Author: Bottrigari, Ercole
Title: Aletelogia di Leonardo Gallucio ai benigni, e sinceri Lettori. Lettera apologetica Del Molto Illustre Signor Caualiere Hercole Bottrigaro
Editor: Massimo Redaelli
Source: Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS B 43, 1-150

À BENIGNI, E SINCIERI LETTORI LEONARDO GALLUCIO. [-1-] Ben ui predisse il Uerdicellj nella fine di una sua Scrittura à Uoj, benignj, e sincieri Lettori indirizzata sia per le solennj Feste del Natale prossimo passato 1602. con queste proprie parole; Delle quali uoi facilmente ui douete anco rammentare: “Che non sapreste in alcun tempo dalle uanagloriose Proferte fatteuj da un certo Artusi, per ferma et sigillo di una sua Inuetiua contra il Caualiere Hercole Bottrigaro se non Ricopiamenti, Rapimenti stroppiati de gli Scritti altruj: e se pur suoj, Maladicentie, Fintionj, Dottrina falsa, et cose altre tali inutilj, spiaceuoli, et indegne di esser lette.” E questo ui predisse il Uerdicellj, hauendo Ei riguardo alle parole di Esso Artusi nella Chiusa istessa di quella Inuetiua; che sono appunto queste “Chi poi habbi fatto quelle tante Traduttionj, che altri raccontano, nel Parer mio intorno alli Tetracordi Harmonicj in difesa del Patricio lo farò sapere al Mondo.” Hor eccouj, benigni, e Sinceri Lettorj, che Costuj soperato da douero, come persona di sua parola non ha mancato di uoler’effettuare à tutta sua possa (ma prima assaj di quello; che ragioneuolmente si era dato à credere esso Uerdicellj) le Proferte fatteuj: Ma quanto male Ei le habbia effettuato, à uoi sarà chiaramente manifesto per lo Cimento, che di essa sua Sofistaria sono io quj' per fare; Poiche il Uerdicelli; il quale più che uolontierj sarebbe sottentrato à sostenere il carico di questo Cimento, come à luj deuuto, si troua in questo tempo grandemente occupato da altrj suoj graui, et importanti impaccj. Non dimeno Ei non resta di dire, che ciò; che si prolunga, non si toglie: Cosi uolendo Egl'inferire, che per ciò non restarà poi bisognando di riuedere meglio questi conti. Dicouj adunque hora io, Benigni, e sinceri Lettori Che in una Lettera scritta à gli Amicj Lettori contenuta ne' primj Fogli della seconda Parte dello Artusi, ouero, delle Imperfettionj della moderma Musica, Libro da Costuj con questo Titolo nuouamente pubblicato per le Stampe di Giacomo Uincenti in Uenetia dopo molte sue solite maladicentie, et Fintionj scriue, “Che da uerità sospinto, et dalla promessa fattaci l'Anno passato ha posto questa fatica per difesa del morto signore Francesco Patricio, et cetera,” La qual Difesa intende Costuj fare con le Inconsiderationi musicali; ch'Ei mischinamente [ha dato per add. supra lin.] aggiunta [aggiunga ante corr.] [-2-] ad essa seconda Parte dell'Artusi della Imperfettione della moderna Musica, prolungando quel suo far sapere, Chi habbia fatto quelle tante Traduttioni raccontate da altri, nella quindicesima et ultima delle sue Inconsiderationi. Piacciauj hora, Benignj, e sinceri Lettori, che auanti ad ogni altra cosa io, come faccio, mi ui protesti, che non uuò procedere in questa mia Scrittura con Costuj se non con terminj ciuili; Essendo che se si uolesse, ben saprebbesi anco fare, che à luj renduto sarebbe pane per iscacciata, con attribuirli titolo hora di maligno, di maldicente, di mala lingua, di presuntuoso, di arrogante, di Imperioso: Hora dandoli Epiteto di sciocco, d'ignorante, di detrattore, di falsario de gli Scritti altruj, di Zizanniatore, d'impertinente, di malitioso, d'inconsiderato, di Cianciatore, d'insolente, di Cattabrighe con altre prominenite tali, come Capocchio, Zimabue, Mozzicone, Zacchone da Passarotti, Castrone, balordo, Ceruello suentato, bizaro, et anco maggiori, conforme alle occorrentie, et prouocationj, ch'egli in queste, et in tutte le altre Carte da lui schicherate fà bene spesso per mostrarsi un gran Baccalato, un Gigante, un Bufalo, uno Elefante, e cotale, che à luj non possa altro agguagliarsi. Premessa tale mia inuiolabile protestatione, e lasciando insieme il dar rincontro à' Prouerbij plebei da luj male intesi; [[che]] à' Sogni et alle Fintionj, che [[Costuj]] [Ei add. supra lin.] fà in quella sua Dedicatoria, anzi derisoria, et più tosto disuasoria, et nella Lettera à gli Amicj Lettorj, et in tutt'esse sue Inconsiderationj riuolgo primieramente questa mia penna à mostraruj, Benigni, e sinceri Lettori [quello; add. supra lin.] che per difesa buona delle Dimostrationj lineari de' Tetracordi armonicj di Aristosseno fatte dal Patricio nel settimo Libro della Deca historiale della Sua Poetica alla Distintione Generi carta 300, si come Costuj promette in detta sua prima Lettera alli cortesi Lettori scriuendo uolerne far la difesa, et in quest'altra à gli Amici Lettori, di hauere à mostrar solamente quanto siano scusabili quelle cose; che dal Patricio sono dette, e dimostrate. Le quali Scuse sono, dic'Ei, primieramente “Che non essendo questa sua (ciò è, del Patricio) principale intentione le fù necessario, si com'Ei fece, breuemente, e come si dice per accidente di cosi fatta Scienza discorrere, e trattarne” (con soggiungere) non hauendo luj di cosi fatta Scienza quella esatta esperienza che se le [la ante corr.] richiedeua.” Giudicate [-3-] hora uoj, se queste prime sono gran scuse da farsi di un huomo all'Età nostra di molte letttere, qual'era (cosi afferma costuj nelle prime parole di detta sua Lettera, et è cosi per uerità) il Patricio. À questa soggiung'Ei nella seconda delle sue Inconsiderationj carta 4. quest'altra Scusa. “Ciò può esser successo per mancamento ò del Coppiatore, ouero perche il Priuilegio de' Stampatori è di lasciar talhora fuori qualche parola, e tal uolta delle Righe intiere”. E non si rammenta questo huomo, che'l Patricio fù presente alla Emenda di quelle Stampe, si come à buon proposito lo Autore del Parere, ciò è, il Caualiere Bottrigaro proemiando in quello riferisce per certa Sua scientia, habitando egli allhora in Ferrara, e per dieci, e più annj giornalmente conuersando co'l Patricio, e frequentando per sue occorrentie quella medesima Stamperia Baldina. Un'altra gran scusa adduce Costuj nella sua terza Inconsideratione incominciando cosi. “Dissi nella Lettera à gli Amici Lettori, che la Intentione del signore Patricio, si com'egli stesso nel ottauo Libro à carta 303. della Deca historiale alla Distintione Generi disse, era in generale di dimostrare, come le Harmonie alle Poesie si accompagnassero, secondo che poteua rintracciare da gli Antichi; Il che replicò nello istesso libro al Paragrafo Poesie, et Harmonie, à carta 316. Però non intendeua di uoler far Trattamento particolare di Musica per seruirsene in quella maniera, et in quella Essatteza che fece Aristosseno, Euclide, Gaudentio, Tolomeo, Boetio, lo Stpulense, il Glareano, il Zarlino, il Salinas, et altri tanti, e tanti. Per questa cagione adunque non si curò di sapere se le Demostrationj musicali de' Tetracordj [del Tetracordo ante corr.] armonici che luj doueua fare fussero uere, ò nò. Essendo, che questo poco, ò niente alla tessitura, et alla intentione di quanto uolea scriuere nella sua Poerica importaua, La qual Consideratione appresso gli huominj giudiciosi è molto effficace, e scusa il Patricio.” Nel numero de' quaj giudiciosi tali io non credo, che uoj, benigni, e sinceri Lettori, siate per uoler'essere altrimente compresi, si come ben si auuuide Costuj, che lo Autore del Parere, ciò è, il Caualiere Bottrigaro non acconsentirebbe di esser connumerato; E per ciò [Costuj add. supra lin.] seguentemente [Ei add. supra lin.] dice. “Ma perche mi pare di uedere che l'Autore del Parere scorli il Capo, e sbatta de' piedi non sodisfacendosi di questa ragione, e non le pare che cosi fatta scusa sia basteuole à cancellare cosi spauenteuole da luj raccontato errore, però [-4-] le sue parole di nouo lo scusaranno, che ualentemente lo scusano. (Perciò soggiunge Costuj) Uuol dire adunque il Patricio. Uedo, e conosco molto bene, che nella diuisione da me in parti eguali fatta delle quattro linee, ne io, ne qual si uoglia Mathematico [Matematico ante corr.] Musico (ò giudicio temerario da non presumersi in huomo scientiato, qual'era il Patricio) e per hauere, et intendere quelli Interuallj che à constituire ciascuna di quelle specie, che secondo la mente di Aristosseno sono neccessarij [necessarie ante corr.], Però mi lascio intendere, che in cosi fatta diuisione quelle parti hanno da risonare un Semituono; le quali parole (segue per esser megio inteso lo Artusi) si referiscono al suono, et non alle parti fatte delle corde in eguali partimenti, si come uà (Eccoli suscitata una nuoua querella) interpretando il Glossatore. Dice però il signore Patricio de' Generi ragionando, et sono le sue parole leuate di peso dalla sua Poetica nel loco sopracitato. Le conditioni de quali secondo che Euclide, et Nicomaco descriuono furono, che in ogni Tetracordo oue la prima corda con la Quarta sonassero una Consonanza (ui manca Diatessaron) ò quarta che la diciamo, fusse partita in 30. parti Eguali à misura l'una, come l'altra delle quali terza parti, sei ne andassero nello spacio della lunghezza dalla prima alla seconda si che risonassero trà loro un Semituono et cetera”. Le quaj parole affermo anchora io essere state scritte in quello istesso luogo dal Patricio, et essere anco state giustamente riferite dal Caualiere Bottrigaro Autore del Parere à carta 5. di quello sopra esse gettando glj saldj fondamentj [le salde fondamenta ante corr.] della sua Essaminatione di quelle Dimostrationj lineari: Ma commentando et maggiormente pur faticandosi lo Artusi per bene dichiara questa scusa oltra quello; ch'Ei uuole, che faccia il Patricio dicendo. “Ecco com'egli stesso si scusa, e dichiara: soggiunge, e replica, che non uuole il Patricio, che s'habbi riguardo semplicemente alla totale diuisione delle parti fatte della Corda, ò Linea come ho detto, ma al Suono, accorgendosi molto bene, che per la diuisione della Corda in parti eguali non poteua hauer l'esatto di quanto bisognaua, e per ciò soggiunge, Si che risonassero (trà [[di]] loro, et non) frà di loro un Semituono. Che altro non uuol dire, se non che cosi fatto accorciamento deu'essere [-5-] fatto rispetto al suono, e non alla totale lunghezza della Corda. Et à luj non faceua di bisogno cercare altra chiarezza, ne altra demostratione intorno à ciò appartinenti per hauerne l'essatto, perche non uoleuafare particolare trattamento di Musica, ma della Poesia”. Però le bastò d'hauere accennata la sua intentione: Ma tace [costui add. supra lin.] quel; che poco da poi soggiunge il Patricio parlando dello spatio delle 12. dette parti eguali; che è Che risuonano un Tuono intiero. Hauete hora uoi Benigni, e sinceri Lettori, intieramente inteso quest'altra scusa, et quanto grande sia la sua efficacia: Fatene quel giudicio; che ui pare esser conforme al giusto; che io non uuò dare à queste tante ciancie imaginate, e poco uerisimili altra risposta, che narraruj uno Auuenimento. Fù un buon nostro Cittadino, giouane, e ricco; il quale diletttandosi di uiuere splendidamente, et di uestire politamente andò alla bottega di uno Spadaro, e disse. Io uorrej, Mastro [Maestro ante corr.] mio, una Spada fornita con l'Else indorata, bei coltelli, e puntale medesimamente indorati. Dimandato dal maestro di qual Maniera di Else desideraua Ei, che fusse la Spada guarnita; che [[subito]], quando Ei non ne hauesse alcuna guarnita conforme al uoler di luj nella sua bottega, glie ne farebbe in pochi giornj guarnire una; E per ciò fattagliene mostra di molte guarnite, et anche di altre Else diuerse da quelle separate dalle Lame delle Spade il buon nostro Cittadino non sapiendo che isprimere della sua Intentione à quel Mastro da luj si licentiò dicendoli, che ben poi mandarebbe à luj uno Amico suo, che li dichiararebbe quali douessero esser l'Else di sua sodisfattione. Andò non molte hore d poi lo Amico à quel Mastro, e uolendoli Ei diuisare quell'Elsa, io credo, disse, ch'esse uorrebbono essere cosi, e cosi: Ma denò: Ma cosi e cosi: ò più tosto cosi, e cosi. Il che sentendo lo scaltrito Mastro disse. Ben ben' Benche io non u'intenda, lasciate pur hora fare à me che subito che uoi ci tornarete, crederò, che sarete seruito. Dopo queste da uoi, Benigni, e sinceri Lettori, intese Scuse, rimordendo pur la coscientia allo Artusi di cosi non hauer parlato, e ditto in difesa delle Dimostrationi di esso Patricio cosa alcuna: si risolue di soggiungere queste parole: “Ma perche l'Autor del Parere fà gran romore intorno all'Essamine delle parti [-6-] delle linee fatte, comparando quelle parti insieme, et cauuandone molti Interuallj secondo che le parte per dimostrare, che quelle demostrationj non sono uere Dicami di gratia, che è quello, che mediocremente essendo nelle discipline mathematiche uersato, che non sappi che se due Corde di una istessa lunghezza e di Suonj eguali saranno diuise in 30. parti eguali, l'una, come l'altra, e che da una di loro ne sia leuqto sej parti, che ui restarà frà la maggiore; che è di 30. et l'altra che comparata à questa è di 24. parti, la relatione da 30. à 24. proportione posta nel genere superparticolare fuori de' suoj terminj radicali, et sarà una Sesquiquinta frà 5. e 4. che secondo Tolomeo ci darà la forma, ò il modello di una maggior Terza?” Io per lo Autore del Parere; il quale à Costuj per niun modo dee degnarsi, rispondo, che ad esso Autore basta, che lo Artusi habbia cosi approuato essere ciò uero: si come anch'Egli approua nella sua Lettera à glj Amici Lettori dicendo, che “Annibale Melonj andò alcunj giornj frà se stesso le parole del signore Patricio ruminando; le quali conoscendo che alla Demostrationj fatte non corrispondeuano, fece risolutione, et cetera.” Onde conchiudentemente segue, che tutte quelle altre Dimostrationj fate dal Patricio siano medesimamente tali, quali è questa; E per ciò ragioneuolmente dallo Autore del Parere, ciò è, dal Caualiere Bottrigaro esser detto, che'l Patricio in quelle si è grandemente ingannato. Ma uoj douete hauer notato quel comparando, e quel comparata con quel modello, e sopratutto quella una Sesquiquinta frà 5. et 4. modi di parlare da buon matematichissimo al quale non parendo di hauere in ciò detto à bastanza segue: “Ma doppo la diuisione in parti fatte dalle Corde dice, Si che risonassero un Semituono, et non un'Interuallo di maggior Terza, che questo non fà al proposito constituire il Colore incitato diatonico Aristossenico, e molto meno gli altri [[<.>]] Colori;” Il che tutto è quello; che'l Caualiere Bottrigaro ha chiaramente mostrato in esso suo Parere: Ma per ciò non quietandosi lo Artusi soggiunge pur anche à replica della nuoua querella che “quando dalle dette Corde per ordinare un Tuono, ne leua da una di loro le dodici parti, intende che'l detto accorciamento sia fatto rispetto al suono, e non alle semplici parti fatte della linea, che per ciò à ciascuno [-7-] Interuallo cosi ordinato le uà sempre applicato secondo la mente del signore Patricio. Si che risonassero un Tuono, Tuono, e semituono. conoscendo egli benissimo, come ho detto, che dalle parti eguali delle linee fatte non si poteua hauere l'Essatto di quanto egli era per dimostrare secondo la mente di Aristosseno.” Hor se tutto questo è uero, che crederlo à Costuj non si può, ne si deua; Imperoche Ei dice dal principio quasi della sussequente quarta sua Inconsideratione: “Io non sono restato Secretario, ne meno herede della opinine d'Aristosseno. E non lo dicendo luj apertamente non posso ragioneuolmente farne relationi, che autentica sia.” Chi indusse, ò spinse il Patricio, ò fece à luj forza à far quelle Dimostrationi, essendo esse cosi non solamente inutili: ma souerchie? Inutili; Imperoche esso Artusi ha detto, che'l Patricio “non uuole, che si habbia risguardo semplicemente alla totale diuisione delle parti fatte della Corda, ò linea; ma al suono.” E come al suono? si può dimostrare à gli occhij il suono? Souerchie; Imperoche esso Artusi ha parimente detto, che'l Patricio “non si curò di Sapere, se le Demostrationj musicali de Tetracordi armonici che lui doueua fare fussero uere, o nò. Essendo che questo poco, ò niente alla tessitura, et alla intentione di quanto uolea scriuere nella sua Poetica importaua” Aggiungasi anche non bene inteso dal Patricio; Conciosiacosa ch'esso Artusi habbia anchora detto, “che'l Patricio uuol dire: Uedo, e conosco molto bene, che nella Diuisione da me in parti eguali fatta delle quattro linee ne io, ne qual si uoglia Mathematico Musico è per hauere, et intendere quelli Interualli; che à costruire ciascuna di quelle Specie; che secondo la mente di Aristosseno sono necessarie: hauendo [[Egli]] [Ei add. supra lin.] già prima detto. Non hauendo luj di cosi fatta scienza quella essatta isperienza; che se le richiedeua.” Ò bella laude data, ò grande honore attribuito da un Campione, da un Padrino, da un Difensore al suo principale, al suo Figliuozzo, al suo Clientolo. Il Patricio ha scritto cose inutili, souerchie, et da luj non bene intese. Si può dir meglio di uno Scrittore? E pur il Patricio uniuersalmente è riportato, è pur tenuto nobile Scrittore à tempi nostri: E perche dal Uerdicelli presso [[l]] la fine di quella sua Scrittura à uoi Benigni, e sinceri Lettori, indirizzata Ei uien descritto, e mentionato; Et dal Caualier Bottrigaro [-8-] istesso parimente stimato, come chiaramente si conosce per le parole nel Proemio di quel suo parere; che sono appunto queste. “Perche sò, che'l Patricio è degno di esser hauuto in molta consideratione per esser huomo indefesso ne gli Studij, et di grandissima et uaria dottrina pieno.” Queste sono adunque le insufficienti, et le uane difese; che lo Artusi ha predicate, e datosi uanto di uoler fare, e finalmente per le stampe à solleuamento, e protettione del Patricio contra quanto dal Caualiere Bottrigaro Autore di quel Parere è stato scritto, e chiaramente dimostrato, che'l Patricio si è ueramente ingannato in tutte quelle sue Dimostrationj lineari de' tetracordi Aristossenici. Resta per intiera conchiusione di questa parte, che io ui soggiunga, à repulsa della nuoua calunniosa Fittione dello Artusi contra à uilissimi Motti pungenti, et alla Riputatione del Caualiere Bottrigari alcune parole “Dic'Ei nella medesima sua lettera à gli Amici Lettori appunto come Questo libro, ciò è l'una, e l'altra Parte della Poetica essendo alle mani di messer Anibale Melonj peruenuto (e quj' trapasso io un nuouo inesto, una nuoua replica dell'altra prima calunniosa fittione d luj posta in quella sua prima Lettera alli cortesi Lettorj scritta di Milano à 12. di Luglio 1601. alla quale, benche sia stata data piena risposta dal Uerdicelli con la sua Scrittura à uoj, Benigni, e Sinceri lettori indirizzata nella fine dello Anno 1602. non per tanto restarà, che da me non uenga anche soggiunta qualche cosa) fù da questo uirtuoso più uolte letto, et con molta attentione riletto in quella parte appunto doue il signore Patricio tratta de' Generi dell'Harmonia, et notando il particolare dal signore Patricio rintracciato da Nicomaco, et da Euclide, andò alcunj giornj frà se stesso le parole del Patricio ruminando, le quali conoscendo, che alle Demostrationj fatte non corrispondeuano, fece risolutione di auuisare diuersi Amici suoj, li quali sapeua, che molto di cosi fatta scienza si dilettauano, per saperne il parer loro; frà quali hauendo sopra questo particolare dato auiso à me anchora desideroso di cauarne il parer mio, le risposi Che in tal caso molte erano le cose intorno alle quali, era di bisogno hauer matura consideratione; Essendo che rispetto à diuerse cause, poteua egli molto bene hauere ragionj tali, che se assolutamente defender non lo poteuano, almeno erano basteuoli ad iscusarlo [-9-] con intentione essendo io qualche miglia lontano, in breue tempo d'abboccarmj con luj, et del tutto liberamente dirle il parer mio. Ma l'Autore del Parere à cuj parue che opportuno mezo fosse questo per acquistarsi credito, e gloria appresso il Mondo con lo hauere occasione di tassare un'huomo à giornj nostri singolare; baldanzosamente si diede tosto a scriuere, contra questo particolare, non si ricordanco, che Catone soleua dire, Quo minus, et cetera. Fù però motiuo del Melonj [Melone ante corr.] fatto; se bene lo Autore del Parere l'anno 1593. publicò in istampa il Discorso con Titolo cosi fatto: Il Patricio ouero de Tetracordi Harmonici di Aristosseno Parere, Et uera Demostratione;” Nella prima parte delle quai male dallo Artusi composte ciancie terminate nel. Ma l'Autore del Parere: si ha da far Cimento di tre cose; La prima delle quali è, che Quel libro, ciò è, la una, et l'altra Parte della Poetica del Patricio fosse peruenuto alle manj del Melone. Sapiate, Benigni, e sinceri Lettori, che'l Melone non hebbe maj in sua mano quel libro, anzi quei librj prima che amebdue legati in uno à luj fusse posto dal Caualiere Bottrigaro. E che haueua da fare esso Melone, uomo strettissimo, à spendere i suoi denari in comperare, et à mettersi à leggere quej Libri; che trattano di Poesia? Che sapeua Annibale Melone di Poesia? Et di Poetica? Ma il Caualiere Bottrigaro che di Poetica sà ragionare,et di Poesia si diletta, Et ha perciò nella sua copiosa [et numerosa add. supra lin.] Libreria Autori molti, che hanno non solamente scritto interpretando et latinamente et Italianamente la Poetica di Aristotele Ma commentato quella di Oratio: et altri; i quai di propria loro mente hanno di Poetica et in prosa, et in uersi con gran laude trattato; et oltra questi, quante Poesie sono state fatte da' Greci, da' Latinj, et a gl'Italianj: Et dalla sua penna sono anche usciti molti uersi latinj, e uolgarli tali, che rendono non ignobile testimoniantia del gran diletto; ch'Ei talhora si è preso, e prende nel uersificare; Ond'egli anche sia stato Inuentore del buon uerso Enneasillabo come appare nel Bottrigaro Dialogo del Caualier Ciro Spontone [Et in una Lettera à' Lettori del Dottore Melchiore Zoppio Stampata nella prime Carte del Melone Discorso Armonico: add. supra lin.] Ma il Caualiere Bottrigaro Dico; il quale haueua perciò uolto, e riuolto lo uno, et l'altro di quej Librj subito che uscirono dalle Stampe Baldine in Ferrara nel tempo; ch'Ei ui habitaua; Anchorache hauesse ueduto quelle Dimostrationj lineari; Ei non dimeno le hauea passate per [-10-] tali, e quali. E se poi per alcuni annj non fusse auuenuto lo esser'egli stato pregato da un Dottore Filosofo Ferrarese amicissimo Suo; il quale si come Ei non uolle allhora uiuamente per alcunj rispetti esser nominato, cosi non è conueneuole hora à me, ch'Ei più non uiue, il nominarlo, à considerare, et à dirgliene il suo Parere; per tali, e quali essendo per luj restate, forse anco per luj si restarebbono; E se non per altro almeno per le Cause, e ragionj; ch'esso Caualiere Bottrigaro accude proemiando in risposta à quel suo Amico; Dou'egli anche si protesta, e si scusa di esse Considerationj cosi primieramente appunto [[dicendo add. supra lin.]] scriuendo. “Come amico adunque della Ueritade, et come riprensore del Patricio diedimj tosto baldanzosamente per compiaceruj à considerare studiosamente quel luogo; che contiene parole pertinenti alla Musica; le quali sono appunto, come da uoj uengono nelle uostre Carte addutte. Et essendole uenuto io facendo intorno alcune Considerationj libero, e sciolto affatto da tutt'i legamj dell'altruj autoritade, et con quella sincera integrità d'animo, e modesta libertà del dire; che à ciascuno in tutti gli Studij delle Discipline, et massimamente delle Matematiche; alle quali è la Musica delle prime subalternata, ragioneuolmente conceduto, quì saranno da me replicate, e poste loro appresso le dette mie Considerationj.” Con questa occasione adunque il Caualiere Bottrigaro tentando un giorno trà gli altri il Melone, ne' loro soliti domestici Ragionamenti; come ad ognuno è manifesto, e sin lo Artusi stesso lo confessa, et afferma. E se non altroue almeno nel principio di quella sua Lettera da luj scritta di Milano alli Cortesi Lettori con queste parole. “Di che mi fà chiara testimonianza l'ossequio da luj per molto tempo fatto non solamente al Costeo, al