Author: Doni, Giouanni Battista
Title: Lettione quarta sopra la Musica Scenica Recitata nell’Accademia della Crusca
Editor: Massimo Redaelli
Source: Florence, Biblioteca Marucelliana, MS A.294.7., f.120r-127v
[-f.120-] Lettione quarta sopra la Musica Scenica Recitata nell' Accademia della Crusca [[Conciò sia che Serenissimo Principe Arciconsilio Virtuosi Academici m' habbiate prestato grata e benigna udienza in tre dei Ragionamenti]] La grata e benigna udienza Serenissimo Principe Degnissimo Arciconsolo Virtuosi Academici, che quest' estate passata ui compiaceste di dare a tre miei Discorsi (il primo de' quali fù sopra il Recitare in Scena; il secondo sopra la Rapsodia; e 'l terzo sopra il Uerso antico) mi fa sperare al presente che non u' habbia ad essere discarso ch' io continui [[ad essaminare con uoi la materia del primo]] [et ripigli corr. Supra lin.] il filo del primo di essi, allora da me interrotti; per uenir finalmente a quello, che è più importante nuouo; e che (per quanto ho presentito) porgerà occasione ad alcuni eleuati ingegni d' essaminare sottilmente questa mia nuoua dottrina et [[col con<.....>]] [[con corr. supra lin.]] [di raffinarla con forza corr. supra lin.] [[col trouare]] de gl' argomenti [[et essaminarli; add. supra lin.]] [[a guisa che all' hora adiuiene quando]] in quella guisa che succede al ferro quando dal martello percosso, a maggiore purità si riduce. Cosa che per ogni conto a me dee essere gratissima: che [più uale add. supra lin.] al pari d' ogni altro la professione d' essere della uerità seguace et amico: sapendo benissimo che le modeste e costumate contese, che qui si praticano, sono attissime a scoprire il uero, come [[per]] che per l' opposto sito, niuna cosa più l' offuschi et l' allontani dal nostro Intendimento, quanto quegli ostinati [ostinante ante corr.] e strepitosi [strepitose ante corr.] [[tenzonj]] [[tenzone ante corr.] contrasti, che per la maggior parte nella [[sesiola da]] maniera sofistica qual sogliono hoggi [[osseruarsi]] praticare. da cui l' antico prouerbio nasce uerissimo: Nimis altercando ueritas amittitur. Ricominciando dunque il tralasciato Discorso [[prima]] in primo luogo recherò in campo alcune [[testi]] altre testimonianze (oltre le addotte già) le quali prouano che fuori de cori interuenisse [[g<...>]] appresso gl' antichi il canto nelle Tragedie. Secondo per uia di simili proue farò manifesto che non si cantauano Attioni per esempio tragedie intere; contro quello che ai tempi nostri [con falso presupposto d' imitare gl' antichi add. in marg.] si pratica; e quali parti si cantassero e quali nò. Terzo con molte et importanti ragioni mi ingegnerò di mostrare che cotale usanza è molto migliore e più lodeuole dell' hodierna: come quella che d' ornati e singolari ualori [[e grandi preggi add. supra lin.]] ne fa godere. [[Or dunque]] ben dunque i due passi d' Aristotele e di Tito Liuio da me allegati [[sono]] parlano tanto chiaramente, che se uolessimo [[seg]] conformarci con lo stile del foro e de' tribunali potrebbono farlo per [[maggiore confermatione]] soprabondare in proue, e sodisfare maggiormente alla curiosità nostra, anderemo pure alti essempi [-f.121r-] raccogliendo per confermatione della comune et uera espressione de detti; che da gl' antichi non ne' soli Cori; ma in altre parti ancora delle loro Attioni Drammatiche la musica e 'l canto [s' adoprasse add. in marg.] [[si impiedesse]] scriue Suetonio nella uita di Nerone queste parole: Tragoedias quoque cantauit personatus: et poco appresso. Inter cetera cantauit Canacen parturientem, Oresten matricidam, Oedipodem excaecatum, Herculem insanum: e quasi tutti erano soggetti Tragichi. Diranno cosi quelli che i soli Cori stimano contenere la musica, che Suetonio non dice che Nerone cantasse in Scena; ne come si cantauano comunemente le Tragedie. et che accade che egli lo dica, se, essendo questi argomenti tragichi, non si può credere altrimenti se non ch’esso gli cantasse in quel modo appunto che si cantauano allora per le Scene? Massimamente insegnandoci il medesimo Suetonio ch’egli recitò et cantò primieramente in Grecia (doue andò a posta per prouaruisi) poi in Napoli, allora città Greca: appresso nei suoi giardini in Roma doue parendogli d’essersi assai esercitato et tolta quì la uergogna (se pur n’hebbe già mai) uolle ultimamente tra gli altri comedianti cantare in publico spettacolo del popolo Romano. L’istesso