suoni nell' enarmonico se non che doppo un Diesis un altro Diesis tanto nel grave che nell' acuto, ma tre diesis l' un doppo l' altro non li potrà sentire, e doppo i due Diesis detti il Denso non sentirà altro salendo, che il Ditono, e discendendo il Tuono. Il simile si dice del genere Cromatico; se non che il denso di questo porta due semituoni; e il restante del Tetracordo è il Semiditono. Questo è un ristretto di tutto il terzo libro d' Aristosseno. Euclide però doppo aver disposti tutti i suoni come sopra per il Genere Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico così descrive tutti i Tetracordi ispessati di tutti i tre generi, per i quali tuoni si faceva la mutazione da un genere al' altro: dice però [-28-] in questa maniera: Porro si misceantur genera sunt hi cioè [Beccatelli, Annotazioni, 28,1; text: Proslambanomenos, Hypate hypaton, [[Lychanos hypaton]], Perhypate, Lichanos, Enarmonico, Cromatico, Diatonos] Ma torniamo al nostro Autore il quale dice Che San Gregorio inserisse nel suo Canto tutti e tre li detti Generi. Cosa falsissima. Conciossiacche il Canto Grecoriano è puramente Diatonico, e non vi è mescolanza d' altri Generi, e se vi si adopra il b molle alla [sqb], dal qual b molle alla detta [sqb] vi è il semituono minore intervallo proprio del Genere Cromatico, non vi si adopra per farne la degradazione immediata, ma per distruggere il Tritono rispetto a natura grave, o la quinta falsa rispetto a natura acuta , e per l' uno, e per l' altro caso non è praticato, che per intervalli Diatonici. Se sia vero quello, che Egli dice nel Capitolo 46, e mostra nell' esempio di Scipione la Corcia io non posso farne il riscontro. Ma dato che sia vero, non sarà stato biasimato dai pochi intendenti, e senza ragione; ma bensì dai molto intendenti e con molta raggione. E in verità come poteva mai fare questo Autore mettere il B molle in quelle corde solamente perche vi si dicesse Fa, senza che alterassero la voce? Che non era ancora questo Musico arrivato a sapere; che il b molle rende più soave la mezza voce alla nota, che segue doppo di Lui? E se questo lo fece per non avere la cognizione del Diesis in questo caso si vede, che non avea nè meno la cognizion de B molli, e in tutte le maniere Egli ha operato ignorantemente. Ma io mi meraviglio molto che non conoscesse la forza di questi accidenti, particolarmente de Diesis di C ed F, e loro replicate, per esser questi chiaramente mostrati non solo nelle antiche divisioni del Cromatico, ma eziamdìo con tanta plurità ne nostri comuni Strumenti. Onde si può veramente chiamare non solo ignorante, ma ignorantissimo Colui, che si mette a comporre, e stampare le opere sue senza saper ne meno la forza degli accidenti, che si sapevano così chiaramente fino al tempo di Platone, e perche son le prime cose che s' insegnino alli Scolari. E poi io non credo, che Scipione la Corcia sia più antico di Platone, ma ne meno più antico di tanti organi Vecchi, che si trovano, che nella lor divisione anno li nominati intervalli; sicche questa cognizione Egli la doveva avere. Quello che io sopra ciò direi piu tosto si è, che temo à ragione, che il detto essempio sia falso,o pure malamente stampato: e quand' anco fosse vero dico che forse essendo stato il detto Corcia quatro secoli addiettro all' use de' [[b molli]] Diesis, perciò noon avendone di quelli cognizione usò in lor vece i b molli; come chiaramente si può comprendere da seguenti essempi [Beccatelli, 28,2; text: Primo, Secondo, Terzo, Quarto] Ma passiamo ad altre Materie Annotazione Nona Sopra il Capitolo 53. Io credo, che li paresse d' aver scritte pur le belle cose quando Egli distese questo Capitolo a far viva, e forte l sua men pesata opinione. Per rispondere a tutto non si meravigli se io mi diffenderò un poco più che non ho fatto nell' altre materie perche sopra questo ci sono molte cose da dire. Fa Egli primieramente un Dialogo tra Maestro e Discepolo, [e dice add. supra lin.] che non essendo più che quatro Diapenti, e tre Diatessaron per questo conseguentemente ne viene che non possino essere più d' otto i Tuoni. Oh bellissima conseguenza! Se la formazione d' un Tuono non eccedesse la Diapente, o la Diatessaron questo Autore direbbe il vero; mà perche la formazione perfetta d' un Tuono deve arrivare alla Diapason; e perche la Diapason si modula in due maniere, Armonicamente, e Aritmeticamente per questo son sette Tuoni per la medietà Armonica, e altri sette per la medietà Arimmetica. Ed è falsissimo, che questi tuoni oltre l' ottavo siano imitazioni degli otto Tuoni perche son Tuoni Reali differenti l' un dall' altro. E si prova in due modi. Primo che le Specie della Diapason son sette, e queste son differenti l' una dall' altra; onde essendo differenti dette Specie, e portando ciascheduna due Tuoi, secondo la duplicata loro divisione, per conseguenza son quatordeci Tuoni differenti l' un dall' altro. Secondo. La Diapason costa d' una Diapente, e d' una Diattessaron: Le Specie della Diapente son quatro, mà quelle della Diatessaron son tre sicche non possono unirsi sempre la medesima specie della Diapente con quella della Diattessaron; cioè prima con prima; seconda con seconda: Ma quando la Diapente si unisce con la Diattessaron, e quando con un altra, onde ne nasce la diversità, e non la similitudine come si vede chiaramente, che il Nono Tuono ha la Diapente della stessa Specie del Primo, e la Diatessaron della stessa specie del Terzo, sicche se il Nono si confronta nella Diapente col Primo, non si confronta già con lo Stesso nella Diattessaron. E cosi si discorra degli altri Tuoni. Ma che direbbe Costui se con le sue regole io gli facessi vedere, che li Tuoni non son più otto, ma bensì sei?Ecco la prova. Il Quinto, e Sesto Tuono lo Canta con b molle nella corda [sqb]. Onde il suo Diapente, che è della terza Specie, lo fanno divenir della Quarta, che è quella del settimo Tuono, e se l' esser dissimile un Tuono [-29-] dall' altro nella Diattessaron non importa cosa alcuna, purche sieno simili nelle Diapenti, bisognerà dire, che il Quinto è simile al Settimo, e il Sesto all' Ottavo; e se cosi è: non sono Eglino secondo i suoi insegnamenti solamente Sei i Tuoni? Io ho detto che gli Tuoni son quatordeci, non perche sieno tanti, ma perche potrebbero essere se pur si volessero. Tuttavia non son più che dodici, e le di loro forme mostrerò di sotto terminato questo discorso. Dice, che Molti Gravi Autori abbino prese le specie della Diapente, e Diatessaron per [sqb]quadro, e l' abbino ordinate per b molle per denominare le loro composizioni di quei Tuoni sopra l' Ottavo, perche non ci è Tuono alcuno degli dodeci che richieda il b molle se per altro non si trasportassero; E tutto ciò è falsissimo. Perche gli Antichi Auttori inventori de dodici Tuoni, li denominarono così perche realmente così sono; e benche sia vero che sono le medesime Diapenti, e Diattessaron, non però sono ordinate allo stesso modo, e però fanno ancora diversa la melodìa. Io però non intendo di parlare del Tuono Musicale il quale solo è di due sorte, cioè di Terza Maggiore, e di Terza minore, e nonsi possono dare altri [altre ante corr.] Tuoni se non un Tuono misto. Onde se gli Autori da Lui citati hanno composte le ricercate con ordine di Tuoni Musicali, concedo che non potevano nominarle di Nono, Decimo, Undecimo, e Duodecimo; ma ne pure potevano chiamarle di Primo, di Secondo o d' altro: Ma se dette ricercate son modulate con l' ordine de Tuoni Ecclesiastici potevano, e dovevano dar molto bene quello, che hanno fatto, cioè chiamarle di quel Tuono nel quale son composte> È ben vero però che se dette ricercate son per l' organo per causa, che non è una voce sola, che modula, come sarebbe un Flauto, un Violino; ma nello stesso tempo sono più voci, mentre sempre si suona con altre consonanze; perciò non possono esser regolate in tutto e per tutto secondo l' ordine Ecclesiastico, perche è necessario in detto Strumento servirsi de modi musicali. Onde in questo altro non si può fare, che chiamare le ricercate di quel Tuono, del quale sono uniformi le Fondamentali. Dice poi che se si posson fare quattordeci tuoni perche son sette le lettere cioè le corde,se ne possono fare altretanti per b molle, e per altri accidenti. O grand' Ignoranza! Addesso non intende più i b molli, e i Diesis? O questa sì che è marrana! Giusto perche le lettere son sette per questo volendo potrebberoesser quattordeci i Tuoni, ma se noi li trasportiamo più giù, o più in sù per causa de' b molli, e de Diesis non saranno mai più di quattordeci. E la ragione si è perche le Specie dell' Ottava non possono essere più che sette, sieno con quanti accidenti si sapino inventare. E queste Specie torno a dire esser la loro duplicata divisione portano due Tuoni, e perciò non possono essere più di quattordeci: e perche alla seconda speie manca la divisione Armonica, e alla Sesta la Divisione Arimmetica per conseguenza manca a questa il Plagale, e a quella l' Autentico, sicche mancando due Tuoni ne restano dodeci ne più ne meno. Ma io resto molto meravigliato, che Egli poi dica, che il portar le specie delle Diapenti,e Diattessaron più giù, e più sù, non fa differente melodìa. Donde nasce si subita mutazine? Io ben dirò, e dico il vero: che la diversità della melodìa nasce dalla diversa congiunzione delle Diapenti con le Diattessaron, e non trasportare i Tuoni più giù, o più sù per forza degli accidenti. Passiamo avanti. E che ha da fare, che si tenesse, o non si tenesse l' oppinione, che non essendovi altro che sette Pianeti, e la Quiete, non possino esser più che otto Tuoni. Onde se Egli tiene che li Tuoni sieno otto, perche Tolomeo ha preteso che tanti sieno rispetto alli Pianeti, e la Quiete: che direbbe Egli se qualche bell' ingegno dicesse che i Tuoni sono nove, rispetto ai nove Cori Angelici? Forse non sarebbe Questa più nobile oppinione di quella di Tolomeo? Ma parliamo più dottrinalmente. Chi dicesse che i Tuoni sono solamente trè addattandogli alle Persone della Santissima Trinità, o ad altre cose da ripartirsi in Tre, che direbbe Egli in questo caso? Ma per dir qualche cosi piu a proposito. Il Sistema di Tolomeo intorno alle celesti cose è stato, ed è ripprovato da Tione, da Copernico, e Galileo. Or se il Sistema di Tolomeo è falso viene ad esser falsa ancora l' opinione del nostro Autore. Di più secondo i più moderni Filosofi sono solamente tre i Cieli, dunque ancora saranno solamente tre i Tuoni. E se Egli mi rispondesse, che parlando a questa maniera si cagionerebbe Confusione nello stabilirsi de Tuoni musicali, allora gli direi, che ad ognuno è lecito il fare maggiore, o minor numero di Tuoni: E questa non è cosa nuova, perche Platone per quanto io ho letto pone sei modi solamente cioè sei Tuoni, chiamandoli Armonie, che sono: Lidia Mista, Lidia acuta, Ionica, e Lidia; e poi vi aggiunge la Dorica, e la Frigia: tra le quali più di tutte comenda la Dorica, come più grave, e sostenuta. Giulio Plluce seguita Platone nel numero, ma non nel nome chiamandoli Dorico, Ionio, Eolio, Frigio, Lidio e Continouo. Aristide nee pone ancor Egli sei nominandoli cosi: Lidio, Dorio, Frigio, Iastio, Mistolidio, e Sintono Lidio. Aritosseno ne pone tredici. Cassiodoro fa l' istesso. Plutarco, e molt' altri Greci ne posero solamente Tre, cioè Dorio, Frigio, e Lidio, e corrispondono alli tre da me detti. Alipio ne pone quindeci, e così mi credo, che abbino nominati i Sette Tuoni con lo stesso nome de Pianeti, cioè Luna, Marte et cetera non avendo io mai veduto simil cosa in qualunque libro i' m abbi letto, o sentito con qualunque Persona io m' abbi parlato. I primi Santissimi Padri della Chiesa per quello che trovo scritto ne ammettevano quattro chiamandoli Proto, Deutero, Trito, e Tetrardo. Sicchè bisognerà dire che [[..]] circa il numero de Tuoni tot sint sententiae, quot homines. Ma per tralasciare queste inutili, e vane dispute, e ritornare al numero de Tuoni Ecclesiastici dico, che vi è da osservare, che ne tempi posteriori a Tolomeo, e Boezio, come si ricava dai Graduali di San Gregorio, e da altre Antifone, e Responsi, che si credono dello stesso Santo, o pure di San Leone Papa, li Tuoni non erano ristretti come in ogi dentro una sola ottava, ma contenevano undeci, e dodici voci, in maniera che ascendevano sopra la loro finale un' ottava, e molte volte una nona, e Decima, e per di sotto discendevano una Terza, Quarta, e fino una [-30-] Quinta; e perche Questi riuscivano molto scommodi a cantarsi, di uno di questi modi ne furono fatti due uno chiamato Autentico, e l' altro Plagale, o dal detto San Leone, o da altri Pontefici, o pur da Guido Aretino: E di questa opinione sono tutti gli Autori moderni, che io ho veduti. È però vero, che Molti Autori dicono che gli Tuoni Ecclesiastici antichi, che d' ognuno de quali ne sono stati fatti due, erano quattro già detti di sopra. Ma fussero quanti si volessero gli antichi Tuoni la ragione moderna fa chiaramente vedere, che non son meno di dodeci, ne più di quattordeci quando si volessero. Mà per non perder affatto di mira il nostro Autore alla sua quarta risposta dico, che se sotto un Tuono possono esser diverse specie di consonanze per la diversità de' principi, e questo per aver diverse finali, bisognerà da questi escludere il Secondo, il Quinto, e Sesto Tuono per aver una sola Finale [finale ante corr.], e pure anno diversi principi, e pur ancora questi son modulati diversamente? Ma di questi Saeculorum ho parlato abbastanza nella Quinta Annotzione. Alla Quinta Risposta. Io vedo bene che il Nostro Autore ha poco studiato Tolomeo dubitando del numero de' Cieli: perche se Egli non ne pone Dodici, come molti anno detto ne pone almeno dieci toltone l' Empireo, che con questo sarebbero undeci. Ma quello, che mi arrecca maggior meraviglia si è che Egli discorrendo diffusamente de Pianeti, delle Ecclissi, delle Congiunzioni, degli aspetti, che sembra esser una altro Tolomeo, dice poi, che oltre i Sette Pianeti i altri Cieli non si movono. E pure secondo il Sistema di Tolomeo si movono tutti. Egli ha fortuna, che da sette Pianeti per causa di moto non ha escluso il Sole; del resto mi avrebbe fatto dubitare, che fosse un altro Copernico, o un altro Galileo: ma dall' altra banda io mi assicuro, che Egli non è salito tant' alto, che di questi Autori non credo ne abbi ne pur veduta la Carta pecora; perciò mi dispiace non essere Astronomo per fargli vedere i grossi abbagli, che Egli prese nel discorrer di queste Materie. Che il Nono Tuono sia simile al Terzo, e il Decimo al Quarto li principianti ragazzi gliene possono dare una mentita. Se avesse detto che il Nono è simile al Primo, e il Decimo al Secondo, gli si potrebbe un poco comportare, eccettuatane quella parola simile, che non si può veramente ammettere, per che questa parola non comporta differenza; e tra il Nono, e Primo vi è differenza, siccome tra gli altri tutti; dunque non si può dir simile, ma più tosto si dovrebbe dir consimile, cioè quasi simile. Egli dice gli Tuoni sono otto, e qui si deve stare. Ò che grand' uomo d' autorità! Fino che l' avesse detto un San Gelasio, un San Gregorio, un San Leone, un Sant' Ambrogio, un Guido Aretino si dovrebbe, e si dee Ciascheduno sottomettere a venerarne l' autorità; ma non per questo ad inferirne: Dunque i Tuoni sono otto, e non più. Anzi io dico, che i detti Santi Padri anno molto ben conosciuti, e [i ante corr.] praticati tutti i dodeci Tuoni, come chiaramente si vede da Libri antichi corali, ed io ne citerò molte cantilene secondo mi si porgeranno l' occasioni nelle susseguenti Annotazioni. Ma per non esser tedioso, lo lascierò nelle sue stravolte oppinioni, e dirò che li Tuoni, o Modi sono dodici, ledi cui forme a piè di questo discorso dimostrerò; e di questi dodeci ne sono stati scelti otto con autorità della Santa Chiesa, e assegnate alle Salmodie Ecclesiastiche; e perciò si è sparca comune voce che otto solamente sieno i Tuoni Ecclesiastici; e ciò si è fatto per due ragioni. Prima per togliere le difficultà che sogliono intervenire nella moltitudine delle dottrine, e per questo anno ristrette l' intonazioni de' Salmi alli primi quattro Autentici con li loro Plagali, che anno le forme maggiori, cioè la denominazione d' uno di questi primi otto per l' uniformità della Diapente. Io tengo però almeno con probabile ragione che anticamente ancora li quattro ultimi modi avessero le loro intonazioni: e l' argomento da questo, che molti gravissimi Autori tengono, che l' intonazione Domenicale dell' In Exitu sia del Nono Tuono, perche l' Antifona Nos qui vivimus dicono, che era di questo Modo, ma di questo se ne parlerà in altro luogo. E la finale delle Antifone in Odorem, e Stetit Angelus e simili, che si trova scritta così [Beccatelli, Annotazioni, 30] mi fa dire che questa finale o che è scritta male, e si canta peggio, o che non è del Quarto Tuono. E la ragione mia è questa, che l' intonare in detta finale quell' ultima nota col Diesis come si sente da chi la pratica non è genere Diatonico essendo quel diesis del Genere Cromatico. Dunque o quel Diesis non vi va, o non vi ha da fare cosa alcuna; o pure bisogna dire che sia del Decimo modo, tanto più che in molti libri si trova scritta nelle proprie corde del Decimo, e non del Quarto. Ora se questo non mi può esser negato dirò ancora che l' Undecimo, e il Duodecimo avranno altresì avuta la loro intonazione, e che le Cantilene di questi quattro ultimi modi sieno state trasportate sotto la denominazione degli Otto. Ma siasi quel che si possa essere intorno a dette Finali perche queste Dispute non ci danno utile alcuno lascierò di più parlarne, restringendomi a questo insegnamento che li Modi per li Salmi sono otto, perche così ottimamente ha stabilito la Santa Chiesa, e così si dee insegnare alli principianti per non confonderli, e per questo motivo si deve farli riportare ancora gli ultimi quattro alla denominazione delli primi otto in questa maniera, cioè quelli che restano in Re fargli chiamare del Primo se sono Autentici, e del Secondo se sono Plagali. Quelli che restano in Fa, che sono l' Undecimo, e' l Duodecimo far che si chiamino Quinto, e Sesto; e se si ritrovasse alcuna cantilena, che restasse in Mì di B: quadro acuto, farle chiamare, o Terzo, o Quarto secondo le loro più proprie forme: E questo lo dico per levare a principianti le difficoltà. In oltre dico che quella Finale dell' Antifona in Odorem, che resta in Fa col Diesis non è buona [-31-] e perciò non è da praticarsi, ma si deve lasciare quell' ultima nota col Diesis, e si deve terminare in Mi; come assai lodevolmente si pratica in molte Chiese. Come ancora io sarei d' oppinione, che si desse qualche correzione al canto, che si pratica nella Chiesa: In vece di rimovere dai proprj loro naturali luoghi le Cantilene, come fanno molti begl' umori, e stimerei meglio per non dir necessario il correggere tante cantilene, che si sentono prive delle loro proprie forme. In oltre io leverei dalle salmodie tante finali inutili, e superflue, e senza fondamento alcuno, mentre stimerei molto lodevole il ridurle a due, e al più tre per tuone, due Festive, e una Feriale. Dico due festive per renderle più vaghe con qualche varietà trovandosi ben spesso due Antifone l' una doppo l' altra del medesimo Tuono. e già che discorro di questi modi non voglio tralasciare di dir qualche cosa sopra la debole, e sciocca usanza introdotta da alcuni Regolari di compor l' antifone gradatamente conforme sono li modi cioè la prima di Primo Tuono, la Seconda del Secondo, e così dell' altre senza osservare al senso, o intelligenza delle parole: tanto che per loro sono sbanditi dalli Salmi del Vespero il Sesto, Settimo, e Ottavo modo tenendo quest' ordine ancora ne' Matutini, come per esempio nell' Uffizio del Corpus Domini, e in tant' altri. Nel di cui Mattutino, come in molti altri Uffizj oh' Dio che Antifone, e che Responsi vi sono! Io sarei curioso di sapere da questi buoni Uomini la Causa, che anno avuta di operar così, escludendo da Certi Vesperi il Sesto, Settimo, e Ottavo Modo, che è il più bello di tutti gli altri. Ma terminiamo una volta queste dicerìe, che pur troppo a lungo mi sono esteso. Do fine adunque a questa annotazione con soggiunger solamente, che degli ultimi quatro modi gli antichi Padri se ne son serviti in Molti Offertorj, Postcommunj, Graduali, e Tratti, e in molte Antifone che doppo di esse non ne deve seguire l' intonazione de' Salmi come Alma Redemptoris, Regina Coeli, e molt' altre cose dell' undecimo, e duodecimo modo trasportate per via di b molli nel Quinto, e nel Sesto Tuono. Li Sensi delle parole che si addattano in questi Modi, e lee loro formazioni son le seguenti. Il Primo modo risiede nella Quarta Specie della Diapason D, d:, mediata Armonicamente dalla corda a. Li suoi Regolari Principj come ancora le sue regolari cadenze sono in D: F: a: d: Li principi, e cadenze fuori delle corde si dicono irregolari. Questo Modo spiega sensi di gravità, di cose alte, profonde, sentenziose, magnifiche, misteriose, e miracolose. Il Secondo modo risiede nella prima specie della Diapason A; a: mediata arimmeticamente dalla D: Li suoi principj, e cadenze regolari sono in A, D, F, a; Questo Spiega sensi lagrimevoli, funebri, di Calamità; di Suppliche. Questo l' adopra Santa Chiesa nelle Funzioni, e processioni di Suppliche. Il Terzo modo risiede nell Quinta Specie della Diapason E, e mediata armonicamente dalla [sqb]. Li suoi principj, e cadenze regolari sono in C, g, [sqb], e: Questo spiega senzi lamentevoli, deprecativi per causa di crudeltà: come ancora di ringraziamento a Dio; e di amore. Il Quarto modo risiede nella seconda Specie della Diapason [sqb] [sqb] mediata arimmeticamente dalla E. Questa Specie di Diapason non ha divisione armonica. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in [sqb], E, g, [sqb]. In questo modo è molto lodevole la cadenza in a per esser questa la sua corda Corale. Questo spiega sensi lamentevoli, di tristezza, d' affetti teneri amorosi, d' ozio, di quiete, d' adulazioni, e detrazioni, di cose soavi, e simili. Il Quinto modo risiede nella sesta specie della Diapason F: f: mediata armonicamente dalla c: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in F, a, e, f: Questo spiega sensi d' allegrezza, di Vittoria, di robustezza, di Trionfo, e cose simili. Questo modo fuora de Canti Ecclesiastici è difficile il praticarsi, e da Moderni Compositori di Canto Ecclesiastico non è punto inteso: conciossiacche quando vogliono fare una Cantilena di questo modo v' introducono fissamente in B molle in Chiave; il che non può stare in alcuna maniera, toltone il caso d' adoperarlo per sfugire il Tritono, o nel caso di spiegare qualche dolce sentimento; quando però questo s' adoperi deve esser sempre discendente, non mai ascendente perche è gravissimo errore. Il Sesto modo risiede nella terza specie della Diapason C: C: mediata Arimmeticamente dalla F: Li suoi principi e cadenze regolari sono in C, F, a, c. Questo spiega sensi di divozione, di gravità, di modestia, di vivacità, d' allegrìa. Ancora questo Modo ha la disgrazia di non esser conosciuto da Compositori di Canto Ecclesiastico, mentre si vedono le loro Composizioni col B molle. Oh gran Cecità. Questo Modo ancora fuori de Canti Ecclesiastici non si può che difficilmente adoperare Il Settimo modo risiede nella settima specie della Diapason g, gg: mediata armonicamente dalla d: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in g, [sqb], d, gg. Questo spiega sensi di minaccie, di Guerra, d' Ira, e simili. L' Ottavo modo risiede nella quarta Specie della Diapason D, d: mediata arimmeticamente dalla g: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in D, g, [sqb], d:; e però cosa molto lodevole far la cadenza nella c tanto in questo quanto nel Terzo modo per esser la loro Corda Corale. Questo spiega sensi di mansuetudine, di divinità, beatitudine, Gloria, Pace; felicità. Il Nono modo risiede nella prima Specie della Diapason a, aa: overo A, a; mediata armonicamente dalla e, o E. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in a, c, e, aa; Questo spiega sensi allegri, soavi, e sonori. Le Cantilene di questo, si possono trasportare nel primo modo. Il Decimo Modo risiede nella quinta specie della Diaoason E, e, mediata arimmeticamente dalla a. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in E, a, c, e. Questo spiegai medesimi sensi del secondo modo, ma in maniera più viva, e si riduce perciò al detto Secondo Modo. L' Undecimo Modo risiede nella terza Specie della Diapason C, e: mediata armonicamente dalla g: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in C, E, g, e; Questo spiega sensi allegri, e giocondi, di Ballo, e di Festa, e cose simili; e questo si riduce al Quinto, e al Settimo col aiuto del b molle. [-32-] Il Duodecimo Modo risiede nella Settima Specie della Diapason g, gg; overo [Gamma], g: mediata arimmeticamente dalla C. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in g, c, e, gg. Questo spiega sensi modesti, allegri, amatorij, e tutti quelli del Sesto, ma in maniera più soave. Questo si trasporta al Sesto col' aiuto del B molle; però meglio sarebbe trasportarlo all' Ottavo intonato col diesis; Li Caratteri personali, che si addattano a questi modi sono li seguenti Persone Gravi, e Sapienti, al Nono, e Primo Modo. Persone Aspere, e Crudeli, al Terzo, e Settimo Modo. Persone Forti, Robuste, e Allegre al Quinto, e Undecimo Modo. Persone Afflitte, e Meste al Secondo, e Decimo Modo. Persone Amanti, e amorose al Quarto Modo. Persone Gentili, e Vaghe al Ottavo, Undecimo, e Duodecimo Modo. Persone Pie, e Divote al Sesto,e Duodecimo Modo Iddìo al Primo, e Ottavo Modo, overo Duodecimo. Ecco qui soscritte le formule di tutti a Dodici li Modi, cioè la loro Diapason con la loro Medietà [Beccatelli, Annotazioni, 32; text: Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Quinto, Sesto, Settimo, Ottavo, Nono, Decimo, Undecimo, Duodecimo] Questa è la spiegazione di tutti a dodici li Modi detti comunemente Tuoni. Ora passeremo all' altra Annotazione. Annotazione Decima Nel Capitolo 54 Chiama Tuoni irregolari quelle Cantilene, che terminano nelle loro confinali. E li Tuoni, che terminano fuora delle Corde delli primi Otto li chiama Tuoni spostati, adducendo l' esempio dell' Alleluia col Ex te gloriosus dicendo, che detto Verso è di Settimo Tuono. In oltre dice, che l' intonazione dell' In Exitu Domenicale non è di Tuono Misto ma bensì di primo Tuono. Dice che l' Alleluia col verso adducentur si deve cominciare, e cantare col B quadro giacente, e cominciarlo una quinta sotto, e così si sfugirebbe il Tritono nella replica; e perche detto Alleluia termina in Mi di Natura Grave, e il verso comincia in Do cioè una Terza sotto, e cantandolo per B quadro giacente detto Mì di natura grave suona voce di Re, e in questo Caso la Terza sotto, dove comincia il verso non suonarebbe più voce di Do; e dovendo il verso cominciare inDo, vuole che si cominci una voce sotto, e non una Terza, tanto che l' Alleluia resterà nel suo proprio luogo , cambiate solamente le sillabe alle Note, e il verso sarà portato una voce sopra. Rispondo al primo, che li Tuoni, che terminano nelle loro confinali non si possono dire irregolari, quasi fuor di regola; mà solamente potransi dire irregolari a distinzione de regolari. Io hò veduti pur molti Scrittori che anno errato in questa Materia chiamando questi Tuoni Tuoni spostati. [-33-] Un Essempio de Tuoni che terminano nella loro confinale è quel Verso degli Improperj del Venerdì Santo, che dice Popule Meus, il quale secondo me è del Settimo Tuono misto coll' Ottavo. Dico in questa maniera perche intendo di rimettermi al parere degli Uomini che sanno. L' altre Cantilene, che terminano fuori delle Corde degli Otto Tuoni possono essere Tuoni spostati, ma io non così facilmente lo crederò mentre più tosto saranno degli quatro ultimi Tuoni, trasportati per maggior comodità, e facilità nei primi Otto, come hò detto di sopra. Conciossiacche di questi Modi come del Duodecimo è L' Introito della Domenica 23: [13: ante corr.] doppo la Pentecoste, che dice Dicit Dominus, qual è stato portato in Fa di Natura Grave, con l' ajuto del b molle: Il Communio della Settuagesima Illumina è del Nono; L' offertorio delle Ceneri Exaltabo te Domine è del Decimo. Ne hò vedute poi alcune che sono veramente de' primi otto Tuoni, mà cert' uni introducendovi a capriccio il b molle variano quasi totalmente il loro suono, come sarebbe nell' Offertorio Meditabar, qual è di secondo Tuono, e nelle note della parola Dilexi cantano col b molle, qual è un errore non picciolo, mentre che diminuendo il Mi distrugono la principal nota per distinguere la specie degli Intervalli, e operando così, Il Secondo, e Quarto Tuono non avrà, che poche volte la sua vera Diattessaron nel suo proprio luogo. L' Alleluia ch' Egli cita col Ex te gloriosus non è punto di Settimo Tuono, come egli dice, ma bensì d' Undecimo, e sta benissimo scritta in C fa ut, perche questa è la sua propria Corda Fondamentale. Ma questi spropositi di chiamare Tuoni Spostati tutte quelle Cantilene, che son fuora delle Corde degli otto Tuoni, sono stati detti tanto da Lui, che dagli altri per l' ignorante oppinione, che non siano più d' otto li Tuoni. Quelle Cantilene poi che restano in Mi di B quadro acuto non posson esser d' altro, che di Quarto Tuono le quali saranno scritte così per Bizarìa dello Scrittore; poichè non arriveranno, ne alla Quinta Sopra, ne alla Quarta sotto, che son quelle Corde che la farebbono differente dal Quarto, come l' Offertorio della Feria quarta doppo la Domenica terza di Quaresima che dice Domine fac meum. Tuttavia per le raggioni dette di Sopra mi pare, che non sia fuor di proposito il non ammettere tali Cantilene per Tuoni, e benche si trovi il Communio della Domenica Ottava doppo [Feria seconda ante corr.] [[la Domenica quarta di Quaresima]] [Pentecoste corr. supra lin.] che dice Tollite Hostias, e il Communio della Feria seconda doppo la Domenica Quarta di Quaresima che dice Ab Occultis: Questi si trasportano in Mì di Natura Grave per Quarto Tuono, senza adoprarvi il b molle grave, come molti fanno nella Corda di B mi; perche la Quinta falsa che dicono esser nel primo è mediata da due Note; e nel secondo è mediata da una Nota; la qual nota si puo un poco sostenere. Eccone L' Essempio. [Beccatelli, Annotazioni, 33; text: Tollite hostias et introite in atria eius adorate Dominum in aula Sancta eius. Ab occultis meis munta me Domine et ab alienis parce Servo tuo] [-34-] Io ho notato che queste due mostrate Cantilene per esser plagali, con buona giustizia si devono chiamare o ri decimoquarto, o di Quarto Tuono irregolare. Che se Egli mi dicesse, che dette Cantilene furono anticamente piantate in Mì di Natura grave per Quarto Tuono, e poi trasportate dagli Autori in Mì di B quadro acuto per toglier le difficoltà di Cantare il Mì di B quadro Grave per Fa; Io gli risponderei, che se gli antichi Padri le fecero di Quarto Tuono, come voglio crederlo, intesero però che il Mì di B quadro Grave si cantasse per Mì, e non per Fa: prima perche nel tempo che furono composte dette Cantilene non si segnava mai la Corda detta da Noi b molle grave, mentre non l' usavano ancora à tempi di Guido che fù tanto doppo, onde non potevano avere il suono di Fa in detta corda: secondo perche non sarebbe stato operar con buona scienza, distruggendo la Diattessaron forma principal dle Plagale. Ma il motivo dello sfuggire la Quinta falsa è sufficiente, perche come dimostrerò a luogo oportuno Questa si può eziamdio immediata intonar, onde molto piu poi Mediata si potrà intonare senza punto d' offesa dell' orecchio di chi ben sente. Io ho detto questo per far conoscere con quanta poca raggione da Molti alterate vengano le Cantilene fuori dell' intenzione di chi le ha composte. Laonde quelle note che sono in [sqb] si devono cantare per Mì, e non per Fà, mentre come apparisce negli addotti esempi contribuisce molto all' espressione delle Parole, esprimendo un' affetto simile, e divoto; e perche se quel Santo, che le ha composte le fece così, è segno che così le voleva, e Noi non ci dobbiamo prender tanta libertà d' alterar le note a nostro capriccio; mentre sappiamo di Certo, che se son opere di San Gregorio, di San Leone, di Sant' Ambrogio o di altro Sant' Uomo, o pur di Guido, Questi sapevano molto bene ciò che facevano, e non anno le opere loro bisogni alcuno di Correttori ne di Pedanti, se non in Caso di qualche errore Che molti se ne danno, di scrittura. L' Antifona Nos qui vivimus non è di Misto, o di primo Tuono, perche come hò detto di Sopra, Molti Autori secondo quello riferisce il Zarlino anno detto che era di Nono Modo, e che sìa servendomi delle parole di detto Autore stata guasta, e trasportata fuori del suo luogo da alcuno Scrittore, che abbia voluto mostrarsi più saggio degl' altri, siccome anno fatto anco dell' altre, e della intonazione seguente, che porta il deto Zarlino si vede chiaramente che è di Nono,e non d' altro Modo, qual è Questa. [Beccatelli, Annotazioni, 34; text: In exitu Israel de Aegypto Domus Iacob de populo barbaro.] Il Franchino produce un essemplare di detta Antifona nell' Intonazione dell' In Exitu cavata da un antichissimo libro, che prova esser dett' Antifona di Settimo Tuono terminato nella sua confinale. Ecco le sue parole. Hanc tamen primitus Antiphonam Divo Ambrosio propriis in Toni clavibus ducam, ubi et septima Diapason figuram, et ipsum Mixtolidium demostrant videlicet in G sol re ut gravem, et in D a Sol Re propria confinali terminatam fuisse vetustissimus Antiphonarum Liber mihi propellit; ut hoc notatur processu. [Beccatelli, Annotazioni, 34; text: Nos qui vivimus benedicimus Domino. In exitu Israel de Aegypto Domus Iacob de Populo barbaro.] [-35-] Che questa Salmodia sia da Molti chiamata Tuono Misto perche si trova notata così, come la pone ancora l' istesso Franchino [Beccateli, Annotazioni, 35; text: In exitu Israel de Aegypto, Il Resto è come la notata dal Zarlino.] producendo per raggione il nostro Autore, che il principio è simile all' Intonazione del Quarto, il Mezzo a quella del Sesto, e la fine a quella del Terzo; questa ragione mi pare un poco Curiosa, per non dir ridicola: Mentre per l' istessa io posso dire che la Salmodia del Primo, e del Sesto, e del Secondo si ponno chiamar Miste, poiche le due prime toltane la finale sono in tutto simili. Ma perche queste son cose che non fanno a proposito per noi non occorre discorrerne d' avantaggio. Circa all' Alleluia col Ex Adducentur Io non nego che si possa cantare nella maniera che dice il nostro Autore col suo B quadro giacente, cioè che quel Fa di Natura Grave dica Mi, non però con trasportarlo una quinta sotto il Gamma: Ma col trasportare una voce sotto le note sole dell' Alleluia, tanto che comincino in Mi, e restino in Re di Natura grave Corda finale, e fondamentale del Verso; onde e l' uno, e l' altro restando in Re sarebbero come realmente sono di Nono modo; perche la ragione principale di distinguere, e conoscere li Modi sono le cadenze principali più che le forme. Tuttavìa lascio ognuno nella sua opinione, e tutto questo l' ho detto rispetto all' alterazione di detto Alleluia. Il metter il b molle in Mì di B quadro acuto per fugire il Tritono nel far la replica questo è un solenissimo sproposito, perche essendo l' Alleluia di Terzo Tuono il b molle è totalmente improprio; e poi questo b molle non può produrre se non asprezza nel Suono. Ma buono Iddio! E egli possibile, che tanti si sieno lambiccato il cervello con trasportazioni, B quadri giacenti, e b molli per una sola nota di questa Cantilena? Io però dico che se quel' Autore che la compose così la scrisse, questo avvenne perche in quel tempo non si usava il replicarla. In oggi che si usa il replicarla dalla prima pausa è necessario o levar quella nota, o mutarle il posto, o mutare il principio, perche allora verrebbe in due intervalli cantabilissimi come appare in questo essempio [Beccatelli, Annotazioni, 35,1; text: Alleluia.] oppure in quest' altro modo cavata da un Libro Corale, e assai corretto e scritto Eccelentemente da un Monaco Valombrosano terminato