gentilissimo Baldi Filosofo singolare, à Carolo Caracciolo matematico, ma allo illustre signore Caualiere Hercole Bottrigaro ancora. li diede in mano quel Libro [della Poetica add. supra lin.] del Patricio aperto chiedendoli che leggesse, et insieme considerasse un pò quelle Dimostrationj lineari, e poi li dicesse, se à luj paresse ch'esse hauessero ueramente corrispondenza buona insieme; Onde hauendo il Melone subito letto, e considerato e le parole, e le Dimostrationj rispose che à luj parea che ueramente esse corrispondessero fra esse insieme. Perloche fattosi il [-11-] Caualiere Bottrigaro allhora porgere dal Melone il Tetracordo armonico (stromento in tutto quale il Monocordo armonico se non che in uece di una sola Corda di ottone come più ferma, et più risonante di una di budella, che quegli hà, questi ne ha quattro unisonanti) disse à luj che si accertasse per la proua, come ben'Ei s'ingannasse. Cosi posto un Ponticello, ò Scanello sotto la seconda Corda nel duodecimo grado, ouero Oncia, per esser diuisa la lineare lunghezza, e superficie di quello Stromento principalmente in 60. gradi, oncie, ò particelle eguali inuece di 30. Poi ciascuna di esse 60. particelle, oncie, ò gradi [duplicatamente dimezata, et cosi add. supra lin.] [[dimezata]] da un lato di esso Stromento [quatripartita; add. supra lin.] Onde in [[120.]] [140. add. supra lin.] Et dallo altro lato di quello similmente ricompartita in tre particelle eguali, et cosi in 180. come si diuideua assai più copiosa, e commoda nelle diuerse operationi armoniche occorrenti soprattutto per la Musica Tolemaica, è Didimica; giudicate disse il Caualier Bottigaro hora uoj Melone, se questo sia un Semituono Aristossenico, quale ui promettono le parole del Patricio, e percosse in uno istante amendue quelle Corde. Il Melone udito per la percossa fatta delle due Corde insieme il Semiditono Tolemaico con subito risentimento di se medesimo si auuide della uerita. E posto da luj uno altro Ponticello, ò Scanello sotto la seconda Corda lontana per 12. oncie, particelle ò gradi dal primo ponticello percosse la seconda et terza Corda in un tempo medesimo et il Melone udì per tale percossa quelle risuonare in uece di un Tuono Aristossenico promesso dalle parole del Patricio una Diapason unisona. Per lo che meglio risentitosi il Melone marauigliossi molto, che'l Patricio non hauesse uoluto di queste cose far qualche sperienza prima ch'Ei cosi risolutamente ne scriuesse. E stupì quando hauendo Ei seguentemente fatto ad una ad una tutte le rimanentj operationi, le ritrouò, quali appunto erano state, e sono descritte dal Caualiere Bottrigaro nel suo Parere; per ciò Titolato il Patricio, ouero, De' Tetracordi armonici di Aristosseno; Per lo che diuenuto esso Melone curioso d'intendere dal Caualier Bottrigaro Com'Ei giudicasse che'l Patricio si fusse cosi grandemente ingannato, pregollo affettuosamente à dirgliene sua opinione; La qual fù, che in due cose di quella prima Dimostratione, e per consequenza in tutte quelle altre il Patricio si era ingannato, (ò per dire, et forse meglio, come allhora disse il Caualier Bottrigaro hauendo Ei già benissimo conosciuto il Patricio, et come anche si legge in questo proposito medesimo nel Dialogo titolato [-12-] lo Antartusi, egli era stato ingannato) la prima, e principale delle quali è, che per non hauere il Patricio distinto il semplice, et unico suono dallo incomposto Interuallo uenne à supporre, che la prima Corda, si come anco la seconda et la terza et ciascuna di quelle da se stessa sola contenesse, e risonasse una Diatessaron, hauendo perciò detto, che fusse partita in 30. parti à misura l'una, come l'altra, come dice Euclide; Onde poi per lo accorciamento loro conforme alle Diuisionj egualmente fattene da Aristosseno si hauesse da udire quej Diesis Enarmonici, quei tanti Semituonj diuersi cromatici et diatonici quej uarij Tuonj diatonici Sintonj; quej Semiditoni cromatici et finalmente quelli Enarmonici, che per le distributionj de' Tetracordi descritte da Aristosseno si hanno da udire; Di che tutto si ragiona copiosamente nel medesimo luogo di esso Dialogo Antartusi. L'altra, et importantissima è la conditione, che la prima corda, et per consequentia le altre due, seconda ter terza per essere unisone tutttetre insieme debba sonare con la quarta Corda una Consonantia Diatessaron ò (cosi dice il Patricio) Quarta. E questa Conditione esser causa di tutto'l disordine, di tutto\l incoueniente; Imperoche quando il Patricio non hauesse posto questa Conditione, alla quarta Corda di hauere d risonare una Diatessaron con la prima Ma quella hauesse con essa prima fatta unisona, come le altre due trameze seconda et terza li sarebbe stato facilmente modo da poter pigliare la protettione del Patricio contra chi hauesse ripreso; Il qual modo hora tacerò lasciando che lo Artusi con l'acutezza del suo bello Ingegno, e pentetratiuo ceruello degno di essere ueduto da ognuno la scopra, et manifesti: Ma non qual'Egli ha posto nel principio della sua uj. Inconsideratione per non esser buono; con hauere il Caualiere Bottrigaro soggiunto, che niun altra cosa facilmente fù cagione di questo gabbo al Patricio, se non la parola Tetracordo; la quale anchorache ueramente significhi Quattro Corde diuerse, non di meno tal diuersità di Corde si uerifica anche nelle diuisionj di una sola Corda; come nel Monocordo; nel quale per la diuisione di quella Corda sola in due, tre, quattro, sei, dieci, et altre più sue parti uengono rappresentate due, tre, quattro, sei, dieci, et altre più Corde. Come, et bene, uiene dimostrato da luj à carta 38. di esso Patricio per la linea rappresentante il Monocordo uniuersale Aristossenico, diuisa con [-13-] le lettere dello Abcdario sia alla B. in dodicj Interualli diuersi significanti le Corde contenute trà le due principali AB. CB. Le quaj consonino la Diatessaron. Cosi dunque potendosi primieramente comprendere, che'l Melone maj non hebbe in mano quel Libro della prima Deca historiale della Poetica del Patricio prima che'l Caualiere Bottrigaro gliene desse: E se ben poi dopo essa Pubblicatione del Parere per trè, e forse anche quattro annj auuenne, che'l Melone hauesse quel Libro, lo hebbe per pochi denari, come uso trouato in una quantità di libri diuersi di un Cittadino intanto morto; E per ciò quello [stesso add. supra lin.] si trouò fors'essere anche poi trouò fors'essere anche poi trà non molti altri di esso Melone alla sua morte: E cosi conseguentemente peruenuto forse anco alle manj di esso Artusi gratis ubique, come tutte quelle Scritture, et in conto di Benedetto. Si potrà secondariamente conoscere per fintione, che hauendo il Melone conosciuto (come narra lo Artusi: Et è la seconda cosa; che'n questa prima parte deu'esser cimentata) “che alle Demostrationi fatte le parole del signore Patricio, le quali era andato il Melone alcunj giornj frà se stesso (à guisa di Bue) ruminando, non corrispondeuano, fece risolutione di auisare diuersi Amici suoj; frà quali hauendo sopra questo particolare dato auiso à me ancora desideroso di cauarne il parer mio. Le risposi, et cetera.” Conciosiacosa che hauendo (come io ui ho per uerità referto) il Melone à peruasione del Caualiere Bottrigaro per beneficio di luj accioche Ei non fusse tanto facile, quanto egli era à dar credenza à gli Scrittori benche di grande autorità, fatto gli scandagli di tutte quelle Operationj, à luj; ch'era in ciò uersato sicuramente assai bene, non era punto bisogno di chiamare à Samblea, à consiglio gli Amicj. E quali Amicj? Quei; che molto di cosi fatta Scientia (dice lo Artusi) si dilettauano: E non solamente i presenti, e uicinj (et quali erano, e sono questi?) Ma i lontanj qualche miglia, come si trouaua essere allhora in buon punto esso Artusi per nuoua Occorrentia di fare al solito suo la debita obedientia; [[)]] Al quale anco diede auiso desideroso di cauare il suo prudentissimo parere in caso ueramente molto difficile; “Onde Buono di Antona nel libro della proportione ò Comparatione ch'egli fà da un'Asino ad un cauallo,” lo Artusi appunto dice cosi, [[nella terza delle sue Inconsiderationi carta 7.]] fusse necessitato farne la confirmatione, et affirmatione; che à [-14-] nella terza delle sue Imperfettioni allega esso Dottissimo Artusi in questo proposito dicendo “ch’Ei conferma, et afferma esso concetto; Del quale non uuole, che sia persona mediocremente nelle disscipline matematiche uersato, che non lo sappi. E poi non acconsente, che'l Melone huomo à giornj suoj (E pur queste sono sue proprie parole in esso principio della sua Lettera à gl'Amici Lettori) si come fù di bontà di uita, cosi d'intelligentia, pratica, e giudicio delle cose appartinente all'Harmonia adducendone la Testimoniantia di un Libro; che non fù maj, ne maj sarà di esso Melone, dica, gridi, arrouellj quanto può, quanto uuole questo Artusi: non potesse senza dimandarne parere à gli Amici, e uicini, e lontanj; che si dilettauano molto di cosi fatta Scientia, et da quellj implorarne lo aiutu, chiaramente accertarsene. E dou'era nel Melone quella Intelligentia, quella prattica, e quel giudicio delle cose appartinenti all'Armonia? Se di una cosa; che non consiste in ispeculatione: ma in solo fatto, il Melone nonsapea sbrigarsene? Dou'è quella Lettera del Melone; la quale Egli scrisse di sua mano allo Artusi lontano allhora qualche miglia desidarando sopra questo particolare cauare il parer suo? Quei per lo nome, e cognome loro si palesino. Questa si produca, e deponga appresso persona publica degna di fede; Accioche si possa uedere; altrimente allo Artusi non sarà di ciò data, come à semplice, e sospetto Rilatore credenza alcuna. Imperoche bene Ei sà, che fermissima Conchiusione, che non creditur referenti, nisi constet de relato. E quella Lettera è la Scrittura; alla quale si ha per uerità da hauer relatione, e senza la quale non si ha da credere al relatore Artusi; Dicendo lo Imperatore nell'Autentiche Con. Si quis in alituo Cod. De Edendo Con. Si quis in aliquo Documento alterius faciat mentionem Documenti, nulla ex hac memoria fiat Exactio; nisi aliud Documentum; Cuius mentio in secundo facta est proferatur. Di che altroue in altra occorrentia [si add. supra lin.] trattarà forse molto più à lungo, douendo [hora add. supra lin.] io seguir dicendo. E dou'è quella Credenza tanto grande; che'l Melone daua al Caualiere Bottrigaro (cosi testifica esso Artusi in questa sua Lettera di Milano 1601. alli Cortesi Lettori) che cosa alcuna senza [-15-] il suo consiglio non sapeua fare? Mendacem oportet esse memorem. In questo modo il Melone haurebbe mostrato di prestar poca fede al suo Senso dello udito, come imperfetto, ò deprauato: Et meno al Caualiere Bottrigaro come ignorante. Oltra di questo, come haurebbe il Melone, se cosi per se stesso Egli era inhabile à certificarsi di questa si leggier cosa, potuta fare sì graue ispositione di quel Problema di Aristotele tanto predicato, et ripredicata, e tanto celebrata dallo Artusi; Ond'egli habbia senz'alcun freno prorotto ad esclamare, che non solamente da altri quella sia stata attribuita al Caualiere Bottrigaro Ma che'l Caualiere Bottrigaro istesso non si sia uergognato (come si legge presso la fine di essa Lettera dello Artusi à gli Amici Lettori) attribuirla à se stesso. Ilche dicouj, Benigni, e sinceri Lettori, non essere stato in alcun modo detto dallo Artusi con uerità: E di più ui dò liberamente la mia parola in conformità, e corroboratione della già datauj à nome del Caualiere Bottrigaro dal Uerdicelli in quella sua Lettera scrittauj nella fine dell'ano 1602. che non è stato alcuno; che habbia quella Spositione del Melone (se pur Ei la fece maj) attribuita al Caualiere Bottrigaro E meno esser uero, che'l Caualiere Bottrigaro l'habbia à se stesso attribuita, ne anche hauere hauuto pensiero [pensamento ante corr.] di attribuirsela, anziche quando à luj da altri quella pur fusse stata attribuita, Ei dichiara non essere stato ben fatto, e non l'accetta per sua à modo alcuno. E che più Quando ella ben fusse, com'ella non è, sua, non la uuole, non la riconosce: ma del tutto la reproba, et la rifiuta. Quanto allo auiso dato dal Melone sopra questo particolare allo Artusi qualche Miglia lontano per cauarne il parer suo, non ha dubio alcuno (e questa è la terza cosa da eseere cimentata) che tutto è fintione [sua add. supra lin.] per cosi uoler [Ei add. supra lin.] farsi un nos Poma natamus, e connumerarsi trà quej; che si dilettano di questa cosi fatta Scientia: e milantarsi di essere stimato un gran dotto, un gran Scientiato, persuadendosi ei ueramente d'esser tale: Ma con la publicatione, et di questi suoj artusi Ei si è fatto, e si fà conoscere in uece di uno Scientiato, et di un Dotto (increscemj dirlo) uno ignorante, uno immodesto, uno indiscreto, et insomma un maligno, un maldicente, et un Contentioso: Ma passiamo homai all'altra parte di quelle mal da luj composte Ciancie, che incominciano. “Ma l'Auttor del Parere”, e finiscono à. 'La qual Demostratione.” [-16-] In questa parte adunque debbono similmente esser cimentate due altre cose: Et la prima e ben pregnante è. “Ma l'Auttor del Parere à cuj parue che opportuno mezo fosse questo per acquistarsi credito, et gloria, appresso il Mondo, con l'hauere occasione di tassare un'huomo à giornj nostri singolare Baldanzosamente si diede tosto à scriuere, contra questo particolare.” Ben si mostra questo Artusi di essere un Bombalone da douero: Ne ciò mi sia [cosi dicendo add. supra lin.] da uoj Benigni, e sinceri Lettori, ascritto per fatto contrario à quello; che nel principio di questa mia Scrittura mi ui sono Protestato. Non debbe saper Costuj che del Caualiere Bottrigaro trenta, e più annj sono, il Mondo gode la Tradutione in parlare italiano del Planisferio di Tolomeo con tante sue nobili Annotationj, et tante numerali Operationi cosi per chiara Intelligentia, come per riduttione di quello alla sua proprie, e uera lettione: E che in una lettera del Benaccio stampatore di quella [[ add. supra lin.]] [Traduttione add. supra lin.] à' Lettori si fà mentione delle sue Operationi numerali pertinenti allo Almagesto dello stesso Tolomeo; li quali uolumi di più di 1000 [[fogli]] carte, seruono per copioso Commento di quello sì grande, e mirabile Opera de' Riuolgimetni di tutte le Sfere celesti: Della sua Sfera Epilogismica: Delle Regole Cosiche, ouero Capitoli Algebratici; Per li quali si risoluono le Equationj continenti in se non solamente due, e tre: ma quattro, e cinque delle prime Dignitadi algebratiche comunque si siano trà loro uguagliate; Oltra di queste alcune altre sue Compositioni Matematiche. Non debbe parimente questo Artusi, che sindello Anno 1576 fù. Dal Rossj stampata in Bologna ad instantia prima del Senese e poi leuata dal Ziletto Librari principali in Uenetia la Tiberiade di Bartolo da esso Caualiere Bottrigaro ispurgata dalla grandissima quantità de gli Errorj; che ritrouandosi non solamente nelle figurate Dimostrationj: ma nella lettione delle parole, et nelle Allegationj delle Leggi la offuscauano, et ottenebrauano di maniera, che ella era da Giuriconsulti tutti lasciata da parte per non intelligibile. Non hauea dunque il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere alcun bisogno di questo tal mezo per acquistarsi credito, e gloria appresso il Mondo: ne fù maj sua intentione di riprendere, ne, (si ben lo dice lo Artusi troppo arditamente) di tassare il Patricio, come hauete inteso essersi protestato il Caualiere Bottrigaro proemiando in esso Parere con queste parole. “Come Amico della Uerità, e non come Riprensore del Patricio.” Et con queste altre: “Per la qual uerità non intendo io, ch'egli habbia meco (si come nelle sopradutte parole della Lettera dello Stampatore della sua Poetica historiale si legge uolere hauere) obligatione se non quella; che per sua Cortesia, et animo grato li piacerà di hauer uerso di me. Anzi che desiderando io grandemente di essere amato da luj, et da tutti i Uirtuosi, e Letterati, si come io sommamente essi amo, et honoro, à luj per ciò restarò molto obligato.” Le quai parole si leggono nella Conchiusione, et fine di quel suo Parere. Della publicatione del quale il Caualiere Bottrigaro nò; ma il Melone sì fù molto ansioso; E perciò non solamente solicito Istigatore: ma delle prime Stampe de' Fogli; che'l Benaccio uenea giornalmente in Bologna facendo alcuna uolta amoreuole Riueditore. E questo fù il Motiuo; che dice lo Artusi (seconda cosa da esser con poco Cimento passata) hauer di ciò fatto il Melone, quando lo Anno 1593. fù publicato (com'è stato detto) esso Parere con questo Titolo intiero. Il Patricio, ouero, De' Tetracordi Armonici di Aristosseno, Parere, et uera Dimostratione [Demostratione ante corr.] dello Illustre signore Caualiere Hercole Bottrigaro, e non ismozzicato, tacendo il nome, e cognome del Suo proprio et uero Autore, [[come]] artificiosamente come hauete inteso riferire esso Artusi in detta sua Lettera à gli Amicj Lettori; Per fine della quale si leggono queste parole. “Ultimamente parendole bene, come si dice, dar di becco alla Ghiandaia, ha detto, e scritto (ciò è, lo Autere del Parere) molte cose contra di me; che mai l'hò offeso, ne nominato in conto alcuno, non si uergognando di attribuire à se parte di quelle cose, che già ho rintracciato da questo, et da quello Autore antico, e moderno, e datole in luce nel Libro intitolato delle Imperfettioni della moderna Musica stampato in Uenetia l'Anno 1600. Dalle quaali cose tutte si può indubitatamente raccogliere, e considerare quanto alla inquietudine ques'huomo sia per natura inclinato. Ma perche da mal Coruo mal Ouo, da queste mie Considerationj scoprirete quanto l'Auttore del Parere sia atto à simili Discorsi, Parere, et Demostrationj. Leggete, e notate bene fin tanto che io ponghi all'ordine, et cetera.” Leggete adunque, et notate bene anchora Uoi, Benigni, e sinceri Lettori, tutte quelle parole; Al ueleno, al Tosico, alla Rabie; che in esse si inchiude da me non di meno si apportarà l'opportuno rimedio, il salutifero Antidoto, La Teriaca, [-17-] sopraddutte parole della Lettera dello Stampatore della sua Poetica historiale si legge uolere hauere) obligatione se non quella; che per sua Cortesia, et animo grato li piacerà di hauer uerso di me. Anzi che desiderando io grandemente di essere amato da luj, et da tutti i Uirtuosi, e Letterati, si come io sommamente essi amo, et honoro, à luj per ciò restarò molto obligato.” Le quai parole si leggono nella Conchiusione, et fine di quel suo Parere. Della publicatione del quale il Caualiere Bottrigaro nò; ma il Melone sì fù molto ansioso; E perciò non solamente solicito Istigatore: ma delle prime Stampe de' Fogli; che'l Benaccio uenea giornalmente in Bologna facendo alcuna uolta amoreuole Riueditore. E questo fù il Motiuo; che dice lo Artusi (seconda cosa da esser con poco Cimento passata) hauer di ciò fatto il Melone, quando lo Anno 1593. fù publicato (com'è stato detto) esso Parere con questo Titolo intiero. Il Patricio, ouero, De' Tetracordi Armonici di Aristosseno, Parere, et uera Dimostratione [Demostratione ante corr.] dello Illustre signore Caualiere Hercole Bottrigaro, e non ismozzicato, tacendo il nome, e cognome del Suo proprio et uero Autore, [[come]] artificiosamente come hauete inteso riferire esso Artusi in detta sua Lettera à gli Amicj Lettori; Per fine della quale si leggono queste parole. “Ultimamente parendole bene, come si dice, dar di becco alla Ghiandaia, ha detto, e scritto (ciò è, lo Autere del Parere) molte cose contra di me; che mai l'hò offeso, ne nominato in conto alcuno, non si uergognando di attribuire à se parte di quelle cose, che già ho rintracciato da questo, et da quello Autore antico, e moderno, e datole in luce nel Libro intitolato delle Imperfettioni della moderna Musica stampato in Uenetia l'Anno 1600. Dalle quaali cose tutte si può indubitatamente raccogliere, e considerare quanto alla inquietudine ques'huomo sia per natura inclinato. Ma perche da mal Coruo mal Ouo, da queste mie Considerationj scoprirete quanto l'Auttore del Parere sia atto à simili Discorsi, Parere, et Demostrationj. Leggete, e notate bene fin tanto che io ponghi all'ordine, et cetera.” Leggete adunque, et notate bene anchora Uoi, Benigni, e sinceri Lettori, tutte quelle parole; Al ueleno, al Tosico, alla Rabie; che in esse si inchiude da me non di meno si apportarà l'opportuno rimedio, il salutifero Antidoto, La Teriaca, [-18-] il Mitridate, la Terra bianca Melite, la Rossa sigillata, ò'l Bolbo Armeno; Onde resta sanata la Riputatione dello Autore del Parere; che cosi mordacemente ha lo Artusi ha cercato di offendere, non si uergognando di uolere attribuire ad esso autore del Parere il peccato; ch'egli ha, senza punto arrossire, commesso. E dirò prima, che ui pare di quel gentile Prouerbio, e marginato, e posto in Tauola; Accioche non restaj di esser ueduto, et auuertito? Dar di becco alla Ghiandaia. Ò che trascuragine dello Autore della gran Raccolta de' Prouerbij grechi, e latinj ispurgata dal Manutio di no ne hauer fatto mentione. Ò che inauedutezza di Polidoro Uirgiliano à non lo riporre trà quej; ch'Ei raccolse. [Et di Gioseppe Albertazzo nel suo Epitome Adagiorum. add. supra lin.] Quale accortezza hanno mostrato Pietro Godofredo, et Carlo Bouilio non lo hauendo essi connumerato ne' loro Libri di Prouerbj usati nella Francia: Et Don Ignido Lapaz trà gli Spagnuoli: Ma niuna, ò ben poca diligentia si è scopera ueramente nel Pescettj, che hauendo Ei raccolto, pochissimj annj sono quelle tante, e tante Centinaia di Prouerbj italianj di questo cosi misterioso, cosi nobile si sia smenticato. Del Cornazano io non parlo; Imperoche di pochi Ei fece paricolar ricordo, et dichiaratione. Uedete, s'egli è da essere sprezzato. Lo Artusi lo replica nella fin fine delle sue Inconsideratione carta 53. dicendo Dar di becco alla Zenzale. Che ben'è Zanzara, e la Ghiandaia appresso gl'Intendenti uno Animale irragioneuole, e per consequente ciascuna di quelle una Bestia è lo Artusi; il quale è buon Sofista, cosi non lo nega. Dopo lo hauersi non men buono Oratore, che magniloquace con questo Prouerbbio renduto attenti: ma non sò già se beneuoli gli Amici suoj Lettori segue: “Ha detto, ciò è, lo Autore del Parere, e scritto molte cose contra di me.” Et io ui affermo, che lo Autore del Parere non ha maj parlato, ne scritto cosa alcuna contra lo Artusi prima, ch'Ei publicasse quel suo primo Artusi, quelle sue Imperfettioni quelle tante sue prime maledicentie comprese in quej sue suoj Cicalamenti: Non hauendo lo Autore del Parere hauuto da far cosa alcuna con esso Artusi, ne letto minima parola di quej suoi Scartafacci dell'Arte del Contrapunto: Come quej; che di niun giouamento à luj poteuano essere apportatori; per hauer Ei già letto, e considerato le Istitutionj armoniche del Zarlino Dalle quali esso Artusi ha copiato quella sua Arte: ne pur conosciutolo di uista; Come appieno si ragiona nello Antartusi, Dialogo [-19-] dopo la Publicatione di esso Artusi fatta per le stampe del Uuincenti in Uenetia à 20. di Nouembre 1600. nato à due finj; lo Uno de' quali è la difesa del Dialogo del Caualiere Bottrigaro titolato il Desiderio dalle calunniose oppositionj in quello fatteli dallo Artusi. Lo altro è lo scoprimento, e la publicatione del furto fatto dallo Artusi ad esso Caualiere Bottrigaro della maggior parte uerso la fine del primo Dialogo. Et di poco men che di tutto'l secondo del suo Trimerone armonico; Che è quello; di che si è lo Artusi imaginato uoler conuertire la uera Historia per cosi fare opera d'incolpare il Caualiere Bottrigaro del delitto; che da luj è stato fraudelentemente commesso. Ei per ciò soggiunge, “Non si uergognando di attribuire (ciò è lo Autore del Parere) à se stesso pqrte di quelle cose, che già ho rintracciato da questo, et da quello Autore antico, e moderno e datole in lunce nel Libro intotolato delle Imperfettioni della moderna Musica stampato in Uenetia l'Anno 1600.” (ciò è, lo Artusi, publicato, come ho sopra detto, à 20. di Nouembre; il qual particolare se ben pare di niuna, egli è però, come potrete conoscere, di grandissima