Suetonio [[nel]] [sul corr. supra lin.] fine della uita del medesimo dice Obeseruatum etiam fuerat [-f.121v-] nouissimam fabulam cantasse eum publice Oedipode exsulem. Et chi non sà che questa è una delle principali Tragedie antiche? E nella uita di Caligola canendi ac saltandi voluptate ita efferebatur, ut ne publicis quidem spectaculis temperaret quo minus et Tragoedo pronuntianti concineret et gestum histrionis quasi laudans vel corrigens palam effingeret. Qui anche Prudentio antico poeta Cristiano chiama il Tragedo Tragicum cantorem ligno tegit ora cauato Grande aliquod cuius per hiatum crimen anhelet. Onde ancor parue che grandissimo canto faceuano con un Tragedo dotato di [[bella e gagliarda]] [soaue corr. supra lin.] e sonora uoce. Et perciò si legge nell’istessa nota praedulcis uox Tragoedi: et in una antica Inscritione Tragici quoque uocem placebam. Anzi cotanto si dilatò tal usanza di recitare le Tragedie col canto, che insino i Greci de’ tempi più bassi in sino à più moderni chiamano uniuersalmente le Cantilene [tragodemata], ed il cantare [tragodein]; come si può uedere da gli Scolij ò Glosse delle Fenisse d’Euripide, e da quelle di Teocrito doue in più luoghi [tragodein] s’espone [melpein] cioè cantare assolutamente. Liutprando Pauese; il quale uisse intorno a 800 anni fà, et scriue assai leggiadramente per quei tempi delle cose succedetuteli nella sua Ambasceria in Grecia [-f.122r-] di ciò testimonianza ne rende dove dice Post nonnulla inutilia tragoedimata idest cantilenas somno sese dedere: et quel che segue<.> Anzi io uo congetturando che insin’ nel tempo d’Arriano Stoico i cantori si cominciassero appresso i Greci a chiamare [tragodoi]. Et che questo sia uero, ecco un luogo del terzo libro, capitolo quartodecimo del ragionamento d’Epitteto che bastantemente ne [[certifi]] assicura [hos hoi kai kakoi monon asai ou dynantai, alla meta pollon, houtos enioi monoi peripatesai ou dynantai] cioè sicome ni cantori non possono cantare da per se, cosi alcuni si trouano che soli non possono [[pg]] passeggiare: dal che si uede che [tragodoi] sino a quel tempo si prendeuano i semplici cantori; e non per quella specie che da i più antichi Tragoedi [[]] s’appellauano: perche [[non ce ne]] niuno dica che questi cantassero in compagnia d’altri, a guisa de [[Coreali]] Corici; l’ufficio de’ quali era molto diuerso; che a loro propriamente s’aspettaua il cantare in consonanza. Et è cosa degna di riflessione che sicome i Greci nominarono alcuna uolta i cantori in comune con questo uocabolo speciale [tragodos], così per l’opposito i Latini chiamarono tal hora i Tragoedi et Comedi col nome generale Cantore: come fece Horatio nel’arte Poetica Donec Cantor uos plaudite dicat. con la qual parola, come ognun sa, si terminauano le antiche comedie (il che in Plauto et [-f.122v-] et in Terentio si uede) proferendosi da gli Attori stessi, unitamente da tutti (il che dicevamo hora) o pure da uno di loro; che [[poco]] [nulla corr. supra lin.] rileua. In confermatione del medesimo concedetemi ch’io ui racconti un certo ridicolo [caso add. supra lin.] auuenuto in Abdera città della Tracia [sotto il add. supra lin.] regno di Lisimaco, come uien riferito dal [[gent]] gratiosissimo Luciano nel principio del suo trattato come si debba comporre l’Istoria. Auuenne che rappresentandosi in quella città nel cuor dell’estate l’Andromeda tragedia di Euripide una strana infermità sopraffece quei cittadini cagionata dall’hauer seduto essi una gran parte del giorno in un Teatro scoperto, sotto gl’infocati raggi del sole: imperoche tornati a casa per la maggior parte caderono infermi d’ardente febre; che non prima del settimo giorno si terminaua [[e altri col suo]] e non senza qualche saluteuole crise o [[di copia]] d’abbondante sudore, o di copioso sangue uscito dal naso. La qual infermità non prima cessò che soprauuenuti i freschi dell’inuerno quel souerchio ardore conceputo nelle uene si dileguò. Ma il bello fù che farneticando quelli poueri infermi, et raggirandosegli per la [[mente]] fantasia [[gl’uditi uersi ad alta uoce cantauano]] i personaggi della tragedia, et le melodie compreseui ad alta uoce cantauano il seguente uerso Iambico con altri simili [Sy d’ho theon tyranne k’anthropon eros] Cioè Ma tu potente amore che signoreggi gl’huomini e gli dei dalle quali parole componendosi un uerso Iambico che nelle melodie Coriche non entra giamai,[-f.123r-] necessariamente