nel mille quattrocento trentacinque, che detta Alleluia comincia in Mì di Natura Grave, e non altrimenti nel Fa in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 35,2; text: Alleluia.] Ognuno giudichi da questo ciò che più gli piace. Ma se vogliamo considerare il sistema dell' Alleluia, e questo seguitare essendo questo di Terzo Tuono è necessario cantar tutti li Mì per Mì, e non per Fa giacche nel Ex Adducentur abbiamo il comodo di poterlo fare, il qual comodo non abbiamo nel Verso dell' Alleluia della Domenica Vigesima della Pentecoste dove abbisogna cantarlo sempre per Fa nella Maniera, che io l' ho veduto scritto, con tutto che Egli resti in Mi per cadenza di Terzo Modo; e tanto presentemente basti sopra questa Annotazione. Annotazione Undevima del Capitolo 57, e 58. Il nostro Autore divenuto Astrologo, e Astronomo si è messo in capo, non solo di addattare gli otto Tuoni agli otto Cieli; ma ancora gli accidenti loro agli Ecclissi de' Pianeti dicendo mille inezie, per le quali mi pare a ragione di poter dire, che l' Intelletto di questo Nostro Astronomo fosse molto Ecclissato, per non dir totalmente al buji. L' Ecclisse di primo Tuono dice che allora accadde, quando lo Scorpione segno di Marte entra in Casa di B fa. Poh Sciochezzza! Ma perche queste cose nulla appartengono all' instituto nostro, perciò per non rendermi fastidioso dirò solo in sostanza Quello, che Costui intende co' suoi Ecclissi. Il già notato. È il suo Ecclisse di Primo Tuono adducendo per essempio l' Inno Ave Maris Stella dicendo che simili Cantilene devonsi cantare per B quadro giacente per ritornare alla loro lettura naturale. [-36-] Per Ecclisse del Secondo Tuono mette il Caso di dover praticare il b molle grave, e il b molle alla Corda E, portando l' essempio del Graduale della Deria quarta doppo la seconda Domenica di Quaresima Salvum me fac così [Beccatelli, Annotazioni, 36,1] A questi suoi Ecclissi rispondo al Primo, che il Primo Tuono deve praticare meno che sia possibile il b molle acuto per non rendersi uniforme col Nono, ma solo si praticherà quando la necessità lo richiegga. Che le note dell' Ave Maris Stella vadino alterate, questo è uno de suoi massimj spropositi; conciossiache nel Canto Fermo non si muta mai la lettura alle note, se non per stravagante occorenza, il che non so se potrà mai succedere. L' Esempio che Egli porta di quel Graduale, ne' Libri di questa Catedrale di Prato lo trovo di Settimo Tuono e scritto così [Beccatelli, Annotazioni, 36,2; text: Salvum fac] Può essere che sìa in diverse maniere. Ma secondo le Note, con le quali Egli lo pone non può esser d' altro Tuono, che del Decimo trasportato nel Secondo, e per questo vi é necessario il b molle grave. Passiamo avanti. Ecclisse del Terzo Tuono Capitolo 60. Dice che l' intonazione del Te deum qual è questa [Beccatelli, Annotazioni, 36, 3; text: Te Deum Laudamus] Devesi cantare per B quadro giacente, e che in luogo di dire mi Sol Re, si debba dire RE Fa Sol, con addurre, che anticamente si cantava nello Essacordo G: come ancora l' Inno Sanctorum meritis; e cosi l' Inno Deus Tuorum Mmilitum volendo che [in add. supra lin.] queste Cantilene il Suono delle Sillabe della deduzione si adattino al Suono delle sillabe delle parole. A cui rispondo Che il Te deum, e li citati Inni sieno Cantilene antiche è cosa molto nota, perche furono nel [del ante corr.] Terzo e nel Quarto Secolo; mà che specie di Canto si fossero in quei tempi io non lo so; conciossiache San Gregorio nel principio del Sesto secolo corresse, ripulì, ed abbellì il Canto. Io però sò benissimo, che in detti tempi non ci erano ne essacordi, ne nomi di Note, ne Gamma; perche tutte queste sono state trovate nel principio dell' undicesimo Secolo: onde il nostro Autore avrà cavate simili erudizioni dai Spazi immaginatj. E per [l' add. supra lin.] capo. Dunque secondo le di Lui dottrine se perche tocca la sillaba Te si deve dir Re, ancora si dovrà dir Re nella sillaba De, e così discorrendo dell' altre. O gran sproposito. Ha Vostra Signoria sentite mai sciocchezze maggiori? Tutte queste Cantilene devono esser cantate come stanno, e non si deve mai in alcuna maniera mutare la lettura alle note. Ecclisse del Quarto Tuono Capitolo 6i. Dice che la maggior parte delle Cantilene di Quarto Tuono devonsi cantare per B quadro giacente portando la solita pomposa Antifona Stetit Angelus. Dipoi mostra un' Antifona di Sant' Antonio di Padova qual è questa [Beccatelli, Annotazioni, 36; text: Augustini primitus regulae subiectus sub Francisco penitus Mundo fuit abiectus.] [-37-] Sopra l' antichità di Gammaut si è parlato a bastanza, parlerò adesso sopra questo tanto decantato B quadro giacente. Il B quadro giacente è, che questo nostro Autore avendo osservato, che nelle Cantilene molte note s' alterano col Diesis, e perche una nota intonata col Diesis ha essenzialmente suono di Mi, voglio dire che l' intervallo ascendente sopra la detta nota è l' istesso semituono che corre tra' l Mi, e' l Fa: per questo Egli vuole, che dove occorre la frequenza di tali note, queste si devino cantare per Mi mutando la lettura delle medesime Note. Il che nel Canto Ecclesiastico è falsissimo per più ragioni. Primo perche quelle note che s' intuonano col Diesis son sempre Quelle che dicono Fa, Do, o Sol: secondo perche quelle Note che s' intuonano col Diesis son sempre ascendenti come son e tre assegnate: Terzo perche alle dette note solamente si dà il Diesis quando sono a nota di sostanza, o Fondamentale, o principale del Tuono. Nota Fondamentale è quella sopra cui è lavorata la Cantilena. Note Principali son la Terza, Quarta, e Quinta. Note di Sostanza sono quelle alle quali tocca d' esser frequentemente cantate, o nele quali si faccia qualche cadenza. Cadenza s' intende quando si scende, o si sale di una nota, che doppo di essa si deve far pausa. Eccole l' essempio d' ogni cosa nell' Inno di San Giambattista. [Beccatelli, Annotazioni, 37,1; text: Ut queant laxis resonare fibris, Mira gestorum famuli uorum solve polluti labii reatum Sancte Ioannes.] La Corda fondamentale di quest' Inno è il Re. La Seconda Nota che sale alla fondamentale è il Do, o il Fa che sale al Sol, perciò loro si da il Diesis. Il Sol è corda principale. il segno da me fatto [signum] indica pausa, o fermata. Ma giacche abbiamo mostrate queste cose in un Tuono di Terza Minore è bene dimostrarle in un Tuono di Terza Maggiore, come nel Seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 37,2; text: Veni Creator Spiritusmentes tuorum visita imple superna gratia quae tu Creasti pectora.] Ora in questo Citato Inno mi potrebbe esser data un' obbligazione, ed è: Perche il primo Fa della parola Tuorum che sale al Sol corda principale non debba essere intonato col Diesis. In questo dubbio sta una maggiore, e più chiara intelligenza di questo Diesis. Si risponde, che quando alle note che vengono intonate col Diesis, vi si viene per di sotto, e di salto allora mai devono essere intonate col Diesis: mà quando ancora si salisse di grado non devono mai esser intonate col Diesis, se la nota sopra di esse, dove elle salgano non sia nota di pausa, cioè accentata, ee lunga. Al contrario poi se alle note che possono avere il Diesis vi si viene per di sopra, o di grado, o di salto, purche il Salto non ecceda una Terza allora devono essere intonate col Diesis mentre salgono a Note fondamentali, o Principali, che siano ddi sostanza, e di considerazione. Eccone l' Esempio [Beccatelli, Annotazioni, 37,3; text: Creator alme Syderum. Crudelis Herodes Deum Regem venire quid times et cetera, qui regna dat celestia.] Dove è da avvertire che l' Inno Crudelis non si può intonare per Diesis essendo principio di Cantilena, e di parola: e questo non s' intende solamente deg' Inni, ma di tutte le cantilene in generale, eccone gli Esempi ne versetti de Responsi, uno di Quarto, l' altro di Ottavo Tuono. [-38-] [Beccatelli, Annotazioni, 38,1; text: Gloria Patri et cetera, Et Spiritui Sancto et cetera] In oltre è da osservarsi, che il Sol che sale al La non deve avere il Diesis, quando sopra il La vi sta fissamente il Fa. come sarebbe nel Settimo Tuono il Sol di B quadro acuto, che salisse al La di sostanza dovendo praticare il Fa di natura acuta; e così parlando del Sol di Natura Grave, perche non ne segua la degradazione di due semituoni, il qua sarebbe procedimento Cromatico; abbenche per grasia sia stata usata questa degradazione nell' Inno Ut queant laxis in quest' ultima parola come qui apparisce in questo esempio. [Beccatelli, Annotazioni, 38,2; text: Ut queant laxis resonare fibris.] Questo intonare le dette note col Diesis è un oculta forza, e simpatia dell' Armonia Musicale, la quale io così chiamo è dato il Diesis a reggere il Tuono, o altra corda di sostanza. Questo Noi l' abbiamo dal Canto Figurato, in cui dal Diesis più chiaramente si conoscono le note, che si devon leggere. Mi può essere detto che il nostro Autore ancora al capitolo 73: parla di questo Diesis, e dice che è necessario per far le cadenze finali, e in molti altri luoghi per la bellezza del Canto, e per vi si sente una certa necessità d' intonarlo. Qui aspettavo appunto il nostro Autore con tutti li suoi Seguaci per dimandargli perche non lo chiami sempre B quadro giacente? Lo che mi risponderebbero: perche non si può muutare la lettura delle note. Benissimo rispond' io: Dunque quando so potrà mutare la lettura alle note quella intonazione del Diesis si chiamera B quadro giacente, e quando non si potrà far della mutazione si chiamerà Diesis? Non è ella la medesima intonazione tanto in un luogo, che nell' altro? A che dunque con questo giocondissimo titolo di B quadro Giacente turbar, e confonder la mente della Gioventù; e a che fine moltiplicare entia sine necessitate? O torniamo al suo Ecclisse del Quarto Tuono. Per potervi un poco discorrer sopra porterò l' antifona In Odorem col suo Essempio [Beccatelli, Annotazioni, 38,2; text: In odorem unguentorum tuorum currimus adolescentulae dilexerunt te nimis.] Ora mi può esser opposto, che a leggere quest' Antifona nel modo come sta vi è da incorrere in un errore, di dir cioè Fa nel Mi di B quadro acuto. Al che io rispondo, che io non credo, che si diano Maestri, che insegnino ali Scolari questa dottrina, cioè che sempre generalmente parlando sopra il La vi si debba dir Fa, perche in tal caso avrebbero bisogno questi stessi maestri d' andare un altro poco alla Scuola. La Nota dunque sopra il La si dirà Fa, quando la Canilena si raggira tutta o nell La, o nel Fa, o nel Re: La qual circolazione è propria del Primo, Secondo, Sesto, e Quinto Tuono; per lo Contrario quando la Cantilena non sia di questa sorte toltane la necessità di sfuggire un Tritono manifesto, e immediato, che in alcuna maniera non si possa moderare. Queste regole sono astratte dal Composto dell' Armonia, che riconosce l' esser suo da questi intervalli. Ora se la buona armonìa nasce dalla buona Circolazione delle Cantilene per Terza, Quinta, e Ottava non vi sarà alcuno che possa dire, che il Mì di B quadro acuto come nota sopra il La possa intonarsi per Fa: Onde non si dovrà dir Fa per raggione alcuna. Io so che alcuni semplici mi soggiugnerebbono, che per Causa della difficoltà di aver a far mutazione tutti leggeranno quella Nota per Fà, e Non per Mì. A questo risponderei interrogandoli per qual ragione questi tutti devono aver difficultà a far la mutazione di Quinta per salire, leggendo la Cantilena naturalmente come sta. Ancor forse non sanno che quando s' ammaestrano i Scolari nell' intelligenza de Tuoni è necessario farli conoscere quali sono le sue Diapenti, e Diatessaron, e le qualità delle Terze si maggiori, che Minori; e che queste non devono essere alterate fuori d' estrema necessità. Imparino adunque queste cose, e poi si torrà ogni difficoltà nell' leggere qual si sìa Cantilena di qualsivoglia posizione. E di quì non solo non direte Fa nella sopracenata Antifona, mà ne pure in tante altre di settimo, e ottavo Tuono, e sfugirete quell' errore in cui la maggior parte cadono come in questo esempio cavato dal Secondo Responso del Terzo Noturno della prima Domenica dell' Avvento, che dice così [-39-] [Beccatelli, Annotazioni, 39,1; Salvator noster adveni et.] In questo mostrato esempio di Terzo Tuono quel Mi dì B quaddro acuto da chi bene intende le proprietà de Tuoni non sarà mai Cantato per Fa Se poi nell' addotta antifona in Odorem s' intuoni quel Fa discendente col Diesis questo non avviene altro che dall' uso comune, non già che qualche forza lo richiegga. E questo lo confermo perche può esser benissimo che detta Antifona sia stata composta per Quarto Tuono, e che anticamente s' intonasse così com' è, ma che quel Diesis nel Fa, tengo più tosto sia stata invenzione di qualche bell' umore. Dico questo per due raggioni: Prima perche gli Santi Padri, e particolarmente Sant' Ambrogio s' affaticarno più che poterono per ridurre il Canto ad una dolce, e soave armonìa, come mi attesta il Franchino parlando del falso Contrapunto degli Ambrosiani, attribuito falsamente a Sant' Ambrogio, con queste parole. Numquam enim reperi ab ipso mellifluo Ambrosio celebratum, quippe qui (ut inquit Guido) quum Ecclesiastica describeret antica in sola dulcedine mirabiliter laboravit. La seconda si è, che io ho veduta detta Cantilena in un antico Libro Sopra le parole della Antifona ad Magnificat dove si pratica il Fa senza Diesis, e la Dinale resta in mi di Natura Grave, quale è [Beccatelli, Annotazioni, 39,2; text: Qui post me venit ante me factus est euius non sum dignus calciameta solvere Evovae] Ora da questa Antifona si vede chiaramente che l' ultimo Fa si deve cantare per Fa e non per mì, perche chi la compose non intese che in quel luogo si dicesse Mì. E ben però vero che riesce più facile ad intonare quel Fa col Diesis, che senza; e di qui perciò ancora si comprende che la posizione [pozione ante corr.] del Diesis è stata introdotta fuori dall' Intenzione dell' Autore come accade in molt' altre cantilene dall' uso introdotte, come sarebbe in questa Città la Finale del Secondo tuono che si canta in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 39,3] La qual cosa se fussero solamente nelle occasioni funebri sarebbono ancora in parte commendabili per dar segno di maggior tristezza, ma il male si è che lo praticar sempre un simile b molle; come ancora lo praticano in un altra Finale del Terzo Tuono in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 39,4] In oltre l' Inno Vexilla Regis prodeunt per il Tempo di Passione lo Cantano in una maniera, che ne formano un' Aria quasi che in tutto differente dalla sua vera antica, che per esser meglio capacitata io la porrò in tempo Musicale [Beccatelli, Annotazioni, 39,5; text: Vexilla regis prodeunt fulget Crucis Misterium qua vita mortem pertulit et morte vitam protulit.] [-40-] L' Inno Deus Tuorum militum lo sento cantare così [Beccatelli, Annotazioni, 40,1; text: Deus tuorum militum Sors et corona praemium Laudes canentes martyris absolve nexu criminis.] Così si cavano le Cantilene dalle lor arie antiche non con altra autorità, che con l' uso senza rispetto a quei Santi Pontefici, e Uomini Grandi, che le hanno fatte. Ma questo sarebbe nen male, quando ancora non le trasportassero, come fanno in maniera che fanno pessimo sentire non senza scandalo degli Ascoltanti, come in quest' Inno del Santo Natale; l' error del quale è nel principio del secondo verso, lasciando ancora una nota del Terzo verso nel modo seguente [Beccatelli, Annotazioni, 40,2; text: Iesu Redemptor omnium quem lucis parens paternae.] L' Introduzione di questi abusi da altro non può esser proceduta, che da qualche Cantore del tempo passato che abbi voluto far del grazioso con cominciare ad alterar qualche nota. e quel che è peggio, che i Giovani prendono talmente questi errori, che poi riesce impossibile levarglieli dal Capo per l' abito cattivo fatto. Un Cantore che già fu, credendosi mi supongo di far qualche cosa di bello cominciò ad alterar la finale del terzo verso dell' Ave Maris stella, talmente che in questi nostri Paesi il Popolo medesimo l' ha presa talmente in uso che è impossibile il poterli rimovere da simile errore; eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 40,3; text: Ave Maris stella Atque semper virgo Felix Coeli porta.] Altri poi ci sono che tolgono il Diapente della sua Intonazione cosi [Beccatelli, Annotazioni, 40,4; text: Ave.] Ma per tornare dove io son partito dico che benche l' uso facia di queste, e di molt' altre cose, tuttavìa quell' Antifona, quando sia stata portata nel Quarto Tuono è segno, che l' anno voluta così, e mentre si può si deve leggere per Quarto, e non per Secondo, e non si deve metter in Campo il mutar del leggere del Canto Fermo. Intendo per di parlare delle Cantilene antiche fatte dagli tante volte citati Santi Pontefici, e da quegl' Uomini grandi di quei tempi, che in verità fecero ogni passo con gran mistero. Nell' inno poi Sanctorum meritis non è vero punto, ne poco, che il Fa di natura Grave debba essere sempre intonato col Diesis. Eccetuata l' ultima volta. E perche sopra quest' Inno si vede chiaramente la regola del Diesis, Io lo porterò su le note conforme l' hò sentito praticare da buoni, e dotti Cantori. [Beccatelli, Annotazioni, 40,5; text: Sanctorum meritis inclita gaudia pangamus Socii gestaque fortia gliscens fert anumus promere cantibus victorum genus optimum.] [-41-] Si osservi adunque, che quel primo Fa di natura grave deve esser intonato col Diesis non solo perche egli sale al Sol che è, Terza del Tuono, ma altresì perche è nota di Sostanza, ed ivi si fa in certo modo cadenza. Circa all' antifona, che il nostro Autore pone di Sant' Antonio con voler che si dica Mi nel Da di natura grave, accioche la vocale i sia uniforme e nelle note, e nelle parole, questa è una pazzia così grossa, che anco li semplicemente infarinati nel Canto la possono molto bene conoscere. Ma perche di queste sillabe se ne parlerà altrove passerò all' Ecclisse del Quinto Tuono. Ecclisse del Quinto Tuono Capitolo 62. Dice che il Quinto Tuono canta naturalmente per b molle; e poi che ad arbitrio de' Cantori si può ancora cantar per B quadro. Dice che in questo Tuono per moderar il Tritono si deve porre il b molle al Mì con addur in esempio l' Inno di Sant' Antonio En gratulemur, di Cui Eccone l' essemplare [Beccatelli, Annotazioni, 41,1; text: En gratulemur hodie Christo regi iucundius.] Al che si riponde che il Quinto Tuono non canta mai per b molle, ma solo si adopra il b molle nel Mì di B quadro acuto in caso d' un immediato Tritono, e quando la necessità lo portasse per accostarsi ad una qualche prossima cadenza. L' Esempio portato dell' Inno di Sant' Antonio in quella maniera è falso, perche la Nota della Syllaba mur per rispetto del Sol a cui sale si deve intendere per mì, et non per fa; e in questo modo vien cantato da Religiosi della stessa Religione: e poi il produrmi questi esempi, non è mettermi in campo la piu bella cosa che si possa fare, particolarmente, poi che Quelle Cantilene passano i limiti della perfezione delle buone regole, ne sono stati composti o da San Gregorio, o da alcun altro degli antichi autori, o pur da qualch' uomo grande posteriore, che abbi corretto certe modulazioni per la difficoltà del Cantarle, mentre oltrepassavano il loro stato perfetto, e per accomodarsi alla voce umana, quale appena con difficoltà arriva a intonare con chiarezza dieci voci. Ma torniamo a Noi, e giache si è parlato de' b molli è necessario, che sopra questi io dica qualche cosa. Si danno in alcuna Cantilene alcuni b molli, che pur che siano discendenti sono molto comendabili per la soavità, e dolcezza del Canto. E questi si rilasciano ad arbitrio de' Cantori, con questo però che non si adoprino a capriccio, e senza fondamento per non togliere le proprie forme al Canto. Eccone varj Esempi [Beccatelli, Annotazioni, 41,2; text: Ut non intretis in tentationem Absolve Domine animas omnium fidelium defunctorum ab omni vinculo delictorum] [-42-] [Beccatelli, Annotazioni, 42,1; text: Et propter gloriam nominis tui Domine In hymnis et canticis. Inclita gaudia.] Questi b molli non sono dove io gli ho posti da per tutto necessarj, ma introdotti per uso in grazia ella grata modulazione, che arrecano. È da avertirsi però di adoprare detti B molli, e Diesis con giudicio applicandoli per far qualche senso particolare o di dolcezza, o di soavità, o di gloria; perche questa sarei per dire fosse stata la misteriosa intenzione de Santi Padri, di far cioè le modulazioni addattate ai sensi delle parole totalmente; sicche non dobbiamo prenderci l' arbitrio fuori di necessità di cavare le Cantilene fuori dalle loro proprie forme. Nell' istessa maniera delli assegnati essempi in cent' altri luoghi si può usare il b molle, dove il buon gusto, e la grazia del Canto si sente, che lo ricchiede. Onde il buon Cantore dove si sente stimolate dalla dolcezza della modulazione lo può francamente usare, purche l' addopri con considerazione, e che sia sempre discendente, e che non distrugga la proprietà del Tuono; Conciossiacche quando il Tuono di Terza maggiore deve esser praticato con terza maggiore, e se minore con minore.E questo sia a sufficienza sopra detti b molli. Ma per non esser prolisso, e per non esservi ne seguenti capitoli altro che leggerezze simili alle passate saltiamo per ultimo al Capitolo 68: dove parla dell' Ecclissi delle parole. Annotazione Duodecima nel Capitolo 68 In questo capitolo vuole per quanto si può, che se una Sillaba delle parole dice Fa, come per esempio Factus Facinora, e null' altre: quella sillaba torni sopra una nota, che dica Fa: così dell' altre sillabe La, Re, Mi, Sol: vedendo, che tornino sopra le note dello stesso nome come in altre Annotazioni; E questi Egli lo chiama Ecclisse delle parole. E prova di queste sue regole con un Esempio d' un Madrigale di Giuseppe Pilonio in queste note [Beccatelli, Annotazioni, 42; text: Debbon venir le fascie alle mie piaghe Amor che non m' impiaghe.] Il dire, come Egli dice, che Quest' Autore del Madrigale abbia messo il Diesis al Fa di Csolfaut perche dica Mi, questa è una cosa che farebbe uscir di Ghangheri le porte del Tempio di Salomone. Delle dette Sillabe è pazzia il parlarne giacche ognuno è capace di conoscerne la falsità. Solo mi si permetta di parlare al Nostro Autore, che può avere simili scempiatagini nel capo e così dirgli Ditemi dunque Padron mio, se quel Csolfaut col Diesis dice Mi, perche il DlaSolRe seguente deve dir Fa. In riflesso della sillaba Fa di Fascie? per questo stesso riguardo adunque il Basso, Tenore, e Soprano dovranno ancor essi dir Fa in quella nota, che tocca detta sillaba? Lo diranno veramente? E se tutte le parti non lo dicono dove se n' andranno i vostri insegnamenti? Mà veramente credete che in quella nota si debba dir Fa? Se voi dite di sì Voi non sapete legger le note: Se dite di nò, da voi vi date la Scur su i piedi. Sapete Voi per qual causa è posto quel Diesis a Csolfaut? Nò. Ve lo dirò Io. La Causa è che quell' Alasolre non solo è Tuono, mà vi si fa cadenza, ed è tempo buono. Se poi voi mi dite, io so che non dice Fa, non seguendovi da Csolfaut à Dlasolre il medesimo intervallo, che segue dal mì al Fa è lo stesso, che se dicesse Mì Fa. L' intervallo è lo stesso ve lo concedo, ma la sillaba non sarà l' istessa; e se mi dirà, che basta che sia l' istesso Suono. Vi rispondo che anche il Sol di natura acuta, che scende al Fa col Diesis sopra le parole m' impiaghe avrà lo stesso suono di Fa, e pure secondo Voi dovrebbe dir Mì; e parimente alla Syllaba pia dovrebbe corrisponderela nota La. O vedete i grossi abbagli col sostener le vostre sciocche oppinioni. E non v' arrossite di citare i Professori di Musica per dar Sostegno falso alle vostre leggerezze? Sappiate per tanto, che non vi è, ne vi è mai statta delle parole una intrinseca congiunzione con le note, sicche ad arbitrio ogn' uno può applicar le sillabe. E poi non fu mutato l' Ut in Do, o Do? Di più vi dirò, che i Francesi per render più facile la lettura del Canto Fermo anno [-43-] abbolite le mutazioni, con far che Ciascheduna Nota tanto in salire, che scendere abbia l' istessa sillaba, aggiungnendo alli [alle ante corr.] sei nomi delle Note, un altra Sillaba in luogo del secondo mi, che dica Si. Eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 43,1; text: Ut, Mi, Re, Sol, La, Si, Fa] Altri in altri luoghi per togliere la da Loro supposta difficulta delle Mutazioni si servono di soli quattro nomi delle note; che sono Mi, Fa, Sol, La; perche pare a Loro che questi possino servire volendo come i Francesi, che le Note abbiano la medesima voce tanto in salire, che in scendere così [Beccatelli, Annotazioni, 43,2; text: Fa, Sol, La, Mi] Io non intendo però con avervi mostrati questi essempi, che noi dobbiamo seguitare l' uso degli Stranieri, avendo il nostro modo, qual è miglior di Tutti gli altri, particolarmente perche l' intrinseca qualità delle Corde, essendo di tre Sorte, Maggiori, Miste,e Minori non si possono dimostrare con meno di Sei Nomi delle Note trattando in atto pratico> Ma solo ho inteso con questo di farvi veedere, che l' intonazione delle Note non risiede nelle Sillabe, ma nell' essenza delle medesime note. In oltre l' essempio, che avete portato nel Madrigale, io lo trovo in un de' Madrigali del Principe di Venosa a Carte 14 che dice Se da si nobil mano debbon venir le fascie alle mie piaghe. Se questo Madrigale sìa di Giuseppe Pilonio io non lo so: Mi sovviene però d' aver sentito dire al riverio mio Maestro, che questi Madrigali del Principe di Venosa sieno opere di diversi grand' Uomini, quali furono Amici di questo Principe. Se ciò sia vero io non posso asserirlo. Solo vi dirò che nel proprio madrigale, nella parte che Voi avete portata la nota Fa che cade sopra la Sillaba pia della parola impiaghe non deve esser intonata col Diesis, ma pura così com' è per licenza del Compositore. Annotazione Decima Terza nel Sopradetto Capitolo Nell' istesso Capitolo fa il Nostro Autore una lunga dicerìa sopra il Responso della Settuagesima, che dice Ubi est Abel Frater tuus quale io distenderò per esser più facilmente inteso. [Beccatelli, Annotazioni, 43,3; text:Ubi est Abel Frater tuus dixit Dominus [-44-] ad Cain nescio Domine numquid custos fratris mei sum ego et dixit ad eum et cetera.] del quale Egli dice, che le prime parole fino a Nescio, perche parla Iddio, son di Canto grave (e questo è vero), e l' altre parole fino a quelle et dixit perche parla Caino uomo crudele per questo fine sono adattate ad una Cantilena aspra, e finta; poiche si devono cantare per B quadro giacente in C:, e in F: tanto le Note della parola Nescio vuol che dicano Fa, Mi, Fa, Fa, Fa, Fa, La, Sol, La, La, Sol, Mi, Mi, Re; e cosi tutto il resto finche durano. Veda Vostra Signoria in che eccessi ha mai dato Costui! io m' arrossisco di parlare sopra si sciocca opinione: Solo dirò per chi non avesse tutta la necessaria cognizione, che le note di questo Responso devono esser cantate, così come stanno senza alterarne una sola. Conciossiacche essendo verissimo, che l' Autore del medesimo ha fatte le prime note d' ottavo Tuoni, perche parla Iddio; quando poi parla Caino Uomo perfido le esprime col altezza, e durezza della Cantilena er causa di quelle tre cadenze immediate in Mi di natura acuta, e colla quinta falsa come in tutto il resto di detta Cantilena: Distrutta quella Quinta falsa, è mutato dett' ordine di Note. Oltre di che si farebbe contro l' intenzione del Santo padre, che la compose. E che sìa la verità, che debba esser Cantato così come sta non solo questo Responso, ma qualsivoglia cantilena Antica: si deduce da questo, che in quel tempo che furono composte non si conoscevano altri accidenti, che li Diesis Cromatici, ed Enarmonici, e il solo b molle acuto, come attesta Franchino. Onde quei Santi Padri, ed altri Grand' Uomini, che fecero queste, ed altre Cantilene non potevano avere quell' intenzione che gli da in nostro Autore. La difficoltà della Quinta falsa immediata è un debole Scrupolo, mentrecche si canta benissimo così come è, essendo che le Quinte False non sono intervalli così duri, ed asperi come lo è il Tritono. Inoltre quel Fa di natura acuta ha relazione remota al Sol di B quadro acuto, [[da quell]] corda principale del Tuono, di cui Egli è la Terza, intorno al qual Sol si raggira tutta quella Cantilena, e relazione prossima al Fa di B quadro acuto, che come Quarta del Tuono anch' Egli è una delle Corde principali. Sicche deve star com' Egli è, e si canta con somma facilità. La più difficultosa Quinta falsa, che io abbi trovato tra quelle poche Cantilene Ecclesiastiche, che ho vedute certo è quella che si trova nella Antifona della Mattina delle Ceneri, che dice Exaudi nos Domine alle parole Benigna est Misericordia tua, qual molti dicono, che debba esser corretta col b molle. Io però son di diverso parere, e per esser meglio inteso ne porterò l' essempio con le note, qual è questo [Beccatelli, Annotazioni, 44,2; text: Quoniam benigna misericordia tua.] Sopra la quale io dico, che può esser vero come alcuni dicono, che in alcuni essemplari antichi si trovi segnato il b molle al Mi di B quadro acuto, onde da questo si deduca, che chi la compose non intendesse farvi quella Quinta falsa. Io però nell' antico esemplare dove l' ho veduta non vi hò trovato b molle alcuno. Ma siasi la cosa come ognun' vuole io dico che così come gl' Antichi avevano il segno di b molle per temperare qualunque crudezza, così non avendolo posto in prattica in detti intervalli, egli è un valido argomento per restar persuaso, che non ve lo volevano, e che la loro intenzione fu di volere quelle picciole durezze per esprimere con esse l' affetto delle parole o pietose, o lamentevoli, o pur di sdegno, o di querela. E ciò mi conferma il Gran Guido in quelle parole: Nullum in Canto plano cantatur b molle nisi in Temperamento Tritoni. E ancora l' osservazione fatta sopra Molte Cantilene particolarmente di quinto Tuono,c ome si vede in questi seguenti esempi amendue nel Responso terzo del secondo Noturno della Settuagesima [-45-] [Beccatelli, Annotazioni, 45,1; In Adam. et tulit. In mulieres. Et adduxit.] Onde io dirò che gli antichi per quel che si vede non avevano tanto scrupolo di queste quinte false, quanto ne hanno li moderni, e se gli autori di queste composizioni hanno inteso di volerci questi intervalli, perché dovrem minori farne la correzione? tanto più che detta quinta falsa non è così cruda cantarsi come il Tritono: e poi loro cantano con somma agevolezza nella sequenza del corpus domini al versetto ecce panis angelorum, mentre si intuona per necessità il far di natura grave col diesis? e nell' ultimo verso nella stanza viene creator Spiritus sù la parola creasti non si fa la medesima intonazione? avrei potuto produrre altri esempi di quinte false, peduti una con le cantilene non troppo antiche; ma siccome, dalle stesse si riconosce la meschinità di chi le compose, per ciò lo tralasciate. Ma per non esser prolisso parendomi dal detto abbastanza sopra queste Semidiapenti cioè quinte false, e per non mi allungare dal nostro autore, come ancora per postarmi con più prestezza all' ultimo caso delle sue leggerezze o di passaggio come al capitolo 70 e gli fa una tavola dove dimostra le consonanze con li numeri del suo coma, che chi non è cieco affatto vedrà nel computare da sciocca, e falsa riuscita de medesimi. Inoltre trattando egli le consonanze quelle che sono minori gli chiamano imperfette, e le maggiori perfette eccettuata la quinta. Non occorre che sopra questo io dica cosa alcuna, poiché ognuno sa che le perfette sono quinta, quarta, e ottava; le imperfette sono le terze, e seste; le cattive la seconda, e la settima, e di tutte queste già ne ho parlato. Solo dirò, che dà alcuni Professori l' unisono vien posto per consonanza, ma senza ragione: perché primo non costituisce intervallo alcuno, essendo di proportione d' ugualità. Secondo l' unisono non ha divisione alcuna, e perciò solo si potrà dire principio di consonanza. Oltre a questo io la devo avvertire, che io ho posta la quarta nel numero delle consonanze perfette come l' ho provato esser tale nell' annotazione delle proporzioni, e come tale perciò si deve chiamare. Al capitolo 72: muta di sua invenzione la via dell' inno Custodes Hominum perché essendo degli angeli, pretende che debba essere in quinto tuono. Questa è una delle sue solite semplicità servendosi dell' applicazione de tuoni a suo capriccio; con questo di più che l' aria, che gli da acquisti è degno veramente del nostro autore, chiamandola di quinto tuono, e facendola caminare con l' error moderno, voglio dire col b molle fisso in chiave. Al capitolo 73: mostra che sia necessario il diesis per far le cadenze, e finali de tuoni nelle antifone graduali, tratti, alleluia, sequenze, e gli inni, e insomma in ogni cosa, e questo dove non si può mutare la lettura delle note non lo chiama B quadro giacente, ma lo chiama diesis. A. capitolo 84: dubita che molte parole, che hanno le sillabe brevi, e che per causa della notte vengono pronunziate lunghe ciò proceda dagli scrittori del canto fermo, che abbiano traviato dall' antico. Tuttavia poi nel mezzo delle capitolo dice che non si deve alterare cosa alcuna per una riverenza a San Gregorio, che compose dette cose. Sopra questo dico ancor io che si danno degli errori di scrittura ne' libri corali, e ne ho veduti molti: ma quello che gli dice di tali note, e sillabe in molti luoghi non è scorrezione, perché le veggo scritte uniformemente in tutti gli antichi libri. Che dette note poi necessitano a pronunciare le sillabe brevi lunghe questa è una debolezza, perché chi ha un poco d' arte e grazia nel cantare le pronunzia senza alcuna alterazione. E per questo stimo petulanza da alcuni il volere aggiugne doppia nota a quelle che sono innanzi a qualche sillaba breve in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 45,2; text: Veni Sancte Spiritus, mentre deve dire] ma questo è poco: poicché mi sono trovato a sentir peggio, qual' è l' alterazione fino de tuoni de salmi, perché avendo un giorno sentito intonare il credidi a questo modo [Beccatelli, Annotazioni, 45,3; text: Credidi.] [-46-] ed avendo dimandato al cantore perché legava insieme le tre prime note dovendo esser la prima sciolta, mi rispose che per pronunziare bene quelle sillabe, bisognava così fare per non aver a dire Credidi. Onde io appresa si bella dottrina con un sorriso mi licenziai: e non mi facei a dirgli, che con queste loro saccenterie la vogliono fare da pedante agli antichi padri senza considerare che Sant' Ambrogio e San Gregorio oltre l' essere di pontefice, e di grand' arcivescovo erano grandissimi dottori, e uomini letteratissimi non solo nella latina lingua, ma eziamdio della greca, e questi furono i primi riformatori del canto, e tutti sapevano a differenza che passa tra le sillabe lunghe alle brevi, e se l' anno adattate così, è segno e così le volevano; e il voler correggere tali passi, che hanno composti non [è add. supra lin.] che [[che]] una farla da presontuoso ignorante. Ma quando ancora apparisse una sillaba lunga per breve, o una breve per lunga nel canto non importa cosa alcuna, perché è più necessario d' aver cura all' ordinato procedimento delle note, che alle sillabe delle parole. La qual cosa è stata sempre conosciuta e dagli antichi, e dà moderni professori non ignoranti eziamdio nelle lettere: è il Franchino medesimo parla così nel libro primo capitolo primo Sed neque inficiabor hanc ipsam Musicam actionem Grammaticae plurimum esse discordem: quum in hac dum breui vel producta syllaba sit utendum: omnino eorum qui nos ante iuerunt auctoritate id tacimus: Musicum vero rationabili vocum dimensioni inservire necesse est: nec illam vel illam syllabam ante pronuntiare quam sibi per vocis ac temporis Mensuram licere sciat: quod et si conuenientius primo secundi huius operis descriptum est: Diuus tamen noscitur Augustinus secundo suae musicae argumentis efficacibus comprobasse et cetera. Ci restarebbe ancora di parlare sopra questo medesimo particolare intorno all' uso antico delle