importantia, et per ciò dallo Artusi malitiosamente taciuto. Ma Ei cosi inauedutamente si è preso al suo proprio laccio, e scannatosi co'l [[suo]] proprio coltello delle sue parole; Imperoche il Caualiere Bottrigaro non si uergogna, che da uergognar non si ha di affirmare, com'Ei con uerità dice affirmatiuamente che suo sia quanto di buono è nel secondo Cicalamento delle Imperfettioni di esso Artusi stampato in Uenetia à 10. di (com'è detto) di Nouembre 1600. da carta 49. à 69. pertinente à' Tuonj, ò Modi, ò Tropi cosi antichi, come modernj: E tutto dallo Artusi, che se ne dourebbe uergognare, e pur non se [ne add. supra lin.] uergogna, rubatolo nel modo; che breuemente si contiene in una lunga Lettera à luj scritta dal Caualiere Bottrigare per fargliene rimordimento di Conscientia persuadendolo amoreuolmente et essortandolo a fargliene la [[onde add. supra lin.]] [a luj add. supra lin.] debita restitutione. La copia della qual Lettera, con quelladi xij. Fedi appresso è registrata per dine dello Antartusi Dialogo; il qule esso Artusi afferma nella sua Lettera della Dedicatione della seconda Parte delle sue Imperfettioni à quel molto Illustre Patrone osseruandissimo esser cosi titolato per fauorirlo non già com'Ei dice: Ma si bene per onerarlo, et onerarlo da douero, conforme il più, che è stato possibile à suoi gran [-20-] meriti. Ne quì uuò lasciar di dire, poiche le parole seguenti alle sudette dello Artusi in essa Dedicatoria me ne porgono hora occasione; “Anchorache altre non siano per mancarmj altroue in questo. Che lo Artusi per essere stato da primo huomo del Mondo commune amico ad esso Artusi, et al Caualiere Bottrigaro et doppio relatore particolarmente auuisato di quelle Fedi, scrisse. Et le ne spero à fauor del Morto una grassa sentenza autenticata con l'autorità e fede, non già d'alcun Pedante, Perche, tractant fabrilia Fabri: ma d'huominj in questa professione intelligenti, se bene questi Signori Legati dicono che Fides non facit fidem.” E poi cosi nella fine della settima Inconsideratione. “In diffesa sua per coprirsi, che potrà, (ciò è, l'Autore del Parere) dire? Potrà sicuramente dire, (ed Eccouj Benigni , e sinceri Lettori la confirmatione di sua propria bocca) che io habbi copiato queste mie Considerationj da certe sue Scritture lasciate nelle manj di qualche suo Confidente, e forsi che potrebb'essere il uero. con Soggiungere: Ma quando pur di esse cosi fatte cose. Io le risponderò, che in questo caso sarà uera la Conclusione da luj assolutamente posta quando dice (à carta 25. come ho sopradetto) Et è conclusione fermissima, che non si crede al Relatore, se non si ha manifesta chiarezza del rapporto. À luj che uorrà come ueridico Relatore, che le sia data credenza, sarà necessario dar chiarezza manifesta del Rapporto. Et perche questo caso apporterà qualche difficoltà, potrà rapportare qualche Fede sottoscritta da qualche suo Amico, à complacentia fatta, e cosi dar manifesta chiarezza del rapporto: Ma cosi fatte cose rendono più tosto chiarezza di falsità, che di uerità.” In questa maniera mordendo, e tassando questo Artusi ingiustamente di pedantarìa in quella prima tirata di ciancie alcunj di quej Gentilhuominj; che hanno per l'apparente à loro uerità fatto esse Fedi: Et nella seconda iniquamente lacerandoli tutti in frotta senza hauere alcuno rispoetto ne à qualità, ne à conditione, ne ad amicitia, ne à sesso, ne à grado: ma non solamente tirata giù la uisiera: ma chiusi amendue gli occhi, e come buono Arciere soriano saettando anche gli Amici, e benefattori con imputandoli egualmente per persone facili à compiacere gli Amici: E che peggio? In cose di falsità. Et acioche uoi, Benigni, e sinceri Lettorj potiate conoscere se queste sono persone da essere macchiate di tale infame uitio, uoglio contra quello; che era da me stato [-21-] deliberato nel principio di questa mia Scrittura [ciò è, add. supra lin.] di non hauere à nominare alcuno di quej; che hanno con le Fedi loro in iscritto fatto testimoniantia della manifesta à loro uerità, nominatamente descriuere hora ciascuno di queeli: Et loro appresso ponere il giorno, il Mese, et lo anno, e'l Luogo; ch'essi fecero le loro Scritture. E primieramente il signore Gianuincentio Pinelo con un Capitolo di una sua Lettera al Caualiere Bottrigaro di Padoua à 13. dì di Nouembre 1600. che sono sette giornj auanti la Data della Dedicatoria dello Artusi, e publicatione delle sue Imperfettioni Secondariamente il signor Serafino Bertoliere alieuo, continouo commensale, cohabitante, et herede in qualche parte del Melone. con una sua fede à 20. di Decembre 1600. Il signore Don Giannantonio Pietramelara Caualiere dell'ordine riformato di San Mauritio, e Lazaro il dì ultimo di Decembre et dell'anno istesso 1600. Messere Simone Parlasca, libraro principale in Bologna il secondo dì dell'anno, e mese di Gennaio 1601. il signore Fuluio Codibò à 9. dì di Gennaio 160j. Madama Lucia già Moglie, et herede usufruttuaria del Melone à 13. dì dello istesso Mese, et anno. Messer Lorenzo Righetto Discepolo carissimo, et altro Teofrasto del melone. Il signore Caualiere Ciro Sopontone Secretario maggiore dello illustrissimo Regimento di Bologna à27. Di del Mese et dello anno medesimo. Il signore Dottore Roberto Titio à 26. dì di Aprile dello istesso anno 1601. il signore Codibò la seconda uolta à 6. dì di Giugno dello anno istesso. Il signore Dottore Girolamo Bisaccione à 9. dì dello istesso Mese, et anno, in Ferrara. Ultimamente à 15. dì di Luglio del medesimo anno 1601. il signore Dottore Ascanio Perseo nominato da esso Artusi nel principio della decimaquinta et ultima delle sue [[Imperfettioni]] [Inconsiderationi add. supra lin.] à carta 49. con queste meliflue parole. “Il gentilissimo signore Ascanio Persio [Perseo ante corr.] delle greche Lettere professore, e nello studio di Bologna Lettore”; Nel qual grado eguale, e nen medesimo Studio sono similmente esso signore Roberto Titio, et esso Girolamo Bisaccione, questi la Mattina, quegli la Sera publici e primarij Lettori alle Lettere di Humanità. Dalle quali cose tutte (soggiunge poi lo Artusi) si può indibitatamente raccogliere, e considerare quanto alla inquietudine questo huomo sia per natura inclinato. Alle quj parole io per risposta replico le medesime come sconueneuoli et improprie al Caualiere Bottrigaro et ad esso Artusi conueneuolissime et propriissime: Sicome anco sconueneuole, et improprio al Caualiere Bottrigaro et allo Artusi conueneuolissimo e propriissimo il Prouerbio greco da' Latinj poco usato, et da gl'Italiani non inteso [kakou [-22-] korakos kakon oon]. Mali Coruj malum ouum. Di, et non da, mal Coruo male uuouo. Ch'[[ei]] [esso Artusi add. supra lin.] adduce con soggiungere per deriuatione da quello. “Da queste mie Considerationi scoprirete quanto l'Auttor del Parere sia atto à simili Discorsi, parere, et Demostrationj.” E cosi spero, <(>Benignj, e sinceri Lettori) che appunto sia per ueramente succedere. Leggete adunque, et notate bene, come lo Artusi ui comanda, et io costantissimamente ue ne progo. Ma prima che procediamo più oltre in questo particolare, parmj bene, e cosi ueramente è, che io mostri, come questo [Quinta add. in marg.] Artusi habbia discorso à fauor suo la propositione, che nella quinta sua Inconsideratione baldanzosamente Ei piglia à sostenere. Che la Ottauua non è Unisona. Imputando lo Autore del Parere, che nel suo Discorso (notate questo, e non ridete) à carta 11. et 12. dice, “Che la Ottaua si addimanda Diapason Unisona,” e tale più di una uolta la nomina. Che unisona, e ben tre uolta, che ueramente sono più di una nomini il Caualiere Bottrigaro à carte 11. et 12. di quel suo Parere la Diapason, è uerissimo: Si come anchora io, se hauete bene auuuertito, la ho nominata: Ma non ha [[mai]] [[già nominata add. supra lin.]] detto, che la Ottaua si addimandi Diapason Unisona. Le sue parole sono appunto queste. E prima à carta 11. “Non l'Interuallo di un semplice Tuono intiero si udirà risonar trà quelle: Ma si bene una Diapason unisona, ò diciamo una Ottaua. Poi à carta 12. “Cosi restando noj gabbati sentiressimo in cambio di uno Intero Tuono una Diapason unisona.” Et presso la Fine di essa carta 12. “Per breuità ui dirò solamente che si udirebbe la Diapason unisona sotto la proportione dupla.” Ma lo Artusi uolendo, che dallo Autore del Parere sia stato preso (cosi usa lo Artusi di dire nella fine di questa sua Inconsideratione carta 15. et à 43. et à 52.) un Moscone. <(>E pur uoj, Benigni, e sinceri Lettori, uedrete essere luj; che lo haurà secondo il suo solito preso) allega Boethio nel Capitolo 10 del 5. libro della sua Musica duplicatamente et alla seconda Allegatione soggiunge. “Di modo che si uede di mente di Tolomeo da Boetio rapportata, che la Diapason è nel numero delle Equisone non delle Unisone.” Hor uediamo, s'è pur uero, he tale sia la mente di Tolomeo, ò pur diuersa. Tolomeo primieramente nel Capitolo 7. del primo libro de gli Armonici (e rimettiamoci alla Traduione latina Gogauinina, come allo Artusi famigliare, se ben egli ha commodità di potere ad ogni suo piacere, e uolontà far ricorso alla [-23-] Copia, et Essemplare di Tolomeo manuscritto famosissimo. Ma graecum est; Ideo ab Artusio [nec add. supra lin.] intelligi, nec legi [[minime]] potest) dice appunto cosi. Manifestè differunt Diapason, et Bisdiapason ab aliis Consonantiis, ut illae ab idoneis cantuj; Quare illas propriè uniuocas quis appellet. Ma che per maggior chiarezza hauendo Ei però prima detto, Ubi primum diuiserimus in tria Genera inaequalis tonj, distinctasque uoces; Inter quae praecedet, uirtutis gratia, Genus uniuocarum: Secundum est Consonantiam, terium Cantui aptarum, soggiunge. Deffiniuntur uero nobis uniuocae quidem quae ob contactum ueluti unius uocis perceptionem offerunt audituj, ut Diapason, quaeque inde cpmponuntur. Consonae uero, quae proximae uniuocas consistunt, ut Diapente, et Diatessaron; quae ex iis, et uniuocis disponuntur. Aptae Cantuj, quae proximae consonantes, ut Tonicae, et id genus ceterae. Quocirca componunt etiam uniuocae e Consonantibus: Porrò Consonantes ex Cantuj idoneis. E poco più oltre dice. Uniuocarum autem simplicissima, pulcherrimaque est Diapason. Poi più di sotto alquanto segue. Post uniuocas autem primae Consonatium sunt, quae Diapason bifariam proxime secant, puta Diapente, et Diatessaron. E poco appresso la fine di esso Capitolo dice. Inter numeros uniuocj sunt multiplex, dimensique ab illo. Consoni uerò duo primi superparicularium; quique ex illis, et uniuocis componuntur. Apti cantuj; qui sub sesquitertia superparticulares sunt. Ergo uniuocarum, et Consonantium peculiaris cuique ratio dicta est. Aggiungasi, che nel principio del 12. Capitolo del medesimo primo Libro Ei dice, Ut primum quidem uniuocum, quod unum est, ex duabus primis Consonantiis compositum sit; che altro per ciò non intende, che sia se non la Diapason. Oltra di questo Ei dice nel Capitolo 15. dello istesso primo libro Quippe à Diapason Uniuoco, et dupla ratione: E non solamente nel Capitolo 7. che ueramente è l'ottauo del terzo libro reddentque segmenta duplam quidem rationem primi uniuocorum, uidetur Diapason, tripliciter. Et nel 12. anzi 13. Eo quod ad prima Lunae Cornua, atque Tetrachordum [Tetracordum ante corr.] supremarum ex Diametro oppositam constitutionem efficiant, et Diapason unisonum: Et alquanto più oltre, Etemim, et hîc ad primam gibbosam Lunam, et ad Tetrachordum [Tetracordum ante corr.] Mediarum fit ex Diametro opposita [-24-] Constitutio, et Diapason unisonum: Ma nel decimoquarto che deu'essere segnato 15. dello istesso libro terzo. Sicut autem in Musica hae duae primae Consonantiae compositae efficiant Diapason unisonum: Ita et hîc dictae duae rationum Interualla composita, nempe sesquialterae, e t Sesquitertiae cedent duplam rationem proportionalem Diapason unisono. Hora, se io sò ben numerare, questi sono ben 10. Luoghi; ne' quali Tolomeo nomina chiaramente uniuoca, et Unisona la Diapason: et non solamente la Diapason, [ma add. supra lin.] la Bisdiapason, come anche nella fin fine del Capitolo 8. del primo libro diceondo. Erit Bisdiapason uniuocum ob rationem quadruplam : E nel detto 9. del terzo. Quadruplam uerò Bisdiapason uniuocj dupliciter. Che sogno adunque è quello dello Artusi; per lo quale Ei uoglia, che Boethio di mente di Tolomeo rapporti, che la Diapason sia nel numero delle Equisone, e non delle unisone? Propria di Boethio fù quella distintione in esso suo Capitolo 10. del 5. libro et non di Tolomeo: il quale dice chiaramente Deffinitur uerò nobis uniuocae quidem, ut Diapason; quaeque inde componuntur: hauendo egli anche prima detto. Manifeste enim differunt Diapason, et Bisdiapason ab aliis Consonantiis, ut illae ab idoneis cantuj; Quare illas propriè uniuocas quis appellet. Ma posto, che pur fusse uero, che Boethio, come di mente di Tolomeo dicesse, che la Diapason fusse Equisona, et non unisona, non si auuede hora questo Artusi, che Boethio sarebbe falso Relatore? Non si accorge hora, che ciò sarebbe un auo manifestaqmente calunniare Boethio, et cosi dare buona Occasione di farlo reputare falso Relatore; Dou'Ei fà professione di uolerlo difendere da Coloro; che poco (cosi dic'Ei) prudenti si lasciano uscir di bocca, che non se li deue credere? E la difesa stà nelle gran forza di un suo Silogismo artificiosissimo, che stemperato in Baroco secondo la dottrina del Triperuno non ha ne fin', ne fondo. Ed è questo. “Una delle due, ò che ci ha rapportato le cose dette da altrj con uerità, ò nò. Se ha rapportato il uero, non se le deue adunque dar credenza? Se non ha rapportato il uero delle cose dette da altri, adunque quello; che ha scritto, è del suo. Adunque à luj non si deue credere?” E questa Scrittura non ci può sciogliere per non essere aggroppata. Ma ritorniamo alla nostra Diapason unisona, che pur saltabellando questo Artusi non uorrebbe acconsentire, ch'Ella godesse questo Titolo di unisona, E perciò datogliene uno altro di commune [-25-] consenso di tutt'i Teorici; che è di Consonantia à quello io per mio particolare, et insieme con piano, et amplissimo Mandato in forma, et secundum Formularij formam, et cetera à nome del Caualiere Bottrigaro mi sottoscriuo. Et detto [ch’egli sa, add. supra lin.] che lo Stapulense, fà [faccia ante corr.] lo stesso, il Glareano, et Marsilio Ficino più uolte sopra il Timoe di Platone dica lo setto, soggiunge, e sopra il Libro de Republica di Platone dice le formate parole; che io non uoglio andar cercando, se siano, ò non siano uere; Imperoche io non uorrej, che mi auuenisse, come quaasi sempre auuiene delle [[Sue]] allegationi [fatte da Costui add. supra lin.] à chi le cerca in quej libri, ò ch'esse [come ho detto, add. supra lin.] non ui sono, ò se pur ui sono, con sono nella maniera da luj allegate: ma alterate. Consonantia uox octaua cum cratia ita consonat, ut quae uox gemina est, apparet una. E commentandole Ei dice, apparet una, Non dice, che sia unisona. Quasi dica, che'l uerbo apparet significhi. Pare. Ò che buon Grammaticucio. Apparet è quello, che i Latini dicono Elucit: in conspectum, et lucem se dat. Et ha significato di chiarezza, et di uerità, non di dubitatione, et d'incertitudine; E per ciò il mio Calepino allega questo uerso nel primo libro della Georgica di Uirgilio, Apparet liquidò sublimis in aere uisus. Et io mi ricordo hauer letto nel 5. libro dell'Epistole di Cicerone ad Attico Appij uulnera apparent, nec occûli possunt. Ma accioche questo Artusi non possa cauillando dire, che appresso i Musici, e Teoricj non è tale il suo significato; Perciò dico di ricordarmj anchora, che trà gli altri molti luoghi nel primo libro della Tradutione Gogauina de gli Armonici di Aristosseno si legge [à carta 16. Apparet autem minumum Interuallorum consonrum ab ipsa Cantus natura determinatum esse, et carta 18. add. supra lin.] Nunc tanquam inde apparet, atque constet. Et nel secondo libro carta 23. Omnium absurdissima, maximaque his; quae apparent, contraria Sententia, uel tanquam Oracula sine ratione, aut Demostratione proferunt omnia, ac ne ipsa quidem, quae apparent recte enumerant. E nel medesimo libro secondo carta 31. Apparet enim in omnibus Densis Densi cuiusdam uox, licèt magnitude diuersa sit. Chromatis uerò aut Dieseos si Chromaticum Genus appareat. Et medesimamente in quella di Tolomeo nel Capitolo 1. del 1. libro carta 52. Et qui in ipsis siam sensibus appareat: Eòque magis quò in tenuiora fit partitio. E nel Capitolo 2. dello stesso primo libro carta 53. accomodarunt differentiis sonorum rationes, minimè respondentes saepe numero iis, quae experientibus apparent. Poscia Obiter quasi abusi [-26-] sunt ratione contra tum huius, tum apparentium fidem. La onde per dimostrare il Ficino la unisonantia della Diapason ben disse; Quae gemina uox est apparet una. Lo unisuono anchora egli non è già altro, che'l medesimo suono duplicato talche appare un sono. E non tanto (come segue lo Artusi) à' putti, et à quej; che di ciò non sono intelligenti: ma à quej, che sanno, che lo acuto è parte del graue, E non solamente (aggiungo io) che'l graue respetto al maggiormente graue è acuto: ma che lo acuto rispettiuamente del sopracuto è graue. Si come G sol re ut rispetto à [Gamma] ut, è acuto, ma rispetto à gsolreut è graue. Et in queste ciancie che la Diapason sia consonante dopo alcune sue Iattanze dice, che Tolomeo ragionando della Diapason li dà due attributi singolari nel Capitolo 5. del primo libro doue dice. Inter consonantias pulcherrima est Diapason; et della forma di lej nello istesso luogo dice. Inter rationes Supla est prestantissima. E cosi non ho tardato à potermiuj, Benigni, e sinceri Lettori, giusti ficare dello hauere io detto, che quasi sempre auuiene, che delle Allegationi fatte da questo Artusi à chi le cerca in quej Libri, ò che non uue le truoua, ò se pur ue le truoua, sono altrimente da quelle da luj allegate ò per accrescimento, ò per diminutione, come queste; Imperoche le parole di Tolomeo ftte latine dal Gogauino in quel luogo ripigliandone io per maggiore intelligentia alcune altre poche antecedenti sono queste. Accomodantes igitur ob hoc superparticulares, et multiplices rationes consonantiis, duplae rationj Diapason adiungunt, Diapente Sesquialterae, Diatessaron Sesquitertiae: nec id quidem temerè moliuntur, Cum (et cum è lasciato dallo Artusi) inter Consonantias pulcherrima sit (e questo sit è conuertito dallo Artusi in est) Diapason. Ut (questo, ut, anchora esso non è uoluto dallo Artusi in tresca) inter rationes dupla (e quj' lo Artusi frapone est) praestantissima. E cosi chiaramente appare, che de' due attributi singolari secondo lo Artusi alla Diapason, à luj resta uueramente il singolare pulcherrima, confirmatole (come si è ueduto) nel settimo Capitolo del medesimo primo libro con l'aggiunta di simplicissima: essendo lo altro praestantissima della proportione dupla: hauendo cosi Tolomeo proceduto per comparatione, e conuenientia> Ma finiscansi homaj queste ciancie; che se io uolessj dar risposta alla una replica; che fà lo Artusi delle già da luj dette con le sue [-27-] seguenti, io non sarej per deporre cosi tosto questa penna; la quale quasi stanco riuolgo alla seguente sesta delle sue Inconsiderationi per iscoprire ueramente “quanto il Caualiere Bottrigaro autore del Parere sia (come hauete inteso hauer detto esso Artusi: Ma contra la sua intentione) atto à simili Discorsi, [[e]] Pareri, et Demostrationj.” [sesta add. in marg.] Dice adunque lo Artusi nel principio della Sesta sua Inconsideratione che “doppo lo hauere nelle Inconsiderationi passate dichiarato[[,]] e la intentione, e le parole del signore Patricio, che sono in sua difesa: Potiamo hora uedere come egli, et in qual maniera col suo balestro (parole del Galileo à carta 65 del suo Discorso) si accommodi à constituire il Colore Diatonico incitato di Aristosseno per colpir nel bersaglio. Et alquante regole più oltre, che per hora trapassando ben sono io poi per douermi à luogo, et à tempo di quelle ricordare: Ma prima in lor uece alucune altre già trapassate ripigliando essaminare: segue: Ma come in cosi fatta da luj diuisione, secondo la mente di Aristosseno egli colpisca, et ne facci uera, reale e sincera Demestratione, recitarò prima le sue parole istesse, et dipoi le consideraremo, et insieme uedremo, se quello; che ci uuol persuadere sia il uero, ò pur il falso.” Cosi recitate da luj le parole dello Autore alla carta antepenultima del suo Parere: ma poco fedelmente essendo che in luogo di acuta, Ei pone corta, ben due uolte; Et in cambio di Tonico egli scriue Toneo, et non solamente in questo luogo: ma in molti altri (facciaseli non di meeno buona per error di Stampa) In uece poi di ciò è, Ei riferisce, come: Et P. segna replicatamente Q. Et cosi medesimamente nella Dimostratione figurata; Dopo la quale Ei segue di recitare il restante delle parole dello Autore del Parere pertinenti ad essa Dimostratione nelle quaj parole segna come prima, Q. per P. E lascia di fraponere Dottrina di trà datone Ammaestramento: E per di esso: e per come di, scriue da esso, et come da: Et per s'intenda, s'intende: E nella ultima Riga scriue, ò instromento, douendo scriuere, e Stromento; Onde io non credo, che questo sia in recitare, com'Ei dice di uoler recitare le parole istesse dello Autore del Parere: Ma si bene uno istroppiarle. Poi soggiunge: “Ma quanto sia uera, ò falsa questa Demostratione nella seguente Consideratione in chiaro si ponerà. Intanto descriuerò il tetracordo Sintono, et incitato Aristossenico secondo che dallo Autore ci uiene dimostrato.” Et intanto [-28-] anchora io ripigliando le parole dello Artusi, da me (come ho detto) prima tralasciate, ne uerrò facendo il conueneuole Cimento; Accioche apparisca, quanto [da add. supra lin.] questo Sofista siano esse bene inorpellate: et insieme com'Ei si riguardi bene da quello; che per uitio ad altri Ei uorrebbe attribuire. Ch'è lo essere disordinato nello scriuere. Et à questo fine Ei fà ben lunga Diceria nella prima dellee sue Inconsiderationi mostrandosi ueramente trà le altre cose d'intendere benissimo le Theoriche de' Pianeti: di sapere allegare chidisse, che Anassagora fusse quello: E che Aristotele sia marauiglioso, ciò è, ammirabile, con molte altre simili, e nobili cose: marginando, Ordine osseruato dalla Natura: Utile dell'Ordine: Opere di Euclide ordinate: Ordine come sia stato detto da alcunj, cominciando in questo modo à uoler mordere il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere con imputarlo, ch;egli habbia dato una morditura al signore Patricio: Ma Ei non è Cane, ne maj hebbe intenrione tale: Et le sue parole; che [in quel luogo add. supra lin.] sono per altro che per semplice auuertimento, apparentemente lo dimostrano: E sono queste [à carta 4. add. supra lin.] Auuertiscasi quanto all'ordine, che Martiano nel IX. libro delle Sinfonie dice, che sono, et cetera.” Ilche è però conforme alla dottrina di Alipio. Disputi lo Artusi poi sopra esso ordine, ò disordine de' Modi, ò Tuonj antichi quanto uuole: E copij con la sua solita inauedutezza à suo piacere quel; che per ciò dice il Zarlino nel terzo Capitolo della quarta Parte delle Istitutioni. Dou'Ei pone il Modo Ïonico per aggiunta al già da luj parimente nominato Ïonio ne' trè primj Modi, ò Tuonj, si come replicatamente anche lo Artusi con niuna uerità per hauer creduto al Zarlino riferisce dire Giulio Polluce; che è nel iij. libro Distintione 4. Capitolo 9. del suo Onomasticon. Uolendo adunque lo Artusi imputare il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere, ch'Ei non habbia osseruato il conueneuole ordine nel far le sue Dimostrationi de' Tetracordi armonici di Aristosseno comincia la seconda delle sue Intonsiderationi con queste [seconda add. in marg.] proprie parole. “S'è doluto lo Auttor del Parere, si come ho detto nella passata Consideratione che'l dottissimo Patricio descriuendo le antiche armonie non habbi osseruato l'ordine di Maritano Capella, come quello che [[è]] tutto è Aristossenico: Ma se dimostrarò, che egli non serua nel dichiarare le cose più importanti di Aristosseno pur un Iota, l'ordine osseruato da