ne seguita che fuor’ d’esse ancora interuenisse il canto in detta Tragedia [-f.125r-] Ma per uenire hoggimai a quello che più importa e mostrareui [mostraui ante corr.] con irrefragabili testimonianze che non tutte le Attioni si cantauano (come comunemente par che si creda hoggi) ma solo alcune parti di esse, doue il canto più si confà, ecco che mi si fa innanzi Diomede grammatico dottissimo; e che i suoi libri arricchì dalle spoglie di Marco Varrone, di Suetonio, ed [anco add. supra lin.] altri scrittori di quel’ fiorito secolo, che delle cose Teatrali, accuratamente composero; il quale fa manifesta distintione tra quelle parti che si cantauano e quelle che si recitauano semplicemente Membra comoediarum (dice egli) sunt tria, diverbium canticum chorus. In canticis una tantum debet esse persona, aut latet. In choris iunctim omnes loqui debent, quasi voce confusa; et concentum in unam personam reformantes. Latinae comoediae chorum non habent. Olim omnia quae in scena uersabantur in comoedia agebantur. nam et Pantomimus et choraules in comoedia canebant. uerum actores comoediarum pro facultate et arte potiores, principatum sibi artificij uindicabant. sic factum est ut nolentibus cedere mimis in artificio suo caeteris separatio fieret reliquorum. Indicio sunt quod tibijs paribus, imparibus, sarranis agebantur Comoediae. quando enim chorus canebat choricis tibijs, id est choraulicis, artifex concinebat. In canticis autem pythaulicis responsabat. quod paribus tibijs aut imparibus dicetur, siquando monodio agebat, unam tibiam inflabat, siquando synodio duas tibias. Le quali parole contutto che malageuolmente si possino uoltare in una [-f.125v-] lingua contenendo molte uoci che non hanno riscontro in essa. Pure m’ingegnerò d’interpretarle al meglio che si possi. Le membra delle Comedie [[sia]] trè sono: I diuerbij, Il Cantico e l’ Coro. Ne’ [[di]] Cantici non interuiene più d’una persona ò l’altra si sta in disparte. Nel Coro debbono tutti parlare [[]] [congiuntamente corr. supra lin.] con uoce quasi confusa (cioè unita insieme) riducendo il concento in un sol’personaggio. Le comedie Latine non hanno Coro. Anticamente tutte quelle cose che s’introduceuano in Scena, entrauano nella Comedia: peroche et il Pantomimo (Pantomimi eran quelli cha danzando esprimeuano col gesto qualunque cosa) et il choraule (cioè il sonatore di Piffero) cantauano nella Comedia. È uero che gl’attori della Comedia come principali in maestria et ufizio, pretendeuano la maggioranza nell’arte. Così auuenne che non uolendo i Mimi (quì par che si piglino i Pantomimi) con l’esercitio loro cedere a gl’altri, rimasero diuisi da quelli. Segno ce n’è che le Comedie si rappresentauano, con in flauti Pari, Impari, e Sarrani: perche quando cantaua il Coro, delle note da Coro cioè Corauliche (hoggi detti pifferi o dozaine) si seruiua il Sonatore. Mà ne’ cantici da Pitaule (cioè sonatore di flauto)rispondeua in consonanza con le tibie Pitauliche cioè flauti. Il che si diceua rappresentarsi con le Tibie pari, o impari. E se talora ciò si faceua col Monodio (cioè ad una sola uoce) sonaua un flauto solo: [-f.126r-] mà se col Synodio (cioè concento a due) ne sonaua due insieme. Se testimonianza cosi chiara non basta, comparisca un altro dottissimo Grammatico et faccino sicurtà per lui quegli irrefregabili autori del miglior secolo, onde egli sicuramente [[la sua]] quasi di peso pigliò la sua dottrina. Elio Donato dunque ne’ Prolegomena sopra Terenzio trattando della Comedia [[scriue che essi]] ancor egli racconta come membra separate di essa i Cantici et i Diuerbj: et di più specifica in qual maniera [[entra]] amendue si recitassero. Diuerbia (dic’egli) Histriones pronuntiabant. Cantica uero temperabantur modis non a poeta; sed a perito artis musicae factis: neque enim omnia iisdem Modis in uno cantico agebantur sed saepe mutatis: ut significant qui tres numeros in Comoediis ponunt; quia tres continent mutatos modos cantici illius: et poco doppo Huiusmodi adeo carmina ad tibias fiebant ut his auditis multi ex populo ante discerent quam fabulam acturi Scenici essent, quam omnino spectatoribus ipsis antecedens titulus pronuntiaretur. Non poteua [Donato add. supra lin.] con più euidenti parole dichiararci [[D]] che si cantauano i cantici, ma non i Diuerbij cioè [[parlari o]] ragionamenti a uicenda semplicemente si recitauano o proferiuano. Il che se nella Comedia si praticaua ben