parole ebraiche, all' ultima sillaba vien sempre pronunciata lunga e forzata, come ancora i monosillabi, allora quando con dette parole si termina la medietà del verso come per essempio nel secondo tuono, e così nel quarto, quinto, e ottavo tuono [Beccatelli, Annotazioni, 46; text: David. Jacob. Israel. Jerusalem. Syon.] il qual buon uso da questi correttori moderni vien quasi del tutto abolito. Ma per finire una volta io lascio di discorrer sopra questo come ancora sopra molte altre cose per esser Bagattelle di poco conto; e mi porto all' ultimo scola scolarissimo farfallone, che nel dottrinale di queste materie ha detto costui; che per essere inteso porterò le sue stesse parole. Annotazione ultima nel capitolo 90. Primo. Questo sarà un discorso curioso per non esservi stato fin oggi chi habbi dimostrate le differenze tra le tre consonanze perfette, Unissono, e quinta, tra quinta, e ottava, e tra ottava, e Unissono; e se qualche bell' ingegno potrebbe dire, che la quinta, e ottava sono in diverse proporzioni, e fanno diverso effetto, non mi dispiacerebbe la risposta comune, però l' unisono come differisce dall' ottava? la risposta è di sotto Primo punto. È falso che non ci fusse stato fino allora chi avesse mostrata la differenza, che corre da Consonanza a Consonanza per le sue vere ragioni, che son le Proporzioni, perche io hò letto Gaffurro Franchino, Gianmaria Lanfranco, Pietro Aron, e Giuseppe Zarlino, quale ha scritto piu chiaramente, e più diffusamente degl’altri, e questi sono tutti molto anteriori a Lui, i quali hanno di tutto questo trattato. Il bell’ingegno dice benissimo, che la Quinta, e l’Ottava sono in diverse proporzioni, ma non saprà qual sia la risposta comune, contro la verità del fato, e mi suppongo che non la sappia ne meno il nostro Autore, mentre non la dice. Aspettaremo di sotto per vedere come differisce l’Unisono dall’Ottava. Secondo. La causa formale, lasciate tante dicerie, e intrichi inutile è che quattro proportioni solo nella musica principali, e contengono tutte l' altre: la proporzione doppia, la sesquiottava, la Sesquialtera è la sesquiterza et cetera: (Qui spiega benché malamente le dette proportioni, tuttavia non erra nella sostanza e poi soggiugne). Terzo. Vi sono in proportione sesquiquarta; e sesquiquinta; vi è la biparziente, e Sub, e sopra biparziente, del genere Moltiplice, e Superparticolare, e altre molte, le quali o appartengono a misure o si riducono alle quattro sudette proporzioni et cetera: Doppo alcuni versi seguita così. Quarto. Lascio di dire, che l' ottava è nella doppia, e l' unisono nella sesquiottava proporzione, come di sopra però et cetera: (Più giù dice). Quinto. L' unisono si dice ottava composta. Più giù. Sesto. Differisce la quinta dall' ottava perché l' ottava contiene maggior numero di diastimi che la quinta per la qual maggioranza fanno diverso effetto. Più giù parlando dell' ottava, e della quinta dice così. E si sono perfette l' una, e l' altra con qualche disuguaglianza, che però gli musici hanno assegnata l' ottava sotto la proportione doppia, perché contiene la quinta, che cadde sotto proporzione sesquialtera, e contiene la quarta unde dicitur Diapason, assegnata sotto la proportione sesquiquarta vedi la figura seguente, che per contenere l' ottava queste diverse proporzioni impare, si dirà e per questo [-47-] l' ottava è in proportione doppia, quia duplicem proportionem continet; e la quinta perché contiene la quarta sola è in proporzione Sesqui terza, e perché essa quinta a un suono sopra la detta quarta, acquista altro nome di proporzione sesquialtera. Io stimo tutte queste sono buone ragioni: però la differenza specifica di dette consonanze sono li diastimi, o Coma, che disugualmente formano dette consonanze, e dalle quali risultano dette proporzioni. L' ottava dà doppia sonorità, e proporzione per li detti diastimi, che entrano nella sua formazione intrinseca, ed estrinseca; nell' estrinseca, e ciascuna ottava a 54 diastimi, o coma eccetto la terza specie per il Tritono, divisibili in due parti eguali, cioè 27, e 27: talché e per la sonorità degli estremi, e per la purità degli intermedii, che ha l' ottava, si dice come di sopra, che duplicem habet consonantiam. Ed inoltre il numero diviso in 27, e 27 gode la proporzione Sesqui terza, che gode la quarta: il che non è così della quinta, che se bene alcune delle quattro specie sono eguali negli estremi, et intermedij diviso in due parti 16, e 16. Quelle di 32, o in 18, e 18 quelle di 36 coma, le parti divise non sono in proporzione veruna, come numero 27, e se diviso in otto, e otto sieno eguali non godono proporzione alcuna questo si dice in genere suo, così la quinta, come l' ottava sono egualmente perfette et cetera (Più giù dice parlando delle terze, e seste). E queste Emelle terze, e seste non sono in proporzione veruna perché sono variabili, e maggiore si possono fare minori, et e converso et cetera. Io non ho uoluto più sentire cose di tanta nausea: siche vostra signoria agevolmente è così bella, e nerboruta dottrina del nostro autore potrà vedere i suoi sciocchi pasticci. Io di questi ne sono così meravigliato, e nulla più, pensando come mai in costui potesse essere una così crassa ignoranza. Il discorrervi sopra è cosa vergognoso: tuttavia dirò brevemente qualche cosa per mettere in chiaro la verità a chi men fosse capace d' intenderla da per se e prenderò punto per punto per andar con qualche ordine senza troppo allungarmi. Secondo. La Causa delle Consonanze, e Dissonanze sono le Proporzioni è vero, ma non son quatro le proporzioni Musicali essendo molto più. Onde doveva non solo aggiugnere alle Quattro già dette a Sesquiquarta, e la Sesquiquinta, mà ancora la sesquidecima quinta, e la sesquivigesima quarta del Genere Superparticolare; La Tripla, e la Quadrupla del Genere Moltiplice oltre a quelle che Egli non sa del Genere Superparziente. Terzo. Veda Vostra Signoria ce Egli non sa cosa sìa Proporzione: mentre dice, che ci è la biparziente, e sub, e sopra biparziente. E quali sono le parzienti del Genere particolare? Questo vuol dire, che ha sentito per disgrazia nominare queste cose, ma le ha scritte senza saper, che sieno. Quarto. Poteva tralasciare ancora di scriverlo che l' Ottava è nella doppia, e l' Unisono in sesquiottava, e così avrebbe scritto uno Sproposito di meno. Se per Doppia intendesse la proporzione dupla (il che non è vero) Egli in questa direbbe bene: Ma l' Unisono è in proporzione d' ugualità; e la Proporzione Sesquiottava porta l' intervallo d' un Tuono Perfetto; Onde la Seconda Maggiore, e non l' Unisono si dice, com' è, in proporzione Sesquiottava. Quinto. L' Unisono non si dice Ottava composta; ma l' Ottava si puol dire Unisono Composto, ma propriamente si dice replicato. Sesto. La Quinta differisce dall' Ottava, perche l' Ottava non è Quinta, e la Quinta non è Ottava, e non già per causa de' suoi Diastimi. Ecco la prova, che Egli non intende cosa sìa proporzione doppia: Mentre dice che gli Musici abbino assegnata l' Ottava sotto la proporzione doppia, perche contiene la Quinta, e la Quarta: Conciossiacche gli Musici non son capaci di dir simili sciochezze: E questo detto Quia duplicem proportionem continet è un Testo cavato dagli Spazj immaginarij del suo Cervello. Perche se si dovesse darle il nome di doppia ancora la Quinta, e tutte l' altre divise nelle sue Proporzioni tiene un abisso di spropositi, eche che sia gli può conoscere. Che cosa sia Diapason viene spiegata da Moderni per Università di Concento. La Figura, che Egli pone è quella, che segue copiata da Lui da qualche Libro, dove l' anni veduta senza intenderne la sostanza del Significato. [-48-] [Beccatelli, Annotazioni, 48; text: Figura nel Libro dell' Autore, Diapason, Diapente, Diatessaron, Medietà Arimmetica, Ton. 12. 9. 8, 6] Settimo. La Causa Specifica della differenza delle Consonanze [è add. supra lin.] la differenza delle Proporzioni. La Causa estrinseca, e remota sono gli numeri per la ragione de quali si trovano le proporzioni: La causa estrinseca prossima sono li corpi sonori, e la Causa intrinseca sono le dette Proporzioni. Della pazzìa del suo Coma se n' è discorso abbastanza. Onde dirò più tosto, che Costui, ne men [per ante corr.] per ombra, sapeva cosa fossero Proporzioni. Ma lasciamo oggimai di più imbrattare si scioccamente la Carta con simili debolezze: giacche con quella spiegazione che da principio ho fatta delle proporzioni ognuno agevolmente potrà conoscere il fondo de suoi spropositi. E questi sono gli Autori studiati, e usati per fare autorità. Buon Iddìo si vede bene quanto si cammini al buio in questa si nobile Professione. Io non voglio discorrer d' altro per non tediarla di vantaggio, che pur troppo a quest' ora io mi sarò abbusato della sua pazienza. Solo dirò che mi meraviglio assai, che tra la moltitudine delle leggerezze, che Costui hà scritte, non si sìa messo a trattare ancora del Canto Fratto; conforme ad un altro Scrittore del quale mi è capitato alle mani il libro, dove nell' ultimo tratta diffusamente di questo Canto. Ma mi dispiace solamente non avere zelo, e dottrina, come si richiederebbe per estirpare se fosse possibile così perfida Zizania introdotta nella Chiesa Dio sa da chi. Per cui motivo dobbiamo vedere il Canto Ecclesiastico, che è canto divino quasi addormentato, per non dire estinto in Certe Chiese dalla poca Curanza di chi più degli altri dovrebbe vigilare per il suo puro continuo mantenimento,e avanzamento per maggior decoro della Chiesa, riprendendo certi Uomini, che voglio farla da inventori di nuovo Canto; i quali Dio sa se ne pure intendono cosa sia Deduzione. So bene che la Loro intenzione non è di profanar la Chiesa, che anzi d' affaticarsi a gloria della medesima per incontrare il genio d' alcuni, che bramano novità. Sopra di ciò il mio parere è questo, che il servizio, e gloria della Chiesa è di fare in tutto, e per tutto quello, che ordina la Chiesa, e di seguitarla ne riti, e cerimonie da Lei stabilite; onde servendosi ella in tutte le funzioni,e divini ufficj del Canto Gregoriano per ordinazione di tanti Sommi Pontefici, non si deve introdurre Canto differente con pretensione che sìa più di quello gradito; essendo che si fa più tosto disprezzi alla medesima Chiesa con questa nuova moda di Canto, secondo i [-49-] sentimenti del Gran Guido che dice: Ille maximè authoritati Ecclesiae contradicit, qui propter alios Cantus divinum Beati Gregorij praetermittit. In oltre gli Uomini che anno qualche talento tengono più conto della stima di quei pochi, che sieno capaci di dare, e togliere la Lode, che dell' applauso vile d' una Turba ignorante, che non sa distinguere il buono dal cattivo; a guisa degli Israeliti, che disprezzando la manna del Cielo desideravano più tosto gl' agli, e le cipolle dEgitto. Il dire che questo nuovo è un Canto che piace, e che diletta, questa è una vana lusinga, che hanno di loro medesimi, poicche in verità quelli, che hanno un poco di buon gusto, molto l' abborriscono mercecche oltre l' esser pieno d' errori in ordine alle regolate modulazioni, fa cosi tristo effetto; che fino quelle Persone, che non hanno cognizione di Musica, ma solo di buon gusto naturale nell' udirlo chi si contorce, chi ride, e chi fa un gesto, e chi un altro. Una volta mi trovai in una Chiesa, dove Certi Religiosi cantarono un Credo di questo lor Canto Fratto, che una Persona Nobile, e di molta considerazione, che a caso mi vidde ebbe a dirmi queste precise parole: Ed è possibile che tu sia stato a senteire le Cagnolaie di quei Frati, che a me pareva, che dovessero uscir di Chiesa fino i Mattoni? Questo è l' applauso, che danno a questo nuovo Canto Quelli, che qualche cosa intendono, e che non sono da passione alcuna acciecati. So che mi potrebbe esser detto, che la Chiesa ammette il Canto Figurato: Quello che pratichiamo Noi è Canto Figurato: dunque si puol usare; e se piace quello piacerà ancora questo. Questa però è uan conseguenza ridicola: Perche il Canto figurato a voce sola, con tutto che Egli fosse d' ottima composizione Egli è un Canto snervato, e senza Armonìa: e se la Chiesa l' ammette, Questo non è a voce sola; mentre almeno Egli è accompagnato dall' Organo, che da tutto quel concerto dilettevole, che da per se sola la voce sola non ha; e questo così si rende grato, e desiderabile. Di quì Guido Aretino non trovando nel Canto figurato de' suoi tempi quella sodezza, che Lui desiderava, perciò gettò tutte le sue dottissime applicazioni sopra il Canto Eccclesiasstico, come ricavo dal Franchino nel libro 3: capitolo 15: in queste parole: Neque decet (parla del canto) ipsum gratulis fractionibus diminui, quippe qui ad reliquos singulis notulis concordantias tenet. Plures enim ad alios ipsis figurarum diminutionibus discordantias efficiet quam concordantias; hinc insuauiter ad astantium aures accedit. Insolens quoque, et indecorus capitis manuumque motus cantorem declarat insanum. Non enim manus, aut Caput concordem Sonitum efficiunt: sed vox bene modulata. Displicent Plerique imprudenter cantantes, quibus se existimant placituros. Haec et enim potissima fuit Causa: cur relicto florido ac mensurabili cantu, Guido ipse ad ecclesiasticam se contulit modulationem. Is enim (quod egre refero) de eis inquit. Temporibus nostris inter omnes homines fatui sunt cantores. Ma il Canto Gregoriano da per se mirabilmente si regge senz' altro appoggio, o accompagnatura con una divota gravità armonioso, e pieno di una Santa diletazione; lo che non è né può essere del canto fratto, e chi ha qualche poco d' intendimento, ne faccia la prova con il cantare una data cosa in canto fratto, e immediatamente poi cantarne un' altra in canto fermo Gregoriano, e vedrà se io dico il vero. Un' altro più grave errore commettono poi questi Fratteschi compositori qual è la replicazione delle parole in alcun tempo mai permessa ne canti ecclesiastici; mà solo ne figurati, poi che in questi è necessario ubbidire al concetto musicale, e in quelli alle parole. Onde ne figurati le parole devono in qualche modo servire alle note; e negli ecclesiastici le note devon servire alle parole. Né si possono da questo sensare con chiamar figurato il canto fratto, con addurre ancora, che questo canto fratto sia stato anticamente praticato nella chiesa: perché questa è un ignorante difesa, stante che questo lor canto non altro a di figurato, che la diversità delle figure delle note; e benché da questa diversità prenda il nome il vero canto figurato; tuttavia la soave, e grata modulazione del figurato non consiste nelle sole figure delle note, ma dalla diversa accompagnatura, e tessitura dalle altre parti. [-50-] che nell' antico si sia data ne canti ecclesiastici diversità di figure di note portate ancora con diversa misura di tempo, questo è vero; ma queste figure non sono altro, che quelle medesime, che si trovano nei nostri libri corali, e se li danno diversa quantità di tempo questo fu per corruzione del canto fatta dagli sciocchi cantori. Siche per buona conseguenza si può dire, che sia sempre stata condannata per erronea la diversità del valore delle note nel canto ecclesiastico. in oltre il canto fratto, che dicono essere stato usato nell' antico, non è il loro canto fratto, mà bensì il figurato obbligato alle note del canto fermo: che vale a dire egli è un Contrapunto fatto sopra le note del canto fermo ad una, due, o più parti, e con note di diminuzione regolate dal tempo accompagnano detto canto fermo, quale serve di fondamento a questo Contrapunto computando le note del canto fermo ciasccheduna egualmente per il valore d' una semibreve, nella maniera appunto che sono gli introiti dell' Asola, quasi si cantano nella cappella fiorentina. E così ne parla ancora l' istesso franchino portandone vari essempi de quali uno è questo. [Beccatelli, Annotazioni, 50] Or veda vostra signoria quanto questi bell' umori vadino ingannati, quanto siano lontane dal vero, e da ogni buon ordine d' operare. Ma io ben m' aveggio, che sono uscito dal mio discorso, e che tratto d' una materia, con chi meglio di me l' intende: ma l' affetto, e venerazione che io porto al canto ecclesiastico, riconosciuto da me per un canto veramente divino m' ha tolto dalla mente non solo a persona con cui parlo, ma etiandio di proposito di togliergli una volta il tedio di questi mia mal ordinati, e peggio distesi Cicalamenti. Vostra signoria è molto ben informata della debolezza del mio talento, onde io spero di trovare in lei un benigno compatimento di tutti quegli errori, che in essi vi troverà, che facilmente non saranno pochi, almeno per il pensiero che ho avuto, qual è stato di giovare a chi leggerà queste mie annotazioni, mentre da queste potrà forse intendere molte cose di questa professione, che non a tutti saranno forse note. In oltre la prego a non si scandalizzare se ho citato qualche passo di qualche autore senza citare libro o carte, perché questo è avvenuto per averli veduti citati da altri, e non esser potuto trovar l' opere loro per poterli riscontrare; e vostra signoria sa benissimo La diligenza, che per questo ho fatta, e che tuttavia sto facendo. Tutto quello, che ho detto l' ho appreso da miei primi riveritissimi maestri, e da molti altri autori (oltre li già citati) antichi, e moderni, che io ho veduti. E perché in alcuni di questi, che trattano del modo di rispondere a coro con l' organo vi ho trovato qualche sbaglio, ed essendo questo necessario sapersi non solo agli organisti ma ancora agli cantori ecclesiastici io le ne ho fatta qui in ultimo una breve ordinazione; come ancora una dimostrazione degli antichi Sistema per la ragione delle proporzioni, acciò da questi possa meglio conoscere le proprie loro antiche divisioni. Gradisca intanto questa mia piccola fatica, mentre che le mie forze lo permettono forse d’impiegarmi in altre cose di maggior utile e profitto per li Gioveni Studenti. E le fo Devotissima Riverenza.
Title: Annotazioni sull’opera di Padre Giovanni d’Avella, intitolata Regole di Musica
Editor: Massimo Redaelli
Source: Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS F 8, 1-51
[Numero 6.] Annotazioni sull' opera del Padre Giovanni d' Avella, intitolata Regole di Musica et cetera, Roma, 1657, in folio Molto Illustre Reverendo Signore L' occasione che per grazia di Vostra Signoria Molto Reverenda ho avuta di leggere il da lei consaputo Autore, dal quale come da fonte, molti moderni scrittori, non troppo fondati nelle teoriche musicali hanno bevuto una quantità grande d' errori molto nocivi, e perniciosi all' insegnamento e uso pratico del Canto Ecclesiastico, mi è stata di stimolo a raccogliere in queste Annotazioni quel più d' erroneo, che in detto libro si legge; tanto più che il mostrarne di questo la correzione mi serve di motivo a spiegare molte cose, che non pochi forse anno mai sapute per la scarsità, e oscurità degli Autori, che fondatamente di tal materie anno scritto: e pur sono molto necessarie à chi veramente pretende di farsi Professore, e Maestro. Non intendo però di formar con queste un satirico discorso, del quale possa veruno restarne offeso; non essendomi riuscito il potermi astener da qualche sentimento, e parola piccante: conciosiacche non è mia intentione il toccare non solo i buoni d' ogni lode dignissimi, mà etiamdio li mediocri Scrittori; mentreche di tutti si deve con ogni rispetto parlare: che avendo potuto noi da tutti qualche cosa di bello, e di buono apprendere, ne viene in conseguenza, che siamo o poco, o molto a tutti obbligati. Mà l' aver letto in questo Auttore un abbisso d' ignoranza non solo nelle materie Teoricali come ancora nelle prattiche, e un vantamento di gran Professione, e Maestro tanto di Pratica, che di Teorica con intacco ancora de' buoni Professori, mi hà fatta saltar la colera in maniera che in molte occasioni non ho potuto a meno di non uscire in qualche accrezza. E perche mi potrebbe essere ascritto à viltà l' invehire. con chi non puol far giocare le sue ragioni per non esser più del numero de' viventi; e perche hò stimato necessario lo scoprimento di tanti errori, acciò possino esser fugiti, e corretti, per questo io nascondo il nome di detto Autore; bastandomi il far conoscere il male, e il rimedio; accioche questa mia fatica riesca di utile a chi studia, e non sia di pregiudicio ad alcuno. Compatisca pertanto la mia temerità, che senza studio di lettere mi sia arrischiato à mettere in Carta tali miei sentimenti; mentre il genio di giovare mi a fatta chiuder la mente a que' riflessi necessarj à me particolarmente per fuggir la taccia di temerario. Gradisca adunque il mio buon Cuore, e se in questi miei scritti vi trovasse cosa; che non stasse a dovero, che facilmente puó avvenire, sappia che piu degli altri io son soggetto à ciò, che d' infelice ha l' umanità; che vale a dire, che più degli altri sono capace, anzi capacissimo d' errare. E le fo devotissima riverenza Di Vostra Signoria Molto Illustre, e Reverenda Affezionatissimo Servitore Giovanni Francesco Beccatelli Avvertimento Prima di venire alle promesse annotazioni ho stimato bene fare una spiegazione di tutte le proporzioni, e loro medietà: mentreche chi non avesse di queste sufficiente cognizione in molti luoghi poco, o nulla intenderebbe, racchiudendosi in queste la raggione di tutte le consonanze, e Cromatico, e dissonanze musicali: e la cognizione delle antiche divisioni del monocordo tanto Diatonico, che Cromatico, ed Enarmonico. Le quali divisioni io le produrò tutte doppo terminate le dette annotazioni. [-2-] Spiegazione delle Proporzioni La nobilissima, e non mai abbastanza lodata scienza universale delle Proporzioni è una chiave, che apre all' Intelletto umano la porta per passare a conoscere, se non ogni cosa, che questo non è in nostro potere una buona parte almeno dell' opere meravigliose di Dio negli estrinseci, ed intrinseci effetti della natura, senza la quale l' uomo o nulla o poco di queste cose intende; e chi la possiede quando non sia da altri beni di Fortuna assistito si puole pur dir ricco assai. La mia miseria hà voluto, che io non abbia saputo nel fior della mia gioventù adattarmi allo Studio per l' acquisto della medesima; con tutto che il mio genio vi fosse non poco inclinato; per lo che non mi resta, che un continuo rammarico della mia debolezza, e ignoranza. Tuttavìa per causa di quella inclinazione che v' hò sempre avuta, hò procurato per quanto mi hà permesso il mio debole ingegno d' intenderne almeno qualche principio, col pratticare quando mi si è posta l' occasione con Uomini, che di tale scienza si dilettavano. Onde per quanto io potrò impiegherò adesso quel piccol lume, che me ne resta, per far, che Vostra Signoria sappia almeno quello, che di queste proporzioni appartiene alla Musica. Se mi riescirà di ben spiegarle; lode à Dio: Se male; crederò d' esserne in qualche parte meritevole di Scusa, mentre di queste io non ne sono Professore. Per proporzione s' intende quella relazione, che hà una grandezza con un altra, della medesima specie. Le Proporzioni sono di due sorta: cioè d' ugualità, e di disugualità. Quelle d' ugualità sono quelle grandezze che trà di loro sono in tutto, e per tutto uguali, cioè che l' una non sia ne maggiore, ne minore dell' altra. Quelle di disugualità sono quelle grandezze, che l' una è maggior dell' altra, cioè, che l' una supera l' altra, ò vien dall' altra Superata. Queste Proporzioni di disugualità si spiegano con due termini; cioè quando si fà la relazione dalla maggior grandezza alla minore si chiamano proporzioni di maggiore disugualità; e quando dalla minore alla Maggiore si dicono proporzioni di minore disugualità. L' oggetto, o vero la materia di queste proporzioni è la quantità; e questa è di due Sorte Continua, o vero Congiunta; e Discreta ovvero disgiunta. La quantità continoua sono le linee, la Superficie, [[il Corpo <...>]] [il Tempo, il fiato, ed altre corr. supra lin.] cose simili, à [[quali convenga]] [cui si compete corr. supra lin.] l' Epiteto di Moltitudine, e che è composta di particelle separate: E con questa si dimostrano tutte le proporzioni Musicali. Le Proporzioni sono di due Specie. Razionali; e Irrazionali. Le Proporzioni razionali sono quelle che si spiegano con i numeri cioe nella quantità e discreta, e [nella add. supra lin.] Continoua. Le Proporzioni irrazionali solamente nella Continoua si possono dimostrare. Perche à dimostrarle nella discreta si richiederebbe la minuta divisione dell' unità, il che non si concede. Nella Musica però non si tratta, che delle razionali Proporzioni. Li generi delle Proporzioni razionali sono cinque: Tre principali, e Due Composti. Il primo Genere si chiama moltiplice: il Secondo Superparticolare: il terzo Superpartiente: Il quarto Moltiplice Superparticolare il quinto: Moltiplice Superpartiente. Le Proporzioni razionali del Genere Moltiplice son quelle, che una grandezza, o sia numero maggiore ha con un minore, il quale preso più volte misura appunto il maggiore senza avanzarne, o mancarne cosa alcuna, come l' 8 col 2: il qual 2 preso più volte misura appunto l' 8: e come il 20 col 4, e cosi con qualsivoglia numero, purche il minore preso due o più volte misuri appunto il maggiore. Le Denominazioni di queste proporzioni si prendono dal numero delle volte, che il Maggiore contiene il minore: La prima proporzione di questo genere si dice Dupla, che vuol dire che il Maggiore contiene il minore due volte come il 2 [[i]] con l' unità; il 4 col 2; il 10 col 5; e così in infinito. La seconda si chiama Tripla, che vuol dire che il Maggiore contiene il minore tre volte, come il 3, con l' unità; il 6 col 2; il 12 col 4; e così in infinito. La Terza si chiama Quadrupla, che vuol dire che il maggiore contiene il minore quatro volte come il 4 con l' unità; l' 8 col 2; il 16 col 4. E così s' intende dell' altre, che si chiamano Quintupla se il maggiore contiene il minore cinque volte: Sestupla se [il maggiore contiene il minore add. supra lin.] sei volte et cetera. Questi termini di Dupla, Tripla, Quadrupla con gli altri servono solo quando si fa relazione di proporzioni di maggiore disugualità. Mà quando si fà relazione dal numero minore al maggiore [-3-] come dal 3 al 4; dal 3 al 9; che si chiamano proporzioni di minor qualità, ci si aggiugne à' detti termini la proposizione sub; cioè sotto; cosi sudupa, suttripla, suquadrupla, suquintupla, e cosi dell' altre. Le Proporzioni razionali del genere superparticolare son quelle, che una grandezza, ovvero un numero maggiore tiene il minore una sol volta, e di più una parte di esso minore detta Aliquota, che presa più volte misura appunto il detto numero minore, e per conseguenza poi anco il maggiore, come dalla sua definizione si cava. Pars aliquota est, quae aliquoties sumpta reddit suum totum precisè; ut media quae bis sumpta ssum integrè numerum implet; et tertia ter sumpta: Come per esempio il 6 col 4; il quale 6 contiene il 4 una sol volta e di più 2; il qual 2 preso due volte misura appunto il 4: Il 12 col 9 [[numero ......9]] [onde il maggiore contiene il minore una sol volta corr. supra lin.], e di più 3 il quale 3 [[..] [preso corr. supra lin.] tre volte misura appunto il 9; e cosi dell' altre in infinito. Le Denominazioni di queste Proporzioni si prendono dalla parte Aliquota contenuta dal numero minore, cioè dalla parte, che è del minore, se mezza, o terza, o quarta, o altra parte che sia del minore. Cosi la Prima proorzione di questo genere si chiama sesquialtera, che vuol dire, che il numero maggiore contiene il minore una sol volta, e di più la mettà di esso minore; come il 3 col 2; il 6 col 4; il 9 col 6. [che il 3. contiene il 2. una sol volta, e di più una unità, che è la metà del 2. e cosi gl' altri numeri Segnati, ed al altri in infinito add. in marg.] La Seconda Proporzione si chiama Sesquiterza, che vuol dire, che il numero maggiore contiene una sol volta il minore, e di più una sua terza parte; come il 4 col 3; l' 8 col 6; il 12 col 9. [che il 4. contiene il 3. una Sol volta e di più un unità che è la terza parte del 3. e cosi li altri numeri Segnati, ed altri in infinito add. in marg.] La Terza Proporzione è la Sesquiquarta, che vuol dire, che il numero maggiore contiene una sol volta il minore, e di più una quarta parte di esso minore; come il 5 col 4; il 10 col 8; il 15 col 12; [ed altri in infinito add. supra lin.] e cosi delle altre proporzioni, che se la parte aliquota è la quinta parte del minore si chiama sesquiquinta; se è la sesta [parte add. supra lin.] Sesquisesta; e se la ventesima parte Sesquiventesima. Quando poi si fa la relazione dal minore al maggiore ci si aggiugne la proporzionesotto così sussesquialtera il 2 col 3; susesquiterza il 3 col 4; sussesquiquinta il 5 col 6; e così di tutte le altre. Proporzioni razionali del genere Superparziente son quelle, che il numero maggiore contiene il minore una sol volta, e di più una parte di esso minore detta Nonaliquota, ovvero Aliquanta; e da Molti è detta Parti, quale non misura il minore, e per conseguenza ne meno il maggior numero; come il 5 col 3; il 9 col 7; l' 11 col 8. [il 5 contiene il 3. una sol volta, e di più 2. il qual 2. non è misura del 3. onde questo 2. si chiama parti del 3. overo parte aliquanta add. in marg.] A me però piace il servirmi [piace servirmi ante corr.] di questo termine [di parte add. supra lin.] Aliquanta [[per non essere chiamate aliquota del numero minore;]] lasciando [tralasciando ante corr.] gli altri [[termini]] al piacimento di chi vuole. Questa parte Aluquanta è composta di più parti Aliquote, come ne mostra la sua definizione: Pars Aliquanta est, quae pluribus aliquotis constat. Ovvero si deve ridurre in più parti Aliquote, con dividerla in tante parti, che l' una [di dette parte add. supra lin.] sia aliquota della grandezza ò numero minore. E quando non si possa in altra maniera si riduce à quante unità, che in se contiene, mentre che l' unità è parte aliquota di tutti gli numeri, perche ella misura tutti i numeri; come per esempio dall' 11 al 7 vi corre 4, e questo è parte aliquanta del 7, perche preso due volte supera il 7: Questo 4 bisogna dividerlo per ridurlo in più parti aliquote, e non si puol dividere che ò per metà ò in quattro parte: per metà [[..]] [noi add. supra lin.] habbiamo [ha ante corr.] il 2, che ne men questo è parte aliquota de 7. onde bisogna prendere la quarta parte del 4, che è l' unità, e questa è Aliquota essendo del 7 la settima parte; sicche il detto 4; cioè detta parte aliquanta è composta di quatro aliquote, che sono quatro settime parte del numero minore che è il 7. E così s' intende di tutte le altre parti aliquante. Le denominazioni di queste proporzioni si prendono dal numero delle Aliquote, delle quali è composta l' aliquanta, e da quello che sono dette aliquote del numero minore, le terze, quinte, seste, ed altre parte del minore. Per esempio. il 5 col 3 si dice essere in superbiparziente terza: la parola super e parziente si mette in tutte le proporzioni di questo genere , e la sillaba Bi vuol dire che l’aliquanta è composta di due aliquote , e che queste aliquote sono terze parte bel numero minore, e per questo si dice parziente terza, che dal 5 al 3 vi corre 2, quale è composto di due unità che son due terze parti del 3 numero minore [signum]. [[Ecco s....... delle altre.]] Eccone varij esempi di queste Proporzioni. [Beccatelli, Annotazioni, 3; text: Superbiparziente terza, il 5 col 3, 15, 9, 35, 27, Supertriparziente quarta, 7, 4, 21, 12, 42, 24, Superquardriparziente nona 13, 9, 52, 36, 91, 63, Supersestapartiente undecima, 17, 11, 51, 33, 204, 132 e cosi in infinito.] E facendosi la relazione del minore al maggiore vi si aggiugne la solita preposizione cosi susuperbiparziente terza il 3 col [[4]] [5 add. supra lin.]; susupertriparziente quarta il 4 col 7; e cosi di tutte l' altre. Le Proporzioni razionali del genere Moltiplice suparparticolare son quelle, che il numero maggiore contiene il minore più volte, e di più una parte di esso Minore Aliquota, come il 20 col 6; e [[p]] questa si chiama tripla sesquiterza; che vuol dire che il 20 contiene tre volte il 6, e di più una sua terza parte: Il 10 col 4 si dice dupla sesquialtera perche il 10 contiene il 4 due volte, e di più la metà: Il 16 col 5 si chiama Tripla sesquiquinta: Il 25 col 6 si dice quadrupla sesquisesta; e [-4-] cosi dell' altre: e quando Si fa la relazione dal minore al maggiore si dice suttripla sesquiterza il 6 col 20; suddupla sesquialtera il 4 col 10 et cetera. Le proporzioni razionali del genere moltiplice superpaziente sono quando il numero maggiore contiene il minore più volte, e di più una parte di esso aliquanta: come il 11 col 3; e questa si chiama tripla superbiparziente terza. Il 19 col 4 si chiama Quadrupla supertriparziente Quarta; il 16 col 6 si dice dupla supequadriparziente sesta; e cosi dell' altre; e quando si fà la relazione del minore al Maggiore vi si aggiugne la solita preposizione, come all' altre cosi:suttriplasuperbipartienteterza, Suquadrupla supertriparziente quarta et cetera. Questo è quel tanto [[si]] posso [può ante corr.] dire per spiegarle le proporzioni. Ora deve sapere che le consonanze Musicali risiedono solamente nelle proporzioni delli due primi generi Moltiplice, e Superparticolare; e [[.....di questi generi]] [di questi generi in proporzioni che per dimostrarle corr. supra lin.] non [[abbia]] [sia add. supra lin.] di bisogno [[passare]] [eccedere corr. supra lin.] il numero senario, cioè il 6: Avverta che non intendo dire, che non si possino adoprare nelle proporzioni Musicali maggiori numeri di quelli, che si contengono nel senario; mà solo c dette proporzioni siano quelle, che li suoi termini radicali stanno racchiusi dentro il Senario. Termini radicali d' intendono li minori numeri, con li quali si può dimostrare una proporzione; come per essempio la sesquialtera, che è il 24 col 16, e del 300, col 200 li suoi termini radicali sono il 3 col 2. Ecco come per dimostrarla non si eccede il numero senario, [[conciosiacosache <......>]], mentreche dentro ad esso numero si dimostra fino à due volte cioe 3 e2; 6 4 4. La sesquiterza che è il 24 col i8, e con cent' altri numeri, li suoi termini radicali sono [[quattro col]] 4 col 3; così viene ancor essa dimostrata dentro al numero senario: e medesimamente la Sesquiquarta, li di cui termini radicali sono 5 e4; e della Sesquiquinta 6 e 5. Queste sono tutte del genere superparticolare. E del genere moltiplice noi abbiamo la dupla, li di cui termini radicali son 2, i; e 4; 2; La Tripla che li radicali suoi termini sono 3 [2 ante corr.], 1; 6 e 2; e la Quadrupla i di cui termini radicali sono 4 e 1. Come le consonanze Musicali hanno queste proporzioni, cioè La Diapason è in proporzione dupla, che è il 2 col 1; 4 col 2 La Diapente è in proporzione sesquialtera, che è il 3 col 2; 6 col 4 La Diatessaron è in proporzione sesquiterza, che è il 4 col 3 Il Ditono è in proporzione sesquiquarta, che è il 5 col 4 Il Semiditono è in proporzione sesquiquinta, che è il 6 col 5 La Bisdiapason è in proporzione quadrupla, che è il 4 col 1 La Diapason Diapente è in proporzione tripla, che è il 3 col 1 Queste sono le consonanze della Musica. Mà ci è da osservare che tutte queste consonanze (toltone la Bisdiapason e la Diapason Diapente) si racchiudono dentro la Diapason, cioè trà il termine maggiore, che è l' unisono, e il termine minore, che è l' ottava. Ora il riflesso di queste proporzioni deve essere, che [con add. supra lin.] uno di detti termini della Diapason, quelle consonanze, che hanno la lor proporzione col termine maggiore son le migliori di quelle che l' hanno col minore. Le già nominate hanno tutte la lor proporzione col termine maggiore; ma le seste tanto maggiori che minori, rispetto al termine maggiore della Diapason sono in proporzioni dissonanti, mentre hanno le lor proporzioni del Genere Superparziente, che la sesta maggiore è in superbiparziente terza da 5 à 3; e la minore in supertriparziente quinta da 8 a 5. Mà operando come si deve il termine minore della Diapason, la Sesta minore col detto termine è in sesquiquarta, e la maggiore in sesquiquinta, e per questo sono anch' esse Consonanti, come potrà vedere più chiaramente nella sottoposta Tavoletta, riducendo ciascheduna proporzione alli suoi termini radicali. Osservi ancora li nomi delle corde che hò notati per distinguere gl' intervalli, perche hò posto solamente quelle, che servono al mio fine, che [è add. supra lin.] di dimostrare tutte le consonanze. Per termine maggiore s' intende il numero maggiore, che ne Corpo sonori è l' estremo grave, e per minore il numero minore, che ne corpi sonori è l' estremo acuto. [Beccatelli, Annotazioni, 4; text: aa la mi re, e la mi, c sol fa ut, a la mi re, F fa ut, E la mi, D sol re, C fa ut, A re, 6, 8, 10, 12, 15, 16, 18, 20, 24] Qui vedrà la Diapason da A: ad a:; [[G a cc.]] [C. a c. corr. supra lin.] da E: ad [[.]] [e add. supra lin.]: e da a: ad aa: in proporzione dupla. La Diapente da A: ad E:, da D: ad a:, da F: a [[C]] [c corr. supra lin.], e da a: ad [[.]] e: in sesquialtera. La Diatessaron da A: a D:, da C: ad F:, da E: ad a:, e da e: ad aa: in sesquiterza Il Ditono da C: ad E:, ad F: ad a:, e da c: ad e: in sesquiquarta. Il Semiditono da A: a C:, da D: ad F:, e da a: a c: in sesquiquinta. La Bisdiapason da A: ad aa: in Quadrupla. La Diapason Diapente da A: a e: in Tripla. L' essacordo maggiore da C. ad a:, e da c: ad aa: Il minore da A: ad F:, e da E: a [[C.]] [c. corr. supra lin.]