Aristosseno, che dirà Egli?” Hor leggete questa, [-29-] et riderete poi. “Aristosseno nel Libro secondo degli Elementi musicali à carta 28. delli tre Generi armonicj ragionando dice. Ergo ut hinc ordiamur, tria Genera sunt modulationum Diatonicum, Chroma, Harmonia, atque horum differentiae postea dabuntur, et cetera.” Hauendo prima nel primo Libro [detto] à carta 15 de Generi detto. Primum ergo, et antiquissimum inter ipsa ponatur Diatonicum quippe qudo primum humana Natura praescripsit, Chromaticum, et Supremum Enarmonicum, et cetera. Nondimeno lo Auttor del Parere quando si riduce à far le Demostrationj [la Demostratione ante corr.] di questi trè Generi secondo la mente di Aristosseno prima fa la demostratione dello Enarmonico, che del Chromatico, et quello che doueua essere il primo lo lascia nell'ultimo luogo, et è il Diatonico.” Questo non è ordine nominatiuo, come quello del Patricio: ma naturale, et demostratiuo, il che è meno scisabile. Hora che doglianza habbia fatto lo Autore del Parere, douete Benignj, e sinceri Lettori, hauere inteso dalle sopraddutteuj sue proprie parole da luj dette per sola auuertenza. Quanto poi allo hauuer'egli à dimostrare, che esso Autore del Parere nel dechiarar le cose più importanti di Aristosseno non seruj pur un Iota (motto detto da costuj impropriamente e simieggiato dalle Lettera à' Lettorj nella Ripublicatione del Desiderio Dialogo) l'ordine osseruato da Aristosseno. Et quelle; ch'esso Autore per ciò sia per dire. Et affine di fare essa sua Ostentatione hhabbia orgogliosamente allegato quej due luoghi di Aristosseno Dicouj primieramente che per ciò non è lo Autore del Parere per aprir la bocca: lasciando, che uoj ui ridiate di luj; che al male è Argo, e cieca Talpa al bene. Imperoche questo [[Artusi]] [Usarti add. supra lin.] non ha uoluto uedere, ò più tosto come frettoloso non ha sapiuto uedere, ò ueduto non ha conosciuto, che Aristosseno ha ne' due luoghi da [dall ante corr.] essso Artusj addutti tenuto quell'ordine per trattar de' Generi armonici in uniuersale; E per ciò detto à carta 13. Primum, et antiquissimum inter ipsa ponatur Diatonium (et non Diatonicum) soggiungendone la ragione. Quippe quod humana Natura praescripsit. Poi segue. Chromaticum, mancando antecedentemente quj'; percioòche manca parimente in essa Tradutione Gogauinica Secundum, ò Deinde, ò Postea, ò parola altre tale ordinatiua. Poi per usanza propria dello Artusi, mancando similmente Tertium, segue, et Supremum Enarmonium (E non Enarmonicum) Et [-30-] à carta 28. Ergo, ut hinc ordiamur, tria Genera sunt Modulationum, Diatonum (et non Diatonicum) Chroma, Harmonia: Soggiungendo: Horum differentiae postea dabuntur. Dice poi passati i due terzi del secondo libro carta 32. descriuendo Le Spécie, e particolari diuisioni più celebri de' Tetracordi Armonici secondo la promissione [promessa ante corr.] fattane. [[Ma]] non corrottamente come si legge in essa Traduttione Gogauinica ma correttamente cosi. Porrò sunt diuisiones celebriores hae in cuiuslibet notorum interuallorum magnitudines sectae. Una quidem Diuisionum est Enarmonios; In qua Densum Semitonium est, reliquum Ditonum. Tres uerò Chromaticae: Ea, qaue Mollis est Chromatis, et quae Sesquialteri, et quae Tonicj. Mollis ergo Chromatis diuisio existit; Cuius (uel in qua) Densum quidem ex duobus Chromaticis Diesibus minimis componitur; Reliquum duabus mensuris censetur, semitonis quidem ter, Chromatica uerò Diesi, idest tribus Semitonicis, et Toni triente semel. Est uerò Chromaticorum Densum minimum, et Index, quae ipsa grauissima est Generis huius. Sesquialteri uerò Chromatis Diuisio est; Cuius (uel in qua) Densum Sesquialterum est tam Enarmonij, quam utriusque Diesium Enarmonicarum et cetera. Porrò Tonici Chromatis diuisio est; Cuius (uel in qua) Densum quidem ex Semitoniis duobus conficitur; Reliquum uerò trium Semitoniorum existit. E descritti alcunj particolari mouimenti delle Uoci, Parhypate, et Licanos, et della Hypate, cosi come della Mese, et de loro Interuallj rispettiuamente con dicendo, che auuiene in uno istante mancare il Denso fatto nella Diuisione de' Tetracordi, et incominciare la compositione del Genere diatonico, segue. Sunt autem duae Diatonj diuisione tum quae Mollis, tum quae intensi dicitur. Ac Mollis quidem Diatoni diuisio est, in qua (siue Cuius) supremae, et penè supremae Interuallum Semitonij est. Pene supremae uero, et Indicis Trium Diesium Enarmoniarum: Indicis, et Mediae quinque Diesium. Intensi uerò Diuisio est; In qua (siue cuius) Supremae, et penèsupremae Semitonieum [Semitonium ante corr.] est Interuallum, Reliquarum uerò Tonicum utrunque. Con questo Ordine istesso Tolomeo anch'Ei descriue le medesime Sej specie, et diuisionj de' Tetracordi Aristossenici nel Capitolo 12. del primo Libro de' suoj Armonici secondo la Traduttione Gogauinica à carta 72. dicendo dopo la recitata da luj Diuisione del Tuono fatta da Aristosseno hora in due parti eguali, hora in [-31-] trè, hora in quattro, et hora anche in otto: et assignata ciascuna di quelle parti à gli'Interuallj; Ex quibus constituit differentias simplicium Generum sex. unam Enarmonij, tres Chromaticj: mollis, Sesquialterj, et Tonicj: reliquas duas Diatonicj tam mollis quam intensi> Et con ordine tale poi seghe la Descrittione loro per numeri accresciuti in doppia quantità, ciò è, Sessagenarij (del quale addoppiamento se ne ha la ragione nello Antartusi Dialogo) con queste parole. Generis igitur Enarmonij, quod grauissimo iminet, Interuallum, ac medium facit utrunque Diesis Enharmonice: Reliquum, ac praecedens duorum Tonorum, ut posito pro Tono numero unitatum 24. Spissi quidem Interuallurum utrunque facit sex earundem; Reliquum uerò 48. Mollis autem Chromatis utrunque ipsius quidem Spissj Interuallorum Trientem Tonj. Reliquum Tonj unius, et dimidij, et trientis, ut illorum quidem utrumque octo, hoc uerò 44. Porrò Sesquialterj Chromatis Spissj due utrunque Interualla facit quadrantis, et octauae partis Tonj, Reliquum unius, et Semissis, et quadrantis; Ut illorum quidem utrunque nouem, hoc uerò 42. Sed Tonicj Chromatis Spissi utraque duo Interuualla Semitonij facit; Reliquum unius Tonj, et dimidij; Ut illa 12. hoc 36. In reliquis iam, et non Spissis Generibus duobus Sequens (ciò è, nel graue) in amborum Interuallis seruat itidem Semitonij; Deinceps [Deinde ante corr.], (ciò è, seguentemente ò mezana) in molli Diatonico Medium Semissis, et quadrantis Tonj: Praecedens (ciò è, nello acuto) unius, et quadrantis, ut 12. et 18. et 30. Sed in intenso Diatonico sequens Semitonij, caetera, puta, Medium, et praecedens utraque Tonica, ut 12. et 24. et 24. Ut Subiecti habent numeri. [Bottrigari, Aletelogia, 31; text: praecedens idest nello Acuto, Deinceps, Mezano, Sequens, graue, Enharmoniun. Chromaticum. Diatonum. Molle, Sesquialterum, Tonicum, Incitatum, 48, 6, 44, 8, 42, 9, 36, 12, 30, 18, 24] Et nel Capitolo 14. del secondo libro uolendo formar le Tauole Sessagenarie delle Diuisionj de' Tetracordi armonici fatte da Archita, da Aristosseno, da Eratosthene, da Didimo, e da luj, dice cosi. Primum igitur Canonium continet Enharmonia Genera. Inprima quidem Pagella secundùm Archytam rationibus Sesquiquartis, [-32-] et caetera. Secundum uerò Canonium continet. Et in essa Traduttione Gogauinica manca tutto il restante; alla quale mancanza è però stato soouuenuto dal Caualiere Bottrigaro nella sua Traduttione in parlare italiano et latinamente cosi. Secundum uerò Canonium comprehendit Chromatica Genera. In prima quidem eius Pagella secundùm Archytam rationibus, et caetera. Tertium nunc Canonicum complectitur Genera Diatonica: Et in prima Pagella iiuxta Archytam rationibus sesquioctaua, et sesquiseptima, et sesquiuigesimaseptima. In secunda uerò, et caetera. Et quindi subito Olomeo prende alla Tauolare Descrittione loro, Titolando [[la prima]] in questo modo la prima Tauola. Enarmonij rationes ex Sententia 5. Musicorum Enarmonium Archytae, Aristoxenj, Eratosthenis, Didymj, Nostrum. Et cosi la seconda Chromaticorum Rationes ex Sententia 5. Musicorum Chromaticum Archytae, Aristoxeni Chromaticum, et caetera. Et la terza Cosi Diatonicorum rationes iuxta 5 Musicos. Archytae Diatonicum, Aristoxenj Diatonicum molle et caetera. Et nella fine del 15. Capitolo del medesimo libro secondo dice. Sequitur Canonion contines omnium sonorum differentias. Enharmonium, Chroma molle, Chroma intensum: Diatonum [Diatonicum ante corr.] molle, Toniaeum, intensum, aequale, et Diatonieum. Similmante nel Capitolo 5. secondo la Traduttione Gogauinica. Ma ueramente sesto del terzo libro Leggesi. Comparetur sanè quam propriè utrunque tripertitum Genus cum Harmoniae uocatis aequiuocè tribus Generibus, dico Enharmonio, Chromatico, et Diatonico magnitudine quadam ipsius quoque et exaltatione, et contractione molle differentibus. Dice medesimamente anchora nel 10. anzi 11. Capitolo dello istesso libro iij. carta 146. Quippe tres item Species habet haec Enharmoniam, Chromaticam, et Diatonicam separatas quantitate usurpatarum in Tetrachordis rationum sicut illa tres Species recessuum pri minimo, medio, et maximo dimensas, et ipsas quantitate cursuum. Boethio anchora Ei con questo medesimo ordine fà la Descrittione di esse Specie, e Diuisionj de' Tetracordi Aristossenici dicendo nel 15. Capitolo del 5. della sua Musica prima cosi. Fiunt igitur secundùm hunc ordinem differentiae permixtorum Generum sex. Una quidem Enharmonij: tres autem Chromatici idest Chromaticj mollis, et Emiolj et Chromaticj Toniaei: Duae uerò reliquae Diatonicj mollis, atque incitati; Quorum omnium talis secundùm Aristoxenum Diuisio est; Onde alquante reghe più oltre soggiunge. Itaque Enharmonium secundum Aristoxenum diuiditur [-33-] 6. 48. numeri conformj à Tolomaicj sopradetti e posti in Tauola: [[et]] inter grauem neruum, ac propè grauem sit, et cetera. Descriuendo gl'Interuallj ad uno ad uno; Dopò la qual Descrittione segue. Chromatis uerò mollis hanc facit diuisionem 8 .8. 44. et cetera. Item Chromatis hemiolj Diatessaron ita partitur 9. 9. 42.29. et cetera. Item Chromatis Toniaej talis secundùm Aristoxenum partitio est 12.12. 36. scilicet, et cetera. Diatonica uerò Diuisio ipsa quoque duplex est. Et mollis quidem Diatonicj diuisio est hoc modo. 12. 18. 30. et cetera. Item Diatonicj incitati talis partitio est, ut Semitonium, ac duos habeant integros Tonos, idest 12. 24. 24. et cetera. Hora con quale ordine siano queste Specie, et Diuisionj Aristossenice descritte da Euclide nella sua Isagoge Armonica; anchora che si legge fedelmente tradutto in parlare italiando dal Caualier Botttrigaro a carta 26. del suo Parere, io per tanto non restarò di quj replicarlo secondo la tradutione del Pena latina; Accioche lo Artusi ne possa fare il confronto per non hauere Ei facilmente quella del Ualla: et non intendere della greca [[punto Iota]]. Sono adunque le parole di Euclide tali appunto. Igitur Color Enharmonius canitur per magnitudinem, seu Interualla trium, et trium, et uigintiquatuor unciarum. Color uerò Chromatis mollis per Interualla unciarum 4 ½. 41/2. et 21. Color Toniaei Chromatis per [[6. 6. et 18.]] sex, et sex, et Octodecim. Item Color Diatonicj mollis per 6. 9. et 15. Color denique Diatonicjj Syntonj, seu incitati per Interualla, quorum primum erit sex unciarum, secundum duodecim, Tertium item duodecim. Aggiungo hora io che Euclide alquante reghe antecedenti, e quasi congiunte con queste [dallo Autore del Parere tralasciate, come alle sue Operationi souerchie) add. supra lin.] descriue con l'ordine stesso le medesime sej Specie, et Diuisionj de' Tetracordi nominate da luj Colorj, dicendo: Colores explicabiles quidem, et cogniti sunt sex. Unus Harmoniae: Tres Chroamtis, et Diatonj Generis duo. Harmoniae igitur Color eadem; qua Genus ipsum, diuisione utitur; Canitur enim et cetera. Colorum uerò; qui sunt in Chromatica diuisione, alius uocatur Chroma molle, alius Chroma Sesquiaterum, alius Chroma Tonieum. Et molle quidem Chroma canitur, et cetera. Sesquialterum autem Chroma per Diesin, et cetera. Toniaeum Chroma eodem Colorè utitur; quo Genus ipsum Chromaticum; Canitur enim per Semitonieum, et cetera. Color denique diuisionis Diatonicae [-34-] alter uocatur mollis Diatonicus, alter Diatonicus Syntonus, idest incitatus. Color mollis Diatonicus cnitur per Semitonium, et cetera. Color uerò Diatonicus Syntonus, seu incitatus tandem habet diuisionem; quam Genus ipsum diatonicum; Canitur enim per Semitonium, [[et cetera]] [tonum add. supra lin.], et tonum. Con tale ordine adunque hauendo Tolomeo, Boethio, Et Euclide descritto le ej Specie, ouer Diuisionj de' Tetracordi armonici di Aristosseno et esso Aristosseno medesimo non ha cosi descriuendole, et dimostrandole lo Autore del Parere commesso errore alcuno: Maa ch? Quando bene anche Tolomeo, et Boethio, come Relatori di Aristosseno, et Aristosseno medesimo hauesse con altr'ordine, e anco migliore fatto essa Descrittione non haurebbe [[hauuto ragioneuolmente il Caualiere Bottrigaro autore del Parere hauuto da Attendere al detto loro: Ma da seguire come ha giudiciosamente seguito quell'ordine; co'l quale di esse Specie, ò Colori fece la Descrittione Euclide nella sua breue Istitutione musicale. Conciosiacosa che'l Patricio nel far quelle sue Dimostrationj lineari pigliò per Guida da Esso Euclide le parole di luj uolgarmente riferendo; E per ciò quelle precisamente ripigliando esso Autore del Parere à carta 37. poco prima dice. Le cuj parole (ciò è, di Euclide) perciocche il Patricio à quelle si è appigliato, noi quj' replicaremo à parte à parte distinguendole in sette à maggiore intelligentia dell'Essemplari Operationj; che noi ci apparecchiamo di fare. Hor ridete: ridete hora, Benighj et sinceri Lettori, e ridete ben da douero di chi inuitandouj à leggere ui ha detto, che riderete poi, ciò è, quando haurete, come hora hauete letto. E se lo hauer ciò letto ui muoue più tosto à qualche disdegno contra di luj, che à riso,; ch'Ei per fine di essa seconda delle sue Imperfettioni fà troppo arditamente (al solito suo) ad honore, et laude non solamente dello Autore del Parere, et di uno de' migliorj, e più famosi Compositorj di Musica in questa nostra Etade: Ma di tutto un Populo di tutta una Natura nobilissima di Italia. Cosi di queste speditomj, luogo, e tempo è che io ripigli hora le altre parole; che io dissi di trapassare in essa sesta Inconsideratione Et quelle cimento da mostrare, che non essendo lo Artusi pur atto ad esplicare i tali quali suoi Concetti; meno è sufficiente ad intendere, non che à spiegare quej di gli altrj i quaj non hanno bisogno di alcuna dichiaratione, come questi dello Autore del Parere [-35-] Hor le parole da me tralasciate à carta 15. nella sesta Inconsideratione sono queste: “Ma perche il signore Patricio lo dimostra (ciò è, il già detto Colore Diatonico incitato di Aristosseno) per il mezo di quattro linee, ciascuna delle quali diuide in 30. particelle per cauarne quelli Interuallj, che gli paiono atti à constituire cosi fatto Colore, secondo che suonano le parole di Nicomaco, et Euclide. L'Autor [Ar ante corr.] del Parere di qualche Inuentione del Patricio, accommodandosi, constituisce quattro Corde luj anchora di eguale lunghezza l'una, come l'altra, ma ciascuna di loro diuide in quattro parti, et queste parti, luna come l'altra in 30 particelle pur eguali; le quali insieme raccolte arriuano alla somma di 120. particelle: Et è come, se delle quattro linee, ò corde fatte, et ordinate dal Patricio, egli ne hauesse constituito una sola. E perche le tre parti di una con tutta la Corda, che è di quattro parti risuona la Diatessaron consonantia, per constituire questo colore Diatonico, dalla differenza ò dallo Eccesso, che una supera l'altro diuiso in 30. caua quando 6. particelle per hauere un Semituono, et quando 12. per hauerne un Tuono, di modo che frà queste due Corde, che sono gl'estremj suonj della Diatessaron, ne pone due altre, che necessariamente uanno à costituire questo Colore. Non essendo altro il Genere, che una certa, et determinata Diuisione, ò Modulatione, che si fà per il numero di quattro Corde: Ma come in cosi fatta da luj deiuisione, et cetera.” Non ha dubio alcuno, Benignj, et sinceri Lettorj, [che add. supra lin.] se'l Patricio nel costituire le sue quattro Corde per dimostrare le sej diuerse specie delle Diuisionj Aristosseniche le hauesse costituite, et diuise nella maniera; nella quale bene, et con molta diligentia le ha costituito, et diuiso il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere ch'Ei non si sarebbe, come si è ueramente ingannato: Et uana non che souerchia sarebbe del certo la esatta Essaminatione fattane da esso Autore del Parere, mostrando Ei primieramente con mola chiarezza, et modestia, che'l Patricio si fusse, come si è ueramente ingannato. Poi soggiungendo la uerissima sua Dimostratione di esse Diuisionj delle sej Specie di Armonia Aristosseniche secondo [[il]] [la add. suupra lin.] ueduta [ueduto ante corr.] [[rapporto]] [descrittione add. supra lin.] fattane da Euclide, prima con una sola linea, ò Corda, poi con quattro di commune, et egual lunghezza con la prima sola, et unisone tutte insieme. Nè lo Artusi per conseguente haurebbe perduto [-36-] il suo tempo scriueendo le sue Inconsiderationj; con le quali si è sognato di poter ddifendere il Patricio, et insieme uigilando offendere il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere. Ne io consumarej parimente hora il mio, per esser ueramente questo presente mio Scriuere non altro, che un, come dicono, Actum agere. fare il fatto. E tutto ciò uenga inteso esser da me detto rispetto alle parole dello Artusi. Ma perche il signore Patricio: sin'alle altre consequenti; per le quali Ei si persuade di uoler commentare per indorbidare quello; che lo Autere del Parere ha con somma facilitade, e chiarezza detto e dimostrato. E sono primieramente. “Lo Autore del Parere di qualche Inuentione del Patricio accommodandosi constituisce quattro Corde luj anchora di egual lunghezza l'una come l'altra.” Per le quali io dico, che lo Autore del Parere non ha biscogno di alcuno di dottrina del Patricio pertinente alle quattro principali Matematiche se bene si uede stampato in Ferrara lo anno 1585. dopo la morte del uero Autore un libro del Quanto sotto'l nome di luj, et da luj anche dedicato; il qual libro fù ben più di due paia di annj prima dal suo proprio Autore, et nella [[sua]] habitatione [di quello add. supra lin.] commune etiandio ad esso Patricio, letto in gran parte scritto à penna al Caualiere Bottrigaro habitatore allhora in quella Città. Ne si è lo Autore del Parere accommodato delle 4. linee, ò Corde di egual grossezza, lunghezza, e tensione; onde unisone, come d'inuentione del Patricio. Ma per essere stato à luj cosi insegnato da Tolomeo, prima ne' Capitoli 8. et 111. del primo libro: poi ne' Capitoli primo et secondo del terzo Libro de' suoj Armonici. Segue poi lo Artusi. “Et è come, se delle 4. linee, ò Corde fatte, et ordinate dal Patricio, Egli ne hauesse constituito una sola;” Il che è un Sogno, una delle solite uane imaginationj di esso Artusi; la quale io non li faccio buona in modo alcuno. Dice il Patricio. “In ogni Tetracordo, oue la prima Corda con la quarta sonassero una Consonanza Diatessaron (ò quarta che la diciamo) fosse partita in 30 parti eguali à misura l'una come l'altra. Delle quali 30 parti 6. ne andassero nello spatio della lunghezza della prima alla seconda si che risonassero trà loro un Semituono: Et da questo per lunghezza della terza Corda fosse doppio spatio [spacio ante corr.] al primo, ciò è 12. delle parti dette, che risuonino un Tuono intiero. Et altretanto fosse la lunghezza della quarta Corda fino alla fine; che sono le restanti 12. parti delle 30. sopradette per un'altro Tuono. Si com'è [-37-] nello Essempio sottopopsto in 30 parti diuise tutte. [Bottrigari, Aletelogia, 37; text: A, B, C, D, Acuta. Graue. suona Diatessaron] Et per dichiaratione del qual'ej [quale ante corr.] segue. Dalla A. alla B. è un Semituono, et parti 6. delle 30. Dalla B. alla C. è un Tuono, et 12. parti delle 30. Dalla Corda D. è un'altro Tuono, ciò è, l'altre 12. restanti parti dele sudette 30. Et questa è la Diuisione del primiero, e semplice Genere Diatonico.” Hora stanti queste parole del Patricio; Alle quali ottimamente corrisponde la sua Figurata Dimostratione, si come lo Autore dle Parere à carta 8. in quello conferma dicendo. Molto bene adunque, et precisamente corrisponde alle parole tutte del Patricio la da luj soggiunta Essemplare Dimostratione: et in maniera tale, che ueramente pare, ch'egli habbia ootimamente effettuato la Dimostratione della Diuisione del Tetracordo Diatonico fatta da Aristosseno:” io non sò imaginarmj, come delle quattro Corde, ò linee ((usando le istesse parole dello Artusi) fatte, et ordinate dal Patricio, si potesse maj costruirne una sola, che fusse per far effetto conforme alla mente di Aristosseno. Et questo, che di me stesso affermo, credo di poterlo anco affirmatiuamente con uerità dire di ogni buon Musico specolatiuo, aritmetico, et geometra Eccellente. Ben sono io certissimo, che ciò non fù maj pensiero, ne imaginatione dello Autore del Patricio Parere. Et per effettuare tal uana Operatione bisognerà per mio giudicio et credenza, che questo Artusi, come suo uero Autore si maneggi, et faccia apparire il suo gran ceruello, e ricorra ad Apollo, poiche Ei uuole, che le Muse siano dello Autore del Parere. Io prouaj (come pare, che suonino le parole dello Artusi) di congiungere ordinatamente la seconda Corda tagliata per sei particelle nel punto B, con la intiera prima Corda A. Poi di aggiungere alla seconda essa terza tagliata per [[6.]] [12. add. supra lin.] [[nel punto C. con la intera prima Corda B.]] [più di essa add. supra lin.] B. che sono 18. nel punto C. Et ad esse tre unisone cosi poste la una in capo all'altra di unire similmente la quarta unisonante [consonante ante corr.] con ciascuna di quelle una Consonanza Diatessaron. E cosi di tutte quattro esse linee ò Corde fattane in lunghezzza una sola [[AB]] [AD, add. supra lin.]. Et à quella diuenuta AB. per lo trasporto dame fattone nel sopradetto Stromento di quattro Corde; per ciò detto Tetracordo [-38-] hauuendo io accommodato la Corda CD. in consonantia Diatessaron con ciascuna di esse tre Corde unisone del Patricio, et unite (come uuol, che s'intendino essere, lo Artusi) insieme: Poi sottoposti ad essa Corda AB. [AD ante corr.] di suono più graue trè ponticellj, ouero Scannellj E, F, G, distinti lo uno dallo altro per 30. particelle delle 120. nelle quali Ella uiene ad esser' egualmente diuisa: Et di quelli il terzo G. commune all'altra Corda di più acuto suono CD. Et cosi compartita tutta essa Corda AB [AD ante corr.] in quarte parti eguali, ouero Interuallj; De' quali i trè primj AE, EF, FG, seruiuano per le tre Corde unisone, et il minore GD, dell'altra Corda [[AB, similmente]] CD, contenuto dal Commune ponticello G, che in uece del quarto Interuallo GB, della Corda AB, similmente con ciascuno Interuallo di essa medesima Corda AB, ueniua à consonare Diatessaron, trouaj, che poi leuati uia i due primj Ponticelli E, et F, et percossa primieramente la parte maggiore AG, di essa corda prima AB, rappresentante per imaginatione dello Artusi le tre Corde del Patricio A, B, C, unisone: Et parte minore GD, della seconda Corda CD, rappresentante la quarta Corda D, del Patricio consonauano una Quadrupla uerso il graue, ciò è, una Bisdiapason, o Quintadecima più grauue di ciascuna delle [di ante corr.] [[esse]] [dette add. supra lin.] trè parti eguali AE, EF, FG, Corda AB. Sicome anche trouaj consonare leuato da me uia il terzo ponticello G, et percossa tutta essa Corda libera AB, rispetto qual si fusse Interuallo, ò parte delle dette quattro insieme eguali AE, EF, FG, AB, di essa Corda medesima AB. Alla qual mia sperientia trouai corrispondere anche benissimo il Calcolo, ouero Operatione delle Proportioni. Imporoche dalla [[Dupla]] [Tripla add. supra lin.] di esse trè prime Corde unisone, 3/1 et dalla Sesquiterza, ciò è, 4/3, congiunte insieme nasce [[la]] la 12/3, che scisata è 4/1, ciò è, la Quadrupa. Trouaj poi seguendo essa proua, che percossa tutta la Corda AD, 120. con la sua parte BD, 84. consonaua per lo primo suono mezano Interuallo di proportione supertripartientesettima, ciò è, da 10. à 7. maggiore di una Diatessaron, et minore di una Diapente: et non un Semituono Aristossenico; Che dourebbe (et sia da me detto con buona gratia dello Artusi) essere sesquidiciannouesimo che è Semituono minore del Tuono Sesquinono diuiso aritmeticamente: Trouaj similmente che percossa essa Corda tutta AD, 120. con l'altra sua parte CD, 42. consonauano [-39-] per lo secondo suono mezano uno Interuallo di proportione Dupla superseipartientesette, ciò è, da 20. à 7. maggiore di una dupla Sesquiterza, ciò è, di una Diapasondiatessaron, ò diciamo Undecima, et minore di una Tripla, ciò è, di una Diapason diapente ouero Duodecima. Et cosi trà questo secondo et quello altro primo Interuallo et suono mezano 84. essere una Dupla consonante una Diapason (porti patientia lo Artusi, che cosi uuò dire sapiendo esser ben detto) unisona, inuece di un Tuono Aristossenico superbipartiente diciasettesimo, si come anche in questo medesimo luogo ha fatto il Patricio. E tale insomma esser l'ordine, ò disordine di esso Tetracordo Artusino 120. 