possiamo far ragione che nella Tragedia parimenti si costumasse; [[(]] perche de’ i Diuerbij il negozio è assai chiaro: stimano alcuni et fra questi un [-f.126v-] certo Dionisio Ronsfert (nome per mio credere supposto) nelle sue annotazioni sopra il Rubeno del Padre Mario Bettini, ch’egli essalta sino al cielo, che questi Cantici potessero essere come frammenti staccati dal soggetto della fauola et che perciò non comparischano nelle Comedie di Plauto et di Terentio. la qual cosa non mi pare che habbia niente del uerisimile Imperoche o questi Cantici conteneuano cose attaccate in qualche parte al soggetto della fauola o nò. se diranno di sì; io addimando loro se erano anco composti dal poeta autore della fauola, o da altra persona? Se dal medesimo poeta; perche non uanno annessi col rimanente della Comedia? et per qual causa gl’antichi Grammatici non ne citano alcuna parola, come fanno dell’altre parti? Ma se diranno ch’erano opera d’altri compositori et non di Terentio o di Plauto; oltre che ciò par [che add. supra lin.] si dica a capriccio; è cosa da marauigliarsi che niuno faccia mentione di questi compositori di cantici: et poi non hà del credibile che [[nessuno]] [alcuno corr. supra lin.] fosse più acconcio a comporli del poeta medesimo. Ma se affermeranno che tali cantici erano totalmente diuersi e staccati dal soggetto Comico; io replicherò che fuori d’ogni ragione uengono adunque annouerati da gl’antichi fra le parti essentiali; o (per usare un [-f.127r-] termine scolastico) quantitatiue della Comedia insieme [[con li Cori e Diuerbij]] congiuntamente con i Diuerbij et insieme con i Cori nell’antica Comedia Greca. Non sarebbe cosi fatta diuisione degna di riso e delle fischiate dei logici? [[Non ci ha dunque più alcun dubio che nel corpo]] Certo si: perche ui corrisponderebbero [[quelle cose che non altrimenti]] [cose corr. supra lin.] quasi del tutto estrinseche e separate dalla [dall’ante corr.] [[Attione]] [fauola corr. supra lin.] come sono gl’hodierni Intermedij; o pure il Ballo o il Mimo il quale finita l’Attione più seria soleua anticamente introdursi, come anco in Francia ho ueduto praticarsi. Tengasi dunque per fermo e costante, che nel corpo istesso delle comedie di Plauto e di Terentio e ragguagliatamente nelle Tragedie di Seneca e de’Greci, et non altroue questi Cantici si debbono ricercare<.> Il che anco apertamente si conuince da quello che dice Donato nella prefatione sopra l’Andria cioè che quella comedia è gentilmente distinta ne’ suoi Diuerbij e Cantici e che per ciò fù con felice successo rappresentata. Diuerbijs et canticis lepidè distincta est et successu spectata prospero. Ne ci dia fastidio questo ch’il sopra mentouato Ronsfert asserisce che la diuisione di Diomede delle parti della Comedia in Cantici, Diuerbij et Cori si deue intendere dell’antica Comedia Latina e non della nuoua, che secondo lui non ha cantici. percioche questa sua differenza è una pura chimera et sua [- f.127v-] imaginatione [[essendo state le comedie non essendoci memoria di tale diuersità nelle Comedie Latine come nelle Greche]] essendo state le comedie de Latini quanto alla distributione delle parti tutte d’una sorte e non come qule de Greci in due maniere diuise nella antica nella quale s ignoreggiò Aristofane e nella nuoua [[in cui che a M]] che da Menandro [[principalmente fù]] singolarmente fu perfettionat Dissi quanto alla distributione delle parti: per nel rimanente sò che ui furono non poche differenze: essendouene state alcun togate, cioè composte di [[pers]] materia e sonaggi Romani che uestirono la toga come quelle di Titinio et di Atta: e la magg parte palliate come quelle di Plauto et Terentio, che rappresentano attioni auenute in Grecia et personaggi che conform a quel paese [[d]] il pallio usauano e non la toga. Similmente alcune [[furono]] [hebbero corr. supra lin.] conforme alla qualità de’ tempi il linguaggio più ro et antico; come quelle di Liuio Andronico altre più leggiadro e moderno come quell di Terentio e altre più di grauità ritennero come le medesime Terentiane, altre più del Mimico e [[d]] ridicolo [[come]] [quale corr. supra lin.] uedi anco le Plautne. ma quanto alle parti essentiali: [come add. supra lin.] è cer ch’il Coro in niuna u’hebbe giamai, cosi dobbiamo concludere che i Cantici non meno che i diuerbij in ciascheduna si [[se]] ritrouassero e che pur’hoggi in quelle di Plauto e di Teretio si ritrouino