. Questi essacordi, che con il loro termine maggiore, e [il add. supra lin.] minore sono in proporzione superparziente da il loro termine minore col termine minore della Diapason sono in proporzione superparticolare. Poiche da A ad F vi è la proporzione supertriparziente quinta; e da F. ad a vi è la sesquiquarta; Da C [G ante corr.] ad a [vi è la proporzione add. supra lin.] supertripariente terza e da aa [[C]] c vi è la sesquiquinta [[da questo vedrà la]] [cosi vedrà benissimo che tutti gl' intervalli consonanti anno le loro corr. supra lin.] proporzione [[tutte]] dentro al numero Senario [[il quale si]] [di qui è che il numero senario si corr. supra lin.] chiama il numero sonoro, e non già [non il ante corr.] il novenario come [a Suo luogo vedrà che add. infra lin.] dice lo [questo ante corr.] nostro Autore [[<........>]] [-5-] [-6- ante corr.] Le proporzioni poi, che passano nella loro dimostrazione il numero senario, come ancora tutte quelle del genere superparziente son tutte dissonanti, nelle quali vi sono queste. Il Semituono maggiore è in sesquidecimaquinta dal 16 al 15. Il Semituono minore è in sesquivigesima quarta dal 25 al 24. Il Tuono maggiore è in sesquiottava dal 9 all' 8: Il [[Tuono]] minore è in Sesquinona dal 10 al 9: e per questo anticamente dicevano, che ci era il Tuono maggiore, e minore come à suo luogo vedrà. Il Tritono è in proporzione super13parziente 23, da 45 a 32. La Quinta falsa da molti chiamata semidiapente, non prendendo quella parola Semi (che vien da Semis) per metà,mà per imperfetto; cosi come si prende per imperfetto nel Semiditono, e neel Semituono; Questa è in proporzione super19parziente 45 da 64 a 45. La Settima cioè l' ettacordo maggiore è in supersettima parziente ottava da 15 a 8. L' ettacordo minore è in supernoveriparziente quinta da 9 a 5. Ora nel sottoposto [infraposto ante corr.] essempio, qual è la divisione del Moncordo detto Diatonico Sintono di Tolomeo, che è stata la più prossima al vero di tutte le altre antiche divisioni Vostra Signoria vedrà benissimo tutte le dette consonanze, e dissonanze con la ragione di Perfette, Imperfette, e Cattive, intorno alla quale trà tutti gli Autori, che hò veduti non hò trovato cosa alcuna, che mi renda sodisfatto, quanto una raggione dettatami dalle mie musiche speculazioni. Qual è [questa add. supra lin.], che, come hò detto [di sopra add. supra lin.] bisogna portare il riflesso di tutte le proporzioni degl' Intervalli musicali ad ambidue li termini della Diapason, cioè all' unisono, e all' ottava. Onde le perfette son quelle che con ambidue gli estremi della Diapason sono in proporzione sonora, e di queste le migliori son quelle, che hanno la proporzione maggiore con l' estremo maggiore di detta Diapason [che è l' Unisono add. supra lin.], perche de' due estremi il fondamentale è sempre il migliore. Sicche la Diapente [che add. supra lin.] con l' estremo fondamentale [che è l' Unisono add. supra lin.] ella è in proporzione sesquialtera, e con l' estremo minore [che è l' ottava ella è in proporzione add. supra lin.] sesquiterza. La Diatessaron con il Fondamentale è in proporzione sesquiterza, e con l' estremo minore in sesquialtera [signum].[[onde <......>] però che la Diapente è migliore della Diatessaron [[a causa della maggiore proporzione.]] L' Imperfette son quelle che hanno la proporzione [sonora add. supra lin.] con un solo Estremo della Diapason; che sono gli Essacordi maggiori, e minori, il Ditono, e Semiditono, e di queste le migliori sono il Ditono, e Semiditono per [avere add. supra lin.] la proporzione [sonora add. supra lin.] con l' estremo fondamentale [signum] Le cattive son quelle, che non danno proporzione sonora con alcuno delli detti estremi, le quali sono la seconda [[la settima,]] il tritono, la semediapente [e la settima add. supra lin.] L' Ottava è perfetta, perche è una repplicata [repplicazione ante corr.] dell' Unisono [estremo fondamentale add. supra lin.], il quale con l' ottava è in proporzione dupla; e l' ottava con l' unisono è in suddupla [sottodupla ante corr..] [signum] Eccole [il promesso add. supra lin.] essempio [[per]] [dove si potrà riscontrarle add. supra lin.] tutte [signum] [Beccatelli, Annotazioni, 5,1; text: A, [sqb], C, D, E, F, g, a, [sqb], c, 180, 192, 216, 240, 270, 288, 320, 360, 384, 432] E questa come hò detto è la migliore di tutte le antiche divisioni, mà non però la vera praticata in oggi [[parte]] [conciosiacosache corr. supra lin.] in questa vi è il primo Tuono del Tetracordo in sesquiottava proporzione, e il secondo in sesquinona; onde uno è maggiore, e l' altro minore; il che è fatto perche tutti li tuoni sono perfettamente uguali come [[dimostrerò]] [a suo luogo io proverò corr. supra lin.] Ma perche questa ugualià con la proporzione giusta de Semituoni, e di tutte le consonanze non si può provare nella quantità discreta, [[<......>]] [[Se poi nell' atto pratico del suono si servissero della degradasioe degl' intervalli come si pratica in oggi (il che io lo credo) [[certamente .... di queste dimostrati nelle dimostrazioni add. supra lin.]], questp sicuramente non si sa, perche non abbiamo altra cognizione della Musica antica, e prima, che questa della divisione dei loro monocordi, come dimostrerò. Ora per venir all' atto pratico. Supponga Vostra Signoria una corda sonora di strumento posata sopra due ponticelli in opportuna proporzione, la quale toccata facci suono d' A re, se nel mezzo di detta corda si ponga un altro ponticello d' egual altezza, questa metà darà il suono d' A la mi re, un ottava perfettamente sopra il suono d' A re: e perciò la Corda intera si dice avere proporzion dupla. Se poi si divida la carda in tre parti uguali, allora perche due parti, che sono la grandezza maggiore, contengono ' altra parte, che è grandezza minore si avrà la proporzione in sesquialtera, e il tuono della Diapente. Se poi si divida la corda in quattro parti [parte ante corr.] uguali, allora perche due parti, che sono la grandezza maggiore contengono l' altra parte, che è grandezza minore si avrà la proporzione in sesquiterza, e si avrà il suono della Diatezzaron. Ecco l' esempio]] [Beccatelli, Annotazioni, 5,2; text: A, E, D, C, B, 12, 9, 8, 6, 3] Sia la detta corda A. B. [quella che faccia add. supra lin.] il suono d' A re; si divida per metà nel punto C [dico che add. supra lin.] la data Corda A. B. è in proporzione dupla con la C e B sicche detta [C. B darà add. supra lin.] il suono dell' Ottava sopra [al suono add. supra lin.] A: B: onde la Diapason è contenuta nella proporzione dupla, e [[il]] [l' estremo, o vero corr. supra lin.] termine maggiore sarà nel punto A, e il Minore nel punto C: [[.]] Si divida poi detta corda in tre parti uguali, delle quali [parte add. supra lin] se ne prendano due nel punto D: [[allora]] [dico che corr. supra lin.] la Corda A B: è in proporzione sesquialtera con a D: B: mentre [e questa ante corr.] D: B: darà il tuono della Diapente sopra il suono dell' A B:, e il punto A: si chiamerà termine maggiore, e il punto D: termine minore. Se poi si divida detta corda in quattro parti uguali, prese tre di dette parti nel punto E, l' A: B: è in proporzione sesquiterza, con l' E: B:, e darà il suono della Diatessaron sopra l' A: B:, e il puno A: sarà termine maggiore, e il punto E il minore della detta Diatessarron, e proporzione. E così dell' altre. Ci resta di parlare adesso delle divisioni di dette proporzioni, propriamente dette Medietà, Analogia, Proporzionalità. Mà io mi servirò del nome medietà come più intelligibile. Trè sono le medieta: Aritmetica, Geometrica, ee Armonica. Per nome d' Analogia, ò proporzionalità s' intende quella somiglianza, che hanno più grandezze insieme unite, una contigua all' altra, e che sieno simili; ò due simili ad altre due; ò la prima con la seconda, ò la terza con la Quarta purche sieno contigue: e questa si chiama [-6-] proporzionalità continova; e quando quest simiglianza sia tra più grandezze separate; all' ora si dice Analogia discreta, ò disgiunta. Mà perche ciò à noi non aspetta, il specularne più addentro dirò solo quello, che è necessario. Suponga adunque una grandezza tra due termini dimezzata da un altro termine; sicche ne nascano due intervalli: il primo dla termine maggiore al mezzano, il secondo dal termine Mezzano al minore. Posto questo [questa ante corr.], la medietà Aritmetica [consiste add. supra lin.], che egual differenza sia dal termine maggiore al mezzano, che dal mezzano al termine minore. Eccone l' esempio: sia termine maggiore il 12. il minore l' 8, il termine mezzano sarà il 10; e cosi quella differenza che corre dall' 8 al 10 è l' istessa, che corre dal dieci al 12: onde si spiega, che Medietà Aritmetica è quella, che hà le differenze uguali, e le proporzioni disuguali: si dicono le proporzioni disuguali perche ne mostrati numeri dal 12 al 10 vi è la proporzione sesquiquinta, e dal 10 al 8 la sesquiquarta. Medietà Geometrica, è quella cui le differenze sono disuguali, e le proporzioni uguali, e che cosi come sta il mezzano termine col minore, cosi sta la differenza maggiore con la minore. Per esempio 4; 2; 1: veda che sono disuguali le differenze. Le proporzioni poi sono uguali, perche e il 2 sta con l' unità in proporzione dupla, come il 4 col 2. Mà siccome questa medietà non hà che fare nella Musica, se non nella composizione de monocordi, e perche ella è impossibile à dimostrarla, perche non si può ridurre con numeri razionali, così io di questa non ne parlerò, e solo tratterò dell' Armonica. Medietà Armonica è quella, che hà le differenze, e le proporzioni disuguali: come 3, e 2 che sono differenze, e 15, e 12 che sono proporzioni in sesquiquarta, e il 12 col 10 in sesquiquinta. Eccole una Tavola dove si dimostrano tutte le medietà. [Beccatelli, Annotazioni, 6,1; text: Medietà Aritmetica, Differenze uguali, Proporzioni disuguali, Geometrica, Armonica, 4, 1, 3, 2, 6] Ora parlerò del modo di dividere le proporzioni secondo la medietà Arimmetica, e Armonica perche la Geometrica non s' adopra. A voler dividere per esempio una sesquialtera arimmeticamente si pigliano li suoi termini radicali [che sono] 3 e 2, mà perche questi [devono esser add. supra lin.] somati [[fanno]] [devono costituire corr. supra lin.] numero pari [impari ante corr.] [e tre, e 2: fanno un numero impari corr. supra lin.] per questo si raddoppiano con farli 6 e 4, i quali [questi ante corr.] [sommati corr. supra lin.] fanno 10: Ora si prenda [prende ante corr.] il 5 che è il divisore per metà del 10, e si ponga nel mezzo de detti termini così 6 5 4, e si vedrà la Sesquialtera mediata arimmeticamente in differenze uguali, e proporzioni disuguali. In questa maniera si dividono tutte le altre proporzioni arimmeticamente col prender i numeri di quella proporzione, che si vuole dividere ne suoi termini radicali che sumati faciano numero pari, e di questi la metà sarà il divisore. Ora dirò della divisione Armonica. Nella divisione Armonica si deve prima fare la divisione Aritmetica, e col divisore di questa moltiplicare ambidue li termini della premessa proporzione; dappoi moltiplicato il termine maggiore per il minore il prodotto sarà il divisore Armonico. Per essempio la sesquialtera sopradetta mediata arimmeticamente è 6. 5, 4, ora si moltiplica il 6 per il 5,e si hà 30; dappoi si moltiplica il 4 per il detto 5, e si hà 20; collocati questi due trovati numeri in ragionevol distanza l' uno dall' altro così 30 20 tra quali stà la stessa proporzione sesquialtera; si moltiplicherà il termine maggiore che è il 6 per il 4, che è termine minore, e avremo 24, e questo porremo nel mezzo de trovati numeri così 30, 24, 20; ora veda come le differenze sono disuguali, e le proporzioni disuguali; le quali proporzioni sono le medesime della medietà Arimmetica, mà situate al contrario. Per maggior chiarezza darò l' esempio della dupla Vostra Signoria in questi termini 4 e 2, che sommati fanno 6 la metà di questo, che è il 3 sarà il divisore arimmeticamente così 4, 3, 2; Ora si moltiplichi il 4 per il 3, e avremo 12. dipoi il 2 per l' istesso 3, e avremo 6, i quali addatteremo come sopra così 12 6 tra i quali si serba la dupla. ora si moltiplichi il 4 per 2 e si avrà 8 suo divisore, che si porrà nel mezzo così 12, 8, 6, dove si vedran le stesse proporzioni della divisione arimmetica, mà poste al contrario. E in questo modo si dividono tutte l' altre. Oltre al già detto, io stimo quasi necessario il descrivere il modo di moltiplicar le proporzioni una doppo l' altra come ancora il modo di sommar le medesime; Onde Per moltiplicar le proporzioni, si prendono di quelle i loro termini radicali, e si pongono per ordine una dopo l' altra e che il termine maggiore sia sopra il minore cosi [Beccatelli, Annotazioni, 6,2; text: 6, 4, 3], e più di queste volendone; dappoi si farà una linea sotto, e si moltiplicherà, ponendo pero una proporzione da una parte e l' altra dall' altra parte il numero maggiore dell' una col maggiore dell' altra, dappoi il minore dell' una col minore dell' altra e doppo il minore dell' una col maggiore dell' altra. Sia l' esempio in due sesquiterza dove si vedrà nelle proporzioni ancora l' analogia continua così. [Beccatelli, Annotazioni, 6,3; text: 4, 3, 16, 12, 9] Se poi à queste proporzioni volesse aggiungere un altra, Vostra Signoria una sesquialtera, la collochi come l' altre, mà con doppia distanza così, e agiunga un' altra linea di sotto, poi moltiplichi li avanti trovati numeri col termine maggiore della aggiunta proporzione, e poi il numero minore di questa col minore dell' antecedente [Beccatelli, Annotazioni, 6,4; text: 4. 3. 2. 16. 12. 9. 48. 36. 27. 18] e in questa maniera si farà [-7-] volendone aggiugner delle altre: e per maggior chiarezza, eccone un altro Esempio col' aggiunta di due proporzioni [Beccatelli, Annotazioni, 7,1; text: 16. 9. 10. 3, 15. 8. 9. 2, 144. 135. 120, 1220, 1350. 1200. 1080. 4320. 4050. 3600. 3240. 2160.] Ci sono altri modi di moltiplicare le dette proporzioni, mà perche questo è abbastanza per il nostro bisogno, non voglio allungarmi per cose à noi superflue. onde verrò al modo di sumarle. Con tutto che l' effetto di questa operazione di sommare le proporzioni possiamo averlo dalla loro moltiplicazione; tuttavia per esser questa un' operazione più breve per questo stimo bene il non tralasciarla. Per sommare adunque le proporzioni bisogna porle tutte ne' loro termini radicali,e di questi i termini maggiori collocheremo l' uno sotto l' altro, e poi in adequata distanza accomodaremo medesimamente un sotto l' altro li termini minori. Come per essempio volendo sommare le quatro già moltiplicate proporzioni, cioè la sesquidecimaquinta, sesquiottava, sesquinona, e sesquialtera, le addateremo così [Beccatelli, Annotazioni, 7,2; text: 16, 15, 9, 8, 10, 9, 3, 2, 4320, 2160] Dipoi moltiplicaremo li termini maggiori l' un per l' altro cominciando dalli primi, che sono il 16, e il 9, e avremo 144: dappoi si moltiplicherà il terzo, che è il 10 per il prodotto cioè per il 144 e avremo 1440, e con questo prodotto si moltiplicherà l' ultimo, che è il 3, e avremo 4320, e questo porremo sotto gli detti termini come hò mostrato. Nell' istessa maniera si moltiplicheranno li termini minori l' un per l' altro cominciando da due primi, [e add. supra lin.] con il lor prodotto si moltiplicherà il terzo, indi il quarto, e avremo 2160, e questo collocharemo sotto li termini minori. Sicche e nell' uno, e nell' altro modo noi abbiamo l' effetto di questa operazione di sommare le proporzioni. Ora non parlerò di vantaggio di queste materie, mà mi porterò alle mie annotazioni sopra il consaputo Autore dove vedrà qualche cosa di maggior gusto, e sodisfazione sua. Annotazione Prima Nel Capitolo che tratta dell' invenzione della Musica. Spiega l' Autore questi sentimenti: Che Pittagora doppo aver trovate le consonanze musicali dal peso de' Martelli, ed aver ritrovato l' ordine delle sette corde, contrasegnò le medesime con le 7 lettere dell' Alfabeto A: B: C: e così dell' altre per ordine. Che quest' ordine si praticò fino al tempo d' Aristotile, e che Aristotile poi per non convenire con l' uso passato cominciò l' ordine delle corde dalla lettera B: seguitando le altre per ordine. Rispondo, che tutto questo è falso, e per accostarsi più che sia possibile al vero, Io trovo che Pittagora fù quello, che ricavò la cognizione delle consonanze dal peso de' martelli sotto la raggione delle Proporzioni. Che Terpandro Lesbio sia stato quello, che addatto le sette corde. Che Licaone Samio aggiunse l' ottava corda; Profrasto Periota la nona; Estiaco Colofonio la decima; e così fino che crebbero al numero di 14. [, ante corr.] Ma come che questo non è di ostro giovamento, non occorre perdervi il tempo. Mà per farmi intender con più facilità verrò alla spiegazione dell' Antico Sistema. [-8-] Quel che Molti per errore chiamano Monocordo altro non è che l' ordine delle Corde secondo l' esistenza de' loro proprj intervali, detto dagli intendenti Sistema massimo. Il Tetracordo è un Composto di quattro corde unite una doppo l' atra, che dalla prima all' ultima hà l' intervallo d' una Diatessaron. E perche in detto intervallo vi si comprende due Tuoni, e un Semituono, quello si chiama Tetracordo, che hà il semituono tra la prima, e seconda corda dalla parte grave, e dalla seconda alla terza un tuono. Sicchè Tetracordo sono le quattro corde. Mi Fa Sol La. Or quando furono addattate per ordine le prime sette corde, restarono congiunte in due Tetracordi, che hanno relazione, alle note B mi, Cfaut, Dsolre, Elami, Ffaut, Gsolreut, e Alamire. Mà perche in dette sette corde, non vi si potè trovare la Diapason origine di tutti gl' Intervalli, e perfezione armonica quale risiede nella proporzion dupla per questo poi fu aggiunta l' ottava corda nella maniera, che ;\espongo colle nostre lettere, secondo la loro situazione [Beccatelli, Annotazioni, 8; text: E, F, G, a, [sb], c, d, e.] Doppo queste otto corde, ne furono repplicate altre sei, e poi una anteriore alla prima, e fù costituito il sistema di 15 corde, contenute in una Bisdiapason con [col ante corr.] la distinzione dei Tetracordi. Il Primo Tetracordo fù chiamo Hypaton, che vuol dir principale; il Secondo Meson, cioè Mezzano; il Terzo Diezeugmenon, che significa separato, perche la sua corda grave non è l' accuta del suo sottoposto. Il Quarto Tetracordo fù chiamato Hyperboleon, che vale a dire sopraecedente. Alla prima corda antica, che è quella da Noi segnata B: posero nome d' Hypate Hypaton. Alla seconda Perhypate Hypaton, che significa à canto alla principale delle principali: alla Terza Lychanos Hypaton, che spiega Indice delle principali; alla Quarta Hypate meson; alla Quinta Perhypate meson; alla Sesta Lychanos Meson; alla Settima Mese. L' ultima Corda che Noi chiamiamo A re la nominarono Proslambanomenos, che vuol dire acquistata. Alla prima delle altre aggiunte addattarono il nome di Paramese; alla seconda Tritediezeugmenon alla Terza Paranete Diezeugmenon alla Quarta Netediezeugmenon; alla Quinta Trite Hyperboleon; alla Sesta Paranete Hyperboleon; e alla Settima Nete Hyperboleon. A queste corde ne fu poi aggiunta un altra; e questo lo fecero per aver sopra tutte le Corde la consonanza Diatessaron, e per sfugir il Tritono, come afferma il Franchino Ut et Tritoni asperitas fiat in modulatione suavior. E così ebbero il sistema di 16 corde, diviso in cinque Tetracordi; il quale à suo luogo tutto per ordine dimostrerò. Questo fù il Sistema tenuto dagli Antichi fino al tempo di Guido Aretino, e con tali nomi li Greci, e Latini chiamavano le dette corde. Mà volendo i nostri primi Santi Padri Latini uniformarsi alla Chiesa Orientale nell' introdurre il canto ne' divini uffizi, a questo fine San Gelasio, e San Gregorio Pontefice, come ancora Sant' Ambrogio si affaticarono molto per ritrovare un modo di Cantare, che avesse più del sacro, che del profano, mentre che il Canto Orientale avea più dell' effeminato, che del virile, e vedendo la gran difficoltà nella pratica è probabile che da Loro avesse principio l' uso del contrasegnar le corde con lettere dell' Alfabeto; anzi io tengo per certo che questa sia stata invenzione di San Gregorio, come mi conferma il Franchino in [il ante corr.] quelle parole: Septem tantus essentiales chordas septenis litteris à Gregorio descriptas. Doppo molto tempo l' Abbate Guido Aretino Uomo eccelente in Mattematica, e Musica s' affatica per ritrovare, come lo ritrovò un metodo per imparar la Musica, che fusse facile non solo agli Uomini di qualche talento dotati, mà eziamdìo per gli Fanciulli, dando fuori l' invenzione di dividere il Monocordo per Essacordi, abolendo gli Tetracordi Antichi, e riducendo le voci al numero di ventidue dimostrate con dieci righi, e dieci Spazi, diede à ciascheduna voce dell' Essacordo il suo proprio nome in queste Suillabe Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, tolte da capi de versi dell' Inno di San Giovambattista Ut queant laxis come è noto ad ognuno; perche secondo l' opinione d' alcuni, che è probabilissima, aveva li detti Capi versi, che cominciavano appunto in dette corde, assegnate da Lui per L' essacordo, come ne mostra fino l' Esempio dell' Aria antica di quest' Inno con le lettere Gregoriane, il rinomato Don Angelo Berardi nella sua Miscellanea Musica, quale è il seguente [-9-] [Beccatelli, Annotazioni, 9,1; text: C, D, F, E, G, A, Ut quesnt laxis resonare fibris mira gestorum famuli tuorum solve polluti labij reatum] E cosi detto Guido con aver ritrovato righi, e spazij, e note per distinguer l' elevazione, e allentamento della voce; i detti nomi delle note, acció con la lettura delle medesime agevolmente s' apprendesse la loro intonazione, e con aver aggiunta una nuova corda sotto la prima antica per dar Principio all' Essacordo primo, e contrasegnatala con la Gamma, accioche non si perdesse la memoria, che la musica fù ritrovata da' Greci, facilitò i Posteri ad imparare il Canto Ecclesiastico. Per la qual cosa Egli fú chiamato à Roma da Benedetto Ottavo, e poi da Giovanni Vigesimo suo Successore, quale ordinò, che dalla Chiesa fosse universalmente questo suo nuovo modo ricevuto; e così fù comunemente abbracciato. Eccole la dimostrazione del Sestema secondo l' uso antico, e moderno [Beccatelli, Annotazioni, 9,2; text: Antico Tetracordo Hyperboeon, Diezeugmenon, Meson, Hypaton, Nete, Paranete, Trite, Paramese, Mese, Lychanos, Parhypate, Hypate, Proslambanomenos aa, g, f, e, d, c, [sqb], b, a, G, F, E, D, C, [sqb], A, Sinemmenon] [-10-] Io ho contrasegnate le dette corde con le nostre lettere acciò più agevolmente siano conosciute [Beccatelli, Annotazioni, 10,1; text: Nete, Paranete, Trite, Hyperboleon, diezeugmenon, Paramese, Mese, Lychanos, Meson, Parhypate, Hypate, hypaton, Proslambanomenos, aa, g, e, d, c, [sqb], a, G, F, E, D, C, A, Ultime delle acutissime, accanto all' ultima, Terza, separate, mezzana, Mezzana, Indice, Mezzane, Appresso la principal, Principali, Acquistata] Il seguente ordine è quello di Guido Aretino da Molti chiamato introdutorio [Beccatelli, Annotazioni, 10,2; text: ee, la.. dd, sol. ee, fa. [sqb] [sqb], Mi. bb, fa. aa, gg, ut, f, e, d, c, [sqb], a, g, F, E, D, C, [sqb], D, D, A, [Gamma]] Ora da tutto questo ognuno potrà agevolmente conoscere, che è più falso il dire, che gli antichi cominciasser l' Ut chi da una corda, e chi da un' altra: perche la deduzione Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La, fù trovata da Guido, che viveva dieci secoli doppo la nostra Redenzione, e Aristotele, Platone, e Pitagora furono il primo tre, il secondo quattro, e il Terzo cinque secoli avanti. E se fusse dettto, che il cominciare la deduzione in diverse corde sia stato messo in uso doppo Guido, ancor questo è falso. Perche quando Guido stabilì la division del Sistema per Essacordi, costituì che il semituono risedesse nel Mezzo dell' Essacordo tra la voce Mì, e Fà. E perche il primo semituono stava tra la lettera [sqb], e C per questo nella lettera [sqb] pose il Mì, e nella C: il Fa e nell' A il Re, e mancandovi la corda per dirvi Ut, a questo fine Egli l' aggiunse, segnandola col Gamma. Intorno al dire, che Aristotile non volesse seguitare l' opinione degli altri, io trovo in molti Moderni auttori, che doppo diverse contenzioni delle due famose Accademie de Platonici, e de' Peripatetici intorno all' aggiunta della Corda Proslambanomenos, doppo qualche tempo tutti convenero all' ammettere la detta corda Proslambanomenos. In oltre dice, che l' Abate Guido fosse chiamato à Roma dal Pontefice San Gregorio, e gli ordinasse la riforma del Canto. Questo è uno sbaglio di Cronologìa, perche detto Santo Pontefice fù cinquecento anni avanti à Guido, essendo stato Creato Pontefice nel 550. E ben vero che detto Santo riformò da se stesso il Canto Ecclesiastico, e riordinò i Graduali, e Tratti, e vien tenuto da molti, che questo fusse per ispeziale aiuto divino, mentre non si trova memoria che Egli fosse Professor di Musica. Doppo questo fù riccorretto da San Vitaliano Papa, e doppoi da San Leone Secondo il quale usò ogni suo potere per rendersi prima professore di questa Scienza. E l' ultima volta al tempo di [-11-] Giovanni Vigesimo dal sopradetto Abbate Guido Aretino. E perche il Corso de' tempi, E la poca diligenza di molti Scrittori hà alterato le cose del primiero suo essere, così io son di parere, che in oggi ancora non sarebbe del tutto vana in tali cose qualche correzione Annotazione Seconda Nel Capitolo Quinto Dice l' Autore, che i Latini abbino introdotto nel Monocordo l' uso del B: molle grave, e per farne l' ordine conforme all' altre proprietà abbiano introdotta un altra corda sotto il Gamma segnata con lettera F, secondo l' ordine del' altre, e ne fà la mano posta da Lui nel Capitolo 22. Sopra questo rispondo, che gli Antichi, non hanno mai praticato il B: molle grave, come apparisce nei loro Sistema; solo fù introdotto l' accidente di B molle nella corda [sqb] per togliere il Tritono, che risiede tra la corda F, e la detta [sqb], e per questo gli Antichi formarono il quinto Tetracordo chiamato synemenon. E Guido seguitò in tutto il detto ordine senza introdurre nuovi semituoni, fuori dalla replica del sopracuto. Onde se nel Canto Ecclesiastico si sieno delle Antifone, Introiti et cetera che richiegano B. molle, queste son quelle di Decimo, o di Duodecimo Tuono, in oggi portate nella posizione del Secondo, e del Sesto. E se fussero altre cose à quali abbisognasse il B: molle, questo è per accidente, e per sfuggire il Tritono, ò qualche quinta falsa, benche la quinta falsa non sempre deve esser ridotta a buona, perche in se non [hon ante corr.] hà qual tanto di cattivo, che à il Tritono. E ben vero, che gli musici à tempi nostri nel Canto Figurato si son diletati di più del Sistema antico non solo nella parte sopracuta, mà ancora nella grave. Mà questo non fa stato per il Canto Ecclesiastico: anzi dirò che l' aggiunta fatta da Guido non fù necessaria, mà superflua, come dottamente ne hà scritto il Padre Scorpione. Mà Guido on ebbe altra intenzione nel far detta aggiunta, che dimostrare l' ordine di tutte le corde per quanto si poteva estendere con buona modulazione la voce umana di Basso, Tenore, Alto, e Soprano. Onde ritorno sopra la deduzione del B: molle grave, e [[detto]] dico, che se tra le Scuole degli antichi Filosofi nacquero gran discordie per la Diapason, e Diatessaron negate da Pitagorici per consonanze, quanto, per questo si deve abborire chi vuol far del Sacente, distaccandosi da ciò, che hà fatto con molta considerazione l' Abate Guido, e per una cosa, che non giova à nulla: tuttavìa è benn sapere tutte le oppinioni [[non]] pe poterne discorrere, non gia per insegnarle. Annotazione Terza Nel Capitolo Ottavo Dice che il cantare per diverse proprietà faccia diversa melodìa; e che cantando per B [sqb] si fa una melodìa acre, sdegnosa, e orgogliosa. Il B molle cagiona melodìa effeminata, e dolce. Natura una mezzana melodìa tra la sdegnosa, e dolce, rapportandosi alla natura de' Pianeti, che phantasticamente descrive al Capitolo 52. Tutto il detto è falso; e si prova con questo, cioè che cantisi per qualsivoglia proprietà il Canto sarà sempre del Genere Diatonico, mentre sì pcoceda per Tuoni, e semituoni solamente naturali; e se si proceda per tutto con Diatessaron corrispondenti, cantisi per qualsivoglia proprietà la Melodia sarà sempre l' istessa. Le differenze che corrono nell' Armonie nascono dal Tuono Fondamentale, poiche il Tuono è di due sorte ò di Terza Maggiore, o di Terza minore, così trà queste due sorta vi stà la differenza; conciosìàche il Tuono di Terza maggiore farà un' Armonia viva, e Spiritosa; e quello di Terza minore la farà languida, e affettuosa. Mà tutti gli Tuoni di Terza Maggiore saranno tra se stessi uguali, siccome quelli di Terza minore: e il divario nascerà dall' esser piantati in una Corda ò più alta, o più bassa; che quanto più son alti saran più vivi, e quanto più bassi, più languidi. E se si dica, che nella Musica si senta una gran diversità da Tuono a Tuono dell' istessa Natura, rispondo, che questo procede ne Tuoni che escono fuori delle lor corde naturali per l' applicazione di Diesis, o B: molli. L' Armonia poi che stia effeminata nasce dal mescolar nelle conposizioni il Genere Diatonico, con il Cromatico; Mà se le Composizioni saranno puramente Diatoniche, non cagioneranno mai effeminata la Melodìa. Questo sia detto intorno al Canto figurato. Che poi si senta nel Canto Fermo diversità di melodìa, essendo tutto Diatonico. Rispondo per prima ragione ciò, che hò detto di sopra della differenza dal Tuono di Terza maggiore à quello di Terza minore. Per seconda. Che questo avviene nel sistema de Tuoni, che sono diversi per le diverse Specie dell' Ottava, che li compongono [- 12-] e particolarmente della Spezie delle Diapenti. Onde il Terzo, Quarto, Quinto, e Sesto Tuono farà l' armonia acre, e sdegnosa, perche in loro risiede la seconda, e terza Spezie della Diapente, la qual composta nella sua formazione contiene il Tritono, la quale, se non in caso di Necessità, non si deve alterare, cioè per sfuggire il Tritono immediato ò pur mediato da una nota sola, come hà lasciato scritto l' Abate Guido: Inventum est Graecis b rotundum ad temperantiam Tritoni, ut ubi necessarium fuerit apponatur. E in altro luogo ancora lo stesso conferma. E in verità per le ragioni fondamentali del Canto fermo, non si deve mai produrre senza necessità in detti Tuoni il b molle per non distruggere la principal loro formazione, che è la Specie della Diapente. Benche non manchino moderni buoni uomini, che introducono il B molle fisso in chiave in composizioni fatte da Loro in Sesto, e Quinto Tuon: mà non sanno quello che si dicono perche le dette composizioni, fatte così sono dell' undecimo, e duodecimo Tuono, e non di Quinto, o Sesto . Se poi detto B: molle non è per tutto il Corpo della Cantilena necessario, vuol dire che vi sarà stato posto per cortesia dello Scrittore ignorante. E se fusse detto, che vi è stato posto per sfuggire i varj, e molti Tritoni, rispondo che per sfuggire il Tritono non vi ha di bisogno di B molle segnato, mentre ella è regola generale d' intonare il B mi di B quadro acuto per fa, quando occorre il Tritono con la corda F nel Quinto, e Sesto Tuono, ò in altro. Mà nel Terzo, Settimo, e Ottavo, e alcuna volta nel Quarto che sono di Natura Contraria a detto Bmolle, se non vi è come hò detto un' estrema necessità, si deve fuggire il Tritono con il Diesis in F: e non con il B molle in [sqb]. Tutto questo s' intende rispetto al Sistema de Tuoni Ecclesiastici, quali non camminano non la stessa regola de' Musicali, perche nella Musica particolarmente moderna ogni Fondamentale del Tuono richiede una Quarta Sopra una à se simile corispondente, come hò già detto nel principio di questo discorso; per lo che facendosi una composizione in F per necessità vi deve essere il B molle fisso nella [sqb]. Mà gli Tuoni Ecclesiastici son regolati dalla Specie delle Diapenti, e Diatessaron: Confuse queste si confonderà il tutto. Mà per tornare d' onde mi son partito, dico che la diversità della melodia ne Canti Ecclesiastici, nasce dalla diversità della Specie delle Diapenti, e Diatessaron, e non dal cantarsi ò per natura, o per Bquadro, o per B molle: e tanto basti sopra questo punto. Annotazione Quarta Nel Sudetto Capitolo Insegna, che tutte le proprietà dalle quali hà principio la loro deduzione nele lettere maiuscule sono proprietà gravi, quelle poi che hanno principio dalle minuscule sono acute; che quelle che l' anno nelle doppie son sopracute. E così comincia la deduzione di B molle grave nel Fa, di Natura grave quelli di B molle acuto, e nega nella mano comune il B molle sopracuto; mà che se ci desse la sua deduzione avrebbe principio nel Fa di Natura sopracuta et cetera. Quanto sia sconcio, e sciocco questo suo insegnamento creo, che ognuno che hà senno agevolmente lo comprenderà. Mà per discorrervi sopra qualche poco; dico che Egli si è già scordata la mano latina della quale parla nel Capitolo Quinto, e che dimostra nel Capitolo 22 ed io ne hò parlato al suo luogo. Che se non gli fosse uscita dalla mente non direbbe simile sproposito, perche il cominciar la deduzione di B molle grave da Natura grave, e uno sproposito veramente massiccio. In tener simile opinione Egli non è stato solo (se per altro non ne sia stato Egli l' Inventore) perche hò letto nel Padre Scorpione, che ci sieno stati altri simili bellumori, che arrivarono fino a dire che il B quadro acuto doveasi chiamar grave per la sua deduzione da [dalla natura ante corr.] lettera G Sol di natura grave, e perche Guido aggiunse il Gamma vengono à dare all' ordin grave otto corde: il che è errore perche le corde sono sette, e tante, e non più costituiscono un ordine; sicche secondo al loro pazza opinione ci sarebber due sorta di B quadro grave. Altri poi non dissimili, essendo interrogati come si dovean distinguere questo acuto grave, sicchè il Terzo B quadro l' avranno chiamato sopracuto, e questo similmente avranno detto de' B molli: oh; che dotti insegnamenti compariscono alla luce! La Cecità di Costoro nasce dal prendere la denominazione della Proprietà dall' ut [Ut ante corr.], quando si deve prender dal Semituono, cioè dalla corda che detto Semituono costituisce, che è il Fa, e non dall' Ut; e intanto Guido aggiunse il Gamma per obbedire al semituono, e non perche il semituono obbedisce al Gamma. Onde si conosce chiaramente, che il rispetto si deve avere al Fa denominante la proprietà. Dunque dal Fa si devon conoscere le proprietà se son gravi, ò acute, e non da altre voci. Nel Capitolo Nono conferma l' antecedente sproposito, ed avendo negato, che nella mano commune si dia B molle sopracuto; nel Capitolo seguente cioè Decimo ammette detto B molle mentre dice che il Canto fermo [-13-] non puole arrivare à B fa B mi sopracuto. Dal principio di questo Decimo Capitolo parla de venti luoghi della mano, dicendo, che gl' antichi Sapienti, li [le ante corr.] disposero in dieci righi, e dieci spazi. Qui dubito che per gl' antichi Sapienti intenda Platone, Aristotile, ò almeno Tolomeo, o Boezio. Nella fine di detto Capitolo, dice che nella corda B: non si da B molle, e dice bene, non perche intenda, che non si dia B molle grave, mà perche chiama grave quello, che è acuto; onde come Egli hà insegnato sarebbe, se si desse, necessario chiamare soggrave. Di qui veda di che fede è questo, se in un Capitolo, insegna una Cosa, e nell' altro poi la nega. Annotazione Quinta Nel Capitolo Decimottavo. Mette il Saeculorum del quinto Tuono col B molle. Chiama ignoranti Quelli che dicono, che li Seculorum de Salmi sieno fatti a Caso. Dice che l' Antifone del Quarto Tuono, che cominciano in F, doppo il Salmo si devono ripigliare una terza sopra alla finale, cioè in G per fuggire la difficoltà del ripigliarle un Semituono sopra. Cosi ancora le Antifone, che cominciano in D vuole che si ripliglino nella stessa corda della Finale, perche questa Corda Finale suona voce di Re, eccettuate però quelle Antifone, che cantano per il suo B: quadro giacente, perche queste cominciando in D: detta Cord fà suono d' Ut, e così è bene ripigliarle così come stanno. Al primo rispondo, che è grave errore praticare il B molle nel Saeculorum di Quinto Tuono, poiche la regola , e la pratica c' insegna il contrario. Circa il chiamare ignoranti quelli che dicono, che li Saeculorm son fatti a caso, io non gli contradico in tutto, e in tutto non approvo le sue raggioni, perche se fusse fatta questa interrogazione. Il Primo Tuono perche deve avere Sei finali, e il Secondo una? e così degl' altri: non mi pare che si possa dare altra risposta, che sic voluere priores. Perche le Spiegazioni degli autori Moderni portarebbe che a ragione ogni Tuono avesse tante Finali [[saranno]] quanti sono i suoi Principj. Non è dunque da meravigliarsi, se alcuni anno detto, che queste Finali siano state poste à Caso. e questo sia detto in difesa di quelli, che da Lui son tacciati d' ignoranza. Io però direi, che la diversità di queste finali per esser nata dalla diversità de luoghi, e de tempi, e che in questi si sia dato chi abbi usata una finale, e chi un altra, e dipoi molte di queste sien state raccolte, e praticate. Da forza à questo mio pensiero l' aver veduto, che li Francesi praticano una finale nel Quarto Tuono, oltre alle praticate da Noi, quale Noi non abbiamo in uso, ed è la seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 13,1; text: Evovae] Questo nostro Autore ne pone un altra pure di Quarto Tuono da Noi non praticata, quale non mi sembra troppo laudabile, e vaga come quella de Francesi, come Vostra Signoria puol vedere essendo la seguente [Beccatelli, Annotazioni, 13,2; text: Evovae] Come dice ancora d' averne veduta un altra per il Quarto Tuono, diversa da quella che communemente si pratica. E ne' Cori di buon gusto io non sento più poste in uso certe finali, mà solamente le più vaghe, e le più belle. Ed è ben fatto; essendo stato introdotto il Canto Ecclesiastico per dar gloria à Dio, e per allettare il popolo alla frequenza delle sacre funzioni. Di più io non sento per puro uso introdotta una Finale al Secondo Tuono nell' ufficio de' Morti differente dall' unica sua finale, come Vostra Signoria può vedere, essendo la seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 13,3; text: Luceat eis] [-14-] Questa in tal congiontura io la stimo degna di lode, mentre rende la Salmodia piu mesta ad imitazione degli Ambrosiani. In oltre io hò vedute notate altre differenti finali, che da Noi non sono praticate, quali sono le seguenti. [Beccatelli, Annotazioni, 14,1; text: Evovae, Del Primo Tuono, Quarto, Quinto] Queste oltre alle praticate in oggi io l' hò vedute scritte dal Padre Andrea da Modona. Nel Franchino io poi ritrovo le seguenti finali praticate dagli Ambrosiani. [Beccatelli, Annotazioni, 14,2; text: Al Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Quinto, Sesto, Settimo, All' Istesso, Ottavo] Onde da tutto questo mi pare, che si possa dire, che queste Finali sieno state introdotte dal' uso e non da intrinseca ragione, che sìa delle Antifone. Sopra l' insegnamento di alterare, cioè ripigliare da diversa corda le Antifone doppo i Salmi, io non la giudico cosa troppo laudabile per cagione di sentirsi il Salmo in Tuono di diversa voce dal ripiglio dell' Antifona. Quando però si dovesse rimettere l' antifona ò per la troppa altezza, o bassezza del Salmo, ciò deve esser secondo il prudente giudicio di chi dovrà ripigliarle. Mà lasciamo queste pagatelle, e passiamo a cose piu massiccie, e Dottrinali. Annotazione Sesta nelli Capitoli ventunesimo, e ventiduesimo Dimostra una mano chiamata da Lui la mano di Boezio con i nomi delle note Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La. Dice che Boezio congiunse gl' antichi modi con quelli di Guido. Dimostra altre mani con accidenti di B: molli, e Diesis, dicendo la prima congiunta di Boezio, e l' altra, che ebbe principio da Platone [[..]]