84. 42. 30. Potete hora, Benigni, et sinceri Lettori far giudicio, se da questo consequente congiungimento delle quattro Corde del Patricio secondo l'ordine loro per imaginatione dello Spigolatiuo [Specolatiuo ante corr.] Artusi, et non dallo Autere del Parere nascono cosi grandi impertinentie, et Essorbitantie, quali, et quante ne nascerebbono se si confondesse, come si potrebbe ne' 24 uariati modi confondere esso ordine delle dette 4. Corde. E se lo Artusi sà la Regola delle uariationj di un'ordine di cose date, sia quanto si uoglia esser grande, per potere un subito darne uera risposta il proponente: hora come buono Aritmetico prouj, se tanto possono essere [e non più add. supra lin.] le uariate compositionj di esse quattro linee A, B, C, D, del Patricio. E perche questo Artusi molte uolte ne' Libri delle sue Imperfettioni et Inconsiderationi imputa gli altri; de' quali intende [[di]] [Ei add. supra lin.] parlare, di fare, ò dire dispropositi, io d'un suo dispropositissimo, [ gli altri quasi innumerabili in detti suoi Libri per esser questo come sussequente alle sudette sue parole, uoglio quì far rapporto. Et accioche meglio apparisca; che ciò sia ueramente dispropositissimo add. supra et infra lin.] è necessario, che alquanto più alto io ripligli le antecedenti sue parole alle sudette susseguenti. “E perche le tre parti di una (dice lo Artusi: ma non di che) con tutta la Corda: che è di quattro parti risuona la Diatessaron consonantia per constittuire questo Colore Diatonico dalla differenza, ò dallo Eccesso, che una supera l'altro diuisa in 30 [[parti]] [caua add. supra lin.] quando sej particelle per hauere un Semituono, et quando 12. per hauerne un Tuono, dimodo, che frà queste due Corde, che sono gli estremj suonj della Diatessaron, ne pone due altre, che necessariamente uanno à costituire questo Colore. (Hor ecco il Dispropositissimo) Non essendo altro il Genere, che una certa, et determinata Diuisione, ò Modulatione, che si fà per il numero di quattro Corde.” [-40-] Quali delle antecedenti parole promouono questa Diffinitione del Genere? Quai la ricercano? Quai la uogliono? Oltra di questo perche cosi alterarla? Euclide nel principio della sua Isagoge armonica quello trà molte altre cose pertinenti alla sua diffinendo latinamente Genus est certa quatuor sonorum diuisio. La lo Artusi, che fà lo intendarco, e non sà che cosa sia diffinitione; [[che]] [E pur add. supra lin.] Quintiliano [[la insegna, essere una espressione propria, chara, et contenuta da poche parole di cosa proposta.]] [[con queste proprie parole [[come]] [Finitio est add. supra lin.] rei propositae propria, et dilucida, et breuiter comprehensa uerbis enunciatio add. supra lin.]] lo insegna con queste proprie parole. Finitio est rei propositae propria, et dilucida, et breuiter comprehensa uerbis enunciatio: souerchia mente le aggiunge di sua prodigalità primieramente. et determinata, poi, ò Modulatione che si fà per il: corrompendo in questa maniera lapura, e semplice breuità di essa Diffinitione del Genere fatta da Euclide. Hora cosi tornato alle parole dello Artusi con le quali prima dice, che dopo lo hauer'ei recitate quelle dello Autere del parere le uuol considerare, et insieme uedere se quello ch'esso Autor del Parere uuol persuadere, sia il uero, ò pur il falso. recitate poco fedelmente esse parole dell'Autore del Parere pertinenti alla Disignatione per le quattro linee di eguale lunghezza di essa Dimostratione del Tetracordo Diatonico sintono Aristossenico. et da esso Artusi disegnata essa Dimostratione prolungando il suo parere, com'Ei soggiunge, in chiaro quanto sia uera, ò falsa tale Dimostratione nella seguente sua Inconsideratione. Intanto dice descriuere il Tetracordo Sintono, et incitato uolendo Egl'intendere Diatonico Aristossenico secondo che dallo Autore uien dimostrato, ne dichiara da quale Autore. E tale è la da luj fattane Descrittione; Ma non già maj dallo Autore del Patricio nel suo Parere. [Bottrigari, Aletelogia, 40; text:Tetracordo sintono Aristossenico manco Diatonico. 60. 102. 114. 120. A. B. C. D. 12. 12. 6. superbipartiente 15. 17. 12/120 6/12] Soggiunge poi subito lo Artusi come accorto con men uoler'essere incolpato di poco amoreuole, ett dice auuertendo il Lettore, che “questo Tetracordo è lo istesso di quello d'Eratostene, et si confronta con quello di Tolomeo, ciò è, col Diatonico Ditonieo, se però la Tauola nel Capitolo 14. del secondo libro da luj descritta ha da essere [-41-] senza emenda, et è quanto alle Proportionj de gl'Interuallj in essi contenuti, cosi descrittoci dallo Autore del Parere. Consideriamo hora noj in questo Artusino. Intanto, se uera, ò falsa sia questa sua auuertenita della conformità, anz'identità del Tetracordo Diatonico incitato Aristossenico con lo Eratostenico. Questo di Aristosseno è 120. 114. 112. [142. ante corr.] 90. Et quegli di Eratostene è 256. 243. 216. 192. Et il medesimo dello Zarlino nel Capitolo primo del quarto Libro de' suoj Supplementi musicali detto antichissimo, abbracciato dalla uniuersità de' Musicj; che formato dalle proportioni supertredicipartienteducentoquarantatrecima, detta Libba, da due sesquiottaui è dal Galileo à carta 107. del suo Dialogo dell'antica, et della moderna Musica similmente nominato antichissimo, et di luj esserne stata autrice la Natura: seguitato da Pitagora, da Platone, da Eratostene, et da Tolomeo, poscia abbracciato da Boethio, da Guido Aretino, Da Franchino, dal Glareano, dal Fabro, et da altri. CH;Ei poi si confronti col Diatonio [diatonniéo add. supra lin.] di Tolomeo nella nona Colonnna della Tauola de' Colori Diatonici da luj descritta nel Capitolo 14. del secondo libro de' suoj Armonici. Se però (dice questo gran musico Teorico Artusi) quello ha da esser senza emenda: E ch'Ei sia quanto alle proportioni degl'Interuallj in esso contenuti cosi descritto dallo Autore del Parere è cosi uero, com'è uero, ch'Ei sia lo stesso di [[Aristosseno]] Eratostene. Imperoche quello di Eratostene, et il Diatonico di Tolomeo sono ueramente uno istesso: Et per tale descritto da Tolomeo nella quarta Colonna dell istessa Tauola terza nel sopradetto Capitolo 14. del secondo libro de gli Armonici. Nella quale quarta Colonna è ueramente nella Traduttione Gogauinica errato il penultimo numero graue essendo 113. 41. Et uuol'essere 113. 54. sicome anco si troua errato il penultimo numero della nona Colonna della istessa terza Tauola [[nella]] nel Diatoico di Tolomeo, essendo 113. 51. et uuol'essere 113. 54. E cosi trouasi ammendato nella Traduttione italiana del Caualiere Bottrigaro. Pare hora à uoj, Benigni, e sinceri Lettorj, che questa si possa notare per una uera identità da farne una ben grande auuertenita, e marginarla, e ponerla in Tauola? Segue poi questo Artusi dicendo. “Dal qual (ciò è, dallo Autore del Parere) desidero di sapere, se non hauendo Aristosseno in luogo alcuno maj de' suoj Fragmenti harmonici (come anchora ho etto) ragionato per un minimo segno (elocutione artusina) de' numeri, ne de proportioni ne ad alcuno [-42-] interuallo assignata precisa quantità acluna, se si debba, dico, constituire la Diatessaron consonantia nella proportione Sesquiterza, et che ciò sia secondo la mente di Aristosseno per [[poterla]] [potere add. supra lin.] apportarla nel Monocordo con la occasione d'inuestigare la quantità et qualità de' Tuonj, e Semituonj, come ha fatto questo Autore.” Ma non essendo di modo alcuno conueneuole, che lo Autore del Parere à cosuj dia risposta dimandando Ei non per imparare ma solamente come contentioso per altercare: Io, accioch'Ei uolendo possa pur hauere modo di sodisfare al desiderio suo: Io, dico, come quello, che quasi tutto tutto sò ciò; che li risponderebbe lo Autore del Parere per hauere letto, e riletto lo Antartusi Dialogo li dirò, che benche Aristosseno apparentemente non habbia, come tutti gli altri Musici à luj cosi posteriorj, come anteriorj hanno fatto, con numeri, e proportionj dimostrato la diuersità de' Colorj, ò [delle add. supra lin.] specie armoniche; non è però, ch'Ei non habbia usato i numerj certti per tali diuidionj hauendo compartito il Tuono in 12. parti Eguali, et cosi costituito il Semituono di 6. il Diesis Enarmonico, di 3. quello del Cromatico molle, ò dilicato di 4. et di 4 ½ il sesquialtero; Onde per consequente constituito (com'è stato sin quj detto, et replicato tante, e tante uolte; [[la Diatessaron di 30.]] [Et da Euclide medesimamente in essa sua Isagoge con parole del Pena presso il mezo: ita, ut totum Diatessaron Interuallum sit triginta unciarum) La diatessaron di 30 Oncie add. supra te infra lin.] per esser composta di due Tuonj, e mezo: Et di 42. la Diapente per hauer Ei detto, ch'essa è maggiore della Diatessaron per un Tuono, come continente in lej tre Tuonj, e mezo. E la Diapason di sej Tuonj, et cosi di 72. [Oncie, ò add. supra lin.] particelle medesime. Non è per ciò dunque primieramente uero, che Aristosseno non habbia assegnato chiaramente à qualche Interuallo percisa quantità; la qual si effettuarà rapportandola sùl Monocordo, ò al giudicio, od arbitrio del Senso dello Udito, come appunto commanda esso Aristosseno presso la fine del secondo libro de' suoi Elementi Armonici nello insegnare il modo di conoscere, se uerò, ò nò sia che bene si supponga la Diatesseron esser di due Tuoni, e mezo [latinamente add. supra lin.] Dicendo His ita preparatis extremos terminantium Sonorum in sensum adducamus. ò come, e con magior Essattezza di essa Diatessaron ha fatto lo Autere del Parere, per la sua formale proportione sesquiterza per dimostrare, et non per occasione d'inuestigare la quantità, et la qualità de' Tuonj, e semituonj, come dice lo Artusi; il qual per ciò poi soggiunge, che Boetio dice (senz'accusare il luogo) chenle differenze de' suonj si ricerca di mente di Aristosseno secondo la qualità, et non secondo la quantità. Et io dico, che le parole di Boethio in quel luogo sono diuerse da queste; che riferisce lo Artusi; Et che oltreciò nel Capitolo 12 (13?). [-43-] del 5. libro della sua Musica dice appunto queste parole. Quid uerò de his Aristoxenus sentiat, breuiter aperiendum et. Ille enim quoniam minimè tractatum rationj constituit, sed Aurium iudicio permittit; Iccirco uoces ipsas nullis numeri notat, ut eorum colligat proportiones: Sed earum in medio differentiam sumit, et Speculationem non in ipsis uocibus: sed in eo;quod inter se differunt, collocet. Et non molto lontano dal principio del 15. Capitolo del medesimo secondo libro queste altre. Quoniamque Aristoxenus non uoces ipsas inter se comparat: sed differentiam uocum, Interuallumque metitur, et secundùm eum Tonus est duodecima (XII check) Unitatum; Huius erit igitur pars quarta et cetera. Per le quaj prime parole di Boethio chiaramente appare, che hauendo Aristosseno totalmente attribuito il giudicio della Musica al Senso dello Udito; per ciò non segna con alcun numero esse uoci per hauere à pigliarne le proportioni loro: ma piglia la differentia nel mezo di quelle per collocare la specolatione non in esse uoci: Ma in quello; che trà di loro sono differenti. E per le seconde come in replica et confirmatione delle prime, che Aristosseno non paragona insieme esse Uoci: Ma misura la differentia, e lo spacio, ouero Interuallo delle uocj; Onde ragioneuolmente si dourebbe quietar lo Artusi. Allo Ouero; ch'Ei poi soggiunge, se Aristosseno habbia constituito, et inteso della Diuisione et cetera. diferendo io il dar risposta sinch'Ei si lasci meglio, e più chiaramente intendere, uuò prouare, se posso risoluere il dubio; ch'Ei mostra hauere dicendo, che à luj non pare uerisimile, che Aristosseno constituisca nella proportione sesquiterza la Diatessaron. Mouendolo à ciò dubitare lo hauere il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere quella, come ho detto, costituita per maggior certezza in essa proportione sesquiterza trà questi numeri 120. et 90. la differentia de' quali è 30. Interuallo considerato, et misurato da Aristosseno per la diuisione di essa Diatessaron. Dico adunque, che non solamente il Zarlino descriuendo questo Tetracordo Diatonico sintono Aristossenico nel Capitolo primo del quarto libro carta 113. de' suoj Supplementi Musicali pone la Diatessaron in essa proportione sesquiterza sotto questi numeri 10. et 15. che moltiplicati per 6. fanno 120 et 90. E seguentemente quella del Diatonico molle sotto questi altri 40. et 30. che moltiplicati per 3. fanno parimenti 120. et 90. et à carta 119. nel Capitolo secondo del meedesimo libro quella del Cromatico molle, ò dilicato, e seguentemente quella del [[Diatonico molle]] [Tonieo, Et add. supra lin.] del Sesquialtero [-44-] sotto essi numero 120. et 90. Et parimente nel Capitolo terzo del libro istesso carta 128. quella dello Enarmonico. Et prima di esso Zarlino per 7. annj il Galileo à carta 107. et 108. del Dialogo dell'antica et moderna Musica per lo uno, et lo altro Diatonico, et à carta 109. per tuttetre i Cromatici, et à carta 110. per lo Enarmonio medesimamente. Ma Tolomeo nella Colonna della prima Tauola de gli Enarmonici descriuendo quello di esso Aristosseno [[pone]] pone la Diatessaron sotto essi numeri 120. et 90. per lo Tetracordo graue, et per lo acuto co'l mezo del Tuono della Disgiuntione, sotto i numeri 80. et 60. Et cosi parimente nella seconda terza et quarta Tauola nella quale sono compresi i Diatonicj per gli uni, et per gli altri Tetracordi [cosi add. supra lin.] grauj, come acuti. Non si è dunque lo Autore del Parere ingannato punto, non che molto come lo Artusi presso la fine di essa sesta sua Inconsideratione conchiude di credere con queste proprie parole. “[[hauendo]] [Credo per add. supra lin.] ciò, che l'Autore del Parere si sia ingannato molto à constituire la Diatessaron nella proportione sesquiterza fra le due estreme Corde del Tetracordo da lui constituito per diuidere la differenza, che frà quelli Suonj si ritrouano per Tuoni, et Semituonj, in quella maniera che ha fatto.” E quando in ciò si fusse lo Autere del Parere ingannato, giouami di credere, anzi tengo io per certissimo che à luj non rincrescerebbe di essersi ingannato, hauendo egli hauuto cosi famosa Scorta, e guid com'è Tolomeo, et tanto auueduti, et dotti Compagni, il Galileo, dico, et il Zarlino nominati per ciò nobile Triumuirato nel Dialogo Antartusi; Doue di tutti questi Tetracordi Aristossenici copiosamente et forse bene appieno per altra tale occasione datane dallo Artusi, si ragiona. Che s'egli, et non con quella patientia; ch'Ei mostra con sì sdegnoso disprezzo portare: ma con quella; ch'ei dourebbe uolontieri portare, hauesse aspettato di uedere, et di leggere acuratamente et non trascuratamente come appare essere il suo solito di leggere i buonj Librj, non haurebbe scritto queste sue Inconsiderationi et insieme quelle sue Imperfettioni che Ei per farsi meglio conoscere per uno impatiente, et ignorante maledico cosi frettolosamente non bene asciutto forse anco lo inchiostro ha publicato per le stampe. Ma ueniamo à gli oltra li altri Inconuenienti; che ne succedono, come (cosi dic'Ei per fine di questa sua Sesta Inconsideratione) dimostrarà, ciò è, nella seguente sua [-45-] [settima add. in marg.] Inconsideratione. La qual'Ei comincia con questo bello, et gentile Essordio; il quale se io potessi far di meno, certo per honor suo non recitarej. “Mentre [dic'Ei, add supra lin.] che io mi riuolgo alle Considerationj delle parole, e Demostrationj dello Autore del Parere nella passata consideratione recitate, tante sono le bugie, e gl'inconuenienti, che in loro ritrouo, che da quale io habbia à dar principio, quasi non lo sò. Essendo uero, come in effetto farò conoscere, che mentre egli si pensa, e persuade di dimostrare il Tetracordo di Aristosseno ci rappresenta, come un passa per parte, un Colore totalmente deforme da quello che Aristosseno dice, et è più tosto simile à quello di Didimo, ò di Tolomeo, che à quello di Aristosseno. Simile dico in questa parte, che li Tuonj ambidue sono ineguali, e'l Semiuono non è per la metà del Tuono, come uuole Aristosseno, però dimostrarò.” Piano hora, dico io; Percioche hanno prima queste ciancie di passare per qualche Cimento. Quando, Benignj, e sinceri Lettori, uno manca de' buoni principij; Ei come Mosca senza capo si aggira, si aggira, e non sà ciò ch'Ei si faccia. Lo Artusi, come quello; che manca di ogni buon principio, si uolge, et si riuolge, et con occhij tralunati, e biechi guardando, ogni cosa à luj pare torta; Onde i difetti suoj proprij tutti ritorce ne gli altri. Chi è più di luj confuso, e disordinato ne' suoj Scritti? Chi scriue più bugie di luj? Quali inconuenienti maggiori, et in maggior quantità si trouano leggendo, che nelle sue Carte? Ei dice, che “nelle parole, et Dimostrationi dello Autore del Parere sono tante le bugie, e gli Inconuenienti, che da quale egli habbi à dar principio quasi non lo sà.” E quando si crede, ch'Ei pur cominci a scoprire particolarmente et ad una ad una queste tante bugie, et questi Inconuenienti, e per tali far ueramente conoscere e gli uni, e le altre, dice, “ch'Ei farà conoscere in effetto, (come è uero) che mentre lo Autore del Parere si pensa, e si persuade di dimostrare il Tetracordo di Aristosseno rappresenta come un passa per parte (Motto, ch'egli ha malamente da quello che si legge nel Patricio Parere à carta 23.) un Colore totalmente deforme da quello, che dice Aristosseno, et è più tosto simile à quello di Aristosseno, simile, dice in questa parte, che li Tuonj ambidue sono ineguali [-46-], e'l Semituono non è per la metà del Tuono.” Quasi come, che uno Asino per hauere nella Testa gli Orecchij, gli Occhij, il Naso, et la Bocca simigli un Porco, ò un Castrone. Per tale inegualità de' Tuonj, et minoranza del Semituono alla metà del Tuono si potrebbe anche dire, che fusse questo Colore simile à quello di Archita, et al molle, ò dilicato di esso Tolomeo; Onde per conseguenza ciascuno di questi scambieuolmente simigliasse lo altro. E che poi sarebbe per questo, che lo Autore del Parere non habbia, come ha fatto la uera Dimostatione del Tetracordo Diatonico Sintono di Aristosseno? Cosi lo hanno dimostrato, et con gli istessi numerj 120. 114. 102. 90. Tolomeo nel da me soprallegato Capitolo 14. Tauola terza Colonna terza del secondo libro de gli Armonici. Il Galileo à carta 107. Colonna terza del suo Dialogo [luogo add. supra lin.] soprallegato. Et il Zarlino nel Capitolo primo Specie terza del quarto Libro de' Supplementi. Ma, come ho sopradetto, ne' numeri radicali delle Proportioni ch'essi contencono, ciò è, 20. 19. 17. 15. che moltiplicati, come anche io sopradissj, per 6. fanno parimente 120. 114. 102. 90. con hauer segnato loro appresso le proportioni loro in parole distesi, cosi: Sesquidecimanona, superbipartieentediciasette, superbipartientequindici. Tale adunque è la deformità, tali sono le bugie, e tale il passaperparte, che sà formare; che sà dire; et che sà rappresentare il Caualiere Bottrigaro Autore del Patricio Parere. Passiamo hora à uedere quello; che lo Artusi dice, Però dimostrarò. Et per far tal sua Dimostratione costituisce sej Proportionj: Et da luj, come huomo di gran dottrina, e sapere notate in margine per, Conclusionj da dimostrarsi, ignorando che le Conchiusionj sono per hauersi à disputare: E le Propositionj per hauersi à dimostrare. Et la prima di quelle è. “Che'l Semituono assignatoci di mente di Aristosseno da questo huomo non è per la metà del Tuono, et per consequenza esser non puote quello, che si persuade di dimostrare secondo la mente di Aristosseno.” Quì bisogna hora conuertire tutta questa Propositione negando la sua prima parte da luj negatiuamente affirmata, et affirmando la seconda da luj affirmatiuamente negata, et dire, che'l Semituono assignato dallo Autore del Patricio parere, (huomo ueramente per proceder' [Ei add. supra lin.] con ragione) è giustamente la metà del Tuono secondo la mente di Aristosseno. E che [- 47-] per conseguentia Ei può essere, com'egli è quello, ch'esso Autore [del Parere add. supra lin.] ha dimostrato secondo la mente di Aristosseno. E perche lo Artusi poi soggiunge “Non durarà molta fatica à dimostrare, che'l Semituono descritto dall'Autore del Parere non sia per la metà del Tuono, ouero per dir meglio per la metà d'alcuno de' Tuoni, che ci sono assignati di mente di Aristosseno, essendo la proportione dell'uno maggiore dell'altro, come ogn'intelligente per se stesso potrà molto ben conoscere.” Io similmente soggiungo,c he con pochissima fatica mostrarò, che'l Semituono descritto dallo Autore del Parere è giustamente la metà [[cosi dello uno, come dello altro]] [di ciascun add. supra lin.] Tuono assignato di mente di Aristosseno, come gl'Intelligenti et delle parole, et di essa mente di Aristosseno hanno potuto, possono, et potranno moltto ben conoscere. Costituisce Aristosseno il suo Semituono non solamente nel Diatonico incitato, et nel molle, ò dilicato: Ma nel Cromatico Tonico lo uno, et lo altro Semituono di una permanente medesima quantità, ciò è, di . Parti delle 12. indieme eguali; nelle quali [[ha]] egli ha prima compartito lo spatio assegnato al Tuono. Hora, [[lo Autore del Parere]] che nella Dimostratione fatta dallo Autore del Parere et dal Zarlino dal Galileo et da Tolomeo, ne luoghi da me sopraddutti sia esso Semiuono costituito tale, chiaramente appare, Essendo che trà 120. supposto Hypate (come dice Aristosseno poco men che à' due Terzi del secondo libro de' suoi Elementi Armonici formando le diuisionj di tutt'i suoj Tetracordi) et 114. supposta Parhypate, è lo spatio di 6. di quelle parti; in 12 delle quali è compartito egualmente lo spatio; che è di un Tuono non solamente trà essa Parhypate 114. et la seguente Licanos 102. Ma lo spatio; che è di uno altro Tuono trà la detta Licanos 102. et la Mese 90. parimente di 12 altre parti Eguali, et cosi tutta la Diatessaron costituita trà [la add. supra lin.] hypate, et la Mese diuisa in 30. parti eguali per lo Diatonico incitato. Il medesimo anche appare [[medesimamente]] [similmente add. supra lin.] ne' numeri della Dimostratione del Diatonico Molle 120. et 114. trà quali è la differentia, ò lo spatio di 6. parti, si come parimente anche sono trà 120. et 114. et trà esso 114. et 108. per lo uno, et per lo altro Semituono del Cromatico Tonieo Aristossenico. Uero è dunque, et non bugia, ò falso, che'l semituono dallo Autore [- 48-] del Parere dimostrato per questa uia Aristossenica è la giusta metà del Tuono costituito da esso Aristosseno. Si come tiene e Tolomeo, et il Galileo et il Zarlino essere il suono, et insieme il Senso uero delle parole di Aristosseno: dica diuersamente et conchiuda altrimente lo Artusi à suo senno, et quanto uuole. Com'ej fà con queste parole. “Adunque quello; che l'Autor del Parere sin hora ci ha dimostrato di mente di Aristosseno per uero è [il add. supra lin.] falso.” Et per confirmatione di tale sua propositione soggiunge da