Title: Lettione quarta sopra la Musica Scenica Recitata nell’Accademia della Crusca
Editor: Massimo Redaelli
Source: Florence, Biblioteca Marucelliana, MS A.294.7., f.120r-127v
[-f.120-] Lettione quarta sopra la Musica Scenica Recitata nell' Accademia della Crusca [[Conciò sia che Serenissimo Principe Arciconsilio Virtuosi Academici m' habbiate prestato grata e benigna udienza in tre dei Ragionamenti]] La grata e benigna udienza Serenissimo Principe Degnissimo Arciconsolo Virtuosi Academici, che quest' estate passata ui compiaceste di dare a tre miei Discorsi (il primo de' quali fù sopra il Recitare in Scena; il secondo sopra la Rapsodia; e 'l terzo sopra il Uerso antico) mi fa sperare al presente che non u' habbia ad essere discarso ch' io continui [[ad essaminare con uoi la materia del primo]] [et ripigli corr. Supra lin.] il filo del primo di essi, allora da me interrotti; per uenir finalmente a quello, che è più importante nuouo; e che (per quanto ho presentito) porgerà occasione ad alcuni eleuati ingegni d' essaminare sottilmente questa mia nuoua dottrina et [[col con<.....>]] [[con corr. supra lin.]] [di raffinarla con forza corr. supra lin.] [[col trouare]] de gl' argomenti [[et essaminarli; add. supra lin.]] [[a guisa che all' hora adiuiene quando]] in quella guisa che succede al ferro quando dal martello percosso, a maggiore purità si riduce. Cosa che per ogni conto a me dee essere gratissima: che [più uale add. supra lin.] al pari d' ogni altro la professione d' essere della uerità seguace et amico: sapendo benissimo che le modeste e costumate contese, che qui si praticano, sono attissime a scoprire il uero, come [[per]] che per l' opposto sito, niuna cosa più l' offuschi et l' allontani dal nostro Intendimento, quanto quegli ostinati [ostinante ante corr.] e strepitosi [strepitose ante corr.] [[tenzonj]] [[tenzone ante corr.] contrasti, che per la maggior parte nella [[sesiola da]] maniera sofistica qual sogliono hoggi [[osseruarsi]] praticare. da cui l' antico prouerbio nasce uerissimo: Nimis altercando ueritas amittitur. Ricominciando dunque il tralasciato Discorso [[prima]] in primo luogo recherò in campo alcune [[testi]] altre testimonianze (oltre le addotte già) le quali prouano che fuori de cori interuenisse [[g<...>]] appresso gl' antichi il canto nelle Tragedie. Secondo per uia di simili proue farò manifesto che non si cantauano Attioni per esempio tragedie intere; contro quello che ai tempi nostri [con falso presupposto d' imitare gl' antichi add. in marg.] si pratica; e quali parti si cantassero e quali nò. Terzo con molte et importanti ragioni mi ingegnerò di mostrare che cotale usanza è molto migliore e più lodeuole dell' hodierna: come quella che d' ornati e singolari ualori [[e grandi preggi add. supra lin.]] ne fa godere. [[Or dunque]] ben dunque i due passi d' Aristotele e di Tito Liuio da me allegati [[sono]] parlano tanto chiaramente, che se uolessimo [[seg]] conformarci con lo stile del foro e de' tribunali potrebbono farlo per [[maggiore confermatione]] soprabondare in proue, e sodisfare maggiormente alla curiosità nostra, anderemo pure alti essempi [-f.121r-] raccogliendo per confermatione della comune et uera espressione de detti; che da gl' antichi non ne' soli Cori; ma in altre parti ancora delle loro Attioni Drammatiche la musica e 'l canto [s' adoprasse add. in marg.] [[si impiedesse]] scriue Suetonio nella uita di Nerone queste parole: Tragoedias quoque cantauit personatus: et poco appresso. Inter cetera cantauit Canacen parturientem, Oresten matricidam, Oedipodem excaecatum, Herculem insanum: e quasi tutti erano soggetti Tragichi. Diranno cosi quelli che i soli Cori stimano contenere la musica, che Suetonio non dice che Nerone cantasse in Scena; ne come si cantauano comunemente le Tragedie. et che accade che egli lo dica, se, essendo questi argomenti tragichi, non si può credere altrimenti se non ch’esso gli cantasse in quel modo appunto che si cantauano allora per le Scene? Massimamente insegnandoci il medesimo Suetonio ch’egli recitò et cantò primieramente in Grecia (doue andò a posta per prouaruisi) poi in Napoli, allora città Greca: appresso nei suoi giardini in Roma doue parendogli d’essersi assai esercitato et tolta quì la uergogna (se pur n’hebbe già mai) uolle ultimamente tra gli altri comedianti cantare in publico spettacolo del popolo Romano. L’istesso Suetonio [[nel]] [sul corr. supra