. [-15-] À queste Cose si risponde brevemente, che ne Platone, ne Boezio mai si segnarono tanti B molli, e Diesis coi nomi delle note, perche l' Inventore dei Nomi delle Note fù Guido Posteriore di sei, e più secoli à Boezio,e molti più agl' antichi Filosofi, e la pluralità de B molli è stata introdotta Molto doppo Guido; e al tempo di Guido non si praticava che il B molle nel Tetracordo Synemmenon, come attesta ancora il Franchino Libro 3 capitolo 3. Anzi in tutti e quattro i Libri del Franchino, che visse nel [del ante corr.] decimo quarto secolo non vi trovo altra cognizione di Diesis fuori dell' Enarmonico, del quale egli parla così: Sunt et qui apposizione huius signi [signum] notulam, cui apponitur, deprimi volunt minimo dieseos intervallo, quod Enharmonici generis est...... At cum vel Chromatico vel permixto generi id sanè competat, praeses haec cura refellit: Diatonicam tantum Guidonis referens institutiones. Ore se il Franchino, con tanto lume in tutta la sua opera adorna di tanti essempi di Cantilene non parla mai d' altro Diesis, che del già detto di sopra, non è questo un forte arcomento di dire, che questo nostro buon uomo non sa quel che si dice? Il Primo che abbia usato il segno del Diesis fù il famoso Josquino nl decimo Sesto Secolo. Instruzione per bene intendere ciò che seguentemente si tratterà. Il Coma non è altro, che una minima particelle di voce contenuta secondo gl' Antichi nove volte in un Tuono perfetto, ò per meglio dire egli è una delle parti in cui dividevano il Tuono. E perche il Tuono si divideva in due Semituoni, uno maggiore, e l' altro minore, assegnarono cinque Coma al maggiore, e quatro al Minore. Questa divisione de' Semituoni è stata nel' antico diversamente trattata: onde Molti ancora de temi nostri anno chiamato semituono minore quell' intervallo, che è tra le corde, a, e b: e semituono maggiore, quello che è tra a detta B, e [sqb]; perche nella divisione Pitagorica, che è stata la più comune il Semituono tra l' a e' l b è di proporzione super13partiente243:e il Semituono dalla b al [sqb] è in proporzione super139partiente 2048 [super159partiente ante corr.]: onde il primo è quasi la ventesima parte del suo tutto, e il secondo è quasi la decimasesta parte del suo tutto. Ma questa divisione con tutte l' altre antiche in oggi non servono, mentre che in esse non vi erano altre consonanze che la Diapason, Diapente, e Diatessaron, e tutti gli altri intervalli erano disonanti, a riserva della sintona di Tolomeo ritrovandosi in essa il Ditono. Onde fà di mestieri sapere, che nella divisione del Sistema, che sinoggi si pratica il Tuono non si divide in nove parti, mà bensi in cinque, essendo il semituono maggiore di tre, e il minore di due. Il Semituono maggiore è quello che corre dall' a alla b, e il minore dalla b al [sqb], che vale a dire tutto all' opposto de' Semituoni antichi. Il Semituono minore è quello abbassamento, e accrescimento di voce, che fanno i b molli, e i Diesis alle Note alle quali accanto son posti: e Semituono maggiore è quell' intervallo che corre dai detti B molli, e Diesis, fino a compire l' intera degradazione d' un Tuono. Il Semituono maggiore perche si pratica naturalmente io lo chiamo semituono naturale: il che non si può dire del minore; mercecche a metterlo in pratica è necessario intonar prima la corda naturalmente com' è, e poi immediatamente intonarla col b molle, il che non si può fare senz' arte; onde io non lo chiamo naturale, e per questo non si ammette nel Genere Diatonico, mà bensì nel Cromatico. Quello che hò detto del B molle si dica nel Diesis, con questo divario, che il Semituono maggiore è quello, che è sopra il Diesis, quale io chiamo naturale, per la somma facilità con cui s' intuonano, e quello che è sotto il Diesis si dira minore. Il Maggiore si chiama ancora [[di]] proveniente da Diesis occulto (mercecche nel genere Diatonico si usano bensì i Diesis, mà non si segnano mai); e di questo occulto Diesis ne parla il Franchino libro 1 capitolo13: con queste parole: Persaepe etiam plerique pronuntiant sol sub fa, Semitonii, intervallo, quum potissime proceditur his notulis La, Sol, La; incipiendo in Alamire rursusque in ipsum terminando: ut Salve Regina. Atque item inter Sol, et Fa incipiendo, et terminando in Gsolreut hoc transitu Sol, Da, Sol: quod Ambrosiani plerumque modulari solent. Onde si conferma che solo il semituono maggiore è naturale: mentre che volendo praticare il minore, bisogna prima intonare la corda naturalmente, e poi darà il diesis; il che naturalmente non si può fare. Di qui s' intenderanno i grossi abbagli, che nel discorrer del Coma hà presi questo nostro Autore, con ammeterli ancora, che il Tuono perfetto si divida in nove Coma. In oltre par che Egli erri nella cognizione della divisione de communi Srumenti Cimbali, e Organi. Per conoscere i quali errori Vostra Signoria Sappia che negli Strumenti communi molti sono i tasti bianchi, e molti i neri; ma essenzialmente non sono più che sette i tasti bianchi e cinque i neri come à tutti è noto. Trà i tasti neri vi Sono tre Diesis, e due B molli. Il primo B molle è tra l' A, e B: e questo e B molle della B mi: il secondo è tra l' F, e la G:, e l' A qual è Diesis della G: Tra le Corde B, e C:; E, e F: non vi è il tasto nero, perche tra loro vi corre un Semituono maggiore, essendo posti li neri solamente trà quelle corde che dal' una all' altra vi corre un tuono, cciò questo resti diviso in due Tuoni Maggiore, e Minore. [-16-] Deve ancora Sapere che ci sono stati Autori, che anno fatte composizioni, con intendere, che gli Diesis sieno ancora B molli, come per esempio il [a ante corr.] Diesis di Ffaut sia B molle di Gsolreut; onde in questa maniera vengono à dividere il Tuono in due eguali semituoni; Onde Costoro sono più tosto semplici che sapienti; perche quel che è B molle non può esser mai essenzialmente Diesis. Di più ci sono ancora alcuni, che nominano il Tuono maggiore, e il Tuono Minore seguendo la divisione del Sistema di Tolomeo. Ora in detta divisione essendo il primo intervallo del Tetracordo, cioè il Semituono, in proporzione sesquiquintadecima, il Tuono seguente in sesquiottava, e l' altro in Sesquinona, per questo chiamano il Primo Tuono, Tuono maggiore, e il Secondo Tuono minore. Ecole di nuovo la sua dimostrazione con li due primi Tetracordi. [Beccatelli, Annotazioni, 16; text: 108, 120, 135, 144, 160, 180, 193, a. g. E. D. [sqb].] Mà così come con queste divisioni non si può mostrare perfettamente l' essenza di tutte le consonanze, così è vano, e falso il dire, che ci sia il Tuono maggiore, e Minore tanto più, che l' esperienza fà chiaramente conoscere, che li Tuoni son tutti uguali, perche dall' Ut al Re corre un Tuono perfetto, che naturalmente risiede tra la C: e la D: il qual intervallo chiamano Tuono Maggiore; dunque stando questo l' intervallo tra la D e la E sarà il Tuono Minore. Gran cecità. Mà venghiamo alla prove degli Strumenti, poiche potrebbe esser detto, che il Senso della voce umana trattandosi di perfezione è ingannevole. Piglisi adunque uno Strumento perfettamente accordato, prendasene poi un altro, e s' accordi una voce sopra il primo. Ora se le corde C, e D del secondo Strumento son le medesime della D; e la C del primo, ne viene in consequenza, che l' intervallo del Tuono che è tra a D, e la C del primo Strumento, chiamato Tuono Minore, sia uguale al' Intervallo C e D del Secondo chiamato Tuono maggiore. Dunque è falsissimo il dire che ci sia il Tuono Maggiore, e Minore, essendo che tutti sono uguali. Io le potrei dimostrare ancora in questo luogo il modo di provare la sudetta divisione del Tuono in cinque Quinti, il quale si fà con uno Strumento a due Registri; mà per essere una operazione non solo fastidiosa a descriversi, mà eziamdìo malagevole a capirsi, ho stimato bene il tralasciarla, e solo li serva il sapere, che in verità la Cosa è così. Questo mi pare à sufficienza per intendere ciò, che è necessario per le seguenti annotazioni. Annotazione Settima nei Capitolo 24, 25, 26, e 27. Primo insegna. Che l' Armonia sia formata di tre generi di voce, che sono, Tuono perfetto, Semituono Maggiore, e Semituono minore. Secondo. che il Tuono perfetto risiede nelle quatro Voci Ut, RE, Sol, La; Il semituono magiore nel mi, e il Minore nel Fa: producendo per raggione, che l' Ut, Re, Sol, La sono voci perfette, e le altre imperfette. Terzo. Si mette a parlare della divisione del Tuono perfetto in nove Coma, perche Boezio divide il Tuono in quattro diesis, e un Coma. (Avverta che questi Diesis sono gli antichi, cioè Enarmonici, quali dividono il semituono in due parti): e per questo Egli ancora divide il Tuono perfetto in nove Coma. Fin qui non può dirr meglio; mà ora ne viene il buono. Ora egli avvanza il suo insegnamento con dire, che non intende parlare di questa divisione, o per meglio dire distribuzione del Coma per intervallo, che corra da una aall' altra voce, mà per la quantità del Fiato, che ci vuole in pronunciare, e proferire con la voce le Sillabe della Deduzione, chiamando detto Fiato Quantità discreta, e per conseguenza mensurabile. [-17-] Quarto. Che la Causa della dolce, ò aspra armonia, che nasce trà gl' Intervalli consonanti, e dissonanti sia la quantità dei Coma, che essi intervalli contengono: Eg;o sesso intende, e vvuole, che detti Intervalli si numerino composti,e non semplici, cioè che volendo numerare una quarta non si dica Ut, [[Re]] Fa, Re, Sol, mà Ut, Re, Mi, Fa, Re, Mi, Fa, Sol, e così degl' altri intervalli; e il numero dei coma vvuole, che s' addatti ad ogni Sillaba secondo l' essenza ch' Egli le dà. Per essempio numerando la prima di dette quarte, alla voce Ut, che chiama Tuono perfetto vi si deve segnare il 9: intendendosi nove coma, perche il Tuono perfetto consta di nove coma; alla voce Re, che anco questo secondo Lui è Tuono perfetto vi si deve segnare il 9: alla voce Mi, che chiama semituono maggiore si segna 5; e alla Voce Fa chiamata da Lui Semitono minore si segna il 4: nella seguente forma [Beccatelli, Annotazioni, 17; text: 9, 5, 4] Sicchè sommati questi numeri, questa quarta costa di 2 Coma, i quali Coma per esser di numero impari, che non si possono dividere in due parti uguali, e per gli estremi disuguali: secondo la sua regola questa Quarta è Falsissima, e Dissinante; che se avesse gli estremi uguali, o le parti allora sarebbe perfettissima. Queste, e simili inezie insegna ne predetti capitoli> Ma per dar principio a dir qualche Cosa Sopra questo Chaos di Spropositi comincierò dai due primi punti. Quanto al primo, che sieno nella Musica le divisioni di Tuono, Semituono maggiore, e Minore questo è verissimo; Ma che per formar l' armonia si richieda metter in pratica ambidue li semituoni, questo è falso; perche le Composizioni Diatoniche, non ammettono altro Semituono, che il Maggiore. Di qui è che tutti quei Regolisti, che nel capitolo 28 chiama poco esperti, si vede chiaramente, che erano più dotti di Lui, mentre negarono il Semituono maggiore, non perche intendessero negare quel Semituono che è veramente maggiore; mà perche non avendo cognizione della vera divisione del Monocordo credevano Maggiore quello, che è minore, e chiamavano Minore il Semituono naturale; e perche nelle composizioni Diatoniche non si ammette altro semituono, che il Naturale, e questo lo chiamavano minore, per questo negavano il maggiore, onde la poca esperienza loro non consisteva in altro, che non conoscere realmente l' essenza de semituoni. Il praticare ambidue li semituoni è proprio del genere Cromatico, o pure in Composizioni Miste dell' uno, e dell' altro genere. E queste composizioni in quei luoghi, dove s;useranno li semituoni minore saranno sempre languide, flebili, deboli, e prive di quella risonante Armonia, che anno le Diatoniche. Sicche Costui non sa quello, che si dice, ne eziamdio sà, che cosa sia semituono maggiore, ne Minore, come dal suo insegnamento chiaramente si vede. All' altro Io non intendo come Egli qui dica, che le quatro Voci Ut, Re, Sol, e La si pronuncino naturalmente e il Mi, et il La con arte; mentre Egli al Capitolo 20 insegna, che l' Ut e' l Sol devono pronunciarsi con terribilità; il Re, et il La con affetto allegro; il Mì con affetto sdegnoso,e il Colera, e che spiri più il fiato per il naso, che per la bocca; Il Fa competentemente gagliardo, e non molto allegro. Sicche secondo il suo parere nissuna voce sara proferita naturalmente, ma tutte con arte: dunque tutte imperfette. Questi stessi sentimenti hò letti in Altri a mio giudicio suoi seguaci: tuttavìa questi giocondi pensieri nelli Autori Classici non li hò mai trovati, ne mi soviene, che per insegnarmi i miei riveriti maestri usassero queste diversità; e ne pure io le pratico sembrandomi riflessi da Persone Semplici, e Idiote. E la ragione mia in breve è questa che la stessa nota Verbi Grazia Mi si deve pronunciare per La nel discendere: Che adunque la stessa voce si dovrà pronunciare ora con terribilita, ora con dolcezza? dunque la parola stessa, sarà sillaba per sillaba pronunciata aspra, dolce, cruda, e soave, in Caso che costi di quattro sillabe, e queste cadino sopra l' Ut, Sol, Mi, Fa? Mà se mi fusse risposto, che questi loro insegnamenti si devono applicare solamente alle note, io rispondo; che il recar diletto colla Musica, a chi ascolta nasce dalla dolcezza, e soavità del Canto, non dal Cantar come insegnano Costoro or aspro, terribile, crudele, e orgoglioso, essendo queste maniere più proprie a dilettar i Cavalli, che gli Uomini, Mercecchè Questi molto s' inquieterebbeno, e Quelli con tali modi sogliono risvegliarsi, e prendere Spirito. passiamo al Terzo. Circa alla divisione del Tuono in nove Coma, il Semituono maggiore di cinque, e il minore di Quatro, io glielo accordo; perche come hò detto di sopra gli antichi credevano così, ed egli forse non poteva sapere le moderne divisioni, e l' esperienza, che sono state fatte, e per questo in questo capo, mi servirò della stessa sua divisione. Il dir poi, che non intende parlar del Coma per intervallo, mà che risieda nela quantità del fiato, che si spira in pronunciare le sillabe dalla deduzione, e che le [-18-] Voci Ut, Re, Sol, e La siano tuoi perfetti di nove Coma, il Mi semituono maggiore di cinque, e il Fa semituono Minore di quatro: questo è uno sproposito così grosso, che chi sia lo può agecolmente conoscere. Mà se lui fusse presente io gli farei queste interrogazioni. Ditemi di grazia mio Padrone. La Corda dove si dice Ut sol si dice ancora Fa; mà come può stare che la stessa corda per i vostri insegnamenti sia Tuono perfetto, e semituono minore? Se la cosa dunque và così, il vostro Coma risiede nelle sillabe, e non nelle voci; e se risiede nelle sillabe, Voi dite che la Sillaba Ut è Tuono perfetto di nove Coma, in oggi che questa Sillaba si chiama Do, sarei curioso di sapere, di quante Coma costera? Se mi dite che in proferire il Do, si pronuncia la stessa vocale el Sol, e per conseguenza anch' egli avrà nove coma; vi risponderò, che il Là hà la sua stessa vocale del Fa, e pur questi snon tanto diversi? Di più i Professori di Musica quando vogliono cantar da per loro qualch' aria non sono necessitati a usar le Sijllabe della deduzione, mà si servono di qual sijllaba più loro piace, e per lo più del La dicendo La La La La, e in questo Caso non si darebbe niuna distinzione' ? E poi quando si canta quel versetto: Solve vincla reis Se per Caso sopra la Corda, che dice Fa, vi cadesse la [il ante corr.] Sillaba Sol di Solve, quel Fà diventerebbe Tuono perfetto di nove Coma? Oh gran bestialitade! Mà Padron Mio Voi che dite, che questi Coma risiedono nel fiato, che si spira dalla bocca, avete Voi fatto riflessione, che li Cantori ora Cantano con voce gagliarda, e ora con soave; quando forte, e quando piano; secondo il senso delle parole, e secondo il loro buon gusto: Come ancora chi hà grande, e chi hà picciola voce. Come pretendete adunque di dar misura universale ad una Cosa, che in tutti i soggetti è particolare come quella dello Spira il fiato più, o meno? In oltre chi v' hà insegnato, che il fiato che si spira per la bocca sia quantità discreta, e per questo mensurabile? Dunque se fusse altra quantità non sarebbe mensurabile? Mi dispiace che in tutto, e per tutto abbiate avuti cattivi Maestri. Sapiate per tanto che il fiato è quantità continua, e che altresì questa quantità è mensurabile,onde non dovevate dire quel gran sproposito. Andianne avanti. Che la Causa intrinsica delle consonanze, e dissonanze sia il numero dei Coma in numero divisiile in due parti uguali, e in numero indivisibile: Questa è una sciochezza, che non ha pari; ed io per bizzaria [[diro]] m' estenderò un poco sopra questo. L' Autore dice: La Terza comunemente è tenuta di due modi maggiore, e minore; si dice maggiore perche contiene maggiore, e più diastimi della minore et cetera: La Terza realmente è di due Specie. La prima dice Re, Mi, Fa; e l' altra Mi, Fa, Sol. Il chiamar di divera specie gl' intervalli Musicali non s' intende rispetto a gli estremi, mà in riguardo alle note medie, cio è dal Semituono che dentro Loro contengono. Onde quando si dice Re, mi, Fa, il semituono sta nel secondo intervallo; e quando si dice Mi, Fa, Sol, sta nel primo. Quelle consonanze che in se non hanno semituono sono d' una sola specie, come è il Ditono, e il Tritono, mentre in esse non si puol dar variazione. Ora secondo questo bell' ingengo il Semituono costa di 18 Coma, e di tante appunto costa la seconda Maggiore, e pure quello è maggior intervallo di questa, quello si Compone di tre voci, e questa di due, quello è consonante, e questa nò? Di più se questo Semiditono Re, Mi, Fa, Noi lo chiamaremo Sol, La, Fa, iventerà Ditono, perche costerà di 22 Corda come il Ditono Fa, Sol, La; Come dunque si potranno mai superare queste gravissime difficoltà? Che a Seconda abbi 18 Coma, e la Terza minore il simile? E pure Egli dice, che la maggiore dicesi così, perche contiene più diastimi della Minore. Mà portiamoci ad esaminare questi suoi Coma. Le Terze minore Re, Mi,, Fa, e Mi, Fa, Sol amendue hanno 18 Coma uguali cioe 5, e 9; onde solamente questa sarà buona? Passiamo al Ditono. Il Ditono cio Terza maggiore è di due Specie, se si riguarda ai nomi delle conte, che l' una dice Ut, Re, Mi: e l' altra Fa, Sol, La; Mà realmente egli è d' una sola specie. Mà perche il nostro Autore lo dimosta in amendue le maniere, ancor io d' amendue discorrerò: Il Primo adunque costa di 23 Coma, il Secondo di 22. Il perimo però temo, che sia dissonante per le 23 Coma; che sono indivisibili, e il secondo perche hà gli estremi disuguali, e pure in sostanza tanto è il primo, che il secondo; onde tanto nelle Terze maggiori, quanto nelle minori vi sono molti intrighi. Mà ora m' avveggo, ch' Egli medesimo me gli scioglie tutti perche parlando di tutte queste Terze Maggiori, e Minori così la discorre: Questa Specie è difettosa nelli diastimi 23, che son et cetera come prosegue. Ah! Egli dice le belle cose! E così dalle sue nerborute raggioni io hò imparato, che le terze non sono buone Consonanze. Sicche saranno qualche poco Cattive, toltane la Terza Minore Mi, Fa, Sol? Ma piano che poco doppo dice, che ancora questa non è buona, perche hà a seconda nota alterabile col Diesis. Et io dico che ancora Re, mi, Fa, ha la seconda nota alterabile col BB molle. Mà che hanno da fare l' alterazioni delle note Medie per formar le consonanze, e gl' intervalli Musicali? Che non sono gli estremi quelli che costituiscono [-19-] detti intervalli? No! Mi rimetto. Passiamo avanti. Dopo il Ditono parla della Quarta, detta da Greci Diatessaron, dicendo: La Quarta pure è di due modi Maggiore, e Minore et cetera. La Quarta è di trè Specie. La Prima dice Re, Mi, Fa, Sol; La Seconda Mi, Fa, Sol, La; e la terza Ut, Re, Mi, Fa; e queste sono le Quarte Minori [minori ante corr.], che Egli chiama imperfette, perche hanno gli diastimi indivisibili.Mi suppongo però che dica delle due prime specie; perche la terza secondo le sue regole esser dee cattivissima, mentre negli estremi ancora è incompatibile, essendo il primo impari, e l' altro pari. Mà che direbbe Egli se io la facessi diventar perfettisima? Eccola. In vece di dire Ut, Re, Mi, Fa; dica Fa, Re, Mi, Fa; così in questa maniera contiene 22 Coma, ed hà l' ugualità negli estremi. Mà se questa Quarta hà 22 Coma, e le altre 27, converra dire, che sia molto Minor del' altre. Non v' è dubbio, mentre Questa secondo Lui non hà più coma di quel, che n' abbia il Semiditono, che dica Sol, La, Fa: e dicendo, che la Maggiore, qual è il Tritono si [se ante corr.] dice maggiore perche hà gli Estremi uno maggiore, e l' altro minore; dunque di tre modi saranno le Quarte, cioè Quarte Maggiori, che sono i Tritoni, Quarte Minori, che sono quelle di 27 Coma, e Quarte minorissime, che saranno quelle di 22 Coma. Oh che belle conseguenze si cavano dalle dottrine di questo grand' Uomo. Mà andiamo avanti, che ci sono cose più belle. Ne seguono le Quinte dette da Greci Diapenti, e sono di quattro Specie; :a prima dice Re, Mi, Fa, Sol, La: la seconda Mi, Fa, Sol, Re, Mi; la terza Fa, Sol, Re, Mi, Fa, la quarta Ut, Re, mi, Fa, Sol. Queste Egli le Chiama perfette perche hanno li Coma divisibili, e perche convengono negli Estremi, eccetto la Terza Specie, che hà gli Coma indivisibili, essendo di 31. Mi meraviglio che questa Diapente abbi un Coma di più: Io dico, che ne ha meno: contiamogli bene. La prima, e Quarta Specie ne ha 36, la Seconda ne ha 32, e la Terza, che è Fa, Fa, ne ha 31? sicche rispetto agli diestimi ancora le Quinte sono di tre modi come le Quarte; edi più la Terza sarà imperfetta perche il suo numero è indivisibile: E la quarta Specie se in luogo di dire Ut, Re, Mi, Fa, Sol, si dirà Fa, Re, Mi, Fa, Sol sarà cattivissima, perche di più avrà gli estremi incompatibili. E di dove cava Egli mai, che la Quinta Fa Fa non si possa perfettamente accordare negli strumenti? E che per questo ne sia cagionato il Tritono? Che ha à fare il Tritono con questa Quinta? Ovvìa poniamo il B molle alla Corda [sqb] sarà distrutto il Tritono, e lee Corde Fa Fa senza alterazione diranno Ut Sol: In questa maniera questa Quinta sarà bene accordarla? Io credo, che nel suo gran Cervello non l' abbi mai potuta accordare, e per questo ne nasce un discordante Tritono di Confusione, che l' accettasse affatto, sicche non potesse vedere le palpabili sciochezze, che Egli hà scritte nel Dottrinale di queste Materie. Io non mi voglio dilungar d' avvantaggio; solo parlerò dell' Ottava, perche in trattar di Questa, fa dire à Boezio uno Sfarfallone, che non lo sognò giammai. Queste son co suoi esempi le sue parole L' Ottava è di quatro Specie, e si chiama Diapason Madre, e Seno di tutte le Consonanze et cetera. eccone gli esempi [Beccatelli, Annotazioni, 19; text: Prima, Seconda,Terza, Quarta] [-20-] L' Ottava detta da Greci Diapason è di sette Specie, e non di quatro. La diversità della Specie, come già dissi, nasce dalla diversità del posto de Semituoni. L' Ottava comprende nella sua composta formazione due semituoni, e le sue specie sono sette, perche se dette specie son simili tra di loro nel primo semituono son dissimili però nel Secondo; e dicendo il nostro Sapientissimo Autore, che l' Ottava è di quatro specie, fà ben conoscere, che non intende cosa sieno queste Specie. Che ella sia madre, e Seno di tutte le consonanze, è la prima cosa, che Egli abbi detto di bene: Ma gli quatro esempi d' ottava, che pone son solamente quelli, che servono di forma alli primo quatro Tuoni Autentici; e quelle che servono di forma autentica alli Plagali dove sono? Dice poi che Boezio descrivendo la Diapason declina alla parte più debole dicendo: Diapason constat ex se tonis, et aliquid minus: si vede bene, che se il nostro autore hà avuta la facolta di legger Boezio, non l' hà però avuta per intenderlo. Ii Boezio parla della divisione antica pitagorica, detta Diatonica Diatona; e non parla mai di una sola specie d' Ottava, mà di tutte le Ottave. E queste Ottave nella detta divisione antica son un poco minori. Mà misurate con la divisione di Tolomeo detta Diatonica Sintona, che fa gli Tuoni uno di sesquiottava, e l' altro di sesquinona proporzione dette Ottave son maggiori una picciola particella di Sei Tuoni. E di queste parla Boezio. Conciossiacchè avendo fatto il riscontro ancora nell' altra divisione, cioè con tre Tuoni sesquiottavi, e tre sesquinoni io la trovavo maggiore di detti Sei Tuoni, questo,che divisa la Diapason in 25 parte ella supera gli sei Tuoni di tre quinti di una delle 25 parti, che vale à dire il termine minore di detta Diapason col termine minore degli sei tuoni è in proporzione supertriparziente 125; e tra il termine maggiore di detta Diapason col termine maggiore dei [[Sei]] sei Tuoni vi è proporzione minore di 74 à 73, e maggiore di 75 a 74. Eccole per piu Chiarezza l' esempio di quest' ultima proporzione. [Beccatelli, Annotazioni, 20,1; text: A. B. C. D. E. c. e. F. 1030, 10, 1050, 14, 1026, 1036] Adunque il termine maggiore de sei Tuoni sia A., e il termine maggiore della Diapason B. e la differenza C.: si moltiplichi C. per 75 ne verrà D. onde D: supera A. della quantità segnata E. di nuovo si moltiplichi C. per 74 ne verrà F., il quale è maggiore di B. la istessa quantità E. Dunque D. è maggiore di A. l' istessa quantità, che F. di B., e tra D, ed F vi è la proporzione di 75 a 74. Dunque trà A. e B. vi sarà una maggior proporzione, perciò si dirà che tra il termine maggior di sei Tuoni, e il termine maggiore della Diapason vi è maggior proporzione di 75 a 74. In oltri posti i stessi numeri al contrario nella seguente maniera [Beccatelli, Annotazioni, 20,2; text: E, B.C.D. E. F. 1036, 4, 1040, 14, 1022., 4, 1026] Si moltiplichi il medesmo C. per 74 avremo D. doppoi si moltiplichi per 73 avremo F. e vedremo che D. vien superato da A. della quantità E., e della Stessa quantità F. vien superato da B. e perche tra D. ed F. vi è la proporzione di 74 a 73, ne viene, che tra A. e B. vi sia minor proporzione di questa, onde si dirà, che trà il termine maggiore de sei Tuoni, e il termine maggiore della Diapason vi è minor proporzione, che 74 a 73, e maggiore, che di 75 a 74, e di tanto son maggiori i Sei tuoni della Diapason. [-21-] Ecco la dimostrazione della prima. Moltiplicati li sei Tuoni li termini prodotti sono questi 531441 – 262144 e non avendo questi termini comun partitore, e non potendosi dal maggiore cavar la dupla, io hò tolta come insensibilissima ad ambidue un unità, e gli hò costituiti così 5341440 – 262143 ridotti a termini radicali col partirli per sette, e poi per 73 vengono questi 1040 – 513 Cavata dal maggiore la dupla, che è la proporzione della Diapason, ne seguono questi tre termini [Beccatelli, Annotazioni, 21,1; text: 1040, 520, 513, 7, 8, Termine maggiore, minore della Diapason, delli sei Tuoni, Differenza, Sessagesima quinta parte] Dimostrazione seconda. Moltiplicati li 6 Tuoni tre di sesquiottava, e tre di sesquinona proporzione, Li termini prodotti son questi 729000 – 373248 ridotti a termini radicali con partirli prima per 729, e poi per 4 ne vengono questi 250 – 128 cavata dal maggiore la dupla ne seguono questi tre termini [Beccatelli, Annotazioni, 21,2; text: 250, 128, 125, 3, 5, Termine maggiore, minore, della Diapason, Differenza, Vigesimaquinta parte] E perche in tutte le divisioni antiche, come hò detto altre volte vi si trovano degli Intervalli di Quinta, che non hanno la lor proporzione; può esser perciò che Costui abbia di tali cose sentito parlare, e non essendo capace d' intenderle, abbia detti simili spropositi; mancando di gran cognizione per quanto si vede quando parla di dette proporzioni, che di questo ancora à suo luogo si [se ante corr.] discorrerà. Nella divisione Moderna l' Ottava è maggior di sei Tuoni un quinto, che vale a dire due Coma. E questa notata moderna divisione si riduce all' atto pratico di accordare gli Strumenti con il solo togliere un poco della sua perfezione ugualmente a tutte le Quinte, e così se ne cava, che non vi sono ne Quinte ne Ottave, che sieno l' una dall' altra differenti d' un Tomo. Se poi à questo nostro Autore non tornava questa uguaglianza ne' suoi strumenti; i quali Dio sà se sapeva accordare, questo avveniva per dar qualche ripiego agli sconcerti delli suoi Come consistenti per lui nelle Sillabe della deduzione; e non negli Intervalli. Mà che che Egli si confonda ancora in questo non è da dubitarne, mentre negando nel Cnto il Coma per Intervallo, vuol poi che negli Strumenti si computi per intervallo. Sentiamo quello che Egli dice nel capitolo 14 e si vedrà. Sicche à numerare con i Coma una consonanza negli Strumenti ella sarà diversa da quelle, che si formano colla voce? Mà portiamoci con questo punto al suo capitolo 28, e per cagion d' essempio riflettiamo sopra la Quinta descritta da Lui nel detto Capitolo, a numerar la quale negli Strumenti si dovrà far così [Beccatelli, Annotazioni, 21,3; text: 9, 5, 4] [-22-] Mentre il Coma risiede per intervallo nella formazione d' una voce all' altra perfetta secondo il suo notato insegnamento: e colla voce si deve numerar così. [Beccatelli, Annotazioni, 22,1; text: 9, 5, 4] Dunque negli Strumenti questa Quinta è Cattiva mentre costa di 27 Coma; e colla voce è perfetta perche costa di 36? Qui mi nasce una difficoltà, sopra il moto, che dice il nostro Autore doversi presuporre della nota antecedente. Mà state! Ora penso d' aver trovato questo moto precedente alle Consonanze, e sarà che nel Canto prima di cantare bisogna aprir la bocca, e negli Strumenti muoversi la Mano, benche ancora qui ci trovo qualche difficultà nel numerare questa apertura di bocca, o mossa di mano un numero determinato, mentre tra [fra ante corr.] gli Cantori vi è chi l' ha grande, e chi l' ha piccola, e chi l' apre più, e chi meno. Così trà Sonatori vi è chi più, o meno alzi la mano. Onde non vedo dove possa mettermi al Sicuro questa numerazione. Solo dirò, che le parole di Boezio: Pulsus, et percussio non potest esse sine motu, idest nisi priùs motus praecedat: e quelle d' Alberto Magno: Sonus non est sine commotione, eo quod eius esse est in fieri post motum. Io le intendo così che qualsisìa corda di Strumento non darà suono alcuno, se avanti non le sarà data la vibrazione, e il moto; cessato il Moto; cesserà anche il Tuono. Ma questi Moti, e percussioni come ancora la quantità del fiato non ga che fare cosa alcuna con gli Coma, che sono picciolissime particelle della voce, e non particelle o di Moto, o di Fiato. Egli chiama poi il numero novenario numero perfetto. Mà questo è falso perche gli Antichi chiamavano il numero Ternario perfetto, essendo radice quadra del novenario. Mà il numero sonoro è il Senario. Mà per uscire una volta di questa si sciocca Materia tralascierò di parlare come nel capitolo 29 confessa che da Alamire, a B mi son nove coma; ma ad ogni modo perche dice Mi vi ci si deve scriver cinque. Così accorda il Coma per intervallo, e poi lo nega. Dice che nella Musica tutte le voci sono imperfette. E nell' uno, e