buon Mattematto, “Questo è quello che io doueua et ho detto di dimostrare; Il che è stato con hauer'Ei duplicato la proportione di esso Semituono sesquidicianouesimo, et sottratta [[da]] la produtta loro duplicatione supertrentanouepartientequattrocentesima primieramente dalla proportione 19/17 del Tuono prossimo ad esso Semituono cosi conchiudendo quello esser minore d'esso Tuono per la proportione 6859/6000. Soggiung'Ei poi. “E perche lo Autore del Parere potrebbe dire (il che prometto io, ch'ej non direbbe maj) che fusse la metà dell'altro Tuono; che è di proportione superbipartiente quindicesima, dico, che questo anchora non può essere il uero (argomentando Ei cosi: ma Soppamente e sciancatamente) Non essendo questo Tuono di quello minore: ma maggiore [perche è denominato da maggior denominatore. E se questo è maggiore add. supra lin.] delli due Semituoni insieme raccolti, come habbiamo dimostrato maggiormente questo sarà da maggior quantità contenuto: maggior dico di proportione, ne potrà essere il uero, che questo Semituono sia per la metà del Tuono superbipartiente15. Nel quale Argomento Zoppo, e sciancato è quella bella ragione, per la quale Ei uorrebbe prouare, non sò se la maggiore, ò la minore propositione, ò la Conchiusione di quella: ma dirò mostrare, che'l Tuono superbipartiente15. sia maggiore [[minore add. supra lin.]] dello altro seperbipartiente 17. Perche (dic'Ei) è determinato da denominatore [denominatione ante corr.] maggiore. E [da add. supra lin.] Albarello di Speciale è uscito tale ingrediente in questo Argomento per douere euacuare tanti souerchij escrementi? Se uera è questa dottrina dello artusi il Tuono di Proportione 19/17 perr hauere il suo denominatore 17. maggiore è maggiore del Tuono di proportione 17/15 il quale ha minore il suo denominato re. nondimeno tutto è per contrario; Imperoche sottratto lo un Tuono dallo altro, quello di prroportione 17/15 resta maggiore dello altro di proportione 19/17 per uno Interuallo di propo rtione 289/285 come alquanto più oltre Ei poi conchiude. [-49-] Hor uedete (Benigni, e sinceri Lettori, se huomo di dottrina e Letteratura tale può con buon giuditio pronontiare, e sententiare dello Autore del Parere nel modo, ch'Ei fà, soggiungendo à questo, ch'egli ha detto. “Il tutto procede dalla poca cognitione e Letteratura che ha questo nostro moderno Aristosseno delle cose musicali:” parole cosi come sconueneuolissime allo Autore del Parere cosi conueneuolissime allo Autore loro; Il quale comeistabile, et incostante per dimostrar solamente che questo Semituono sesquidicianouesimo sia minore della metà di un Tuono ripiglia, et adopera per istromenti i numeri, e le proportioni ch'Ei come buono Aristossenico ha già rifiutato, e scacciato. Ma che gli due Tuoni (e questa è la seconda sua propositione) sono ineguali frà di loro, ne per ciò possono essere quelli, de' quali ragiona Aristosseno, ma altri dal suo diuersi; La prima parte della quale propositione dello Artusi affirmata per uera si è negatiuamente dimostrato esser falsa per essere lo un Tuono posto trà 114. et 102. et lo altro trà esso 102. et 90. et cosi lo uno essendo giustamente come lo altro di 12. parti delle istesse insieme eguali essere insieme amendue eguali; E per ciò quelli esser ueramente de' costituiti eguali da Aristosseno; che è la seconda parte dallo Artusi negat, e cosi da me affirmatiuamente dimostrata. La terza Propositione è che “'l Ditono similmente contenuto dala proportione da luj assignata ò dalla parte delle linee fatte non può in modo alcuno esser quello, che ci disegna Aristosseno. Ma questo è maggiore di quello, che già da Pitagorici [Pitagoraci ante corr.] fu constituito; E se quello da Pitagoricj di due Tuonj sesquiottauj costituito è dissonante, per consequenza bisogna, che questo sia dissonantissimo. Et gli Tuoni de quali uiene ordinato, diuisi in Semituonj sarebbono troppo lunghi, et per ciò lontanj dalla mente di Aristosseno.” Quella Bestiazza; che haueua da portare in Corso Calandrino non douea saltellare, ne saltabellare del certo cosi stranamente nabissando per la piazza come saltella e saltabella in questa sua propositione lo Artusi; Alla prima parte della quale negatiuamente da luj affirmata, affirmatiuamente si risponde Che'l Ditono; che si può dir'esser assegnato dallo Autore del Parere percioch'egli è composto di due Tuonj dià dimostrati Aristossenici è per ogni modo il Ditono costituito da [-50-] Aristosseno nel suo Enarmonico, come nella Dimostratione di quello chiaramente appare, Essendo Ei terminato da' due numeri 114. et 90. [il add. supra lin.] quale Interuallo è 24. et la proportione da 19. à 15. come certifica Tolomeo nel 14. Capitolo del secondo libro de' suoj Armonici con queste parolee latine del Gogauino. In tertia Pagella secundùm Eratosthenem in rationibus 15. ad 19. et sesquitrigesimaottaua, et sesquitrigesimanona per lo Tetracordo Enarmonico; che è il medesimo di Aristosseno à quello prossimamente descritto, et Tauolato. La seconda parte di questa terza propositione da luj affirmata; che non ha punto che fare con la prima Et è, che la proportione da 19. à 15. di questo Ditono Aristossenico sia maggiore della proportione del Ditono Pitagorico da 81. à 64. se li concede; si come anche non non se li nega quella sua conseguentia; Non perche, se'l Ditono Pitagorico è dissonante, bisogni (com'Ei dice) che questo Aristossenico sia disonantissimo: Ma percioche lo stesso Aristosseno dicendo non solamente in uniuersale presso il mezo del primo Libro, et replicandolo presso il mezo del secondo con le istesse parole Gogauine latine Modulamur enim minora quam Diatessaron Interualla quamplura quidem, tamen omnia dissona. Ma particolarmente presso la fine del medesimo secondo libro de' suoi Armonici insegnando pigliare gl'Interualli dissonanti col mezo de' Consonanti lo afferma dissonante, dandolo per essempio con queste parole del Gogauino latine. Prefigatur ad datum Sonum capere in grauiorem terminum dissonantiam, puta Ditonum, uel aliam quampiam earum; quae queant per consonantiam. Ma io non sò poi finalmente conoscere quello; che in ciò questo importi; ò rilieuj . “Negasi poi da me; che “i Tuonj de' quali uiene ordinato (ciò è, esso Ditono) diuisi in Semituonj fussero per essere (com'egli affirmatiuamente dice) troppo lunghi, et per ciò lontanj dalla mente di Aristosseno;” Imperoche essi Tuonj si possono diuidere in Semituonj eguali, si come chiaramente appare hauerli diuisi Aristosseno nel suo Cromatico Tonieo dicendo Ei nel più uolte allegato luogo del secondo libro de' Suoi Armonici Porrò Chromatis diuisio est; in qua Densum quidem ex, (et non est, [[)]] come si legge in essa Traduttione Gogauinica) Semitoniis duobus conficitur, reliquum uerò trium Semitoniorum existat. Et la Eguale diuisione loro, essendo essi di 24. parti in tutto, uiene ad essere di 6. parti eguali per ciascuno: E cosi non troppo lunghi, ne troppo curti: ma tuttequatro eguali insieme, e perciò conformj in tutto alla [-51-] mente di Aristosseno; Il che è per la terza et ultima marte di questa terza propositione La quarta delle quali è: che'l Semiditono, ò la monor Terza è minore della sesquiquinta proportione; E per ciò uiene ad essere molto languida, e fuori del proposito.” E tutto se li concede, et si afferma, che'l parlarne è, com'Ei conchiude benissimo, fuori di posto. La quinta Propositione è che “questo Tetracordo ouer, Colore cosi ordinato, in modo alcuno non puo essere, ne dal alcuno fù maj inteso essere distribuito secondo la Intentione di Aristosseno, essendo che le parti di cuj egli è composto, ouero in quelle, che uiene diuiso repugnano alle parole di Aristosseno.” Se lo Artusi hauesse parlato con Tolomeo, co'l Calileo et co'l Zarlino come si è mostrato hauer parlato lo Autere del Parere haurebbe di loro potuto intendere, so come ha lo Autere del Parere inteso ne' luoghi medesimj sopraddutti, che ui è stato più du uno, non che alcuno; il quale ha benissimo inteso, che questo Tetracordo ò Colore ordinato in questa guisa è possibile, et per ogni modo è distribuito secondo la mente di Aristosseno. Imperoche alle parole di luj non repugnano, ne contradicono punto le parti delle quali egli è composto, ouero, (come con grande accortezza lo Artusi dice per non poter essere preso in parole) in quelle; nelle quali Ei uiene diuiso. La sesta et ultima Propositione è. Che “per coprire l'Autor del Parere la sua fallacia ricorre per aiuto dal signore Patricio.” [[Di]] [À add. supra lin.] questa si prolungarà la risposta al dopo essersi bregolato, ò spigolato alcune belle cose; che sono per fine di questa settima Inconsideratione la prima delle quali [(à carta 22.)], che percioche il Ditono dello Autore del Parere supera quello de' Pitagorici per la proportione sesqui1215 (La qual'è minore assai di un quarto del Comma sesquiottantesimo) egli sia inutile, et disonantissimo.” Che tal Ditono sia disonante [disonatissimo ante corr.] ò disonatissimo già se gli è considerato,poiche Aristosseno anch'Ei ne' luoghi sopracitati lo acconsente: Ma ch'Ei sia inutile, io non sò come si possa fare di non negargliele, e perciò se li nega: e tanto maggiormente se li nega, poiche non è uero, che da luj tale inutilità sia stata (com'egli afferma di hauer promesso) in alcun modo ne prouata, ne dimostrata. À questa prima ne segue un'altra quasi la stessa quarta Propositione; Della quale si è detto in conformità delle sue parole esser fuore [-52-] di proposito il parlarne: [[Ma]] soggiungendo Ei nondimeno, che'l “Semiditono dalla proportione supertripartiente 17. contenuto è minore della Sesquiquinta; la quale dice l'Autore del Parere esser la forma della minor terza, e consonante; et perciò Interuallo dissonantissimo:” Io non uuò lasciar di dire, che lo Artusi per bugiardo suo sogno riferisce [che add. supra lin.] lo Autore del Parere Quando riprende il Patricio; il qual Ei mai non riprese, et nel Proemio di quel suo Parere se ne protesta (behce esso Patricio, ò lo Stampatore della sua Poetica per luj acconsente lo esser ripreson con Uerità) di non uolere, come riprensore del Patricio ma come amatore della ueità compiacere allo Armico: [[hauer]] detto, che la Sesquiquinta sia forma della Distributione del Tetracordo Diatonico fatta da Didimo, et dello incitato di Tolomeo. Ma perche in tuto quel suo Parere non gli uenne maj occorrentia. Che Interuallo tale poi sia [non add. supra lin.] (com'Ei dice) disonantissim: ma disonante, se li concede, come gli è già stato conceduto la Dissonantia del Ditono, per essere anchora egli uno di quej molti Interuallj, come dice Aristosseno, minore della Diatessaron. Non argomenta per ciò bene questo Artusi, com'Ei soggiunge argomentarsi, che “tutto il Tetracordo cosi dimostratocj per una Inuentione sì: mà però fatta secondo la mente di Aristosseno non isa ne uero, ne là uicino: Ma una terza cosa fatta à suo dosso. Dico oltra di questo ((segue pur lo Artusi) che questi due Inteualli accoppiati insieme, ciò è, l'una, et l'altra Terza nonci possono dare la Quinta di proportione Sesquialtera, come l'Autor del Parere ci suppone, quando uuol leuare il Tuono sesquiottauo dalla differenza delle due maggiori Consonanze [Consonant ante corr.].” Et oltre à ciò, dico io, di non sapere ciò che importi, quando ben fusse uero, che questi due Interuallj, ciò è, la una, et l'altra Terza composte insieme non potessero dare la Quinta di proportione sesquialtera; Oltre di che à questo Artusi non dourebbe ciò parere ne miracolo, ne punto strano: perch'ej dourebbe conforme alla gran professione, che fà di studioso, e d'Intelligente, non ignorare, che ne anche quej di Archita, ne quej di Didimo congiunt'insieme compongono il Pentecordo di proportione Sesquialtera, et men quej di Tolomeo, eccetto nel Suo Diatonico incitato, et ne anco in tutt'i luoghi di quello, come trà la Licanos [Hypaton, add. supra lin.] e [-53-] la Mese, ò diciam Dsolre, et alamire; Dou'esso Pentecordo è di proportione supertredicipartienteuentisettecima, ciò è, da 40. à 27. Onde per un Comma nostro moderno sesquiottantecimo minore della Diapente Eratostenica ò Pitagorica, et “della altre Tolemaiche Diatoniche incitate di proportione sesquipla, come lo Autore del Parere ci suppone” (dice lo Artusi senza però segnare luogo certo; benche supponalo, ò non lo suppona, che più tosto non lo suppone in esso suo Parere nulla importa) quando uuol leuare il Tuono sesquiottauo dalla differenza delle due maggiori Consonanze; Le quai parole sono infilzate insieme con tale ordine, et maniera sì buona, che chi non sà quello; ch'esse uorrebbono inferire, non sarebbe per intenderle maj. Non bastando [[poi]] allo Artusi poi di hauere incolpato di bugie dette, et d'inconuenienti commessi lo Autore del Parere hora lo imputa di errore, et di falsità soggiungendo. “Il che tanto più ci certifica dello errore; che luj piglia nella Descrittione di questi Interualli, et di questo Tetracordo. La Demostratione sarà in pronto per darne la chiarezza. [Bottrigari, Aletelogia, 53; text:20, 17. Semiditono, 19, 15. Ditono 380, 255, 26, 17, Diuisore] Dalla Somma (segu'Ei) di questi due Interuallj, ne uiene uno Interuallo di proportione super9partiente17. Che non è al proposito nostro, ciò è, non nasce la proportione sesquialtera posta frà li terminj 3. et 2. cosi tenuta da tutti gli Antichi, e Modernj; ne questo Ditono, e Semiditono reintegrano come sue parti la Diapente, e pur lo dourebbono fare. Di onde si conosce la falsità di questa Demostratione; La qual falsità quando piu andremo esaminando questi Interuallj, tanot piu si manifestarà.” Tanto più si manifestarà ueramente il pocco sapere, et la molta maladicentia di questo Artusi, quanto più si andrà particolarmente leggendo, et essamonando queste sue Iinconsiderationj: E si scoprirà insieme con gli eerrori la falsità di questa sua Dimostratione. E doue troua, dirò primieramente, questo Artusi, che i Produtj, et non, com'Ej dice, le somme, 380. di 20. et 19. et 255. di 17. et 15. si possano perimente schisare, ò partire per 15. sì chee nel 380. esso 15. entri 26. uolte, si come ne entra giustamente [[ei]] 17. nel 255? Schizandosi 380. per 15. ne uiene 251/3. et non 26. Et per ciò quello uno Interuallo cosi (potendosi) composto sarebbe di proportione superuenticinquepartientecinquantunecima, [-54-] ciò è, da 76. à 51. come scisandosi lo uno, et lo altro Produtto 380. et 255. per 5. commune loro magggiore partitore ueramente sono, et non 26. et 17. Et in proportione come dimostra, e scriue questo nuouo Archimede, supernouepartientediciasette; Ond'esso Pentecordo Aristossenico fusse in proportione minore della Emiolia, ò Sesquialtera forma della Diapente per la proportione supercentocinquantaduecima, ciò è, da 153 à 152. La qual differentia loro potendosi dire, che fusse appena la metà del nostro moderno Comma sesquiottantecimo, sarebbe molto minore della sopradetta differentia del Pentecordo Tolomaico di proportione da 40. à 27. la qual'è di un moderno Comma nostrointiero; et per ciò molto minore di questo Aristossenico. Ma doue, ò come troua (dico io poi seguentemente questo Artusi, che tale suo Ditono di Proportione super4partiente15. ciò è da 19. à 15. cosi da luj segnato, et tale suo Semiditono medesimamente segnato da luj in proportione supertripartiente 17. [14. ante corr.] si possano congiungere [ò componere add. supra lin.] insieme per reintegrare come sue parti la Diapente, che pur (dic'Ei) lo dourebbono fare? Preso in questo Tetracordo Aristossenico 20. 19. 17. 15. il Semiditono da 20. à 17. come uuole Ei congiunger seco il Ditono da 19. à 15. Et preso esso Ditono da 20. à 17. Onde dal congiunto loro od in questo, od in quel modo si forma, et si componga la Diapente, non dico sesquialtera ma quale altra si sia. Ha egli tanto chiuso gli occhij, od è tanto allopiato, che non ueda; che non discerna, che trà 20. et 15. termini [[maggiori]] [estrmi add. supra lin.] di quesi suoj Semiditono et Ditono non può capire la proportione sesquialtera: Ma chhe bene basta, che ui sia la Sesquiterza continent'essi Tetracordo? Non conosc'Ei, che la Diapente composta è solamente un uno de' due modi, ciò è, di un Ditono, et di un Semiditono, come ut, mi, sol: Et fa, ra, fa: ò per contrario di un Semiditono et di un Ditono, come re fa la: et mi sol mj, lo uno sempre congiuno ccon lo altro, et non intrecciati maj come questi suoj cosi: [Bottrigari, Aletelogia, 54; text: ut, mj, sol, fa, re, la, sol 20. 17. 19. 15.] Ma che? Oltre lo hauer'Ei cosi parlato in Insoonio, non ben forse anco per mio credere desto soggiunge. “Quando Aristosseno uuol dire quello che sia il Tuono, dice, [-53- recte -55-] che il Tuono è quella differenza, che si troua frà le due prime Consonanze, le due prime Consonanze sono la Diapente, et la Diatessaron. Adunque la loro differenza sarà il Tuono. Ma la loro differenza è la priportione sesquiottaua, considerando l'una nella proportione sesquiterza, e l'altra nella Sesquiatera; Adunque il Tuono sesuiottauo è quello, di cuj ragiona Aristosseno.” Paolo Ueneto, il Massa, il Mirandola, non dico ciascuno da per sè: ma tutt'insieme agiuntoli anco quel suo Pietro [insanno uolli dire add. supra lin.] Hispano non sapeuaano del Sillogizare à gran pezza quello che questo [Artusi]] Loico sà del fare Argomenti speciali, doppij, intricati con sussequentie delle Consequentie conciudenti etiandio fuore delle Premesse. Et per formare questi suoj Sillogismj, ò sofismj egli allega Aristosseno dicendo ch'Ei diffinendo il Tuono dice, che'l “Tuono è quella differentia che si troua frà le due prime Consonanze:” Ma tale allegatione è secondo il solito Artisino diffettiua per mancaruj la maggiore importanza; la qual'è, quanto alla grandezza: Et le parole di Aristosseno oltre i due terzj del primo libro de' suoj Armonici fatte latine dal Gogauino à carta 16. sono questo: Est ergo tonus primarum Consonantiarum quò ad magnitudinem differentia: dice, quò ad magnitudinem; Onde quella Consideratione di sesquiterze, sesquialtere sesquiottaue uenga ad esser uana. Et quella conchiusione del Tuono sesuiottauo à non esser uera, ch;ei sia lo Aristossenico: Et à non essere medesimamente uero,c he in alcun modo la Dimostratione dello Autore del Parere sia falsa; “perche ci apporti (cosi dice questo [[Artusi]] [Usarti. Add. supra lin.]) due sorti di Tuonj, l'uno maggior dell'altro, et ambiduj differenti dal Sesquiottauo [[;]] (Di che poco stante ragionarassi.) Oltra di questo (segu'Ei quando l'Autor del Parere ci uuole constituire questo Colore nelle quattro Corde, la maggiore è di quattro parti, e rende il suono graue, et la minore, che è di trè ci fà sentire il suono acuto della Diatessaron (questo si oncede) Adunque ci constituisce [constituira ante corr.] (seg'ei) la Diatessaron nella Sesquiterza proportione (e questo anco si ammette) se alla Sesquiterza (soggiung'Ei pur) uogliamo aggiungere per hauer la sesquialtera (oh, questo si nega) forma della Diapente, l'Uno de' Tuonj da luj descrittj, senza dubbio non sarà [uera add. supra lin. ] mà falsissima:” Anzi senza dubio, dico io, ella sarà [- 56-] [[[-54- ante corr.]]] non solamente uera: ma uerissima; Imperoche aggiungendosi alla Diatessaron un Tuono de' ddescritti dallo Autore del Parere, se le aggiungerà per hauere non una Diapente sesquialtera: Ma una [Diapente, add. supra lin.] un Pentecordo, ouero, [una add. supra lin.] Quinta di quella Forma, et proportione qual'ella sarà. Si come chiaramente si uede auuenire nel Cromatico Didimico usato per ispessamento del Diatonico incitato di Tolomeo, che uolendosi, da Cfaut in Pentecordo, ò Diapente uerso lo acuto se le dà, non potendosele dare altro, lo E fa ut, diesato # ò come si dice solleuate; Il qual Pentecordo ò Diapente, se ben per ciò non è di proportione sesquialtera ma supersettepartientediciottecima, et minoredellSesquialtera per un Semituono grandissimo da 27. à 25. non resta per ciò [di essere add. supra lin.] Diapente, e Pentecordo, e Quinta ò composta, od incomposta, ch'ella si uoglia, Si come uolendosi la Quinta di Cfaut, diesato # uerso lo acuto nonsi può darli altra, che alamire; Onde per contrario ella sia di proportione maggiore della sesquialtera per un Semituono maggiore sesquiquindicesimo, et cosi uno Interuallo di Sesta minore diatonica incitata di Tolomeo, di proportione supertripartientecinque [supertripartientequinta ante corr.], ciò è, da 8 à 5. Segu'egli anchora poi. “Et pure per passare dalla Quarta alla Quinta, non ui si può passare con altro mezo, che con il Tuono: ma l'aggiunta dell'uno non arriua, et quella ddell'altro la trapassa, come fa anchora il Ditono, e'l Semiditono, che gionti insieme trapassano la Sesquialtera: ma uedasi quanto ingannato si sia da cose apparenti l'Autore. [Bottrigari, Aletelogia 56; text: 4, 3, 19, 17, 76, 51, 15, 68, 45] Dalla somma di uno de' Tuonj assignatoci dallo Autore con la Diatessaron per hauerne la Diapente ne uiene la super23partientequarantacinque, et dall'altro la super25partiente51. ne terminj radicali.” Hor uedasi, Benigni, e Sinceri Lettorj, chi si rimanga [[lo]] in cose apparenti lo ingannato, ò lo Autore ((poiche lo Artusi non dichiara di quale Autore intenda) del Parere, ò lo Autore delle [di ante corr.] Inconsiderationj. “Non si può, dice lo Artusi, passare dalla Quarta alla Quinta con altro mezo checo'l Tuono (Concedesi nel Diatonico solamente.) Ma l'aggiunta (seg'Ei) dell'uno non arriua, et quella dell'altro la trapassa.” Uolendo Ei forse per quello, che ha sopradetto, inferire, che lo un Tuono sia il superbipartientediciasette; che giunto alla Sesquiterza la loro somma sia di proportione minore della Sesquialtera: E che lo altro, ciò è, il superbipartiente15. sommato con la Sesquiterza [-55-; recte -57-] la sua proportione sia maggiore della Sesquialtera come appare in essa Dimostratione: Ma chi ha maj detto, et chi ha maj insegnato à questo Artusi il cosi fare? Tolomeo, potrebb'Ei rispondere: Ma da luj non per ciò bene inteso; Imperoche hauendo Tolomeo costituito tale questo primo Tetracordo Aristossenico tra' due terminj 120. et 90. in proportione sesquiterza, et trà quej posto per li due termini mezanj il 114. et il 102. ciò è, il 114. per lo mezo Tuono in distantia [da 120. add. supra lin.] di 6. particelle Et il 102. per li due Tuonj ciascuno in distantia eguale di 12. particelle [lo uno da esso 114. [[Et lo altro]] [uerso add. supra lin.] graue, e lo altro da 90. uerso lo acuto, add. supra lin.] per impire il Sistema ottocordo, si com'egli haueua fatto tutti quegli altri , procedendo per lo Tuono della Duisione da luj supposto sesquiottauo pose appresso il 90. l'80. Et à quello sopraggiunse il Tetracordo acuto: e lo formò delle medesime proportioni del primo graue, cosi terminantolo nel 60. il quale essendo co'l 120. in proportione dupla uiene ad essere per la Diapason: et co'l 90. per la Diapente in proportione sesquialtera, et con l'80. In proportione sesquiterza per la Diatezzaron. De' due [duej ante corr.] numerj poi tramezi pose lo uno più graue 16. cosi formando come prima la proportione sesquidicianouesima per lo Semtuono et lo altro più acuto pose 6. per le due proportioni 19. à 17. di un Tuono, et 17. à 15. dello altro; Onde trà tutti uenga ad esser sempre la Diapente di proportione seesquialtera. Ma non già maj la Diatessaron di proportione Sesquiterza, eccetto le due principali trà 120. et 90. Et trà 80. et 60. Cosi dunque uolendosi ad imitatione di Tolomeo procedere al compimento della intiera Diapason per lo Tetracordo congiunto Hyperboleon formato dalle medesime proportionei 20. 19. 17. 15. ponerassi 57. appresso 60. per lo Semituono sesqui19eicmo: et seguentemente 51: per lo Tetracordo congiunto Hyperboleon formato dalle medesime proportioni 20. 19. 17. 