lin.] fine della uita del medesimo dice Obeseruatum etiam fuerat [-f.121v-] nouissimam fabulam cantasse eum publice Oedipode exsulem. Et chi non sà che questa è una delle principali Tragedie antiche? E nella uita di Caligola canendi ac saltandi voluptate ita efferebatur, ut ne publicis quidem spectaculis temperaret quo minus et Tragoedo pronuntianti concineret et gestum histrionis quasi laudans vel corrigens palam effingeret. Qui anche Prudentio antico poeta Cristiano chiama il Tragedo Tragicum cantorem ligno tegit ora cauato Grande aliquod cuius per hiatum crimen anhelet. Onde ancor parue che grandissimo canto faceuano con un Tragedo dotato di [[bella e gagliarda]] [soaue corr. supra lin.] e sonora uoce. Et perciò si legge nell’istessa nota praedulcis uox Tragoedi: et in una antica Inscritione Tragici quoque uocem placebam. Anzi cotanto si dilatò tal usanza di recitare le Tragedie col canto, che insino i Greci de’ tempi più bassi in sino à più moderni chiamano uniuersalmente le Cantilene [tragodemata], ed il cantare [tragodein]; come si può uedere da gli Scolij ò Glosse delle Fenisse d’Euripide, e da quelle di Teocrito doue in più luoghi [tragodein] s’espone [melpein] cioè cantare assolutamente. Liutprando Pauese; il quale uisse intorno a 800 anni fà, et scriue assai leggiadramente per quei tempi delle cose succedetuteli nella sua Ambasceria in Grecia [-f.122r-] di ciò testimonianza ne rende dove dice Post nonnulla inutilia tragoedimata idest cantilenas somno sese dedere: et quel che segue<.> Anzi io uo congetturando che insin’ nel tempo d’Arriano Stoico i cantori si cominciassero appresso i Greci a chiamare [tragodoi]. Et che questo sia uero, ecco un luogo del terzo libro, capitolo quartodecimo del ragionamento d’Epitteto che bastantemente ne [[certifi]] assicura [hos hoi kai kakoi monon asai ou dynantai, alla meta pollon, houtos enioi monoi peripatesai ou dynantai] cioè sicome ni cantori non possono cantare da per se, cosi alcuni si trouano che soli non possono [[pg]] passeggiare: dal che si uede che [tragodoi] sino a quel tempo si prendeuano i semplici cantori; e non per quella specie che da i più antichi Tragoedi [[]] s’appellauano: perche [[non ce ne]] niuno dica che questi cantassero in compagnia d’altri, a guisa de [[Coreali]] Corici; l’ufficio de’ quali era molto diuerso; che a loro propriamente s’aspettaua il cantare in consonanza. Et è cosa degna di riflessione che sicome i Greci nominarono alcuna uolta i cantori in comune con questo uocabolo speciale [tragodos], così per l’opposito i Latini chiamarono tal hora i Tragoedi et Comedi col nome generale Cantore: come fece Horatio nel’arte Poetica Donec Cantor uos plaudite dicat. con la qual parola, come ognun sa, si terminauano le antiche comedie (il che in Plauto et [-f.122v-] et in Terentio si uede) proferendosi da gli Attori stessi, unitamente da tutti (il che dicevamo hora) o pure da uno di loro; che [[poco]] [nulla corr. supra lin.] rileua. In confermatione del medesimo concedetemi ch’io ui racconti un certo ridicolo [caso add. supra lin.] auuenuto in Abdera città della Tracia [sotto il add. supra lin.] regno di Lisimaco, come uien riferito dal [[gent]] gratiosissimo Luciano nel principio del suo trattato come si debba comporre l’Istoria. Auuenne che rappresentandosi in quella città nel cuor dell’estate l’Andromeda tragedia di Euripide una strana infermità sopraffece quei cittadini cagionata dall’hauer seduto essi una gran parte del giorno in un Teatro scoperto, sotto gl’infocati raggi del sole: imperoche tornati a casa per la maggior parte caderono infermi d’ardente febre; che non prima del settimo giorno si terminaua [[e altri col suo]] e non senza qualche saluteuole crise o [[di copia]] d’abbondante sudore, o di copioso sangue uscito dal naso. La qual infermità non prima cessò che soprauuenuti i freschi dell’inuerno quel souerchio ardore conceputo nelle uene si dileguò. Ma il bello fù che farneticando quelli poueri infermi, et raggirandosegli per la [[mente]] fantasia [[gl’uditi uersi ad alta uoce cantauano]] i personaggi della tragedia, et le melodie compreseui ad alta uoce cantauano il seguente uerso Iambico con altri simili [Sy d’ho theon tyranne k’anthropon eros] Cioè Ma tu potente amore che signoreggi gl’huomini e gli dei dalle quali parole componendosi un uerso Iambico che nelle melodie Coriche non entra giamai,[-f.123r-] necessariamente ne seguita che fuor’ d’esse ancora interuenisse il canto in detta Tragedia [-f.125r-] Ma per uenire hoggimai a quello che più importa e mostrareui [mostraui ante corr.] con irrefragabili testimonianze che non tutte le Attioni si cantauano (come comunemente par che si creda hoggi) ma solo alcune parti di esse, doue il canto più si confà, ecco che mi si fa innanzi Diomede grammatico dottissimo; e che i suoi libri arricchì dalle spoglie di Marco Varrone, di Suetonio, ed [anco add. supra lin.] altri scrittori di quel’ fiorito secolo, che delle cose Teatrali, accuratamente composero; il quale fa manifesta distintione tra quelle parti che si cantauano e quelle che si recitauano semplicemente Membra comoediarum (dice egli) sunt tria, diverbium canticum chorus. In canticis una tantum debet esse persona, aut latet. In choris iunctim omnes loqui debent, quasi voce confusa; et concentum in unam personam reformantes. Latinae comoediae chorum non habent. Olim omnia quae in scena uersabantur in comoedia agebantur. nam et Pantomimus et choraules in comoedia canebant. uerum actores comoediarum pro facultate et arte potiores, principatum sibi artificij uindicabant. sic factum est ut nolentibus cedere mimis in artificio suo caeteris separatio fieret reliquorum. Indicio sunt quod tibijs paribus, imparibus, sarranis agebantur Comoediae. quando enim chorus canebat choricis tibijs, id est choraulicis, artifex concinebat. In canticis autem pythaulicis responsabat. quod paribus tibijs aut imparibus dicetur, siquando monodio agebat, unam tibiam inflabat, siquando synodio duas tibias. Le quali parole contutto che malageuolmente si possino uoltare in una [-f.125v-] lingua contenendo molte uoci che non hanno riscontro in essa. Pure m’ingegnerò d’interpretarle al meglio che si possi. Le membra delle Comedie [[sia]] trè sono: I diuerbij, Il Cantico e l’ Coro. Ne’ [[di]] Cantici non interuiene più d’una persona ò l’altra si sta in disparte. Nel Coro debbono tutti parlare [[]] [congiuntamente corr. supra lin.] con uoce quasi confusa (cioè unita insieme) riducendo il concento in un sol’personaggio. Le comedie Latine non hanno Coro. Anticamente tutte quelle cose che s’introduceuano in Scena, entrauano nella Comedia: peroche et il Pantomimo (Pantomimi eran quelli cha danzando esprimeuano col gesto qualunque cosa) et il choraule (cioè il sonatore di Piffero) cantauano nella Comedia. È uero che gl’attori della Comedia come principali in maestria et ufizio, pretendeuano la maggioranza nell’arte. Così auuenne che non uolendo i Mimi (quì par che si piglino i Pantomimi) con l’esercitio loro cedere a gl’altri, rimasero diuisi da quelli. Segno ce n’è che le Comedie si rappresentauano, con in flauti Pari, Impari, e Sarrani: perche quando cantaua il Coro, delle note da Coro cioè Corauliche (hoggi detti pifferi o dozaine) si seruiua il Sonatore. Mà ne’ cantici da Pitaule (cioè sonatore di flauto)rispondeua in consonanza con le tibie Pitauliche cioè flauti. Il che si diceua rappresentarsi con le Tibie pari, o impari. E se talora ciò si faceua col Monodio (cioè ad una sola uoce) sonaua un flauto solo: [-f.126r-] mà se col Synodio (cioè concento a due) ne sonaua due insieme. Se testimonianza cosi chiara non basta, comparisca un altro dottissimo Grammatico et faccino sicurtà per lui quegli irrefregabili autori del miglior secolo, onde egli sicuramente [[la sua]] quasi di peso pigliò la sua dottrina. Elio Donato dunque ne’ Prolegomena sopra Terenzio trattando della Comedia [[scriue che essi]] ancor egli racconta come membra separate di essa i Cantici et i Diuerbj: et di più specifica in qual maniera [[entra]] amendue si recitassero. Diuerbia (dic’egli) Histriones pronuntiabant. Cantica uero temperabantur modis non a poeta; sed a perito artis musicae factis: neque enim omnia iisdem Modis in uno cantico agebantur sed saepe mutatis: ut significant qui tres numeros in Comoediis ponunt; quia tres continent mutatos modos cantici illius: et poco doppo Huiusmodi adeo carmina ad tibias fiebant ut his auditis multi ex populo ante discerent quam fabulam acturi Scenici essent, quam omnino spectatoribus ipsis antecedens titulus pronuntiaretur. Non poteua [Donato add. supra lin.] con più euidenti parole dichiararci [[D]] che si cantauano i cantici, ma non i Diuerbij cioè [[parlari o]] ragionamenti a uicenda semplicemente si recitauano o proferiuano. Il che se nella Comedia si praticaua ben possiamo far ragione che