nell' altro Capitolo parla così confusamente di queste talisciochezze, che appena si lascia intendere. Nei Capitolo 34, 42, e 43 torna à parlar dei Coma per intevallo. Nel capitolo 37 chiama Specie di Tritono questo passo per causa di doversi dire nello stesso luogo, e Fa, e mi [Beccatelli, Annotazioni, 22,2] Mà se fussero due Alamire non sarebbe già detta specie. Tralascio adunque di parlar di vantaggio di queste, e molt' altre sciempiataggini per non esser troppo prolisso, e perche chi ben intende la vera divisione della voce da se medesimo può benissimo conoscerle, e in oltre mi è necessario di passare ad altre materie più curiose, e più degne di riflessione. Annotazione Ottava nei Capitoli 30, 42, 43, 44, 45, e 46. Uscito dalla distribuzione del Coma, entra il nostro Autore in un altro pelago di maggior confusione del passato: introducendosj à trattare de generi del Canto, sopra de quali comincia con semplice cenno nel Capitolo 30 dove dice, che il caminar di semituono in semituono sia di genere Diatonico. Nel capitolo 42 che sono i due Generi di Canto, Armonico, e Diatonico. Che il Canto Armonico consista nel non mutar nome alla nota che si Canta, mà se si dice Fa sid ebba sempre dir Fa, concedendo però le mutazioni, mà solamente per i Fa naturali. Che il Genere Diatonico sia quando una nota per un accidente vi si muta il nome senza alterazione di voce, come se in[sqb] vi si ponesse la b allora in A si deve dire non più re, mà Mi. Quando poi in una corda si dice diverso nome immediatamente con diverso suono di voce, come per essempio cantandosi per B quadro nella Corda [sqb] vi si dice mi, se sopragunge il b molle in detta corda vi si deve dir Fa, e per lo contrario levato il B molle nella Stessa corda si deve dir Mi, e il medesimo vuole, che s' intenda per Causa de Diesis. E questo chiama Diatonico proprio dalla parola Diatonos, che vuol dire due Tuoni. Nel capitolo 43: chiama Armonico quel modo di Canto che nell' antecedente Capitolo hà chiamato Diatonico [-23-] improprio. Mà per esser meglio inteso dimostrerò con le note ciò, che intende dire questo Autore. [Beccatelli, Annotazioni, 23,1; text: Questa Cantilena secondo Lui è di Canto Armonico. In ci sono quei modi chiamati da Lui Diatonici Improprij. Proprij.] Nel Capitolo 44. Doppod' aver detto, che San Gregorio detto il suo Antifonario a Guido Aretino acciò lo disponesse in modo più facile, dice che il Canto era di tre generi Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico. Il Diatonico già l' hà descritto di Sopra. Del Cromatico dice, che è quello che camina con diversita di semituoni, e scisoni (qual parola non mai ne letta ne intesa). L' Enarmonico è quelo, in cui si canta gradatamente sempre la stessa Nota, e ne porta l' essempio cosi [Beccatelli, Annotazioni, 23, 2] In oltre dice che San Gregorio inserì nel suo Canto tutti trè i detti generi, parlandone di tutti distesamente; e che poi da questi ne sia nato l' Armonico nel Canto Fermo Nel Capitolo 45 doppo aver detto che per uno accidente, o per l' altro la stessa nota può chiamarsi con tutti i sei nomi, dice che questa difficoltà ha mossi alcuni à formare Monocordi Cromatici, non avendo cognizione del Platonico. Nel capitolo 46 dice così. Scipione la Corcia segna il b in :d: e :gg: nelle sue opere per introdurre à dar quelle voci con vivacita e senza torcer la bocca, non avendo la guida del # che fà quell' effetto; e ne da l' essempio di detto Autore [Beccatelli, Annotazioni, 23,3] e poi seguita nello stesso capitolo molt' altre descrizioni. Per arrivare a conoscere le false, e sciocche opinioni di questo grand' uomo, è necessario spiegare che cosa sieno li generi del Canto per dottrina dichi non gli sapesse. Gli Generi del Canto son tre Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico. Il più antico genere è il primo, quale deriva da Pitagora, che trovò la ragione delle consonanze; con la derivazione, e addizione di moltaltri Autori, come ne hò parlato nella prima Annotazione sappi però Vostra Signoria che il Tetracordo è misura comune à tutti gli generi per gli suoi estremi. E la sua diversità secondo la diversità de generi consiste nelle corde intermedie. Onde la divisione del Tetracordo del Genere Diatonico procede dal grave all' acuto per un Semituono magiore, e Tuono, e Tuono. E perche in ogni Tetracordo vi risiedono due Tuoni gradatamente l' un doppo l' altro per questo gl' Antichi lo chiamarono Diatonico dalla voce Diatonos, he vuol dire per Tuoni. Questo genere è quello del quale si serve Santa Chiesa nelli divini ufficj, stimato tanto dai Santi Padri per essere il Canto di questo genere nobile, Grave, Modesto, e Devoto. Il che procede dal non praticarsi in esso altri semituoni che i maggiori, chiamati da me naturali; conciossiacche l' uso de semituoni minori rende il Canto molto aspro, ed ingrato. Eccole la dimostrazione delli cinque Tetracordi Diatonici [-24-] [Beccatelli, Annotazioni, 24; text: Hypato Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Il Genere Cromatico trovo scritto che fosse invenzione di Timoteo milesio. Questo genere è quello che nella sua divisione procede dal grave all' acuto per semituono minore, semituono maggiore, e Trihemituono, che è tanto a dire Semiditono. Questo genere è quello che mette in pratica, e si serve di ambidue li Semituoni maggiore, e minore. È poi detto Cromatico, quasiche colorito, o variato, poiche la terza corda del Tetracordo di questo genere fa diversità di Canto, e diversità d' intervalli dal Genere Diatonico, restando l' altre tre corde Comuni à questi due generi. Il Cantare in questo è proibito nelle Chiese, perche rende il Canto aspro, e odioso, se è trattato da Persone poco esperte; se poi da Persone dotte sarà languido, mole, vile, e effeminato. Per questo forse Pio IV fù per proibire la musica universalmente dalla Chiesa, mà fù ritenuto dal sentire le Composizioni di Pier Luigi Prenestino, chiamato volgarmente Palestina, le quali più tosto piacendo al detto Sommo Pontefice, come dice il Padre Scorpione, ordinò che nelle Chiese si cantasse solamente in detto Stile, che è puramente Diatonico. Tuttavìa è tollerato nelle Musiche concertate la mescolanza di questi due generi Diatonico, e Cromatico per il grande aiuto che danno al Canto, e all' Organo e agl' altri Strumenti e perciò il Canto si rende più gradito, e diletevole, senza punto offendere la divozione, e la pietà, ò pregiudicare al decoro Ecclesiastico. Di quì mi meraviglio, che si trovino in oggi Persone così delicate di Spirito, che arrivino à persuadere esser degno di pianto, e compassione il nostro corrotto secolo per l' introduzione delle profane Musiche nele Chiese, riportando le ammonizioni di San Gerolamo ad alcuni Cantori Ecclesiastici dove dice nel liro 3 capitolo 5 in Epistola ad Ephesios: ne in Ecclesia Theatrales moduli rudiantur et Cantica; à quali io risponderei, che i modi e modulazioni musicali, che si praticano in oggi ne nostri Teatri, mille anni doppo di detto Santo non erano ne men sognati. Onde è da dire che San Girolamo vietava a [[que]] Cantori Ecclesiastici l' uso del Canto Istrionico, o Mimico, le maniere del quale tanto antiche, che moderne, sono di accompagnare le loro Canzoni, e Balli con Suoni ridicoli, con atti, e gesti impuri, come si ricava da molti Autori. E chi volesse restar pienamente informato di queste maniere legga Pietro dalla Valle nella parte seconda de' suoi viaggi per la Persia, e così vedrà come a suo tempo si conservavano ancora in que' regni questi modi di Canti e balli osceni. In oltre risponderei a Costoro tanto scrupolosi, che in mille luoghi della Sacra Scrittura si vede come Iddio si compiaceva di essere onorato da Noi miserabili con Canti, e suoni di diversi Strumenti allegri, e festivi; e con quante esortazioni i Santi [nei add. infra lin.] Patriarchi inducessero i Popoli ad usargli. E per lasciare da parte il Santo Re David, e Salomone servirà solo, che io quì porti il seguente della solenne dedicazione del tempio. Tam Levitae quam Cantores, idest, et qui sub Ajaph erant, et qui sub Eman, et qui sub Dithun (questi erano i [t ante corr.] tre principali maestri) Cymbalis, et psalterijs, et citaris canere parabant stantes ad orientalem plagam altaris, et cum eis Sacerdos centum viginti canentes Tubis. E se mi fose soggiunto, che non intendono dar contro alla quantità de Strumenti, ne allo Strepitoso, e festivo lor suono, ma solo a certe cantilene profane, e a cert' arie così allegre, che par, che incitino al ballo, e per conseguenza indecorose nella Chiesa. A questo rispondo, che ancor io son dello stesso parere, e detesto, e abomino le Cantilene Profane, quando mai s' usassero, delle quali però in oggi non ne sento; tanto più che furono proibite ne divini ufficj le Cantate volgari. In oltre io molto venero l' ordine Santissimo d' Alessandro Settimo nella costituzione che fece, cioè che doppo i Salmi altro non si cantasse, che le loro Antifone. Tuttavìa non sò del tutto condannare l' uso di intrecciar qualche Mottetto per render più gradite, e dilettevoli le Feste: purche in esso si adoperino parole della sacra Scritttura, o almeno non si partino dal senso della medesima; e non sijno certa razzia di parole barbare, che hanno più del volgare, che del Latino. Mà ohime come mai si può approvare l' uso di Certi Cantori effeminati, che con diriasciaquamenti di voce sogliono cantare, e pur piacciono al volgo, che gli rende applauso! Solo dirò col sentimento de Santi Padri: guai à Coloro, che in vece d' indurre il Popolo à glorificare Iddio, procurano di trar à se soli la lode. [-25-] Circa poi all' Arie, che par che incitino al Ballo io dico che qualsisìa aria eziamdio Mesta, e lugubre si puol ridurre al ballo: Onde se questi veramente fusse male bisognarebbe toglier dalla Chiesa ogni sorta di Suoni ò di Strumenti. Ma io non riconosco questo male, quando specificatamente quest' arie non fossero Tresconi, Bergamasche, Minuet, Ruggieri, e simili ne sò ritrovar la ragione di scandalizarsi nel sentire pensieri, e motivi allegri nelle sinfonie, ed altre cose che si suonano in Chiesa, con tutto che in qualcheduno potessero arrivare a dar incitazione al ballo: Mentre che nell' introduzione dell' Arca in Gerusalemme: David autem, et ognis Israel ludebant coram Domino in omnibus lignis fabrefactis, et Cytharis, et Lyris, et Sistris, et Cymbalis. e poi soggiunge, che David saltabat totis viribus ante Dominum. Inoltre nella Siria fù costume, come forse lo sarà ancora, di andare alla Chiesa nel giorno della Ressurezione sonando, e ballando: Di più leggo che nella Spagna, e nell' Indie son soliti accompagnare il Santissimo Sacramento col premettere un Coro di Giovani, che d' avanti van cantando, e altro non fan, che ballare. E la nostra Santa Maria Madalena de Pazzi mossa anch' ella da certo gaudio Spirituale delle riportate vittorie sopra il nemico infernale, con graziosa maniera ballava, e saltava, e faceva gesti, che mostravano la letizia del suo Cuore. A me questo basta per provare che certi impulsi d' allegrezza però pìa e devota non posson esser mai di scandalo nela Chiesa di Dio. In ultimo se a questi tali non li servissero queste tali quali ragioni in difesa delle compositioni Musicali all' uso moderno, oltre a tant' altre, che se ne potrebbero addurre, io li manderei a vederne di quelle più forti, nell' ultima impressione del Hierolexicon latino del Mauri Stampato in Venezia nel 1712 alla voce Cantus. Di grazia mi compatisca: e per ritornare nel mio incominciato sentiero trattandosi del genere Cromatico mi corre l' obbligo di avvertirla; che Non si può dare Composizione alcuna, che si possa dire totalmente Cromatica, conciossiacche questo genere da se solo non può reggere senza l' aiuto del Diatonico. Eccole la dimostrazione de' Tetracordo Cromatici. [Beccatelli, Annotazioni, 25, 1; text: Hypaton, Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Il Genere Enarmonico molti dicono, che fosse invenzione d' Olimpo. La divisione di questo Genere è che nel Tetracordo si divida il Semituono in due parti chiamate Diesis, i quali à distinzione delli Diesis comuni si scrivono in questa maniera [signum]. Questi Diesis Enarmonici sono un poco maggiori di un Quinto all' uso nostro, e nel Enarmonico di Tolomeo sono un poco minori, sicchè negli Strumenti nostri non gli possiamo avere ad uso di quelli antichi; Mà possiamo ben chiamare l' intervallo di un Quinto Diesis per approsimazione. Di qui dunque potrà Vostra Signoria conoscere quanto vadino ingannati coloro, che stimano potersi fare le composizioni Musicali totalmente in questo genere; e se sia stato usato, sara stato posto in uso con un solo Strumento senza concerto, e senza accompagnatura. E benche io abbia veduti alcuni Moderni Autori,e degni di Stima, che anno preteso di dimostrare composizioni di questo genere Enarmonico a più voci, io l' assicuro, che questa non è se non una ben massima semplicità: come potrà chiaramente conoscere dalla seguente dimostrazione degli suoi Tetracordi. [Beccatelli, Avvertimenti, 25,2; text: Hypaton, Meson, Diezeugmenon, Hyperboleon, Synemenon] Quel tanto, che si potrebbe metter in pratica, e che si accostasse à questo genere, si è, che in una Composizione dove si adoprano i Diesis, con qualche nota intermedia passare ai b molli delle corde accanto per dissopra a quelle, che si son toccate col Diesis. Mentre che dal Diesis d' una corda al B molle della corda dimostrazione in due esempi. Il primo accompagnato per la parte grave Diatonicamente, e il secondo Cromaticamente. [-26-] [Beccatelli, Annotazioni, 26,1; text: Primo, Secondo] Sicche solo come ho mostrato in questi esempi potremo dire Enarmonica una Composizione, quando si adoprerà qualche intervallo Enarmonico mediatamente: perche il servirsi degli Intervalli Enarmonici, e procedere per essi immediatamente con pretendere di far consonanza è una solenne pazzìa. E questo spero, che servirà per esser inteso nella Spiegazione di questi generi. Or venghiamo al nostro Autore. Al capitolo 30 in primo luogo egli spiega male la voce Diatonos, perche ella altro non significa, che l' intervallo che corre da una voce all' altra, e vuol dire due Tuoni, e non due Suoni. E poi il caminare di Semituon in Semituono questo è procedimento Cromatico, e non Diatonico. Sopra il Capitolo 42: dice che sono due Generi di Canto, Armonico cioè, e Diatonico; e del [dell ante corr.] primo non ne hò mai letto, ne sentito parlare dà alcun Autore o Moderno, oltre Lui, o Antico: e poi l' Armonia nasce dalli Generi Diatonico, e Cromatico: non so poi come questo nostro Filosofo chiami genere cosa prodotta da Generi? Questa voce Armonico per Genere si pratica nella Scienza delle proporzioni, dandosi le proporzionalità Arimmetica, Geometrica, e Armonico, come dimostrai da principio; mà non tra generi del Canto. Sopra il Capitolo 44. dice che San Gregorio vivea nel Quinto secolo, e Guido Aretino nell' undecimo. Si cavi la conseguenza se Detto Santo Padre diede il suo Graduale a Guido, acciò lo disponesse secondo la sua invenzione? Il produrre questo essempio per passo Enarmonico mi fa dubitare, che Costui intenda, che tutte le mostrate note si debbano chiamare con nome di Fà, mentre dice che il Canto Enarmonico è quello in cui si porta una stesa nota gradatamente in diverse corde con lo stesso Tuono: eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 26,2] Onde se ciò fusse vero che occorerebbero tanti vani suoi insegnamenti per legger le note; mentre in questo caso Egli medesimo pur potrebbe vedere, che Quelle Note dicono non sempre Fa, ma Mi, La, Sol, Fa. Ma quando ancora uno volesse nominarle tutte Fa, come può mai Egli intendere, che tutte faccino l' istesso Suono? Che metta ancora per Genere Enarmonico il saltare di Terza in Terza; di Quarta in Quarta; di Quinta in Quinta, e così degli altri intervalli; questo è maggiore sbaglio. E si vede bene che per quanto Egli Scrive, Egli era innocentissimo delle Materie di questi gener, e che solo aveva sentito dire, he si davano gli Generi Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico, i quali poi hà spiegati a suo modo. Ma perche Vostra Signoria intenda quello, che hò detto, che il Salto di Terza Minore sia specie Cromatica e di Terza Maggiore sia specie Enarmonica, deve sapere come alcuni anno creduto, che per comporre le Cantilene in questi generi non si debba servirsi d' altri suoni, movimenti, e intervalli che de dimostrati [-27-] nella divisione de' Loro Tetracordi come per Essempio. [Beccatelli, Annotazioni, 27,1; text: Tetracordi Diatonici. Cromatici. Enarmonici.] La Divisione Diatonica procede dal grave all' acuto per semituono Maggiore, Tuono, ee Tuono. Dunque li Canti Diatonici devono andra sempre di grado di Semituono maggiore di Tuono, e Tuono tanto in salire, che in discendere senza proceder mai per salto. La Divisione Cromatica procede dal grave all' acuto per semituno maggiore, Semituono minore, e Semiditono. Dunque le Composizioni Cromatiche devono sempre caminar di semituono in semituono, e di Salti di terza minore, senza proceder mai per altri intervalli. E così l' Enarmoniche composizioni devono sempre procedere di Diesis in Diesis Enarmonico, e di Salto di Terza Maggiore avvertendo,che le dimostrazioni delle divisioni di questo genere sono tutte in ascendente. E veda Vostra Signoria se queste illazioni non sono ridicolissime, e se son veramente semplci Coloro, che credono se non in tuto almeno in parte queste cose. Sappia poi Vostra Signoria che da Greci nel genere Enarmonico, e Cromatico i tre primi suoni dalla parte grave d' ogni Tetracordo, che contenevano nel primo i due Diesis, e nel secondo i due Semituoni, eran chiamati con questo nome [Pyknon] cioè Pichnon, che in nostra lingua cuol dir Spesso. cioè denso: onde doppo il Denso Enarmonico, ne succedette in ogni Tetracordo il Ditono; e doppo il Denso Cromatico il Semiditono; e doppo i due Tetracordi congiunti, ne succedeva il Tuono disgiuntivo. Eccone la dimostrazione. [Beccatelli, Annotazioni, 27,2; text: Enarmonico Genere, Cromatico, Nete Hyperboleon, Paranete, Trite, Diezeugmenon, Paramese, Tuono disgiuntivo, Mese, Lychanos Meson, Hypate, hypaton, Perhypate, Hypate, Proslambanomenos, Denso, Semituono, Semiditono, Tuono] Dunque Vostra Signoria comprenderà, che non sentirà altri Suoni nell' enarmonico se non che doppo un Diesis un altro Diesis tanto nel grave che nell' acuto, ma tre diesis l' un doppo l' altro non li potrà sentire, e doppo i due Diesis detti il Denso non sentirà altro salendo, che il Ditono, e discendendo il Tuono. Il simile si dice del genere Cromatico; se non che il denso di questo porta due semituoni; e il restante del Tetracordo è il Semiditono. Questo è un ristretto di tutto il terzo libro d' Aristosseno. Euclide però doppo aver disposti tutti i suoni come sopra per il Genere Diatonico, Cromatico, ed Enarmonico così descrive tutti i Tetracordi ispessati di tutti i tre generi, per i quali tuoni si faceva la mutazione da un genere al' altro: dice però [-28-] in questa maniera: Porro si misceantur genera sunt hi cioè [Beccatelli, Annotazioni, 28,1; text: Proslambanomenos, Hypate hypaton, [[Lychanos hypaton]], Perhypate, Lichanos, Enarmonico, Cromatico, Diatonos] Ma torniamo al nostro Autore il quale dice Che San Gregorio inserisse nel suo Canto tutti e tre li detti Generi. Cosa falsissima. Conciossiacche il Canto Grecoriano è puramente Diatonico, e non vi è mescolanza d' altri Generi, e se vi si adopra il b molle alla [sqb], dal qual b molle alla detta [sqb] vi è il semituono minore intervallo proprio del Genere Cromatico, non vi si adopra per farne la degradazione immediata, ma per distruggere il Tritono rispetto a natura grave, o la quinta falsa rispetto a natura acuta , e per l' uno, e per l' altro caso non è praticato, che per intervalli Diatonici. Se sia vero quello, che Egli dice nel Capitolo 46, e mostra nell' esempio di Scipione la Corcia io non posso farne il riscontro. Ma dato che sia vero, non sarà stato biasimato dai pochi intendenti, e senza ragione; ma bensì dai molto intendenti e con molta raggione. E in verità come poteva mai fare questo Autore mettere il B molle in quelle corde solamente perche vi si dicesse Fa, senza che alterassero la voce? Che non era ancora questo Musico arrivato a sapere; che il b molle rende più soave la mezza voce alla nota, che segue doppo di Lui? E se questo lo fece per non avere la cognizione del Diesis in questo caso si vede, che non avea nè meno la cognizion de B molli, e in tutte le maniere Egli ha operato ignorantemente. Ma io mi meraviglio molto che non conoscesse la forza di questi accidenti, particolarmente de Diesis di C ed F, e loro replicate, per esser questi chiaramente mostrati non solo nelle antiche divisioni del Cromatico, ma eziamdìo con tanta plurità ne nostri comuni Strumenti. Onde si può veramente chiamare non solo ignorante, ma ignorantissimo Colui, che si mette a comporre, e stampare le opere sue senza saper ne meno la forza degli accidenti, che si sapevano così chiaramente fino al tempo di Platone, e perche son le prime cose che s' insegnino alli Scolari. E poi io non credo, che Scipione la Corcia sia più antico di Platone, ma ne meno più antico di tanti organi Vecchi, che si trovano, che nella lor divisione anno li nominati intervalli; sicche questa cognizione Egli la doveva avere. Quello che io sopra ciò direi piu tosto si è, che temo à ragione, che il detto essempio sia falso,o pure malamente stampato: e quand' anco fosse vero dico che forse essendo stato il detto Corcia quatro secoli addiettro all' use de' [[b molli]] Diesis, perciò noon avendone di quelli cognizione usò in lor vece i b molli; come chiaramente si può comprendere da seguenti essempi [Beccatelli, 28,2; text: Primo, Secondo, Terzo, Quarto] Ma passiamo ad altre Materie Annotazione Nona Sopra il Capitolo 53. Io credo, che li paresse d' aver scritte pur le belle cose quando Egli distese questo Capitolo a far viva, e forte l sua men pesata opinione. Per rispondere a tutto non si meravigli se io mi diffenderò un poco più che non ho fatto nell' altre materie perche sopra questo ci sono molte cose da dire. Fa Egli primieramente un Dialogo tra Maestro e Discepolo, [e dice add. supra lin.] che non essendo più che quatro Diapenti, e tre Diatessaron per questo conseguentemente ne viene che non possino essere più d' otto i Tuoni. Oh bellissima conseguenza! Se la formazione d' un Tuono non eccedesse la Diapente, o la Diatessaron questo Autore direbbe il vero; mà perche la formazione perfetta d' un Tuono deve arrivare alla Diapason; e perche la Diapason si modula in due maniere, Armonicamente, e Aritmeticamente per questo son sette Tuoni per la medietà Armonica, e altri sette per la medietà Arimmetica. Ed è falsissimo, che questi tuoni oltre l' ottavo siano imitazioni degli otto Tuoni perche son Tuoni Reali differenti l' un dall' altro. E si prova in due modi. Primo che le Specie della Diapason son sette, e queste son differenti l' una dall' altra; onde essendo differenti dette Specie, e portando ciascheduna due Tuoi, secondo la duplicata loro divisione, per conseguenza son quatordeci Tuoni differenti l' un dall' altro. Secondo. La Diapason costa d' una Diapente, e d' una Diattessaron: Le Specie della Diapente son quatro, mà quelle della Diatessaron son tre sicche non possono unirsi sempre la medesima specie della Diapente con quella della Diattessaron; cioè prima con prima; seconda con seconda: Ma quando la Diapente si unisce con la Diattessaron, e quando con un altra, onde ne nasce la diversità, e non la similitudine come si vede chiaramente, che il Nono Tuono ha la Diapente della stessa Specie del Primo, e la Diatessaron della stessa specie del Terzo, sicche se il Nono si confronta nella Diapente col Primo, non si confronta già con lo Stesso nella Diattessaron. E cosi si discorra degli altri Tuoni. Ma che direbbe Costui se con le sue regole io gli facessi vedere, che li Tuoni non son più otto, ma bensì sei?Ecco la prova. Il Quinto, e Sesto Tuono lo Canta con b molle nella corda [sqb]. Onde il suo Diapente, che è della terza Specie, lo fanno divenir della Quarta, che è quella del settimo Tuono, e se l' esser dissimile un Tuono [-29-] dall' altro nella Diattessaron non importa cosa alcuna, purche sieno simili nelle Diapenti, bisognerà dire, che il Quinto è simile al Settimo, e il Sesto all' Ottavo; e se cosi è: non sono Eglino secondo i suoi insegnamenti solamente Sei i Tuoni? Io ho detto che gli Tuoni son quatordeci, non perche sieno tanti, ma perche potrebbero essere se pur si volessero. Tuttavia non son più che dodici, e le di loro forme mostrerò di sotto terminato questo discorso. Dice, che Molti Gravi Autori abbino prese le specie della Diapente, e Diatessaron per [sqb]quadro, e l' abbino ordinate per b molle per denominare le loro composizioni di quei Tuoni sopra l' Ottavo, perche non ci è Tuono alcuno degli dodeci che richieda il b molle se per altro non si trasportassero; E tutto ciò è falsissimo. Perche gli Antichi Auttori inventori de dodici Tuoni, li denominarono così perche realmente così sono; e benche sia vero che sono le medesime Diapenti, e Diattessaron, non però sono ordinate allo stesso modo, e però fanno ancora diversa la melodìa. Io però non intendo di parlare del Tuono Musicale il quale solo è di due sorte, cioè di Terza Maggiore, e di Terza minore, e nonsi possono dare altri [altre ante corr.] Tuoni se non un Tuono misto. Onde se gli Autori da Lui citati hanno composte le ricercate con ordine di Tuoni Musicali, concedo che non potevano nominarle di Nono, Decimo, Undecimo, e Duodecimo; ma ne pure potevano chiamarle di Primo, di Secondo o d' altro: Ma se dette ricercate son modulate con l' ordine de Tuoni Ecclesiastici potevano, e dovevano dar molto bene quello, che hanno fatto, cioè chiamarle di quel Tuono nel quale son composte> È ben vero però che se dette ricercate son per l' organo per causa, che non è una voce sola, che modula, come sarebbe un Flauto, un Violino; ma nello stesso tempo sono più voci, mentre sempre si suona con altre consonanze; perciò non possono esser regolate in tutto e per tutto secondo l' ordine Ecclesiastico, perche è necessario in detto Strumento servirsi de modi musicali. Onde in questo altro non si può fare, che chiamare le ricercate di quel Tuono, del quale sono uniformi le Fondamentali. Dice poi che se si posson fare quattordeci tuoni perche son sette le lettere cioè le corde,se ne possono fare altretanti per b molle, e per altri accidenti. O grand' Ignoranza! Addesso non intende più i b molli, e i Diesis? O questa sì che è marrana! Giusto perche le lettere son sette per questo volendo potrebberoesser quattordeci i Tuoni, ma se noi li trasportiamo più giù, o più in sù per causa de' b molli, e de Diesis non saranno mai più di quattordeci. E la ragione si è perche le Specie dell' Ottava non possono essere più che sette, sieno con quanti accidenti si sapino inventare. E queste Specie torno a dire esser la loro duplicata divisione portano due Tuoni, e perciò non possono essere più di quattordeci: e perche alla seconda speie manca la divisione Armonica, e alla Sesta la Divisione Arimmetica per conseguenza manca a questa il Plagale, e a quella l' Autentico, sicche mancando due Tuoni ne restano dodeci ne più ne meno. Ma io resto molto meravigliato, che Egli poi dica, che il portar le specie delle Diapenti,e Diattessaron più giù, e più sù, non fa differente melodìa. Donde nasce si subita mutazine? Io ben dirò, e dico il vero: che la diversità della melodìa nasce dalla diversa congiunzione delle Diapenti con le Diattessaron, e non trasportare i Tuoni più giù, o più sù per forza degli accidenti. Passiamo avanti. E che ha da fare, che si tenesse, o non si tenesse l' oppinione, che non essendovi altro che sette Pianeti, e la Quiete, non possino esser più che otto Tuoni. Onde se Egli tiene che li Tuoni sieno otto, perche Tolomeo ha preteso che tanti sieno rispetto alli Pianeti, e la Quiete: che direbbe Egli se qualche bell' ingegno dicesse che i Tuoni sono nove, rispetto ai nove Cori Angelici? Forse non sarebbe Questa più nobile oppinione di quella di Tolomeo? Ma parliamo più dottrinalmente. Chi dicesse che i Tuoni sono solamente trè addattandogli alle Persone della Santissima Trinità, o ad altre cose da ripartirsi in Tre, che direbbe Egli in questo caso? Ma per dir qualche cosi piu a proposito. Il Sistema di Tolomeo intorno alle celesti cose è stato, ed è ripprovato da Tione, da Copernico, e Galileo. Or se il Sistema di Tolomeo è falso viene ad esser falsa ancora l' opinione del nostro Autore. Di più secondo i più moderni Filosofi sono solamente tre i Cieli, dunque ancora saranno solamente tre i Tuoni. E se Egli mi rispondesse, che parlando a questa maniera si cagionerebbe Confusione nello stabilirsi de Tuoni musicali, allora gli direi, che ad ognuno è lecito il fare maggiore, o minor numero di Tuoni: E questa non è cosa nuova, perche Platone per quanto io ho letto pone sei modi solamente cioè sei Tuoni, chiamandoli Armonie, che sono: Lidia Mista, Lidia acuta, Ionica, e Lidia; e poi vi aggiunge la Dorica, e la Frigia: tra le quali più di tutte comenda la Dorica, come più grave, e sostenuta. Giulio Plluce seguita Platone nel numero, ma non nel nome chiamandoli Dorico, Ionio, Eolio, Frigio, Lidio e Continouo. Aristide nee pone ancor Egli sei nominandoli cosi: Lidio, Dorio, Frigio, Iastio, Mistolidio, e Sintono Lidio. Aritosseno ne pone tredici. Cassiodoro fa l' istesso. Plutarco, e molt' altri Greci ne posero solamente Tre, cioè Dorio, Frigio, e Lidio, e corrispondono alli tre da me detti. Alipio ne pone quindeci, e così mi credo, che abbino nominati i Sette Tuoni con lo stesso nome de Pianeti, cioè Luna, Marte et cetera non avendo io mai veduto simil cosa in qualunque libro i' m abbi letto, o sentito con qualunque Persona io m' abbi parlato. I primi Santissimi Padri della Chiesa per quello che trovo scritto ne ammettevano quattro chiamandoli Proto, Deutero, Trito, e Tetrardo. Sicchè bisognerà dire che [[..]] circa il numero de Tuoni tot sint sententiae, quot homines. Ma per tralasciare queste inutili, e vane dispute, e ritornare al numero de Tuoni Ecclesiastici dico, che vi è da osservare, che ne tempi posteriori a Tolomeo, e Boezio, come si ricava dai Graduali di San Gregorio, e da altre Antifone, e Responsi, che si credono dello stesso Santo, o pure di San Leone Papa, li Tuoni non erano ristretti come in ogi dentro una sola ottava, ma contenevano undeci, e dodici voci, in maniera che ascendevano sopra la loro finale un' ottava, e molte volte una nona, e Decima, e per di sotto discendevano una Terza, Quarta, e fino una [-30-] Quinta; e perche Questi riuscivano molto scommodi a cantarsi, di uno di questi modi ne furono fatti due uno chiamato Autentico, e l' altro Plagale, o dal detto San Leone, o da altri Pontefici, o pur da Guido Aretino: E di questa opinione sono tutti gli Autori moderni, che io ho veduti. È però vero, che Molti Autori dicono che gli Tuoni Ecclesiastici antichi, che d' ognuno de quali ne sono stati fatti due, erano quattro già detti di sopra. Ma fussero quanti si volessero gli antichi Tuoni la ragione moderna fa chiaramente vedere, che non son meno di dodeci, ne più di quattordeci quando si volessero. Mà per non perder affatto di mira il nostro Autore alla sua quarta risposta dico, che se sotto un Tuono possono esser diverse specie di consonanze per la diversità de' principi, e questo per aver diverse finali, bisognerà da questi escludere il Secondo, il Quinto, e Sesto Tuono per aver una sola Finale [finale ante corr.], e pure anno diversi principi, e pur ancora questi son modulati diversamente? Ma di questi Saeculorum ho parlato abbastanza nella Quinta Annotzione. Alla Quinta Risposta. Io vedo bene che il Nostro Autore ha poco studiato Tolomeo dubitando del numero de' Cieli: perche se Egli non ne pone Dodici, come molti anno detto ne pone almeno dieci toltone l' Empireo, che con questo sarebbero undeci. Ma quello, che mi arrecca maggior meraviglia si è che Egli discorrendo diffusamente de Pianeti, delle Ecclissi, delle Congiunzioni, degli aspetti, che sembra esser una altro Tolomeo, dice poi, che oltre i Sette Pianeti i altri Cieli non si movono. E pure secondo il Sistema di Tolomeo si movono tutti. Egli ha fortuna, che da sette Pianeti per causa di moto non ha escluso il Sole; del resto mi avrebbe fatto dubitare, che fosse un altro Copernico, o un altro Galileo: ma dall' altra banda io mi assicuro, che Egli non è salito tant' alto, che di questi Autori non credo ne abbi ne pur veduta la Carta pecora; perciò mi dispiace non essere Astronomo per fargli vedere i grossi abbagli, che Egli prese nel discorrer di queste Materie. Che il Nono Tuono sia simile al Terzo, e il Decimo al Quarto li principianti ragazzi gliene possono dare una mentita. Se avesse detto che il Nono è simile al Primo, e il Decimo al Secondo, gli si potrebbe un poco comportare, eccettuatane quella parola simile, che non si può veramente ammettere, per che questa parola non comporta differenza; e tra il Nono, e Primo vi è differenza, siccome tra gli altri tutti; dunque non si può dir simile, ma più tosto si dovrebbe dir consimile, cioè quasi simile. Egli dice gli Tuoni sono otto, e qui si deve stare. Ò che grand' uomo d' autorità! Fino che l' avesse detto un San Gelasio, un San Gregorio, un San Leone, un Sant' Ambrogio, un Guido Aretino si dovrebbe, e si dee Ciascheduno sottomettere a venerarne l' autorità; ma non per questo ad inferirne: Dunque i Tuoni sono otto, e non più. Anzi io dico, che i detti Santi Padri anno molto ben conosciuti, e [i ante corr.] praticati tutti i dodeci Tuoni, come chiaramente si vede da Libri antichi corali, ed io ne citerò molte cantilene secondo mi si porgeranno l' occasioni nelle susseguenti Annotazioni. Ma per non esser tedioso, lo lascierò nelle sue stravolte oppinioni, e dirò che li Tuoni, o Modi sono dodici, ledi cui forme a piè di questo discorso dimostrerò; e di questi dodeci ne sono stati scelti otto con autorità della Santa Chiesa, e assegnate alle Salmodie Ecclesiastiche; e perciò si è sparca comune voce che otto solamente sieno i Tuoni Ecclesiastici; e ciò si è fatto per due ragioni. Prima per togliere le difficultà che sogliono intervenire nella moltitudine delle dottrine, e per questo anno ristrette l' intonazioni de' Salmi alli primi quattro Autentici con li loro Plagali, che anno le forme maggiori, cioè la denominazione d' uno di questi primi otto per l' uniformità della Diapente. Io tengo però almeno con probabile ragione che anticamente ancora li quattro ultimi modi avessero le loro intonazioni: e l' argomento da questo, che molti gravissimi Autori tengono, che l' intonazione Domenicale dell' In Exitu sia del Nono Tuono, perche l' Antifona Nos qui vivimus dicono, che era di questo Modo, ma di questo se ne parlerà in altro luogo. E la finale delle Antifone in Odorem, e Stetit Angelus e simili, che si trova scritta così [Beccatelli, Annotazioni, 30] mi fa dire che questa finale o che è scritta male, e si canta peggio, o che non è del Quarto Tuono. E la ragione mia è questa, che l' intonare in detta finale quell' ultima nota col Diesis come si sente da chi la pratica non è genere Diatonico essendo quel diesis del Genere Cromatico. Dunque o quel Diesis non vi va, o non vi ha da fare cosa alcuna; o pure bisogna dire che sia del Decimo modo, tanto più che in molti libri si trova scritta nelle proprie corde del Decimo, e non del Quarto. Ora se questo non mi può esser negato dirò ancora che l' Undecimo, e il Duodecimo avranno altresì avuta la loro intonazione, e che le Cantilene di questi quattro ultimi modi sieno state trasportate sotto la denominazione degli Otto. Ma siasi quel che si possa essere intorno a dette Finali perche queste Dispute non ci danno utile alcuno lascierò di più parlarne, restringendomi a questo insegnamento che li Modi per li Salmi sono otto, perche così ottimamente ha stabilito la Santa Chiesa, e così si dee insegnare alli principianti per non confonderli, e per questo motivo si deve farli riportare ancora gli ultimi quattro alla denominazione delli primi otto in questa maniera, cioè quelli che restano in Re fargli chiamare del Primo se sono Autentici, e del Secondo se sono Plagali. Quelli che restano in Fa, che sono l' Undecimo, e' l Duodecimo far che si chiamino Quinto, e Sesto; e se si ritrovasse alcuna cantilena, che restasse in Mì di B: quadro acuto, farle chiamare, o Terzo, o Quarto secondo le loro più proprie forme: E questo lo dico per levare a principianti le difficoltà. In oltre dico che quella Finale dell' Antifona in Odorem, che resta in Fa col Diesis non è buona [-31-] e perciò non è da praticarsi, ma si deve lasciare quell' ultima nota col Diesis, e si deve terminare in Mi; come assai lodevolmente si pratica in molte Chiese. Come ancora io sarei d' oppinione, che si desse qualche correzione al canto, che si pratica nella Chiesa: In vece di rimovere dai proprj loro naturali luoghi le Cantilene, come fanno molti begl' umori, e stimerei meglio per non dir necessario il correggere tante cantilene, che si sentono prive delle loro proprie forme. In oltre io leverei dalle salmodie tante finali inutili, e superflue, e senza fondamento alcuno, mentre stimerei molto lodevole il ridurle a due, e al più tre per tuone, due Festive, e una Feriale. Dico due festive per renderle più vaghe con qualche varietà trovandosi ben spesso due Antifone l' una doppo l' altra del medesimo Tuono. e già che discorro di questi modi non voglio tralasciare di dir qualche cosa sopra la debole, e sciocca usanza introdotta da alcuni Regolari di compor l' antifone gradatamente conforme sono li modi cioè la prima di Primo Tuono, la Seconda del Secondo, e così dell' altre senza osservare al senso, o intelligenza delle parole: tanto che per loro sono sbanditi dalli Salmi del Vespero il Sesto, Settimo, e Ottavo modo tenendo quest' ordine ancora ne' Matutini, come per esempio nell' Uffizio del Corpus Domini, e in tant' altri. Nel di cui Mattutino, come in molti altri Uffizj oh' Dio che Antifone, e che Responsi vi sono! Io sarei curioso di sapere da questi buoni Uomini la Causa, che anno avuta di operar così, escludendo da Certi Vesperi il Sesto, Settimo, e Ottavo Modo, che è il più bello di tutti gli altri. Ma terminiamo una volta queste dicerìe, che pur troppo a lungo mi sono esteso. Do fine adunque a questa annotazione con soggiunger solamente, che degli ultimi quatro modi gli antichi Padri se ne son serviti in Molti Offertorj, Postcommunj, Graduali, e Tratti, e in molte Antifone che doppo di esse non ne deve seguire l' intonazione de' Salmi come Alma Redemptoris, Regina Coeli, e molt' altre cose dell' undecimo, e duodecimo modo trasportate per via di b molli nel Quinto, e nel Sesto Tuono. Li Sensi delle parole che si addattano in questi Modi, e lee loro formazioni son le seguenti. Il Primo modo risiede nella Quarta Specie della Diapason D, d:, mediata Armonicamente dalla corda a. Li suoi Regolari Principj come ancora le sue regolari cadenze sono in D: F: a: d: Li principi, e cadenze fuori delle corde si dicono irregolari. Questo Modo spiega sensi di gravità, di cose alte, profonde, sentenziose, magnifiche, misteriose, e miracolose. Il Secondo modo risiede nella prima specie della Diapason A; a: mediata arimmeticamente dalla D: Li suoi principj, e cadenze regolari sono in A, D, F, a; Questo Spiega sensi lagrimevoli, funebri, di Calamità; di Suppliche. Questo l' adopra Santa Chiesa nelle Funzioni, e processioni di Suppliche. Il Terzo modo risiede nell Quinta Specie della Diapason E, e mediata armonicamente dalla [sqb]. Li suoi principj, e cadenze regolari sono in C, g, [sqb], e: Questo spiega senzi lamentevoli, deprecativi per causa di crudeltà: come ancora di ringraziamento a Dio; e di amore. Il Quarto modo risiede nella seconda Specie della Diapason [sqb] [sqb] mediata arimmeticamente dalla E. Questa Specie di Diapason non ha divisione armonica. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in [sqb], E, g, [sqb]. In questo modo è molto lodevole la cadenza in a per esser questa la sua corda Corale. Questo spiega sensi lamentevoli, di tristezza, d' affetti teneri amorosi, d' ozio, di quiete, d' adulazioni, e detrazioni, di cose soavi, e simili. Il Quinto modo risiede nella sesta specie della Diapason F: f: mediata armonicamente dalla c: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in F, a, e, f: Questo spiega sensi d' allegrezza, di Vittoria, di robustezza, di Trionfo, e cose simili. Questo modo fuora de Canti Ecclesiastici è difficile il praticarsi, e da Moderni Compositori di Canto Ecclesiastico non è punto inteso: conciossiacche quando vogliono fare una Cantilena di questo modo v' introducono fissamente in B molle in Chiave; il che non può stare in alcuna maniera, toltone il caso d' adoperarlo per sfugire il Tritono, o nel caso di spiegare qualche dolce sentimento; quando però questo s' adoperi deve esser sempre discendente, non mai ascendente perche è gravissimo errore. Il Sesto modo risiede nella terza specie della Diapason C: C: mediata Arimmeticamente dalla F: Li suoi principi e cadenze regolari sono in C, F, a, c. Questo spiega sensi di divozione, di gravità, di modestia, di vivacità, d' allegrìa. Ancora questo Modo ha la disgrazia di non esser conosciuto da Compositori di Canto Ecclesiastico, mentre si vedono le loro Composizioni col B molle. Oh gran Cecità. Questo Modo ancora fuori de Canti Ecclesiastici non si può che difficilmente adoperare Il Settimo modo risiede nella settima specie della Diapason g, gg: mediata armonicamente dalla d: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in g, [sqb], d, gg. Questo spiega sensi di minaccie, di Guerra, d' Ira, e simili. L' Ottavo modo risiede nella quarta Specie della Diapason D, d: mediata arimmeticamente dalla g: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in D, g, [sqb], d:; e però cosa molto lodevole far la cadenza nella c tanto in questo quanto nel Terzo modo per esser la loro Corda Corale. Questo spiega sensi di mansuetudine, di divinità, beatitudine, Gloria, Pace; felicità. Il Nono modo risiede nella prima Specie della Diapason a, aa: overo A, a; mediata armonicamente dalla e, o E. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in a, c, e, aa; Questo spiega sensi allegri, soavi, e sonori. Le Cantilene di questo, si possono trasportare nel primo modo. Il Decimo Modo risiede nella quinta specie della Diaoason E, e, mediata arimmeticamente dalla a. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in E, a, c, e. Questo spiegai medesimi sensi del secondo modo, ma in maniera più viva, e si riduce perciò al detto Secondo Modo. L' Undecimo Modo risiede nella terza Specie della Diapason C, e: mediata armonicamente dalla g: Li suoi principi, e cadenze regolari sono in C, E, g, e; Questo spiega sensi allegri, e giocondi, di Ballo, e di Festa, e cose simili; e questo si riduce al Quinto, e al Settimo col aiuto del b molle. [-32-] Il Duodecimo Modo risiede nella Settima Specie della Diapason g, gg; overo [Gamma], g: mediata arimmeticamente dalla C. Li suoi principi, e cadenze regolari sono in g, c, e, gg. Questo spiega sensi modesti, allegri, amatorij, e tutti quelli del Sesto, ma in maniera più soave. Questo si trasporta al Sesto col' aiuto del B molle; però meglio sarebbe trasportarlo all' Ottavo intonato col diesis; Li Caratteri personali, che si addattano a questi modi sono li seguenti Persone Gravi, e Sapienti, al Nono, e Primo Modo. Persone Aspere, e Crudeli, al Terzo, e Settimo Modo. Persone Forti, Robuste, e Allegre al Quinto, e Undecimo Modo. Persone Afflitte, e Meste al Secondo, e Decimo Modo. Persone Amanti, e amorose al Quarto Modo. Persone Gentili, e Vaghe al Ottavo, Undecimo, e Duodecimo Modo. Persone Pie, e Divote al Sesto,e Duodecimo Modo Iddìo al Primo, e Ottavo Modo, overo Duodecimo. Ecco qui soscritte le formule di tutti a Dodici li Modi, cioè la loro Diapason con la loro Medietà [Beccatelli, Annotazioni, 32; text: Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Quinto, Sesto, Settimo, Ottavo, Nono, Decimo, Undecimo, Duodecimo] Questa è la spiegazione di tutti a dodici li Modi detti comunemente Tuoni. Ora passeremo all' altra Annotazione. Annotazione Decima Nel Capitolo 54 Chiama Tuoni irregolari quelle Cantilene, che terminano nelle loro confinali. E li Tuoni, che terminano fuora delle Corde delli primi Otto li chiama Tuoni spostati, adducendo l' esempio dell' Alleluia col Ex te gloriosus dicendo, che detto Verso è di Settimo Tuono. In oltre dice, che l' intonazione dell' In Exitu Domenicale non è di Tuono Misto ma bensì di primo Tuono. Dice che l' Alleluia col verso adducentur si deve cominciare, e cantare col B quadro giacente, e cominciarlo una quinta sotto, e così si sfugirebbe il Tritono nella replica; e perche detto Alleluia termina in Mi di Natura Grave, e il verso comincia in Do cioè una Terza sotto, e cantandolo per B quadro giacente detto Mì di natura grave suona voce di Re, e in questo Caso la Terza sotto, dove comincia il verso non suonarebbe più voce di Do; e dovendo il verso cominciare inDo, vuole che si cominci una voce sotto, e non una Terza, tanto che l' Alleluia resterà nel suo proprio luogo , cambiate solamente le sillabe alle Note, e il verso sarà portato una voce sopra. Rispondo al primo, che li Tuoni, che terminano nelle loro confinali non si possono dire irregolari, quasi fuor di regola; mà solamente potransi dire irregolari a distinzione de regolari. Io hò veduti pur molti Scrittori che anno errato in questa Materia chiamando questi Tuoni Tuoni spostati. [-33-] Un Essempio de Tuoni che terminano nella loro confinale è quel Verso degli Improperj del Venerdì Santo, che dice Popule Meus, il quale secondo me è del Settimo Tuono misto coll' Ottavo. Dico in questa maniera perche intendo di rimettermi al parere degli Uomini che sanno. L' altre Cantilene, che terminano fuori delle Corde degli Otto Tuoni possono essere Tuoni spostati, ma io non così facilmente lo crederò mentre più tosto saranno degli quatro ultimi Tuoni, trasportati per maggior comodità, e facilità nei primi Otto, come hò detto di sopra. Conciossiacche di questi Modi come del Duodecimo è L' Introito della Domenica 23: [13: ante corr.] doppo la Pentecoste, che dice Dicit Dominus, qual è stato portato in Fa di Natura Grave, con l' ajuto del b molle: Il Communio della Settuagesima Illumina è del Nono; L' offertorio delle Ceneri Exaltabo te Domine è del Decimo. Ne hò vedute poi alcune che sono veramente de' primi otto Tuoni, mà cert' uni introducendovi a capriccio il b molle variano quasi totalmente il loro suono, come sarebbe nell' Offertorio Meditabar, qual è di secondo Tuono, e nelle note della parola Dilexi cantano col b molle, qual è un errore non picciolo, mentre che diminuendo il Mi distrugono la principal nota per distinguere la specie degli Intervalli, e operando così, Il Secondo, e Quarto Tuono non avrà, che poche volte la sua vera Diattessaron nel suo proprio luogo. L' Alleluia ch' Egli cita col Ex te gloriosus non è punto di Settimo Tuono, come egli dice, ma bensì d' Undecimo, e sta benissimo scritta in C fa ut, perche questa è la sua propria Corda Fondamentale. Ma questi spropositi di chiamare Tuoni Spostati tutte quelle Cantilene, che son fuora delle Corde degli otto Tuoni, sono stati detti tanto da Lui, che dagli altri per l' ignorante oppinione, che non siano più d' otto li Tuoni. Quelle Cantilene poi che restano in Mi di B quadro acuto non posson esser d' altro, che di Quarto Tuono le quali saranno scritte così per Bizarìa dello Scrittore; poichè non arriveranno, ne alla Quinta Sopra, ne alla Quarta sotto, che son quelle Corde che la farebbono differente dal Quarto, come l' Offertorio della Feria quarta doppo la Domenica terza di Quaresima che dice Domine fac meum. Tuttavia per le raggioni dette di Sopra mi pare, che non sia fuor di proposito il non ammettere tali Cantilene per Tuoni, e benche si trovi il Communio della Domenica Ottava doppo [Feria seconda ante corr.] [[la Domenica quarta di Quaresima]] [Pentecoste corr. supra lin.] che dice Tollite Hostias, e il Communio della Feria seconda doppo la Domenica Quarta di Quaresima che dice Ab Occultis: Questi si trasportano in Mì di Natura Grave per Quarto Tuono, senza adoprarvi il b molle grave, come molti fanno nella Corda di B mi; perche la Quinta falsa che dicono esser nel primo è mediata da due Note; e nel secondo è mediata da una Nota; la qual nota si puo un poco sostenere. Eccone L' Essempio. [Beccatelli, Annotazioni, 33; text: Tollite hostias et introite in atria eius adorate Dominum in aula Sancta eius. Ab occultis meis munta me Domine et ab alienis parce Servo tuo] [-34-] Io ho notato che queste due mostrate Cantilene per esser plagali, con buona giustizia si devono chiamare o ri decimoquarto, o di Quarto Tuono irregolare. Che se Egli mi dicesse, che dette Cantilene furono anticamente piantate in Mì di Natura grave per Quarto Tuono, e poi trasportate dagli Autori in Mì di B quadro acuto per toglier le difficoltà di Cantare il Mì di B quadro Grave per Fa; Io gli risponderei, che se gli antichi Padri le fecero di Quarto Tuono, come voglio crederlo, intesero però che il Mì di B quadro Grave si cantasse per Mì, e non per Fa: prima perche nel tempo che furono composte dette Cantilene non si segnava mai la Corda detta da Noi b molle grave, mentre non l' usavano ancora à tempi di Guido che fù tanto doppo, onde non potevano avere il suono di Fa in detta corda: secondo perche non sarebbe stato operar con buona scienza, distruggendo la Diattessaron forma principal dle Plagale. Ma il motivo dello sfuggire la Quinta falsa è sufficiente, perche come dimostrerò a luogo oportuno Questa si può eziamdio immediata intonar, onde molto piu poi Mediata si potrà intonare senza punto d' offesa dell' orecchio di chi ben sente. Io ho detto questo per far conoscere con quanta poca raggione da Molti alterate vengano le Cantilene fuori dell' intenzione di chi le ha composte. Laonde quelle note che sono in [sqb] si devono cantare per Mì, e non per Fà, mentre come apparisce negli addotti esempi contribuisce molto all' espressione delle Parole, esprimendo un' affetto simile, e divoto; e perche se quel Santo, che le ha composte le fece così, è segno che così le voleva, e Noi non ci dobbiamo prender tanta libertà d' alterar le note a nostro capriccio; mentre sappiamo di Certo, che se son opere di San Gregorio, di San Leone, di Sant' Ambrogio o di altro Sant' Uomo, o pur di Guido, Questi sapevano molto bene ciò che facevano, e non anno le opere loro bisogni alcuno di Correttori ne di Pedanti, se non in Caso di qualche errore Che molti se ne danno, di scrittura. L' Antifona Nos qui vivimus non è di Misto, o di primo Tuono, perche come hò detto di Sopra, Molti Autori secondo quello riferisce il Zarlino anno detto che era di Nono Modo, e che sìa servendomi delle parole di detto Autore stata guasta, e trasportata fuori del suo luogo da alcuno Scrittore, che abbia voluto mostrarsi più saggio degl' altri, siccome anno fatto anco dell' altre, e della intonazione seguente, che porta il deto Zarlino si vede chiaramente che è di Nono,e non d' altro Modo, qual è Questa. [Beccatelli, Annotazioni, 34; text: In exitu Israel de Aegypto Domus Iacob de populo barbaro.] Il Franchino produce un essemplare di detta Antifona nell' Intonazione dell' In Exitu cavata da un antichissimo libro, che prova esser dett' Antifona di Settimo Tuono terminato nella sua confinale. Ecco le sue parole. Hanc tamen primitus Antiphonam Divo Ambrosio propriis in Toni clavibus ducam, ubi et septima Diapason figuram, et ipsum Mixtolidium demostrant videlicet in G sol re ut gravem, et in D a Sol Re propria confinali terminatam fuisse vetustissimus Antiphonarum Liber mihi propellit; ut hoc notatur processu. [Beccatelli, Annotazioni, 34; text: Nos qui vivimus benedicimus Domino. In exitu Israel de Aegypto Domus Iacob de Populo barbaro.] [-35-] Che questa Salmodia sia da Molti chiamata Tuono Misto perche si trova notata così, come la pone ancora l' istesso Franchino [Beccateli, Annotazioni, 35; text: In exitu Israel de Aegypto, Il Resto è come la notata dal Zarlino.] producendo per raggione il nostro Autore, che il principio è simile all' Intonazione del Quarto, il Mezzo a quella del Sesto, e la fine a quella del Terzo; questa ragione mi pare un poco Curiosa, per non dir ridicola: Mentre per l' istessa io posso dire che la Salmodia del Primo, e del Sesto, e del Secondo si ponno chiamar Miste, poiche le due prime toltane la finale sono in tutto simili. Ma perche queste son cose che non fanno a proposito per noi non occorre discorrerne d' avantaggio. Circa all' Alleluia col Ex Adducentur Io non nego che si possa cantare nella maniera che dice il nostro Autore col suo B quadro giacente, cioè che quel Fa di Natura Grave dica Mi, non però con trasportarlo una quinta sotto il Gamma: Ma col trasportare una voce sotto le note sole dell' Alleluia, tanto che comincino in Mi, e restino in Re di Natura grave Corda finale, e fondamentale del Verso; onde e l' uno, e l' altro restando in Re sarebbero come realmente sono di Nono modo; perche la ragione principale di distinguere, e conoscere li Modi sono le cadenze principali più che le forme. Tuttavìa lascio ognuno nella sua opinione, e tutto questo l' ho detto rispetto all' alterazione di detto Alleluia. Il metter il b molle in Mì di B quadro acuto per fugire il Tritono nel far la replica questo è un solenissimo sproposito, perche essendo l' Alleluia di Terzo Tuono il b molle è totalmente improprio; e poi questo b molle non può produrre se non asprezza nel Suono. Ma buono Iddio! E egli possibile, che tanti si sieno lambiccato il cervello con trasportazioni, B quadri giacenti, e b molli per una sola nota di questa Cantilena? Io però dico che se quel' Autore che la compose così la scrisse, questo avvenne perche in quel tempo non si usava il replicarla. In oggi che si usa il replicarla dalla prima pausa è necessario o levar quella nota, o mutarle il posto, o mutare il principio, perche allora verrebbe in due intervalli cantabilissimi come appare in questo essempio [Beccatelli, Annotazioni, 35,1; text: Alleluia.] oppure in quest' altro modo cavata da un Libro Corale, e assai corretto e scritto Eccelentemente da un Monaco Valombrosano terminato nel mille quattrocento trentacinque, che detta Alleluia comincia in Mì di Natura Grave, e non altrimenti nel Fa in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 35,2; text: Alleluia.] Ognuno giudichi da questo ciò che più gli piace. Ma se vogliamo considerare il sistema dell' Alleluia, e questo seguitare essendo questo di Terzo Tuono è necessario cantar tutti li Mì per Mì, e non per Fa giacche nel Ex Adducentur abbiamo il comodo di poterlo fare, il qual comodo non abbiamo nel Verso dell' Alleluia della Domenica Vigesima della Pentecoste dove abbisogna cantarlo sempre per Fa nella Maniera, che io l' ho veduto scritto, con tutto che Egli resti in Mi per cadenza di Terzo Modo; e tanto presentemente basti sopra questa Annotazione. Annotazione Undevima del Capitolo 57, e 58. Il nostro Autore divenuto Astrologo, e Astronomo si è messo in capo, non solo di addattare gli otto Tuoni agli otto Cieli; ma ancora gli accidenti loro agli Ecclissi de' Pianeti dicendo mille inezie, per le quali mi pare a ragione di poter dire, che l' Intelletto di questo Nostro Astronomo fosse molto Ecclissato, per non dir totalmente al buji. L' Ecclisse di primo Tuono dice che allora accadde, quando lo Scorpione segno di Marte entra in Casa di B fa. Poh Sciochezzza! Ma perche queste cose nulla appartengono all' instituto nostro, perciò per non rendermi fastidioso dirò solo in sostanza Quello, che Costui intende co' suoi Ecclissi. Il già notato. È il suo Ecclisse di Primo Tuono adducendo per essempio l' Inno Ave Maris Stella dicendo che simili Cantilene devonsi cantare per B quadro giacente per ritornare alla loro lettura naturale. [-36-] Per Ecclisse del Secondo Tuono mette il Caso di dover praticare il b molle grave, e il b molle alla Corda E, portando l' essempio del Graduale della Deria quarta doppo la seconda Domenica di Quaresima Salvum me fac così [Beccatelli, Annotazioni, 36,1] A questi suoi Ecclissi rispondo al Primo, che il Primo Tuono deve praticare meno che sia possibile il b molle acuto per non rendersi uniforme col Nono, ma solo si praticherà quando la necessità lo richiegga. Che le note dell' Ave Maris Stella vadino alterate, questo è uno de suoi massimj spropositi; conciossiache nel Canto Fermo non si muta mai la lettura alle note, se non per stravagante occorenza, il che non so se potrà mai succedere. L' Esempio che Egli porta di quel Graduale, ne' Libri di questa Catedrale di Prato lo trovo di Settimo Tuono e scritto così [Beccatelli, Annotazioni, 36,2; text: Salvum fac] Può essere che sìa in diverse maniere. Ma secondo le Note, con le quali Egli lo pone non può esser d' altro Tuono, che del Decimo trasportato nel Secondo, e per questo vi é necessario il b molle grave. Passiamo avanti. Ecclisse del Terzo Tuono Capitolo 60. Dice che l' intonazione del Te deum qual è questa [Beccatelli, Annotazioni, 36, 3; text: Te Deum Laudamus] Devesi cantare per B quadro giacente, e che in luogo di dire mi Sol Re, si debba dire RE Fa Sol, con addurre, che anticamente si cantava nello Essacordo G: come ancora l' Inno Sanctorum meritis; e cosi l' Inno Deus Tuorum Mmilitum volendo che [in add. supra lin.] queste Cantilene il Suono delle Sillabe della deduzione si adattino al Suono delle sillabe delle parole. A cui rispondo Che il Te deum, e li citati Inni sieno Cantilene antiche è cosa molto nota, perche furono nel [del ante corr.] Terzo e nel Quarto Secolo; mà che specie di Canto si fossero in quei tempi io non lo so; conciossiache San Gregorio nel principio del Sesto secolo corresse, ripulì, ed abbellì il Canto. Io però sò benissimo, che in detti tempi non ci erano ne essacordi, ne nomi di Note, ne Gamma; perche tutte queste sono state trovate nel principio dell' undicesimo Secolo: onde il nostro Autore avrà cavate simili erudizioni dai Spazi immaginatj. E per [l' add. supra lin.] capo. Dunque secondo le di Lui dottrine se perche tocca la sillaba Te si deve dir Re, ancora si dovrà dir Re nella sillaba De, e così discorrendo dell' altre. O gran sproposito. Ha Vostra Signoria sentite mai sciocchezze maggiori? Tutte queste Cantilene devono esser cantate come stanno, e non si deve mai in alcuna maniera mutare la lettura alle note. Ecclisse del Quarto Tuono Capitolo 6i. Dice che la maggior parte delle Cantilene di Quarto Tuono devonsi cantare per B quadro giacente portando la solita pomposa Antifona Stetit Angelus. Dipoi mostra un' Antifona di Sant' Antonio di Padova qual è questa [Beccatelli, Annotazioni, 36; text: Augustini primitus regulae subiectus sub Francisco penitus Mundo fuit abiectus.] [-37-] Sopra l' antichità di Gammaut si è parlato a bastanza, parlerò adesso sopra questo tanto decantato B quadro giacente. Il B quadro giacente è, che questo nostro Autore avendo osservato, che nelle Cantilene molte note s' alterano col Diesis, e perche una nota intonata col Diesis ha essenzialmente suono di Mi, voglio dire che l' intervallo ascendente sopra la detta nota è l' istesso semituono che corre tra' l Mi, e' l Fa: per questo Egli vuole, che dove occorre la frequenza di tali note, queste si devino cantare per Mi mutando la lettura delle medesime Note. Il che nel Canto Ecclesiastico è falsissimo per più ragioni. Primo perche quelle note che s' intuonano col Diesis son sempre Quelle che dicono Fa, Do, o Sol: secondo perche quelle Note che s' intuonano col Diesis son sempre ascendenti come son e tre assegnate: Terzo perche alle dette note solamente si dà il Diesis quando sono a nota di sostanza, o Fondamentale, o principale del Tuono. Nota Fondamentale è quella sopra cui è lavorata la Cantilena. Note Principali son la Terza, Quarta, e Quinta. Note di Sostanza sono quelle alle quali tocca d' esser frequentemente cantate, o nele quali si faccia qualche cadenza. Cadenza s' intende quando si scende, o si sale di una nota, che doppo di essa si deve far pausa. Eccole l' essempio d' ogni cosa nell' Inno di San Giambattista. [Beccatelli, Annotazioni, 37,1; text: Ut queant laxis resonare fibris, Mira gestorum famuli uorum solve polluti labii reatum Sancte Ioannes.] La Corda fondamentale di quest' Inno è il Re. La Seconda Nota che sale alla fondamentale è il Do, o il Fa che sale al Sol, perciò loro si da il Diesis. Il Sol è corda principale. il segno da me fatto [signum] indica pausa, o fermata. Ma giacche abbiamo mostrate queste cose in un Tuono di Terza Minore è bene dimostrarle in un Tuono di Terza Maggiore, come nel Seguente. [Beccatelli, Annotazioni, 37,2; text: Veni Creator Spiritusmentes tuorum visita imple superna gratia quae tu Creasti pectora.] Ora in questo Citato Inno mi potrebbe esser data un' obbligazione, ed è: Perche il primo Fa della parola Tuorum che sale al Sol corda principale non debba essere intonato col Diesis. In questo dubbio sta una maggiore, e più chiara intelligenza di questo Diesis. Si risponde, che quando alle note che vengono intonate col Diesis, vi si viene per di sotto, e di salto allora mai devono essere intonate col Diesis: mà quando ancora si salisse di grado non devono mai esser intonate col Diesis, se la nota sopra di esse, dove elle salgano non sia nota di pausa, cioè accentata, ee lunga. Al contrario poi se alle note che possono avere il Diesis vi si viene per di sopra, o di grado, o di salto, purche il Salto non ecceda una Terza allora devono essere intonate col Diesis mentre salgono a Note fondamentali, o Principali, che siano ddi sostanza, e di considerazione. Eccone l' Esempio [Beccatelli, Annotazioni, 37,3; text: Creator alme Syderum. Crudelis Herodes Deum Regem venire quid times et cetera, qui regna dat celestia.] Dove è da avvertire che l' Inno Crudelis non si può intonare per Diesis essendo principio di Cantilena, e di parola: e questo non s' intende solamente deg' Inni, ma di tutte le cantilene in generale, eccone gli Esempi ne versetti de Responsi, uno di Quarto, l' altro di Ottavo Tuono. [-38-] [Beccatelli, Annotazioni, 38,1; text: Gloria Patri et cetera, Et Spiritui Sancto et cetera] In oltre è da osservarsi, che il Sol che sale al La non deve avere il Diesis, quando sopra il La vi sta fissamente il Fa. come sarebbe nel Settimo Tuono il Sol di B quadro acuto, che salisse al La di sostanza dovendo praticare il Fa di natura acuta; e così parlando del Sol di Natura Grave, perche non ne segua la degradazione di due semituoni, il qua sarebbe procedimento Cromatico; abbenche per grasia sia stata usata questa degradazione nell' Inno Ut queant laxis in quest' ultima parola come qui apparisce in questo esempio. [Beccatelli, Annotazioni, 38,2; text: Ut queant laxis resonare fibris.] Questo intonare le dette note col Diesis è un oculta forza, e simpatia dell' Armonia Musicale, la quale io così chiamo è dato il Diesis a reggere il Tuono, o altra corda di sostanza. Questo Noi l' abbiamo dal Canto Figurato, in cui dal Diesis più chiaramente si conoscono le note, che si devon leggere. Mi può essere detto che il nostro Autore ancora al capitolo 73: parla di questo Diesis, e dice che è necessario per far le cadenze finali, e in molti altri luoghi per la bellezza del Canto, e per vi si sente una certa necessità d' intonarlo. Qui aspettavo appunto il nostro Autore con tutti li suoi Seguaci per dimandargli perche non lo chiami sempre B quadro giacente? Lo che mi risponderebbero: perche non si può muutare la lettura delle note. Benissimo rispond' io: Dunque quando so potrà mutare la lettura alle note quella intonazione del Diesis si chiamera B quadro giacente, e quando non si potrà far della mutazione si chiamerà Diesis? Non è ella la medesima intonazione tanto in un luogo, che nell' altro? A che dunque con questo giocondissimo titolo di B quadro Giacente turbar, e confonder la mente della Gioventù; e a che fine moltiplicare entia sine necessitate? O torniamo al suo Ecclisse del Quarto Tuono. Per potervi un poco discorrer sopra porterò l' antifona In Odorem col suo Essempio [Beccatelli, Annotazioni, 38,2; text: In odorem unguentorum tuorum currimus adolescentulae dilexerunt te nimis.] Ora mi può esser opposto, che a leggere quest' Antifona nel modo come sta vi è da incorrere in un errore, di dir cioè Fa nel Mi di B quadro acuto. Al che io rispondo, che io non credo, che si diano Maestri, che insegnino ali Scolari questa dottrina, cioè che sempre generalmente parlando sopra il La vi si debba dir Fa, perche in tal caso avrebbero bisogno questi stessi maestri d' andare un altro poco alla Scuola. La Nota dunque sopra il La si dirà Fa, quando la Canilena si raggira tutta o nell La, o nel Fa, o nel Re: La qual circolazione è propria del Primo, Secondo, Sesto, e Quinto Tuono; per lo Contrario quando la Cantilena non sia di questa sorte toltane la necessità di sfuggire un Tritono manifesto, e immediato, che in alcuna maniera non si possa moderare. Queste regole sono astratte dal Composto dell' Armonia, che riconosce l' esser suo da questi intervalli. Ora se la buona armonìa nasce dalla buona Circolazione delle Cantilene per Terza, Quinta, e Ottava non vi sarà alcuno che possa dire, che il Mì di B quadro acuto come nota sopra il La possa intonarsi per Fa: Onde non si dovrà dir Fa per raggione alcuna. Io so che alcuni semplici mi soggiugnerebbono, che per Causa della difficoltà di aver a far mutazione tutti leggeranno quella Nota per Fà, e Non per Mì. A questo risponderei interrogandoli per qual ragione questi tutti devono aver difficultà a far la mutazione di Quinta per salire, leggendo la Cantilena naturalmente come sta. Ancor forse non sanno che quando s' ammaestrano i Scolari nell' intelligenza de Tuoni è necessario farli conoscere quali sono le sue Diapenti, e Diatessaron, e le qualità delle Terze si maggiori, che Minori; e che queste non devono essere alterate fuori d' estrema necessità. Imparino adunque queste cose, e poi si torrà ogni difficoltà nell' leggere qual si sìa Cantilena di qualsivoglia posizione. E di quì non solo non direte Fa nella sopracenata Antifona, mà ne pure in tante altre di settimo, e ottavo Tuono, e sfugirete quell' errore in cui la maggior parte cadono come in questo esempio cavato dal Secondo Responso del Terzo Noturno della prima Domenica dell' Avvento, che dice così [-39-] [Beccatelli, Annotazioni, 39,1; Salvator noster adveni et.] In questo mostrato esempio di Terzo Tuono quel Mi dì B quaddro acuto da chi bene intende le proprietà de Tuoni non sarà mai Cantato per Fa Se poi nell' addotta antifona in Odorem s' intuoni quel Fa discendente col Diesis questo non avviene altro che dall' uso comune, non già che qualche forza lo richiegga. E questo lo confermo perche può esser benissimo che detta Antifona sia stata composta per Quarto Tuono, e che anticamente s' intonasse così com' è, ma che quel Diesis nel Fa, tengo più tosto sia stata invenzione di qualche bell' umore. Dico questo per due raggioni: Prima perche gli Santi Padri, e particolarmente Sant' Ambrogio s' affaticarno più che poterono per ridurre il Canto ad una dolce, e soave armonìa, come mi attesta il Franchino parlando del falso Contrapunto degli Ambrosiani, attribuito falsamente a Sant' Ambrogio, con queste parole. Numquam enim reperi ab ipso mellifluo Ambrosio celebratum, quippe qui (ut inquit Guido) quum Ecclesiastica describeret antica in sola dulcedine mirabiliter laboravit. La seconda si è, che io ho veduta detta Cantilena in un antico Libro Sopra le parole della Antifona ad Magnificat dove si pratica il Fa senza Diesis, e la Dinale resta in mi di Natura Grave, quale è [Beccatelli, Annotazioni, 39,2; text: Qui post me venit ante me factus est euius non sum dignus calciameta solvere Evovae] Ora da questa Antifona si vede chiaramente che l' ultimo Fa si deve cantare per Fa e non per mì, perche chi la compose non intese che in quel luogo si dicesse Mì. E ben però vero che riesce più facile ad intonare quel Fa col Diesis, che senza; e di qui perciò ancora si comprende che la posizione [pozione ante corr.] del Diesis è stata introdotta fuori dall' Intenzione dell' Autore come accade in molt' altre cantilene dall' uso introdotte, come sarebbe in questa Città la Finale del Secondo tuono che si canta in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 39,3] La qual cosa se fussero solamente nelle occasioni funebri sarebbono ancora in parte commendabili per dar segno di maggior tristezza, ma il male si è che lo praticar sempre un simile b molle; come ancora lo praticano in un altra Finale del Terzo Tuono in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 39,4] In oltre l' Inno Vexilla Regis prodeunt per il Tempo di Passione lo Cantano in una maniera, che ne formano un' Aria quasi che in tutto differente dalla sua vera antica, che per esser meglio capacitata io la porrò in tempo Musicale [Beccatelli, Annotazioni, 39,5; text: Vexilla regis prodeunt fulget Crucis Misterium qua vita mortem pertulit et morte vitam protulit.] [-40-] L' Inno Deus Tuorum militum lo sento cantare così [Beccatelli, Annotazioni, 40,1; text: Deus tuorum militum Sors et corona praemium Laudes canentes martyris absolve nexu criminis.] Così si cavano le Cantilene dalle lor arie antiche non con altra autorità, che con l' uso senza rispetto a quei Santi Pontefici, e Uomini Grandi, che le hanno fatte. Ma questo sarebbe nen male, quando ancora non le trasportassero, come fanno in maniera che fanno pessimo sentire non senza scandalo degli Ascoltanti, come in quest' Inno del Santo Natale; l' error del quale è nel principio del secondo verso, lasciando ancora una nota del Terzo verso nel modo seguente [Beccatelli, Annotazioni, 40,2; text: Iesu Redemptor omnium quem lucis parens paternae.] L' Introduzione di questi abusi da altro non può esser proceduta, che da qualche Cantore del tempo passato che abbi voluto far del grazioso con cominciare ad alterar qualche nota. e quel che è peggio, che i Giovani prendono talmente questi errori, che poi riesce impossibile levarglieli dal Capo per l' abito cattivo fatto. Un Cantore che già fu, credendosi mi supongo di far qualche cosa di bello cominciò ad alterar la finale del terzo verso dell' Ave Maris stella, talmente che in questi nostri Paesi il Popolo medesimo l' ha presa talmente in uso che è impossibile il poterli rimovere da simile errore; eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 40,3; text: Ave Maris stella Atque semper virgo Felix Coeli porta.] Altri poi ci sono che tolgono il Diapente della sua Intonazione cosi [Beccatelli, Annotazioni, 40,4; text: Ave.] Ma per tornare dove io son partito dico che benche l' uso facia di queste, e di molt' altre cose, tuttavìa quell' Antifona, quando sia stata portata nel Quarto Tuono è segno, che l' anno voluta così, e mentre si può si deve leggere per Quarto, e non per Secondo, e non si deve metter in Campo il mutar del leggere del Canto Fermo. Intendo per di parlare delle Cantilene antiche fatte dagli tante volte citati Santi Pontefici, e da quegl' Uomini grandi di quei tempi, che in verità fecero ogni passo con gran mistero. Nell' inno poi Sanctorum meritis non è vero punto, ne poco, che il Fa di natura Grave debba essere sempre intonato col Diesis. Eccetuata l' ultima volta. E perche sopra quest' Inno si vede chiaramente la regola del Diesis, Io lo porterò su le note conforme l' hò sentito praticare da buoni, e dotti Cantori. [Beccatelli, Annotazioni, 40,5; text: Sanctorum meritis inclita gaudia pangamus Socii gestaque fortia gliscens fert anumus promere cantibus victorum genus optimum.] [-41-] Si osservi adunque, che quel primo Fa di natura grave deve esser intonato col Diesis non solo perche egli sale al Sol che è, Terza del Tuono, ma altresì perche è nota di Sostanza, ed ivi si fa in certo modo cadenza. Circa all' antifona, che il nostro Autore pone di Sant' Antonio con voler che si dica Mi nel Da di natura grave, accioche la vocale i sia uniforme e nelle note, e nelle parole, questa è una pazzia così grossa, che anco li semplicemente infarinati nel Canto la possono molto bene conoscere. Ma perche di queste