15. ponerassi 57. appresso 60. per lo Semituono sesqui49ecimo: et seguentemente 51. per lo un Tuono superbipartientediciasettecimo: poi 45. per lo altro Tuono superbipartientequindecesimo: [superbipartientequinteci ante corr.] Finalmente 40. per lo compimento della Diapason, et insieme per uno altro Tuono della Disgiuntione in proportione sesquiottaua. In questo modo adunque ha lo Artusi tutto sonnacchioso anchora proceduto ponendo nella sua Dimostratione il 4. et 3. primieramente per li due rimanenti numeri [termini ante corr.] 76. et 57. ciò è, per lo 76. il 4. et per lo 57. il 3. forma della Diatessaron sesquiterza trà essi 76. et 57. poi giungendo à quella il 51. per lo un Tuono superbipartiente17. Onde trà essi termini 76. et 51. si trouj per una Diapente la proportione da 76. à 51. la quale è la medesima della [-58-] già da luj fatta Somma del Ditono superbipartiente15. et del Semiditono superbipartiente17. Posti seguentemente lo uno sopra lo altro: si come lo ut, mi, sol, di c, e, g. Poi riponendo essi 4. et 3. per li due numeri 68. et 51. ciò è, per lo 68. il 4. e per lo 51. il 3. forma della Diatessaron sesquitertia trà essi 68. et 51. Et à quelli giungendo poi il 45. per lo altro Tuono superbipartiente 15. Onde trà dettj terminj si triui essa proportione da 68. à 45. come lo dimostrato di esso Artusi per l'altra Diapente cosi composta di una Diatessaron sequentemente, et di un Tuono, come la re, sol, la di d, g, a; li quali perche sia cosi di maggiore proportione della Sesquialtera uada questo Artusi ad intenderlo dello stesso Tolomeo. Et quando Ei non gliene renda la ragione; che à luj piaccia, usi la sua grande autorità: e li faccia lo Scherzo; che merita il suo poco sapere. Dirò bene io, che lo Artusi perseuerando nel suo esser sonnacchioso, dice, ch'essa Diapente trapassa la Sesquialtera si come fà anchora il Ditono, e'l Semiditono, che giunti insieme trapassano quella: Non si raccordando di hauer poco prima detto, ch'essi (com'è uero) non la reintegrano. Co'l simile Sistema ottocordo poteuasi anche procedere giunto ad esso Tetracordo 90. 102. 114. 120. unò altro Tetracordo più graue formato dalle medesimeproportioni 120. 136. 152. 160. che sarebbe in Ottaua di esso 60. 68. 76. 80. Et dire, che'l 4. et il 3. posti dallo Artusi fusse per la Diatessaron 152. et 114. Et il 19. et il 17 per lo Tuono 114. et 102. Oouero ch'essj 4, et 3. fussero per la Diatessaron 136, et 102. Et il 17. et il 15. fusse per lo Tuono 102. et 90. Et in questo Sistema ottocordo cosi costituito di tue Tetracordi congiunti formati con le proportioni medesime t per suo fine co'l Tuono sesquiottauo, delle cinque Diatessaron tutte uengono ad esser giustamente sesquiterze, Eccetto la ultima trà 114. et 80. ouero trà 57. et 40. la qual'è maggiore alquanto: Ma delle quattro Diapente niuna è Sesquialtera fuorche la ultima trà 120, et80. Ouero trà 60. et 40. Uera dunque [adunque ante corr.] et non falsa essendo cosi la Dimostratione fatta dallo Autore del Parere False, e non uere per ciò sono le oppositionj, et le contradittionj fatte dallo Autore delle Inconsiderationj. In cosi apparenti, chiare, et euidenti intendo io, e non che paiono, come pur intende questo Artusi, non si è dunque ingannato lo Autore del Parere Icose apparenti, chiare, et euidenti, replico [-59-] io, si è dunque grandemente ingannato lo Autore delle Inconsiderationj Artusi; Il quale pur seguendo dice. “Lo errore istesso nasce per la diuersità de' Tuoni, che nascono per lo accorciamento delle particelle le quali in modo alcuno non possono dare l'Essatto di quanto si certa; però si uede, che se dalla Corda più acuta della Diatessaron diuisa in particelle nel modo, che l'Autor del Parere ne insegna, sarà accorciata di dodici particelle accio con la più graue, che si troua esser di 120. ci facci sentire la Diapente, hauremo in suo luogo una proportione di super7partiente13. Interuallo maggiore della Sesquialtera.” Questa ineguale proportione de' due Tuonj detta diuersità dallo Artusi, à luj spiace tanto, ch'Ei pur replica, che da luj nasce lo stesso Errore. E chi dubita che dalle istesse cause non nascano i medesimj effetti? Ma se questi due Tuonj d'ineguale proportione descritti dallo Autore del Parere gli siaccino tanto, quanto più gli spiaceranno i trè di proportione ineguale posti da Tolomeo nella medesima Descrittione di questo Sistema Aristossenico ottocordo? Egli in quella oltre esso Tuono della Diuisione in questo modo 114. 102. 90. 80. Ne ha risguardo, che la proportione trà 114. et 80. Interuallo di Tetracordo sia poi maggiore della Sesquiterza. “E questo (soggiunge l'Artusi) nasce per lo accorciamento delle particelle le quali non possono in modo alcuno dare lo esatto di quanto si ricerca (parlare risoluto da buon filosofo) Et però (soggiungendone Ei la proua) si uede, che se della Corda piu acuta della Diatessaron (potrei, se io uolessi, andar cauillando con addimandarli quale Corda questa si fusse più acuta della Diatessaron: ma uolendo io intenderlo (come si dice, et come bisogna intenderlo sempre per discretione [discrettione ante corr.], ciò è dunque la segnata 90.) sarà accorciata di 12 particelle (ond'ella resti 78.) acciò con la più graue; che si troua esser di 120. ci facci sentire la Diapente, hauremo in suo luogo una proportione di super7partiente13. Interuallo maggiore della Sesquialtera.” Fatto questo accorciamento udirebbesi ueramente la Diapente, ciò è, il Penticordo, Interuallo di Quinta, et di proportione supersettepartiente13. ciò è, da 20. à 13. et non altra in suo luogo: Ma che strano paragone è questo di una Diapente; che [-60-] è Interuallo ad una proportione? Ella è una delle solite Melonaginj; che sò, et uuò dire io. E se questo Interualli di Diapente fusse poi di maggior proportione, com'Ei ueramente sarebbe, e dice lo Artusi, et è stato confirmato, della Sesquialtera, io non sò, come ho già detto altra uolta, quello; ch'esso Artusi uoglia, che importi. Fatta dallo Artusi questa proua dello Accorciamento, uuol'egli anche far quella dello Allungamento della Corda; E per ciò segue dicendo. “Similmente se alla Corda graue, che si troua da luj partita in 120 particelle sarà (ciò è fusse, ò sarà) aggiunta la quantità di 12. particelle per hauere un Tuono oltra la Diatessaron, per ritrouare una Diapente, non si haurà cotale Interuallo, ma uno che sarà minor di questo, Et dalla proportione super7partiente15. Contenuto.” Et dice il uero; Imperoche allungata essa Corda 120. per 12. particelle Eguali alle altre essa diuerrà 132. in tutto che paragonata à quella di 90. la proportione loro sarà da 22. à 15. minore della sesquialtera per un Sesquiquarantaquattrecimo, ciò è, da 45. à 4. Ma non sarà però, ch'esso Interualo non sia pentecordo, ò Diapente, bench'Ei non sia compiutamente sesquialtro. Et il suo non esser tale, non sò, (come ho deto de gli altri); quello; che questo Artusi uoglia che importi. Ne sò medesimamente, che per ciò si possa conchiudere com'ei dice potersi conchiudere, che “la Dimostratione fatta secondo la mente di Aristossenon non è questa ne là uicino: Ne considerar quanto lo Autor del Parere ferisca di lontano dal Bersaglio, Onde quando Ei si pensj [pensa nate corr.] di dimostrare una cosa, ne dimostra un'altra, che tanto conuiene con la intentione di Aristosseno quanto il fuoco co'l ghiaccio.” Bella comparatione, et molto più bella Metafora. Ma non si ricorda questo Usarti, che nella quarta sua Inconsideratione egli ha detto di non esser restato Secretario, nee meno Herede della opinione di Aristosseno. Come uuol dunque egli hora ben giudicare, ne pur considerare se lo Autere del Parere ferisca di lontano dal Bersaglio, et in uece per ciò di una cosa, ne dimostri un'altra; La qual non conuenga con la intenttione di Aristosseno? Segue poi questo Artusi. “Che però accortosi (ciò è, lo Autore del Parere) che cosi fatto Tetracordo insieme con gli altri da luj dimostrati , non erano quellj, che s'hauea (alla Zarlinesca Uenetiana per si era) proposto di dimostrare secondo la mente di Aristosseno [-61-] con lo accorciamento delle particelle nelle linee fatte, accortosi dico degli Inconuenienti infiniti, ch'indi scaturiscono, cercò modo,et uia per rimediare à tal disordine, et al fine non sapendo doue meglio riuoltarsi fece ricorso alla Poetica del signore Patricio.” Uedete, ui prego, Benigni, e sinceri Lettorj, che gagliare Induttionj sono queste. Uuole replicatamente questo artusi, che lo Autore del Parere auuedutosi, che le Dimostrationj da luj fatte de' Tetracordi non conueniuano con la mente di Aristosseno, et gl'Inconuenienti; che da quelli procedono essere infiniti, per rimediarli ricorresse alla Poetica del Patricio. E chi fatto à luj di ciò rapporto? Chi gliele ha confirmato? Ò che sogno, ò che farnetico. Non è forse questa una delle sue solite fintionj? Se fusse uero, che lo Autore del Parere si fusse quueduto della falsità di queste sue Dimostrationi et si fusse accorto di tanti Inconuenienti; che ne seguissero, che gli accadeua far ricorso ad altri per rimediarli? Il rimedio era in suo potere: il soccorso era in sua mano. Lo squarciare di quej fogli scritti soccorreua alle falsità. Lo abbruggiare [[di]] quej fogli scritti rimediaua à tutti quegl'Inconuenienti. Chi necessitò lo Autore del Parere à mandar quello allo Amico suo? Chi lo costrinse? Chi fece à luj forza; Accioch'egli acconsentisse, che di quel suo Parere fusse fatta la publicatione per le stampe? Le Dimostrationj de' Tetracordi Aristossenici fatte dallo Autore del Parere sono tutte buone, tutte uere. Et da quelle non nasce, ne scaturisce Inconueniente alcuno. E per buone, e per uere tutte le conferma esso Autore loro, et del Pparere insieme: marauigliandosi grandemente del molto ardire dello Artusi. Ma supponiamo un poco, che tai Dimostrationj fussero false, et cosi produtricj degl'infiniti Inconuenienti, et he lo Autore loro se ne fusse accorto, e con gran desiderio di rimediare alla falsità loro, alla nequitialoro hauesse mancandoli ogni altro buon rifugio fatto ricorso allo stesso Patricio da luj tanto oltraggiato: Et cosi uediamo quale rimedio sia questo unutoli dalla Poetica di esso Patricio “colà nel settimo Libro doue quando (ò buono) fà la Demostratione de' Colori, dice, Si che risonassero un Semituono, un Tuono, e Tuono.” Oh questo sì, che è un gran rimedio, un gran soccorso, un [-62-] grande [de ante corr.] aiuto simile ueramente à quello [insegnato già già add. supra lin.] da quel nostro buon Cittadino [[insegnato]] al Papa per debellare affatto affatto il gran Turco. Sò, che sì, che per questo si sarebbe ridutta à uerità la falsità, et gl'Inconuenienti à Conuenienti: Ma uolete uoj meglio? “È ben uero (segue Costuj) che si è uergognato di adoprare, e seruirsi delle istesse parole del Patricio: ma sono le istesse n senso.” Gran cosa per certo la di Costuj. Che ad ogni quattro parole Ei uoglia, che lo Autore del Parere si uergognj; che non ha di che uergognarsi: Et Ei; che di ogni sua parola; che non è senon si Calunnia, et d'ingiuria si dourebbe uergognare, non si uergogna punto. Dice, che le parole dello Autore del Parere sono le istesse del Patricio nel Senso. Et dice, che sono queste. “Et insomma tale accorciamento loro accidentale douer'esser rispetto alla diuersità del Suono, et non rispetto alla totale primiera lunghezza, et quantità della Corda proposta.” Pare hora à uoj, Benigni, et sinceri Lettori, che le parole dello Autore del Parere conuengano nel senso con quelle del Patricio? Niuno altro, che lo Artusi; il quale fusse huomo, direbbe queste sciocchezze, queste fandonie: Ma non per tanto, com'Ei per uno de' suoj bei mottj dice allegandone lo Autore nella sua duodecima Inconsideratione a carta 42. la non starà quj'; Percioche Ei soggiunge. “Talche secondo questo huomo, ò bell'humore, potiamo dimostrare qual Tetracordo ci piace, che habbi gli Interuallj lunghi, ò corti, non essendo questo di molto rilieuo à luj, che ad ogni modo con l'aggiunta di questo accorciamento fatto rispettto al Suono, saranno accomodate tutte le chimere, da qual si uoglia intelletto fabricato.” Cosi più chiaramente si conosce ognhora quanto questo Spirito della contradittine, Epiteto ueramente à luj conueneuolissimo se ben'egli al solito suo lo attribuisce ingiustamente allo Autore del Parere nella seconda Inconsideratione carta 4. et allo Accademico Ottuso nelle Imperfettioni à carta 13. si diletti dare alle parole de' luoghi da luj addutti intelligentie e sentimenti fuore di ogn'intentione degli Scrittorj, et particolarmente dello Autore del Parere; Il quale in questo luogo addutto da Costuj non hhebbe maj mente, ne pensiero, che le sue parole chiaramente scritte hauessero da essere da [[luj]] [Costuj add. supra lin.] interpretate, et dato loro senso tale, e tanto contrario alla chiarezza loro; la quale deriua dalle molte parole antecedenti à queste nello istesso [- 63-] Parere: et in gran parte di può conoscere dalla parola, tale aggiunta, e precedente alla [parola add. supra lin.] accorciamento. Queste sono parole finalmente dette per dichiaratione di quanto è stato effettualmente dimostrato in esso Parere dallo Autore suo; Et per ciò si leggono nella din dine di quello à carta 46. Et io quj' le recito, come iuj appunto [esse add. supra lin.] stanno: et sono queste. “Restamj per intiera conchiusione di questo mio Ragionamento faruj auuertito, ch'essendosi più uolte detto la una Corda duer'esser più corta dell'altra, come per essempio, la Corda AO. Della Corda AB. Ouer la Corda AP. Della AO. Et essendosi anco prima detto, et posto ne gli uniuersali auuertimenti, che tutte le Corde debbono sempre esser di una eguale lunghezza, et di uno istesso suono, che ciò non si tenga per contrarietade, od implicamento di parole: ma s'intende ueramente douer'essere tali la unisonantia, et al egual lunghezza di esse Corde; Et per ciò tutt'essere segnate sempre ne' loro estremj A.B. E tengasi, che lo accorciamento; che si haurà da fare, si faccia co'l mezo di uno Scannello, ò ponticello, com'è stato auuuertito, e datone dottrina di Ammaestramento cosi da esso Euclide, come da Tolomeo.” Per ristretta dichiaratione delle quaj parole tutte soggiunge esso Autore del Parere subito. “Et insomma tale accorciamento loro accidentale douer'esser rispetto alla diuersità del Suono, et non rispetto alla total primiera lunghezza, et quantità della Corda proposta.” E cosi le riferisce intieramente ma con al poca sua solita fideltà, come ho già disopra notato, esso Artusi à carta 17. nella sua Inconsideratione con queste altre appresso; le quali sono loro conseguenti per maggior dichiaratione. “Percioche ciascuna di queste, et di tutte le altre uarietà di suono, che distingua, ed intenda, ò non intenda, ò non distingua l'udito, si può (come si è ueduto) hauere per una sola Corda, e Stromento; per ciò detto Monocordo.” À maggior dichiaratione delle quaj parole soggiungo hora io, et di mente di esso Autore del Parere che la diuersità del Suono si dei quj', si come collà in esso Parere intendere per l'attuale, et non in astratto imaginata diuersità de gli Interualli particolarmente ett effettualmente descritti pertinenti alle diuerse specie delle Distributionj de' Tetracordi Aristossenici. E cosi resta ueramente uero, che questa è quella uera Dimostratione soggiungerei forse anche io, com'Ei soggiunge, “Quella tanto singolare [-64-] Annotatione fatta sopra le parole di Euclide, se io sapessi quale ella si sia. Ma dicendo Ei, non più inuentata, ne da alcuno altro dimostrata se non da luj,” mi uado imaginando, che per leggersi à carta 36. di esso Patricio Parere queste parole. “Poiche sconueneuole, ò noioso à luj (ciò è al Patricop) non parue il far cosi lunga digressione per uoler solamente forse dimostrare cosa da altrij in publica Scrittura non dimostrata, h'io sapia, fin'ad hora fuorche da me nella sudetta mia Traduttione in parlare italiano di essa breue Istitutione musicale et Elementi armonici di Euclide per dichiaratione di quel luogo delle Distributionj Aristosseniche nel modo, et forma, che quj' presso mi sono deliberato di uolere anco ponere.” habbia uoluto con la sua solita mente intendere, et con la consueta sua lingua, ò penna sponere queste [dette add. supra lin.] parole; E per ciò soggiunga. “Et dice il uero, che fin hora perla difficoltà sua, non è stato huomo per eccellente, et dotto, che sia, ò sia stato, che gli habbia dato l'animo di far proua, et dare al Mondo cosi fatta Chimera, conoscendo, ch'egli è proprio un gittare il tempo, scriuer nell'Acqua, et annouerar l'arena.” Che ui dico io, Benigni, e sinceri Lettori, non ui si può già con le manj, ne anche con le Scale arriuare. À Tolomeo, al Galileo, al Zarlino, huominj dotti, et Eccellenti conoscendo essj, che non era un gettar uia il tempo, ne uno Scriuere nell'acqua, e meno annouerar l'arena è dato lo animo di far questa proua, e dare al Mondo non una Chimera Artusina: Ma una uera, et certa numerale Descrittione di questi Tetracordi Aristossenicj, come à stanchezza homaj si [[<.]] è detto, et allegato i proprij luoghi ne' Libri loro. Il Caualiere Bottrigaro Autore del Parere (qual'egli è presso ad ognuno cauatone [priuatone ante corr.] però questo Artusi) quel; che tentò di fare il Patricio, ha poi coraggiosamente in somma perfettione effettuato. Non lo crede lo Artusi: non lo uuole intendere à patto alcuno; E per ciò segue. “Ma dicamj questo nuouo Aristosseno, se mi sarà addimandato, se la Demostratione co'l mezo delle proportioni fatta da luj sia uera, ò nò, di mente di Aristosseno, in qual maniera potrò io affirmatiuamente affirmare, che sia uera, se le proportioni che sono le forme de gl'Interuallj, l'una è maggior dell'altra, e frà di loro non ui può esser ugualianza, eet per ciò non possono esser compartite secondo la mente di Aristosseno?” À quest'altra Dimanda fatta dallo [-65-] Artusi sono io certisssimo, ch'Ei non è per hauere à modo alcuno risposta dal nuouo Aristosseno; ch'egli intende per non esser conueniente, ch'Ei gliele dia, et hauendo altre occupationj: Ma li risponderò io con dimandare primieramente à luj, se non essendo Ei, com'egli ha liberamente confessato nella sua quarta Inconsideratione di non esser Secretario, e men herede della Opinione di Aristosseno, come cosi parli Ei di sua mente? forse per ispiratione ampollinea, ò per forse reuelatione boccale. Se cosi è, dicamj chiaramente, com'egl'Intenda, che questa Musica Aristossenica si habbia da effettuare ò per attuale prattica, ò per astratta Specolatione. Saldisi farmamente trà noj questa partita, poi ci parlaremo. Ciò dico; Perciocch'Ei uuole, che si prenda in questa Musica hora in ispirito, hora materialmente. Riprende [riprende ante corr.] hora l'operare in essa per le proportioni numerali rifiutandole, come non conosciute da Aristosseno, ò bandite da luj. Hora abbracciandole, et accarezzandole uuole co'l mezo loro fracassare, disperdere, mandare in ruina quanto altri ha fatto. E per conchiusione Ei uuole in questa Musica Aristosssenica non come suo Amico, e Protettore: Ma come inimico, e distruttore quel; che non è possibile, che sia, ò non è stato sin' ad hora da tanti eccellenti Matematicj trouato, che possa essere; che Interuallj di grandezze eguali in una medesima linea siano contenuti da proportioni eguali. E quando questo impossibile fusse pur ridutto al possibile, mi sarebbe caro, che poi da questo Artusi mifusse mostrato doue, in che luogo de' Libri Armonici di Aristosseno si legga, ch'Ei uoglia, che i Tuoni, e tutti gli altri suoj Interualli musicali habbiano da essere insieme eguali di altra egualità, che della eguale distantia, ò spatio della Corda dallo uno rispetttiuamente allo altro; ciò è, che gli accorciamenti della Corda continenti il Tuono siano sempre di egual grandezza, et quantità trà loro. Et similmente quej de' Semituonj trà loro. Et quej de' Diesis medesimamente trà loro: E per conseguentia et Quarte, et Quinte parimente trà loro dentro ad una intiera Ottaua, ò Diapason: E d'indi poi seguentemente conforme alla grandisslima Eccellentia che trà le proportioni tiene (come habbiam ueduto hauer [[notato]] alquanto imperfettamente notato lo Artusi dir Tolomeo) la proportione dupla, forma di essa Diapason; Onde sia stata fatta dal Caualier Bottrigaro nuoua Elettione (non sò, se fia bisogno, ch'Ei ne impetri da questo Artusi buona licentia, etiam in scriptis, di usarla, [-66-] e di publicarla: Nondimeno nello Antartusi Dialogo noto ad esso Artusi: ma da luj sin'ad hora per mio credere non ueduto, n'è fatto lungo ragionamento) di un numero; che solo egli, et non alro è sufficiente, e proprio à questo effetto; Il qual numero io quj' non segno per esser di luj fatta non solamente, come ho detto, larga mentione: ma compiuta Descrittione insieme con tutte le sue pertinentie, adherentie, et dependentie in esso Dialogo Antartusi. Ma perciò non uuò mancare alla promessa fattali di rispondere à luj; Accioche anco Ei possa in tanto sodisfar di risposta à chi li facesse (che io non lo credo) [[di]] tal proposta. Dicoli adunque che s'ei uorrà affirmatiuamente affirmare, ch'essa Dimostratione fatta co'l mezo delle Proportioni [[di quegl'Interuallj]] [sia uera, add. supra lin.] potrà sicuramente affirmarlo; Anchorache delle Proportioni dij [da ante corr.] quegl'Interuallj [Interuallo ante corr.] la una sia maggiore dell'altra, et che non si possano agguagliare insieme: Che per tutto ciò non restarà ch'ess'Interuallj non siano sempre compartiti secondo la mente di Aristosseno; Imperoche non si legge ne' suoj libri, ch'egli hauesse maj rispetto alcuno alla Egualità di esse Proportioni. Ma si bene alla sola eguale grandezza quantitatiua delle 12. particelle per lo Tuono, et delle 6. delle medesime per lo Semituono. E perch'Ei segue dicendo. “Se affirmar uolessj, che la Demostratione fatta in parti eguali delle linee ò Corde fusse uera:” dico che lo potrà medesimamente con ogni sicurezza fare: Ne haurà da temere, che bench'egli habbia detto, come dice di hauer già detto di mente dello Stapulense, et del Zarlino (“et sono, dic'Ei, Demostrationj dimostrate da loro, che negar non si possono”) questo essere il falso, ch'ei sia in alcun modo falso; Imperoche lo Stapulense non considerò giamaj nella sua Musica alcuno Interuallo Aristossenico: ma solamente nella settima del secondo libro Come Pitagorico parlò della diuisione del tuono fatta da esso Aristosseno. Et il Zarlin come molto amico di luj non sarà per opporseli in alcuna maniera, anzi per douer'essegli in fauore, et aliuto grandissimo descriuendo, come nel primo Capitolo del 4. Libro de' suoj Supplementi alla Terza Spositione luogo da me già sopracitato, esso Tetracordo non solamente conZiffre, ò Caratteri numerali: ma litteralmente ponendo loro appresso, Sesquidecimanona, superbipartientediciasettecima, et supebipartientequindicesima, nel modo istesso che ad imitatione sua dourebbe questo Artusi ricordarsi di hauer fatto dimostrando Ei questo medesimo Tetracordo nella sesta sua [-67-] Inconsideratione. Potrà confidarsi anchora nell'autorità di Tolomeo; il qual descriuendo litteralmente nel Capitolo 14. come ho già detto, frammentato del secondo Libro de gli Armonici il Tetracordo Enarmonico di esso Aristosseno per le distantie quantitatiue di 3. et 3. et 14. particelle Eguali; et appresso quello ponendo lo Eratostenico il qual si uede per esser poi notato nella Tauola uniuersale seguente con gl'istessi numeri, che ueramente egli è, si come lo tengono e'l Galilei et il Zarlino ne' predetti luoghi loro, il medesimo di Aristosseno dice con parole latine del Gogauino et da me soprallegate. In tertia, ciò è, pagella, secundùm Eratosthenem in rationibus 15. ad 19. et sesquitrigesimaoctaua, et sesquitrigesimanona. La onde chiaramente appare il Ditono Aristossenoci essere in proportione superquadripartièntequindicesima, come appunto si ued'essere in questo suo Diatonico incitato. Li dò poi a mia parola di hauerli à dimostrare, quale sia la mente del Zarlino et la conchiusione, ch'Ei ffà di questa Musica Aristossenica: “Ma ò là. Che supraggiunta è questa? Oltreche le sue parole lo conuincono, quando dice (E che dic'EI?) che tale accorciamenteo deu'esser rispetto al suono, et non alla totale lunghezza della linea, ò corda.” Oh, oh, di queste non dubiti punto. Conciosiacosa, che già se gli è mostrato qual sia la chiarezza del uero senso loro, et à che seruono: Ma di gratia, ch'Ei non le replichi sì diffettosamente. Trà, rispetto al suono, manca, la diuersità del. Trà, totale lunghezza, manca, primiera. Trà lunghezza della linea, manca, et quantità. Et dopo corda per fine manca, proposta. Uinca questo Artusi talhora se stesso in questa sua cosi grande imperfettione, et [[uso]] [habito add. supra lin.] uitioso: Et ricordandosi, che à' bugiardi è dato per castigo il non esserloro [esserlo ante corr.] creduta la uerità. Muti il costume, e conchiuda arditamente poi, com'Ei conchiude. “Adununque la Demostratione fatta nelle parti della linea, e nele proportioni è falsa, non: ma uera.” Et à luj cosi non sarà, com'Ei soggiunge, mestiere di ricorrere alla difesa co'l mezo, et auiso del Patricio; Il qual mezo, et auiso è già mostrato essere una uanità, uno Insonnio, uno Aggiramento di ceruello, et un Balordimento di terza, com'ei poco appresso dice con tutte le seguenti ciancie: gran parte delle quaj, come tali, et impertinenti si trapassano: Essendosi anco un'altra loro maggior parte scoperta, et dimostrata infetta di troppo audace, et calunniosa Maladicentia. [-68-] [uiij. add. in marg.] Ma passiamo hoggimaj alla ottaua sua Inconsideratione nella quale Eglj [Ei ante corr.] bugiardamente incomincia dicendo. “Conosciuta la falsità della Demostratione del Colore incitato diatonico [diatonico incitato ante corr.] da questo moderno Aristosseno dimostrato.” Ben si deu'esser conosciuto la falsità delle sciocchezze, delle contradittionj, et della mordacità della lingua di questo [[Artusi]] [Usarti. add. supra lin.] E se fin'ad hora esse non sono state conosciute intieramente, Ei farà ben seguentemente di tal maniera, che saranno conosciute: Ma percioche haurej troppo che fare, se io uolessj andar ripigliando ad una ad una tutte le seguenti sue impertinenti maladicentie, poco anco stimate, come le antecedenti dallo Autore del Parere nuouo Aristosseno; del qual titolo datoli da Costuj benche irronicamente, non si sdegna ne anco punto il Caualier Bottrigaro. Lasciate quelle da lato attenderò solamente alle Contradittionj, et da quelle mi sforzarò sbrigarmj con ogni breuità per non hauere ad essere et à uoj, Benignj, e sinceri Lettori, ed à me stesso insieme con tante Copie, et Repliche di una cosa medesima che mi sarebbe necessario fare, satieuole, et noioso oltramodo. Fatta dunque dallo Artusi una Descrittione del Diatonico molle Aristossenico quasi come [deriuata add. supra lin.] dalla Dimostratione fattane dallo Autore del Parere. Ed è tale. et cosi marginata. [Bottrigari, Aletelogia, 68; text A. B. C. D. 30. 