nella Tragedia parimenti si costumasse; [[(]] perche de’ i Diuerbij il negozio è assai chiaro: stimano alcuni et fra questi un [-f.126v-] certo Dionisio Ronsfert (nome per mio credere supposto) nelle sue annotazioni sopra il Rubeno del Padre Mario Bettini, ch’egli essalta sino al cielo, che questi Cantici potessero essere come frammenti staccati dal soggetto della fauola et che perciò non comparischano nelle Comedie di Plauto et di Terentio. la qual cosa non mi pare che habbia niente del uerisimile Imperoche o questi Cantici conteneuano cose attaccate in qualche parte al soggetto della fauola o nò. se diranno di sì; io addimando loro se erano anco composti dal poeta autore della fauola, o da altra persona? Se dal medesimo poeta; perche non uanno annessi col rimanente della Comedia? et per qual causa gl’antichi Grammatici non ne citano alcuna parola, come fanno dell’altre parti? Ma se diranno ch’erano opera d’altri compositori et non di Terentio o di Plauto; oltre che ciò par [che add. supra lin.] si dica a capriccio; è cosa da marauigliarsi che niuno faccia mentione di questi compositori di cantici: et poi non hà del credibile che [[nessuno]] [alcuno corr. supra lin.] fosse più acconcio a comporli del poeta medesimo. Ma se affermeranno che tali cantici erano totalmente diuersi e staccati dal soggetto Comico; io replicherò che fuori d’ogni ragione uengono adunque annouerati da gl’antichi fra le parti essentiali; o (per usare un [-f.127r-] termine scolastico) quantitatiue della Comedia insieme [[con li Cori e Diuerbij]] congiuntamente con i Diuerbij et insieme con i Cori nell’antica Comedia Greca. Non sarebbe cosi fatta diuisione degna di riso e delle fischiate dei logici? [[Non ci ha dunque più alcun dubio che nel corpo]] Certo si: perche ui corrisponderebbero [[quelle cose che non altrimenti]] [cose corr. supra lin.] quasi del tutto estrinseche e separate dalla [dall’ante corr.] [[Attione]] [fauola corr. supra lin.] come sono gl’hodierni Intermedij; o pure il Ballo o il Mimo il quale finita l’Attione più seria soleua anticamente introdursi, come anco in Francia ho ueduto praticarsi. Tengasi dunque per fermo e costante, che nel corpo istesso delle comedie di Plauto e di Terentio e ragguagliatamente nelle Tragedie di Seneca e de’Greci, et non altroue questi Cantici si debbono ricercare<.> Il che anco apertamente si conuince da quello che dice Donato nella prefatione sopra l’Andria cioè che quella comedia è gentilmente distinta ne’ suoi Diuerbij e Cantici e che per ciò fù con felice successo rappresentata. Diuerbijs et canticis lepidè distincta est et successu spectata prospero. Ne ci dia fastidio questo ch’il sopra mentouato Ronsfert asserisce che la diuisione di Diomede delle parti della Comedia in Cantici, Diuerbij et Cori si deue intendere dell’antica Comedia Latina e non della nuoua, che secondo lui non ha cantici. percioche questa sua differenza è una pura chimera et sua [- f.127v-] imaginatione [[essendo state le comedie non essendoci memoria di tale diuersità nelle Comedie Latine come nelle Greche]] essendo state le comedie de Latini quanto alla distributione delle parti tutte d’una sorte e non come qule de Greci in due maniere diuise nella antica nella quale s ignoreggiò Aristofane e nella nuoua [[in cui che a M]] che da Menandro [[principalmente fù]] singolarmente fu perfettionat Dissi quanto alla distributione delle parti: per nel rimanente sò che ui furono non poche differenze: essendouene state alcun togate, cioè composte di [[pers]] materia e sonaggi Romani che uestirono la toga come quelle di Titinio et di Atta: e la magg parte palliate come quelle di Plauto et Terentio, che rappresentano attioni auenute in Grecia et personaggi che conform a quel paese [[d]] il pallio usauano e non la toga. Similmente alcune [[furono]] [hebbero corr. supra lin.] conforme alla qualità de’ tempi il linguaggio più ro et antico; come quelle di Liuio Andronico altre più leggiadro e moderno come quell di Terentio e altre più di grauità ritennero come le medesime Terentiane, altre più del Mimico e [[d]] ridicolo [[come]] [quale corr. supra lin.] uedi anco le Plautne. ma quanto alle parti essentiali: [come add. supra lin.] è cer ch’il Coro in niuna u’hebbe giamai, cosi dobbiamo concludere che i Cantici non meno che i diuerbij in ciascheduna si [[se]] ritrouassero e che pur’hoggi in quelle di Plauto e di Teretio si ritrouino
Comments
Post a Comment