sillabe se ne parlerà altrove passerò all' Ecclisse del Quinto Tuono. Ecclisse del Quinto Tuono Capitolo 62. Dice che il Quinto Tuono canta naturalmente per b molle; e poi che ad arbitrio de' Cantori si può ancora cantar per B quadro. Dice che in questo Tuono per moderar il Tritono si deve porre il b molle al Mì con addur in esempio l' Inno di Sant' Antonio En gratulemur, di Cui Eccone l' essemplare [Beccatelli, Annotazioni, 41,1; text: En gratulemur hodie Christo regi iucundius.] Al che si riponde che il Quinto Tuono non canta mai per b molle, ma solo si adopra il b molle nel Mì di B quadro acuto in caso d' un immediato Tritono, e quando la necessità lo portasse per accostarsi ad una qualche prossima cadenza. L' Esempio portato dell' Inno di Sant' Antonio in quella maniera è falso, perche la Nota della Syllaba mur per rispetto del Sol a cui sale si deve intendere per mì, et non per fa; e in questo modo vien cantato da Religiosi della stessa Religione: e poi il produrmi questi esempi, non è mettermi in campo la piu bella cosa che si possa fare, particolarmente, poi che Quelle Cantilene passano i limiti della perfezione delle buone regole, ne sono stati composti o da San Gregorio, o da alcun altro degli antichi autori, o pur da qualch' uomo grande posteriore, che abbi corretto certe modulazioni per la difficoltà del Cantarle, mentre oltrepassavano il loro stato perfetto, e per accomodarsi alla voce umana, quale appena con difficoltà arriva a intonare con chiarezza dieci voci. Ma torniamo a Noi, e giache si è parlato de' b molli è necessario, che sopra questi io dica qualche cosa. Si danno in alcuna Cantilene alcuni b molli, che pur che siano discendenti sono molto comendabili per la soavità, e dolcezza del Canto. E questi si rilasciano ad arbitrio de' Cantori, con questo però che non si adoprino a capriccio, e senza fondamento per non togliere le proprie forme al Canto. Eccone varj Esempi [Beccatelli, Annotazioni, 41,2; text: Ut non intretis in tentationem Absolve Domine animas omnium fidelium defunctorum ab omni vinculo delictorum] [-42-] [Beccatelli, Annotazioni, 42,1; text: Et propter gloriam nominis tui Domine In hymnis et canticis. Inclita gaudia.] Questi b molli non sono dove io gli ho posti da per tutto necessarj, ma introdotti per uso in grazia ella grata modulazione, che arrecano. È da avertirsi però di adoprare detti B molli, e Diesis con giudicio applicandoli per far qualche senso particolare o di dolcezza, o di soavità, o di gloria; perche questa sarei per dire fosse stata la misteriosa intenzione de Santi Padri, di far cioè le modulazioni addattate ai sensi delle parole totalmente; sicche non dobbiamo prenderci l' arbitrio fuori di necessità di cavare le Cantilene fuori dalle loro proprie forme. Nell' istessa maniera delli assegnati essempi in cent' altri luoghi si può usare il b molle, dove il buon gusto, e la grazia del Canto si sente, che lo ricchiede. Onde il buon Cantore dove si sente stimolate dalla dolcezza della modulazione lo può francamente usare, purche l' addopri con considerazione, e che sia sempre discendente, e che non distrugga la proprietà del Tuono; Conciossiacche quando il Tuono di Terza maggiore deve esser praticato con terza maggiore, e se minore con minore.E questo sia a sufficienza sopra detti b molli. Ma per non esser prolisso, e per non esservi ne seguenti capitoli altro che leggerezze simili alle passate saltiamo per ultimo al Capitolo 68: dove parla dell' Ecclissi delle parole. Annotazione Duodecima nel Capitolo 68 In questo capitolo vuole per quanto si può, che se una Sillaba delle parole dice Fa, come per esempio Factus Facinora, e null' altre: quella sillaba torni sopra una nota, che dica Fa: così dell' altre sillabe La, Re, Mi, Sol: vedendo, che tornino sopra le note dello stesso nome come in altre Annotazioni; E questi Egli lo chiama Ecclisse delle parole. E prova di queste sue regole con un Esempio d' un Madrigale di Giuseppe Pilonio in queste note [Beccatelli, Annotazioni, 42; text: Debbon venir le fascie alle mie piaghe Amor che non m' impiaghe.] Il dire, come Egli dice, che Quest' Autore del Madrigale abbia messo il Diesis al Fa di Csolfaut perche dica Mi, questa è una cosa che farebbe uscir di Ghangheri le porte del Tempio di Salomone. Delle dette Sillabe è pazzia il parlarne giacche ognuno è capace di conoscerne la falsità. Solo mi si permetta di parlare al Nostro Autore, che può avere simili scempiatagini nel capo e così dirgli Ditemi dunque Padron mio, se quel Csolfaut col Diesis dice Mi, perche il DlaSolRe seguente deve dir Fa. In riflesso della sillaba Fa di Fascie? per questo stesso riguardo adunque il Basso, Tenore, e Soprano dovranno ancor essi dir Fa in quella nota, che tocca detta sillaba? Lo diranno veramente? E se tutte le parti non lo dicono dove se n' andranno i vostri insegnamenti? Mà veramente credete che in quella nota si debba dir Fa? Se voi dite di sì Voi non sapete legger le note: Se dite di nò, da voi vi date la Scur su i piedi. Sapete Voi per qual causa è posto quel Diesis a Csolfaut? Nò. Ve lo dirò Io. La Causa è che quell' Alasolre non solo è Tuono, mà vi si fa cadenza, ed è tempo buono. Se poi voi mi dite, io so che non dice Fa, non seguendovi da Csolfaut à Dlasolre il medesimo intervallo, che segue dal mì al Fa è lo stesso, che se dicesse Mì Fa. L' intervallo è lo stesso ve lo concedo, ma la sillaba non sarà l' istessa; e se mi dirà, che basta che sia l' istesso Suono. Vi rispondo che anche il Sol di natura acuta, che scende al Fa col Diesis sopra le parole m' impiaghe avrà lo stesso suono di Fa, e pure secondo Voi dovrebbe dir Mì; e parimente alla Syllaba pia dovrebbe corrisponderela nota La. O vedete i grossi abbagli col sostener le vostre sciocche oppinioni. E non v' arrossite di citare i Professori di Musica per dar Sostegno falso alle vostre leggerezze? Sappiate per tanto, che non vi è, ne vi è mai statta delle parole una intrinseca congiunzione con le note, sicche ad arbitrio ogn' uno può applicar le sillabe. E poi non fu mutato l' Ut in Do, o Do? Di più vi dirò, che i Francesi per render più facile la lettura del Canto Fermo anno [-43-] abbolite le mutazioni, con far che Ciascheduna Nota tanto in salire, che scendere abbia l' istessa sillaba, aggiungnendo alli [alle ante corr.] sei nomi delle Note, un altra Sillaba in luogo del secondo mi, che dica Si. Eccone l' essempio [Beccatelli, Annotazioni, 43,1; text: Ut, Mi, Re, Sol, La, Si, Fa] Altri in altri luoghi per togliere la da Loro supposta difficulta delle Mutazioni si servono di soli quattro nomi delle note; che sono Mi, Fa, Sol, La; perche pare a Loro che questi possino servire volendo come i Francesi, che le Note abbiano la medesima voce tanto in salire, che in scendere così [Beccatelli, Annotazioni, 43,2; text: Fa, Sol, La, Mi] Io non intendo però con avervi mostrati questi essempi, che noi dobbiamo seguitare l' uso degli Stranieri, avendo il nostro modo, qual è miglior di Tutti gli altri, particolarmente perche l' intrinseca qualità delle Corde, essendo di tre Sorte, Maggiori, Miste,e Minori non si possono dimostrare con meno di Sei Nomi delle Note trattando in atto pratico> Ma solo ho inteso con questo di farvi veedere, che l' intonazione delle Note non risiede nelle Sillabe, ma nell' essenza delle medesime note. In oltre l' essempio, che avete portato nel Madrigale, io lo trovo in un de' Madrigali del Principe di Venosa a Carte 14 che dice Se da si nobil mano debbon venir le fascie alle mie piaghe. Se questo Madrigale sìa di Giuseppe Pilonio io non lo so: Mi sovviene però d' aver sentito dire al riverio mio Maestro, che questi Madrigali del Principe di Venosa sieno opere di diversi grand' Uomini, quali furono Amici di questo Principe. Se ciò sia vero io non posso asserirlo. Solo vi dirò che nel proprio madrigale, nella parte che Voi avete portata la nota Fa che cade sopra la Sillaba pia della parola impiaghe non deve esser intonata col Diesis, ma pura così com' è per licenza del Compositore. Annotazione Decima Terza nel Sopradetto Capitolo Nell' istesso Capitolo fa il Nostro Autore una lunga dicerìa sopra il Responso della Settuagesima, che dice Ubi est Abel Frater tuus quale io distenderò per esser più facilmente inteso. [Beccatelli, Annotazioni, 43,3; text:Ubi est Abel Frater tuus dixit Dominus [-44-] ad Cain nescio Domine numquid custos fratris mei sum ego et dixit ad eum et cetera.] del quale Egli dice, che le prime parole fino a Nescio, perche parla Iddio, son di Canto grave (e questo è vero), e l' altre parole fino a quelle et dixit perche parla Caino uomo crudele per questo fine sono adattate ad una Cantilena aspra, e finta; poiche si devono cantare per B quadro giacente in C:, e in F: tanto le Note della parola Nescio vuol che dicano Fa, Mi, Fa, Fa, Fa, Fa, La, Sol, La, La, Sol, Mi, Mi, Re; e cosi tutto il resto finche durano. Veda Vostra Signoria in che eccessi ha mai dato Costui! io m' arrossisco di parlare sopra si sciocca opinione: Solo dirò per chi non avesse tutta la necessaria cognizione, che le note di questo Responso devono esser cantate, così come stanno senza alterarne una sola. Conciossiacche essendo verissimo, che l' Autore del medesimo ha fatte le prime note d' ottavo Tuoni, perche parla Iddio; quando poi parla Caino Uomo perfido le esprime col altezza, e durezza della Cantilena er causa di quelle tre cadenze immediate in Mi di natura acuta, e colla quinta falsa come in tutto il resto di detta Cantilena: Distrutta quella Quinta falsa, è mutato dett' ordine di Note. Oltre di che si farebbe contro l' intenzione del Santo padre, che la compose. E che sìa la verità, che debba esser Cantato così come sta non solo questo Responso, ma qualsivoglia cantilena Antica: si deduce da questo, che in quel tempo che furono composte non si conoscevano altri accidenti, che li Diesis Cromatici, ed Enarmonici, e il solo b molle acuto, come attesta Franchino. Onde quei Santi Padri, ed altri Grand' Uomini, che fecero queste, ed altre Cantilene non potevano avere quell' intenzione che gli da in nostro Autore. La difficoltà della Quinta falsa immediata è un debole Scrupolo, mentrecche si canta benissimo così come è, essendo che le Quinte False non sono intervalli così duri, ed asperi come lo è il Tritono. Inoltre quel Fa di natura acuta ha relazione remota al Sol di B quadro acuto, [[da quell]] corda principale del Tuono, di cui Egli è la Terza, intorno al qual Sol si raggira tutta quella Cantilena, e relazione prossima al Fa di B quadro acuto, che come Quarta del Tuono anch' Egli è una delle Corde principali. Sicche deve star com' Egli è, e si canta con somma facilità. La più difficultosa Quinta falsa, che io abbi trovato tra quelle poche Cantilene Ecclesiastiche, che ho vedute certo è quella che si trova nella Antifona della Mattina delle Ceneri, che dice Exaudi nos Domine alle parole Benigna est Misericordia tua, qual molti dicono, che debba esser corretta col b molle. Io però son di diverso parere, e per esser meglio inteso ne porterò l' essempio con le note, qual è questo [Beccatelli, Annotazioni, 44,2; text: Quoniam benigna misericordia tua.] Sopra la quale io dico, che può esser vero come alcuni dicono, che in alcuni essemplari antichi si trovi segnato il b molle al Mi di B quadro acuto, onde da questo si deduca, che chi la compose non intendesse farvi quella Quinta falsa. Io però nell' antico esemplare dove l' ho veduta non vi hò trovato b molle alcuno. Ma siasi la cosa come ognun' vuole io dico che così come gl' Antichi avevano il segno di b molle per temperare qualunque crudezza, così non avendolo posto in prattica in detti intervalli, egli è un valido argomento per restar persuaso, che non ve lo volevano, e che la loro intenzione fu di volere quelle picciole durezze per esprimere con esse l' affetto delle parole o pietose, o lamentevoli, o pur di sdegno, o di querela. E ciò mi conferma il Gran Guido in quelle parole: Nullum in Canto plano cantatur b molle nisi in Temperamento Tritoni. E ancora l' osservazione fatta sopra Molte Cantilene particolarmente di quinto Tuono,c ome si vede in questi seguenti esempi amendue nel Responso terzo del secondo Noturno della Settuagesima [-45-] [Beccatelli, Annotazioni, 45,1; In Adam. et tulit. In mulieres. Et adduxit.] Onde io dirò che gli antichi per quel che si vede non avevano tanto scrupolo di queste quinte false, quanto ne hanno li moderni, e se gli autori di queste composizioni hanno inteso di volerci questi intervalli, perché dovrem minori farne la correzione? tanto più che detta quinta falsa non è così cruda cantarsi come il Tritono: e poi loro cantano con somma agevolezza nella sequenza del corpus domini al versetto ecce panis angelorum, mentre si intuona per necessità il far di natura grave col diesis? e nell' ultimo verso nella stanza viene creator Spiritus sù la parola creasti non si fa la medesima intonazione? avrei potuto produrre altri esempi di quinte false, peduti una con le cantilene non troppo antiche; ma siccome, dalle stesse si riconosce la meschinità di chi le compose, per ciò lo tralasciate. Ma per non esser prolisso parendomi dal detto abbastanza sopra queste Semidiapenti cioè quinte false, e per non mi allungare dal nostro autore, come ancora per postarmi con più prestezza all' ultimo caso delle sue leggerezze o di passaggio come al capitolo 70 e gli fa una tavola dove dimostra le consonanze con li numeri del suo coma, che chi non è cieco affatto vedrà nel computare da sciocca, e falsa riuscita de medesimi. Inoltre trattando egli le consonanze quelle che sono minori gli chiamano imperfette, e le maggiori perfette eccettuata la quinta. Non occorre che sopra questo io dica cosa alcuna, poiché ognuno sa che le perfette sono quinta, quarta, e ottava; le imperfette sono le terze, e seste; le cattive la seconda, e la settima, e di tutte queste già ne ho parlato. Solo dirò, che dà alcuni Professori l' unisono vien posto per consonanza, ma senza ragione: perché primo non costituisce intervallo alcuno, essendo di proportione d' ugualità. Secondo l' unisono non ha divisione alcuna, e perciò solo si potrà dire principio di consonanza. Oltre a questo io la devo avvertire, che io ho posta la quarta nel numero delle consonanze perfette come l' ho provato esser tale nell' annotazione delle proporzioni, e come tale perciò si deve chiamare. Al capitolo 72: muta di sua invenzione la via dell' inno Custodes Hominum perché essendo degli angeli, pretende che debba essere in quinto tuono. Questa è una delle sue solite semplicità servendosi dell' applicazione de tuoni a suo capriccio; con questo di più che l' aria, che gli da acquisti è degno veramente del nostro autore, chiamandola di quinto tuono, e facendola caminare con l' error moderno, voglio dire col b molle fisso in chiave. Al capitolo 73: mostra che sia necessario il diesis per far le cadenze, e finali de tuoni nelle antifone graduali, tratti, alleluia, sequenze, e gli inni, e insomma in ogni cosa, e questo dove non si può mutare la lettura delle note non lo chiama B quadro giacente, ma lo chiama diesis. A. capitolo 84: dubita che molte parole, che hanno le sillabe brevi, e che per causa della notte vengono pronunziate lunghe ciò proceda dagli scrittori del canto fermo, che abbiano traviato dall' antico. Tuttavia poi nel mezzo delle capitolo dice che non si deve alterare cosa alcuna per una riverenza a San Gregorio, che compose dette cose. Sopra questo dico ancor io che si danno degli errori di scrittura ne' libri corali, e ne ho veduti molti: ma quello che gli dice di tali note, e sillabe in molti luoghi non è scorrezione, perché le veggo scritte uniformemente in tutti gli antichi libri. Che dette note poi necessitano a pronunciare le sillabe brevi lunghe questa è una debolezza, perché chi ha un poco d' arte e grazia nel cantare le pronunzia senza alcuna alterazione. E per questo stimo petulanza da alcuni il volere aggiugne doppia nota a quelle che sono innanzi a qualche sillaba breve in questa maniera [Beccatelli, Annotazioni, 45,2; text: Veni Sancte Spiritus, mentre deve dire] ma questo è poco: poicché mi sono trovato a sentir peggio, qual' è l' alterazione fino de tuoni de salmi, perché avendo un giorno sentito intonare il credidi a questo modo [Beccatelli, Annotazioni, 45,3; text: Credidi.] [-46-] ed avendo dimandato al cantore perché legava insieme le tre prime note dovendo esser la prima sciolta, mi rispose che per pronunziare bene quelle sillabe, bisognava così fare per non aver a dire Credidi. Onde io appresa si bella dottrina con un sorriso mi licenziai: e non mi facei a dirgli, che con queste loro saccenterie la vogliono fare da pedante agli antichi padri senza considerare che Sant' Ambrogio e San Gregorio oltre l' essere di pontefice, e di grand' arcivescovo erano grandissimi dottori, e uomini letteratissimi non solo nella latina lingua, ma eziamdio della greca, e questi furono i primi riformatori del canto, e tutti sapevano a differenza che passa tra le sillabe lunghe alle brevi, e se l' anno adattate così, è segno e così le volevano; e il voler correggere tali passi, che hanno composti non [è add. supra lin.] che [[che]] una farla da presontuoso ignorante. Ma quando ancora apparisse una sillaba lunga per breve, o una breve per lunga nel canto non importa cosa alcuna, perché è più necessario d' aver cura all' ordinato procedimento delle note, che alle sillabe delle parole. La qual cosa è stata sempre conosciuta e dagli antichi, e dà moderni professori non ignoranti eziamdio nelle lettere: è il Franchino medesimo parla così nel libro primo capitolo primo Sed neque inficiabor hanc ipsam Musicam actionem Grammaticae plurimum esse discordem: quum in hac dum breui vel producta syllaba sit utendum: omnino eorum qui nos ante iuerunt auctoritate id tacimus: Musicum vero rationabili vocum dimensioni inservire necesse est: nec illam vel illam syllabam ante pronuntiare quam sibi per vocis ac temporis Mensuram licere sciat: quod et si conuenientius primo secundi huius operis descriptum est: Diuus tamen noscitur Augustinus secundo suae musicae argumentis efficacibus comprobasse et cetera. Ci restarebbe ancora di parlare sopra questo medesimo particolare intorno all' uso antico delle parole ebraiche, all' ultima sillaba vien sempre pronunciata lunga e forzata, come ancora i monosillabi, allora quando con dette parole si termina la medietà del verso come per essempio nel secondo tuono, e così nel quarto, quinto, e ottavo tuono [Beccatelli, Annotazioni, 46; text: David. Jacob. Israel. Jerusalem. Syon.] il qual buon uso da questi correttori moderni vien quasi del tutto abolito. Ma per finire una volta io lascio di discorrer sopra questo come ancora sopra molte altre cose per esser Bagattelle di poco conto; e mi porto all' ultimo scola scolarissimo farfallone, che nel dottrinale di queste materie ha detto costui; che per essere inteso porterò le sue stesse parole. Annotazione ultima nel capitolo 90. Primo. Questo sarà un discorso curioso per non esservi stato fin oggi chi habbi dimostrate le differenze tra le tre consonanze perfette, Unissono, e quinta, tra quinta, e ottava, e tra ottava, e Unissono; e se qualche bell' ingegno potrebbe dire, che la quinta, e ottava sono in diverse proporzioni, e fanno diverso effetto, non mi dispiacerebbe la risposta comune, però l' unisono come differisce dall' ottava? la risposta è di sotto Primo punto. È falso che non ci fusse stato fino allora chi avesse mostrata la differenza, che corre da Consonanza a Consonanza per le sue vere ragioni, che son le Proporzioni, perche io hò letto Gaffurro Franchino, Gianmaria Lanfranco, Pietro Aron, e Giuseppe Zarlino, quale ha scritto piu chiaramente, e più diffusamente degl’altri, e questi sono tutti molto anteriori a Lui, i quali hanno di tutto questo trattato. Il bell’ingegno dice benissimo, che la Quinta, e l’Ottava sono in diverse proporzioni, ma non saprà qual sia la risposta comune, contro la verità del fato, e mi suppongo che non la sappia ne meno il nostro Autore, mentre non la dice. Aspettaremo di sotto per vedere come differisce l’Unisono dall’Ottava. Secondo. La causa formale, lasciate tante dicerie, e intrichi inutile è che quattro proportioni solo nella musica principali, e contengono tutte l' altre: la proporzione doppia, la sesquiottava, la Sesquialtera è la sesquiterza et cetera: (Qui spiega benché malamente le dette proportioni, tuttavia non erra nella sostanza e poi soggiugne). Terzo. Vi sono in proportione sesquiquarta; e sesquiquinta; vi è la biparziente, e Sub, e sopra biparziente, del genere Moltiplice, e Superparticolare, e altre molte, le quali o appartengono a misure o si riducono alle quattro sudette proporzioni et cetera: Doppo alcuni versi seguita così. Quarto. Lascio di dire, che l' ottava è nella doppia, e l' unisono nella sesquiottava proporzione, come di sopra però et cetera: (Più giù dice). Quinto. L' unisono si dice ottava composta. Più giù. Sesto. Differisce la quinta dall' ottava perché l' ottava contiene maggior numero di diastimi che la quinta per la qual maggioranza fanno diverso effetto. Più giù parlando dell' ottava, e della quinta dice così. E si sono perfette l' una, e l' altra con qualche disuguaglianza, che però gli musici hanno assegnata l' ottava sotto la proportione doppia, perché contiene la quinta, che cadde sotto proporzione sesquialtera, e contiene la quarta unde dicitur Diapason, assegnata sotto la proportione sesquiquarta vedi la figura seguente, che per contenere l' ottava queste diverse proporzioni impare, si dirà e per questo [-47-] l' ottava è in proportione doppia, quia duplicem proportionem continet; e la quinta perché contiene la quarta sola è in proporzione Sesqui terza, e perché essa quinta a un suono sopra la detta quarta, acquista altro nome di proporzione sesquialtera. Io stimo tutte queste sono buone ragioni: però la differenza specifica di dette consonanze sono li diastimi, o Coma, che disugualmente formano dette consonanze, e dalle quali risultano dette proporzioni. L' ottava dà doppia sonorità, e proporzione per li detti diastimi, che entrano nella sua formazione intrinseca, ed estrinseca; nell' estrinseca, e ciascuna ottava a 54 diastimi, o coma eccetto la terza specie per il Tritono, divisibili in due parti eguali, cioè 27, e 27: talché e per la sonorità degli estremi, e per la purità degli intermedii, che ha l' ottava, si dice come di sopra, che duplicem habet consonantiam. Ed inoltre il numero diviso in 27, e 27 gode la proporzione Sesqui terza, che gode la quarta: il che non è così della quinta, che se bene alcune delle quattro specie sono eguali negli estremi, et intermedij diviso in due parti 16, e 16. Quelle di 32, o in 18, e 18 quelle di 36 coma, le parti divise non sono in proporzione veruna, come numero 27, e se diviso in otto, e otto sieno eguali non godono proporzione alcuna questo si dice in genere suo, così la quinta, come l' ottava sono egualmente perfette et cetera (Più giù dice parlando delle terze, e seste). E queste Emelle terze, e seste non sono in proporzione veruna perché sono variabili, e maggiore si possono fare minori, et e converso et cetera. Io non ho uoluto più sentire cose di tanta nausea: siche vostra signoria agevolmente è così bella, e nerboruta dottrina del nostro autore potrà vedere i suoi sciocchi pasticci. Io di questi ne sono così meravigliato, e nulla più, pensando come mai in costui potesse essere una così crassa ignoranza. Il discorrervi sopra è cosa vergognoso: tuttavia dirò brevemente qualche cosa per mettere in chiaro la verità a chi men fosse capace d' intenderla da per se e prenderò punto per punto per andar con qualche ordine senza troppo allungarmi. Secondo. La Causa delle Consonanze, e Dissonanze sono le Proporzioni è vero, ma non son quatro le proporzioni Musicali essendo molto più. Onde doveva non solo aggiugnere alle Quattro già dette a Sesquiquarta, e la Sesquiquinta, mà ancora la sesquidecima quinta, e la sesquivigesima quarta del Genere Superparticolare; La Tripla, e la Quadrupla del Genere Moltiplice oltre a quelle che Egli non sa del Genere Superparziente. Terzo. Veda Vostra Signoria ce Egli non sa cosa sìa Proporzione: mentre dice, che ci è la biparziente, e sub, e sopra biparziente. E quali sono le parzienti del Genere particolare? Questo vuol dire, che ha sentito per disgrazia nominare queste cose, ma le ha scritte senza saper, che sieno. Quarto. Poteva tralasciare ancora di scriverlo che l' Ottava è nella doppia, e l' Unisono in sesquiottava, e così avrebbe scritto uno Sproposito di meno. Se per Doppia intendesse la proporzione dupla (il che non è vero) Egli in questa direbbe bene: Ma l' Unisono è in proporzione d' ugualità; e la Proporzione Sesquiottava porta l' intervallo d' un Tuono Perfetto; Onde la Seconda Maggiore, e non l' Unisono si dice, com' è, in proporzione Sesquiottava. Quinto. L' Unisono non si dice Ottava composta; ma l' Ottava si puol dire Unisono Composto, ma propriamente si dice replicato. Sesto. La Quinta differisce dall' Ottava, perche l' Ottava non è Quinta, e la Quinta non è Ottava, e non già per causa de' suoi Diastimi. Ecco la prova, che Egli non intende cosa sìa proporzione doppia: Mentre dice che gli Musici abbino assegnata l' Ottava sotto la proporzione doppia, perche contiene la Quinta, e la Quarta: Conciossiacche gli Musici non son capaci di dir simili sciochezze: E questo detto Quia duplicem proportionem continet è un Testo cavato dagli Spazj immaginarij del suo Cervello. Perche se si dovesse darle il nome di doppia ancora la Quinta, e tutte l' altre divise nelle sue Proporzioni tiene un abisso di spropositi, eche che sia gli può conoscere. Che cosa sia Diapason viene spiegata da Moderni per Università di Concento. La Figura, che Egli pone è quella, che segue copiata da Lui da qualche Libro, dove l' anni veduta senza intenderne la sostanza del Significato. [-48-] [Beccatelli, Annotazioni, 48; text: Figura nel Libro dell' Autore, Diapason, Diapente, Diatessaron, Medietà Arimmetica, Ton. 12. 9. 8, 6] Settimo. La Causa Specifica della differenza delle Consonanze [è add. supra lin.] la differenza delle Proporzioni. La Causa estrinseca, e remota sono gli numeri per la ragione de quali si trovano le proporzioni: La causa estrinseca prossima sono li corpi sonori, e la Causa intrinseca sono le dette Proporzioni. Della pazzìa del suo Coma se n' è discorso abbastanza. Onde dirò più tosto, che Costui, ne men [per ante corr.] per ombra, sapeva cosa fossero Proporzioni. Ma lasciamo oggimai di più imbrattare si scioccamente la Carta con simili debolezze: giacche con quella spiegazione che da principio ho fatta delle proporzioni ognuno agevolmente potrà conoscere il fondo de suoi spropositi. E questi sono gli Autori studiati, e usati per fare autorità. Buon Iddìo si vede bene quanto si cammini al buio in questa si nobile Professione. Io non voglio discorrer d' altro per non tediarla di vantaggio, che pur troppo a quest' ora io mi sarò abbusato della sua pazienza. Solo dirò che mi meraviglio assai, che tra la moltitudine delle leggerezze, che Costui hà scritte, non si sìa messo a trattare ancora del Canto Fratto; conforme ad un altro Scrittore del quale mi è capitato alle mani il libro, dove nell' ultimo tratta diffusamente di questo Canto. Ma mi dispiace solamente non avere zelo, e dottrina, come si richiederebbe per estirpare se fosse possibile così perfida Zizania introdotta nella Chiesa Dio sa da chi. Per cui motivo dobbiamo vedere il Canto Ecclesiastico, che è canto divino quasi addormentato, per non dire estinto in Certe Chiese dalla poca Curanza di chi più degli altri dovrebbe vigilare per il suo puro continuo mantenimento,e avanzamento per maggior decoro della Chiesa, riprendendo certi Uomini, che voglio farla da inventori di nuovo Canto; i quali Dio sa se ne pure intendono cosa sia Deduzione. So bene che la Loro intenzione non è di profanar la Chiesa, che anzi d' affaticarsi a gloria della medesima per incontrare il genio d' alcuni, che bramano novità. Sopra di ciò il mio parere è questo, che il servizio, e gloria della Chiesa è di fare in tutto, e per tutto quello, che ordina la Chiesa, e di seguitarla ne riti, e cerimonie da Lei stabilite; onde servendosi ella in tutte le funzioni,e divini ufficj del Canto Gregoriano per ordinazione di tanti Sommi Pontefici, non si deve introdurre Canto differente con pretensione che sìa più di quello gradito; essendo che si fa più tosto disprezzi alla medesima Chiesa con questa nuova moda di Canto, secondo i [-49-] sentimenti del Gran Guido che dice: Ille maximè authoritati Ecclesiae contradicit, qui propter alios Cantus divinum Beati Gregorij praetermittit. In oltre gli Uomini che anno qualche talento tengono più conto della stima di quei pochi, che sieno capaci di dare, e togliere la Lode, che dell' applauso vile d' una Turba ignorante, che non sa distinguere il buono dal cattivo; a guisa degli Israeliti, che disprezzando la manna del Cielo desideravano più tosto gl' agli, e le cipolle dEgitto. Il dire che questo nuovo è un Canto che piace, e che diletta, questa è una vana lusinga, che hanno di loro medesimi, poicche in verità quelli, che hanno un poco di buon gusto, molto l' abborriscono mercecche oltre l' esser pieno d' errori in ordine alle regolate modulazioni, fa cosi tristo effetto; che fino quelle Persone, che non hanno cognizione di Musica, ma solo di buon gusto naturale nell' udirlo chi si contorce, chi ride, e chi fa un gesto, e chi un altro. Una volta mi trovai in una Chiesa, dove Certi Religiosi cantarono un Credo di questo lor Canto Fratto, che una Persona Nobile, e di molta considerazione, che a caso mi vidde ebbe a dirmi queste precise parole: Ed è possibile che tu sia stato a senteire le Cagnolaie di quei Frati, che a me pareva, che dovessero uscir di Chiesa fino i Mattoni? Questo è l' applauso, che danno a questo nuovo Canto Quelli, che qualche cosa intendono, e che non sono da passione alcuna acciecati. So che mi potrebbe esser detto, che la Chiesa ammette il Canto Figurato: Quello che pratichiamo Noi è Canto Figurato: dunque si puol usare; e se piace quello piacerà ancora questo. Questa però è uan conseguenza ridicola: Perche il Canto figurato a voce sola, con tutto che Egli fosse d' ottima composizione Egli è un Canto snervato, e senza Armonìa: e se la Chiesa l' ammette, Questo non è a voce sola; mentre almeno Egli è accompagnato dall' Organo, che da tutto quel concerto dilettevole, che da per se sola la voce sola non ha; e questo così si rende grato, e desiderabile. Di quì Guido Aretino non trovando nel Canto figurato de' suoi tempi quella sodezza, che Lui desiderava, perciò gettò tutte le sue dottissime applicazioni sopra il Canto Eccclesiasstico, come ricavo dal Franchino nel libro 3: capitolo 15: in queste parole: Neque decet (parla del canto) ipsum gratulis fractionibus diminui, quippe qui ad reliquos singulis notulis concordantias tenet. Plures enim ad alios ipsis figurarum diminutionibus discordantias efficiet quam concordantias; hinc insuauiter ad astantium aures accedit. Insolens quoque, et indecorus capitis manuumque motus cantorem declarat insanum. Non enim manus, aut Caput concordem Sonitum efficiunt: sed vox bene modulata. Displicent Plerique imprudenter cantantes, quibus se existimant placituros. Haec et enim potissima fuit Causa: cur relicto florido ac mensurabili cantu, Guido ipse ad ecclesiasticam se contulit modulationem. Is enim (quod egre refero) de eis inquit. Temporibus nostris inter omnes homines fatui sunt cantores. Ma il Canto Gregoriano da per se mirabilmente si regge senz' altro appoggio, o accompagnatura con una divota gravità armonioso, e pieno di una Santa diletazione; lo che non è né può essere del canto fratto, e chi ha qualche poco d' intendimento, ne faccia la prova con il cantare una data cosa in canto fratto, e immediatamente poi cantarne un' altra in canto fermo Gregoriano, e vedrà se io dico il vero. Un' altro più grave errore commettono poi questi Fratteschi compositori qual è la replicazione delle parole in alcun tempo mai permessa ne canti ecclesiastici; mà solo ne figurati, poi che in questi è necessario ubbidire al concetto musicale, e in quelli alle parole. Onde ne figurati le parole devono in qualche modo servire alle note; e negli ecclesiastici le note devon servire alle parole. Né si possono da questo sensare con chiamar figurato il canto fratto, con addurre ancora, che questo canto fratto sia stato anticamente praticato nella chiesa: perché questa è un ignorante difesa, stante che questo lor canto non altro a di figurato, che la diversità delle figure delle note; e benché da questa diversità prenda il nome il vero canto figurato; tuttavia la soave, e grata modulazione del figurato non consiste nelle sole figure delle note, ma dalla diversa accompagnatura, e tessitura dalle altre parti. [-50-] che nell' antico si sia data ne canti ecclesiastici diversità di figure di note portate ancora con diversa misura di tempo, questo è vero; ma queste figure non sono altro, che quelle medesime, che si trovano nei nostri libri corali, e se li danno diversa quantità di tempo questo fu per corruzione del canto fatta dagli sciocchi cantori. Siche per buona conseguenza si può dire, che sia sempre stata condannata per erronea la diversità del valore delle note nel canto ecclesiastico. in oltre il canto fratto, che dicono essere stato usato nell' antico, non è il loro canto fratto, mà bensì il figurato obbligato alle note del canto fermo: che vale a dire egli è un Contrapunto fatto sopra le note del canto fermo ad una, due, o più parti, e con note di diminuzione regolate dal tempo accompagnano detto canto fermo, quale serve di fondamento a questo Contrapunto computando le note del canto fermo ciasccheduna egualmente per il valore d' una semibreve, nella maniera appunto che sono gli introiti dell' Asola, quasi si cantano nella cappella fiorentina. E così ne parla ancora l' istesso franchino portandone vari essempi de quali uno è questo. [Beccatelli, Annotazioni, 50] Or veda vostra signoria quanto questi bell' umori vadino ingannati, quanto siano lontane dal vero, e da ogni buon ordine d' operare. Ma io ben m' aveggio, che sono uscito dal mio discorso, e che tratto d' una materia, con chi meglio di me l' intende: ma l' affetto, e venerazione che io porto al canto ecclesiastico, riconosciuto da me per un canto veramente divino m' ha tolto dalla mente non solo a persona con cui parlo, ma etiandio di proposito di togliergli una volta il tedio di questi mia mal ordinati, e peggio distesi Cicalamenti. Vostra signoria è molto ben informata della debolezza del mio talento, onde io spero di trovare in lei un benigno compatimento di tutti quegli errori, che in essi vi troverà, che facilmente non saranno pochi, almeno per il pensiero che ho avuto, qual è stato di giovare a chi leggerà queste mie annotazioni, mentre da queste potrà forse intendere molte cose di questa professione, che non a tutti saranno forse note. In oltre la prego a non si scandalizzare se ho citato qualche passo di qualche autore senza citare libro o carte, perché questo è avvenuto per averli veduti citati da altri, e non esser potuto trovar l' opere loro per poterli riscontrare; e vostra signoria sa benissimo La diligenza, che per questo ho fatta, e che tuttavia sto facendo. Tutto quello, che ho detto l' ho appreso da miei primi riveritissimi maestri, e da molti altri autori (oltre li già citati) antichi, e moderni, che io ho veduti. E perché in alcuni di questi, che trattano del modo di rispondere a coro con l' organo vi ho trovato qualche sbaglio, ed essendo questo necessario sapersi non solo agli organisti ma ancora agli cantori ecclesiastici io le ne ho fatta qui in ultimo una breve ordinazione; come ancora una dimostrazione degli antichi Sistema per la ragione delle proporzioni, acciò da questi possa meglio conoscere le proprie loro antiche divisioni. Gradisca intanto questa mia piccola fatica, mentre che le mie forze lo permettono forse d’impiegarmi in altre cose di maggior utile e profitto per li Gioveni Studenti. E le fo Devotissima Riverenza.
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