35. 38. 40. Tuono, et Diesis Enarmonico. Semituono. 15. 9. 6. Tetracordo molle Diatonico descritto con le proportionj.] “Come possi esser uera (segu'Ei) la Demostratione di questo Colore con tutti quej tre modi, che ha buluto farci conoscere la passata Diatonica incitata, nella presente Consideratione si uedrà. Imperoche considerando gl'Interuallj de' quali uiene ripiena questa Diatessaron nella longhezza della Corda in parti eguali diuisa, già si è manifestamente la falsità sua fatta conoscere.” Il senso di questa chiusa di parole è tanto inuilluppatamente intricato, che io non sò, se io debba negare, ò affirmare dubitando ueramente se io nego, di negare il uero: e se io affermo di affirmare il falso: pur dirò, che si come si è mentionata la uerità della Dimostratione passata del Tetracordo Diatonico incitato, cosi si manterà non esser falsa questa Dimostratione del Tetracordo Diatonico molle. Hor ueniamone alla proua; Per la quale Ei segue. “Quanto alle proportioni dic'Ei (ciò è lo Autore del Parere) [-69-] che'l secondo Interuallo è di un Diesis Enarmonico et un Semituono di proportione sesquidicianouesima.” Cosi non dice altrimenti à carta 44. del Patricio Parere lo Autore di quello: Ma per dichiaratione della figurata Dimostratione laterale di esso Tetracordo dice cosi. “Et la terza (ciò è, corda mezana mutabile AN. È di 105. particelle eguali per esser più corta della AM. (che è la seconda Corda) [[mezana mutabile]] [per noue particelle add. supra lin.] comprese trà M N. Et per ciò più acuta anco di quella istessa per un Semituono congiunto con un Diesis Enarmonico Interuallo incomposto cosi contenuto dalla proportione supertripartientetrentacinquecima, ciò è, da 38. à 35.” La chiarezza delle quaj parole non può dalle ingarbugliate, et intricate ciancie dello Artusi essere intorbidata. Lo Autore del Parere non auuilluppa nomi d'Interualli con proportioni. Ma dice, che quel secondo Interuallo è di un Semituono et insieme di un Diesis Enarmonico. E non di un Diesis Enarmonico et di un Semituono di proportione da 20. à 19. Et per ciò dicendo questo Artusi seguentemente. “Uedremo, che sommati insieme tali Interualli non siamo per hauere lo Interuallo supertripartiente35. Parla impropriamente et fuore de' termini proposti dallo Autore del Parere. Ma perche (soggiunge questo Artusi) li Diesis Enarmonij sono l'uno dell'altro maggiore cosi dallo Autore dimostrati, ne sapendo qual di loro habbi da esser quello, che congiunto col Semituono, (ò che trascuraggine) ci dìa lo essato di quanto ci notifica, bisognarà fare due operationj per uedere se ritrouare si possi questa uerità.” Non sarebbe stato bisogno allo Artusi far ne queste due, ne tutte le altre seguenti Operationj, s'egli hauesse sapiuto quello; che hora io dirò. La grandezza del Semituono è di 6. particelle sempre maj secondo Aristosseno. Et quella del Diesis Enarmonico per esser la metà del Tuono è medesimamente sempre maid di 3. particelle. Onde sommate insieme le 6. del Semituono con le 3. del Diesis Enarmonico ben fanno in tutto 9. che è per la grandezza di quel secondo Interuallo, et differentia trà la seconda Corda 114. et la terza 105. E perciò la proportione loro è supertripartientetrentacinquecima, com'è stato detto prudentemente dallo Autore del Parere, et non per trascuraggine, come dice questo Usarti; Il qual fatte le due sue Operationj trascuratissimamente non ischisando la seconda [e riducendola add. supra lin.] à 390-361. ma lasciandola ne' numeri maggiori 780-722. dell'altra prima segue dicendo. “Quel Semituono, che accompagnato si troua con il Diesis minore, ci dà un interuallo ne suoj terminj [-70-] radicali contenuto dalla proportione super59partiente800. come si uede 800. 741. (ò che trascuraggine) E pur dourebbe dire super59partiente741. Falsa adunque è la Suppositione, et falsissima la Dimostratione fatta, com'Ei conchiude, da luj non come Ei uorrebbe, che s'intendesse, ciò è, dalo Autore del Parere. Ma da luj, ciò è, come si ha da intendere, dallo Artusi; Il qual per farsi tenère per diligente, et ottimo Colculoattore fà due altre Operationj doppie; Nella prima delle quali non si è ricordato schisare i numeri della una, et dell'altra moltiplicatione per lo commune loro diuisore 5. et cosi ridurli à 136-117. ne per 3. similmente gli altri due della seconda riducendoli à 221- 190. ma gli ha lasciati ne' primj numeri maggiori 680-585. et 663- 570. È ben uero, ch'Ei poi proferendo qual sia la proportione di questa seconda Operatione dice, ch'Ei ci dà lo Interuallo contenuto dalla proportione super21partiente190. Et haurebbe da dire super31partiente190. Ma sò, ch'Ei uorrà, che ciò passi sopra le spalle dello Stampatore per una sua quasi protesta già fattane à carta 12. delle sue Imperfettioni. Uagliali, Ammettasegli la Scusa: Ma non li uaglia già, ne se gli ammetta, che la Dimostratione fatta dallo Autore del Parere sia falsa: Et che da quello sia stato [stata ante corr.] mal detto, che quel secondo Interuallo sia di un Semituono et di un Diesis Enarmonico congiunt'insieme: Et che la proportine di quello sia altra, che la supertripartièntetrentacinquecima; La quale anco il Zarlino pone tale nella sopradetta sua Dimostratione di questo Tetracordo Diatonico molle alla quarta Sositione nel Capitolo primo del quarto libro de' suoj Supplementi carta 113. copiata dallo Artusi quanto à' numeri 40. 38. 35. 30. Et s'egli ha per tanto mal detto, che quel secondo Interualli sia della quantità di un Semituono Et di un Dieesis Enarmonico per quanto peggio dourebb'essere appresso luj lo essere stato detto dallo Autore del Parere che'l seguente terzo Interuallo sia della quantità di un Tuono, et medesimamente di unDiesis Enarmonico congiunto insieme; Onde la sua grandezza uenga ad esser di quindici particelle Et appena Ei ne fàccia mentione? Ma uedasi, se è cosi mal detto. Tolomeo nella fine del 12. Capitolo del primo libro de' suoj Armonici descriuendo gli altri Colorj dice di questo Diatonico molle latinamente cosi. In reliquis iam, et non spissis Generibus duobus sequens (ciò è, graue) in amborum Interuallis seruat itidem Semitonij: Deinceps, siue Medium in molle Diatonico Semissis, et Quadrantis Toni: Praecedens [-71-] (ciò è, acuta) unius, et Quadrantis. Boethio dice anchora Ei nel Capitolo 15. del 5. libro della sua Musica. Et mollis quidem Diatonici diuisio est hoc modo 12. 18. 30. Ut duodecim Semitonium sit, decem, et octo Semitonium, et quarta pars Tonj. 30. uerò, quod reliquum est, et cetera. Et il Galileo neella sua Dimostratione di questo medesimo Tetracordo Diatonico molle à carta 108. del suo Dialogo dice, ch;esso Interuallo secondo è della Quantittà di 3. Diesis Enarmonici. Et quello del terzo è di cinque de' medesimo Diesis: si come anche latinamente afferma Euclide nella sua Isagoge armonica replicatamente descriuendo i Colori, ouero Diuisioni de' Generi Color mollis Diatonicus canitur per semitonium, et per Interuallum simplex trium Diesium, et per aliud Interuallum simplex quinque Diesium; Delle quaj parole le due sole, et replicate, Interuallum simplex dichiarano anco poi benissimo quello, che uuole, che [[sia inteso]] [s'intenda add. supra lin.] lo Autere del Parere dicendo Interuallo incomposto; il che non fanno le seguenti tante dello Artusi contentise trà loro medesime. Et cosi non conciudenti altro, che quello, che è falso, sia uero: Et quello; che è uero sia falso> Ma se lo Artusi allegando le parole altruj non allega, come appunto si leggono essere state scritte da' proprij Autorj, che marauiglia à noj deu'esssere, poiche allegando Ei le sue proprie non le allega, come esso appunto le ha [[fatte in]] [poste in add. supra lin.] stampa? Nel principio della seguente nona sua Inconsideratione [Nona add.in marg.] uolendo ei mostrare quanto grande sia la sua ingenuità: quanta la sua modestia: quanta la gratitudine; con qual rispetto Ei proceda, dice. “Quando nel Libro già da me composto, et dato alle stampe, il cuj Titolo è l'Artusi, ouero, delle Imperfettionj della moderna Musica Ragionamenti duj [due ante corr.]. Ne' quali, et cetera.” Si che intendete, Benigni, e Sinceri Lettorj, Questa parte dello allegare alteratamente che come difetto quasi naturale, ò habito di molti anni si ha da scusare, et maggiormente per quel bischizzare del suo cognome imparato dal dottissimo et Eloquentissimo Enrico Puteano: Arte, et Usu, ch'Ei pose in quej suoj uersi latinj al Cardinale Arigone in laude [et ne primi fogli add. supra lin.] di quel libro. Quanto all'altra, Ei segue cosi. “Dissi quello, che mi parea intorno ad alcunj Passaggi da Certi modernj Compositori usati (Ecco la ingenuità) senza nominare alcuno (Ecco [-72-] la Modestia) non parendomj cosa ciuile cercare nominatamente d'offendere quellj che non offendono ne danno occasione d'offendere alcuno (ecco il rispetto) tutto dissi solo per modo di speculare il uero, et à fin che gli Autori di simili spropositi accorgendosi dell'Errore, come ragioneuoli se pur di cosi fatte ragioni erano capaci, et intelligenti s'acquetassero.” Ma chi gli addimandasse, come à luj si appartenga, che autoritad'egli habbia di fare il Censore publico, che risponderebbe? Del non nominare alcuno: s'Ei non lo nomina (che pur anche ne nomina alcunj) co'l proprio nome, ò cognome loro li descriue con Titoli delle Compositionj loro tali, et con sopranomj tali, che ciascuno; che quej conosce, conosce, ch'Ei di quegliintende, et di quej uuol'essere inteso. Quanto al parerlicosa inciuile cercar nominatamente offender quej; che non offendono, et nondanno occasione di offendere alcuno: Dico, et affermo on solamente esser ciò costume inciuile: ma barbaro anco l'offendere innominatamente gl'Innocenti. Oltra di questo, ch'Ei cosi dicendo confessa di conoscere chiaramente di fare offesa: E pur dourebbe certamente sapere, che non si deue scientemente in qual si sia modo offendere alcuno. Del rimanente di questa Nona Inconsideratione lascio, come debbo, che l'Ottuso accademico, come quello, à cuj tutto spetta, et appartiene, et come quello; che molto sà, etmolto piò, con la prudentia et co'l ualore suo si opponga, et rintuzzj la infinita, et inestimabile audacia, e arrogantia di questo huomo di se stesso tanto presumitore, che li dà lo animo di poter far, che gli altri soggiacciano alle sue leggi, et [[egli]] [lui add. supra lin.] esser libero di fare ciò che li pare, e piace. Ne ciò dico sognandomj: Ma con l'autorità della sua propria confessione [[con]] [per add. supra lin.] le parole; che si leggono à carta 12. della seconda Parte delle sue Imperfettioni. Le quali io quj' pur ui [[replico]] [recito. add. supra lin.] “Nelle mie Canzonette à 4. uoci sono occorsi alcuni errori di stampa: et altri n'ho fatto io à gusto mio. Poi dieci, ò 15. parole più oltre. Gli huominj in questa scientia giuditiosi, s'accorgeranno del mio Ragionamento, et dalle cose, che in cosi fatto negotio io ho detto, quali saranno le cose occorse per errore di Stampa, et quali à mio gusto ho fatto io.” E cosi stà la cosa. e cosi appunto auuiene. Recita poi questo Artusi nel principio della sua decima Inconsideratione [Decima add. in marg.] fatto però prima un poco di Proemietto, le parole dello Autore del Parere à carta 43. Ma non è stato possibile, che passino senza la solita Marca di alteratione [-73-] Artusina; Conciosiacosache di queste tre parole, trà la detta, ui è nel mezo quel segno di Caso, La, per aggiunta: Et, cosi contiene: uuol dire, cosi continente. Poi trà la quarta estrema, manca, et: Similmente trà, essere anchora, manca, la medesima: Finalmente, de gl'Harmonicj, in uece di quel, gl', si ha da legger, suoj. Per errore di stampa poi si potrebbe ammettere, che fusse quel Tomeo; che è posto appresso, Colore cromatico: Ma la replica; che due reghi più sotto ne uieen fatta, et parimente nella quarta sotto la seguente Dimostratione lineare, et anco annotatione nella Margine, et sin nella Tauola alla parola Genere, uuole, che per ogni modo si metta per errore d'Ignorantia, poiche Tonieo, et non Tomeo dourebbe dirsi. Fatta adunque essa Dimostratine linerare di questo Tetracordo Tonieo Aristossenico ad imitatione di quello dello Autore del Parere nella margine à carta 43. soggiunge. “Sono tante le impertinentie, che nascono dalla Constitutione, ò Demostratione di questo Colore fatta in questa maniera, che io resto, come fuor di me stesso.” Anzj certamente dico, et credo io: non per impertinentie; che nascano da tale Dimostratione, che niuna ne nasce: Ma per imperfettione mentale sua propria. Et per ciò segua [segue ante corr.]. “Dice per il primo Errore l'Autore. Questo colore si chiama Tomeo, perche contiene in se un Tuono composto di due Semituoni.” E per incominciare à dimostrare questo primo errore secondo il suo Ceruello, soggiunge. “Se questo Colore per le sue Corde procede per Semituono, Semituono, et Semiditono, ò Trihemituono, come dice luj.” Doue si troua questo Tuono composto di due Semituonj? Trouasi, rispondo io trà B. 120. principio del primo et più graue semituono, hora da noj supposto cosi, Hypatemeson, et D. 108. fine del secondo et più acuto Semituono supposto cosi, Licanos Meson: si come si conosce esser la Suppositione fattane da Tolomeo nella quarta Colonna della Tauola de' Cromatici nel secondo libro de suoj Armonici Ouero, come dal Zarlino indetto Capitolo secondo del quarto libro de' suoj Supplementi nella Dimostratione della quarta Specie Hypatehypaton, et Licanoshypaton; E per ciò non sia stato commesso errore dallo Autore del Parere hauendo Ei detto, che questo Colore cromatico sichiama Tonieo; Imperoch'Ei contiene in luj un Tuono composto di de Semituonj: E maggiormente che Euclide nella sua Isagoge armonica descriuendo questo Tetracordo [cromatico add. supra lin.] Tonieo [[Diatonico]] dice per parole latine del Penna. Toniaeum enim [- 74-] Chroma uocatur à Tono; qui in eo est per compositionem: Ma di ciò non contento questo Artusi segue. “Quando si dice una cosa esser composta, s'intende; che siano due, ò più cose insieme, talmente poste, che di due, ò piu, che sono separate se ne facci una sola, et non che di una fattone due s'habbi da dire composta. In questo Colore, del Tuono si fà due due Semituonj, Et per cio douea dire diuiso, et non composto, et haurebbbe detto bene.” Se hauesse detto cosi lo Autore del Parere Egli haurebbe detto malissimo: Et se non per altro; perche lo [Artusi add. supra lin.] delle Imperfettionj, et delle Inconsideratini lo dice: Ma lo Autore del Parere dice bene, dicendo, com'Ei dice, et se non per altro, perche Euclide lo ha detto non solamente nel luogo sopracitato: ma prima alquanto trattando del Tuono con queste parole latinee del Pena. Item Tonus in Chromate quidem compositum est: in Diatonico autem simplex E poi non ha Ei tanta memoria, che si ricordi di hauer quattro, ò cinque reghe di sopra detto, che “qusto Colore per le sue Corde procede per Semituono Semituono et Semiditono? Et di hauere insieme addimandato, Doue per ciò si trouj questo Tuono composto di due Semituoni? Et di hauere anco soggiunto, Che quando si dice una cosa esser composta, s'intende, che siano due, ò più cose insieme talmente poste, che di due, ò di più, che sono separate, se ne facci una sola?” I due Semituonj sono le due cose separate; che poste insieme compongono la una sola; che è il Tuono. In questo Colore come si fà del Tuono due Semituonj? se in luj non si troua naturalmente maj Tuono Semplice, eccetto quello della Diuisione, ò per salto accidentale, com'è stato detto, trà la Hypate, et la Licanos, Et trà la Mese, et la Tritediezeugmenon, ò diciam, trà [sqb] mj, et Cfaut, # solleuato: Et trà Elamj, et Ffaut # diesato: E trà alamire, et [sqb] mi, acuto: Et essendo [che (si add. supra lin.] come dice Euclide) nella sua Isagoge Toniaeum Chroma eodemColore utitur; quo Genus ipsum Chromaticum. Canitur enim per Semitonium, Semitonium, et Trihemitonium. Doue ha questa specolatiua Talpa Ei ueduto, che “per sua buona sorte dice (et queste seguentemente sono parole prorpie dello Artusi) le cose al contrario di quello; che sono:” Che alcuno Scrittore; il quale descriua questo Tetracordo Tonieo, dica, che si hhabbia da diuidere il Tuono in due Semituonj per fare i due suoj primi Interualli? Il Galileo non lo dice. Non lo dice il [-75-] Zarlino meno è credibile, che Tolomeo lo possa hauer detto in quel suo 14. Capitolo frammentato del secondo Libro de gli Armonici. Che alcuno altro di quej Musici antichi lo habbia detto non lo credo, si come sono certo, che non lo ha ne anco detto Boethio, Poich'Ei nel Capitolo 15. del 5. libro della sua Musica dice. Item Chromatis Toniei talis secundùm Aristoxenum partitio est 12. 12. 36. Scilicet ut in duobus Interuallis singula Semitonia constituat: Et quod reliquum est in ultimo. “Uedete, s'è possibile (soggiung'Ei) potere intendere le cose per il suo uerso. Seguita, et dice (ciò è, lo utore del Parere) che l'ultimo Interuallo di questo Colore era da gli Antichi detto Trihemituono, et da Modernj Semiditono. Non ha da fare questo con quello: Il moderno è consonante, l'Antico è dissonante, il moderno è contenuto da una proportione il Trihemituono da un'altra diuersa.” Egli è pur. Benigni, e sinceri Lettorj, un dolcissimo piacere il uedere, che quando uno si crede parlare de gli altruj diffetti, scuopra, et chiaramente manifesti i suoj proprij mancamenti. Lo Autore del Parere per hauer detto, non come riferisce questo Artusi conforme al solito suo: Ma cosi. “Ha poscia questa Specie l'altro Interualli incomposto; il qual'è di 18 particelle ouer'Oncie, et cosi continente in se un Tuono, e mezo da gli Antichi detto Trihemituono, et da' Modernj Semiditono.” del certo scoprirà la sua molta ingnorantia dicendo Ei, che non ha da fare questo con quello, ciò è, (dirò primieramente poiche'l dir suo non è chiaro) il Trihemituono de gli Antichi co'l Trihemituono de' Modernj: Et questo per due sue ragionj; la una delle quali è, che'l Moderno è consonante, et lo Antico è dissonante. E questo, che monta? Lo Autore del Parere dice, che quello Interuallo per contenere in luj incompostamente un Tuono, e mezo era da gli Antichi detto Trihemituono, et da' Modernj è detto, Semiditono: ne dice, che quello sia ne antico, ne moderno, ne consonante, ne disonante; oltreche per la mutatione del nome ad una cosa ella non resta di essere la stessa cosa. Che nouità, ò difficultade apporta poi il nominare Trihemituono, ò Semiditono quello Interuallo di un Tuono, e mezo? Il Zarlino benche à luj sia questo Artusi tanto Amico [li add. supra lin.] proferisce non dimeno come maggiormente amico del uero la sentenz contra dicendo [-76-] nella terza Diffinitione del quarto Ragionamento delle sue Dimostrationi armoniche che “in questo gemere si può passare, cantando dalla prima Corda alla terza per Salto; Percioche si fà lo interuallo del Semiditono, ò Trihemituono. Et nella quarta Diffinitione dello istesso Ragionamento Et per un Semiditono, ò Trihemituono. Et prima hauendo detto nella duodecima Diffinitione del secondo Ragionamento pertinente al Semiditono, cosi. Questo Interuallo è stato da molti nominato diuersamente; Imperoche Alcunj l’hanno chiamato Sesquituono, quasi uolendo dirlo di un Tuono, e mezo: Altri l’hanno detto Triemituono, ò Trisemituono [Trisemittono ante corr.] hauendo consideratione, che serue al Genere Cromatico, quando è pigliato senza ueruna Corda mezana. Ma non istiamo hora sopra la Consideratione de’ nomj, noi lo chiamaremo Semiditono; il qual è la minor Consonanza, che si trouj.” Et egli ha detto, non istiamo hora sopra la consideratione de’ nomj; Percioch’Ei sapea benissimi, che tal consideratione et disputa de’ nomj appresso i dotti è uanità grandissima. Onde risolutamente disse, noi lo chiamaremo Semiditono. Sesquituono adunque Triemituono, ò Trisemituono, et Semiditono, et anco Terza minore e perfetta, ed imperfetta è stato, et è questo Interuallo nominato. À maggiore sostenimento, per suo credere di questa ragione, segu’Egli alquanto di lontano. “Gli Modernj non considerano più il Semiditono com’Elemento di alcun Genere, di modo che habbi da esser considerato come Interuallo incomposto, et Trihemituono in quel modo, che gl’Antichi faceuano, che in questa maniera considerato ancora il Tuono, e’l Semituono uengono detti Trihemituono. Cosi dice Boetio nel 23 Capitolo del libro primo della sua Musica. Ma lo considerano come Interuallo che sia ripieno di Tuoni, e Semituonj, di modo che non ci è comparatione frà l’uno, et l’altro; E’l nome di uno non serue all’altro, e non è manco lo istesso; altrimente ne seguirebbe, che’l Semituono, et il Tuono, che si dicono ciascuno di loro Trihemituono, come ha detto Boetio fossero lo istesso con il Semiditono, il che non può essere, è un’impossibile.” Se i Modernj non considerano il Semiditono come Elemento di alcun Genere, ne come Interuallo incomposto, etil Trihemituono, come lo considerauano gli Antichi; Ond’Ei considerato in tal moto uenga il Tuono, e’l Semituono detto Trihemituono conforme al detto di Boethio: ma che lo considerino come Interuallo formato di Tuono, et di Semituono: Dirò primieramente, che’l Semidisono per conchiusio de cosi fattone [fattine ante corr.] dallo Artusi [-77-] si uenga ad esser nominato Trihemituono; che è contra quello ch’Ei uorrebbe dire. Poj dirò che se’l Semiditono è considerato da’ Modernj cosi composto di Tuono, et di Semituono segue, ch’Ei sia considerato da loro, come di qualche Genere: E se di qualche Genere (il che è contra al detto d’esso Artusi) è considerato del Genere Diatonico, come il esso Capitolo 23. del primo libro allegato dallo Artusi dice Boethio; Del quale queste sono le proprie parole. Potest autem appellari Trihemitonium in Diatonico Genere Semitonium, ac Tonus: Se non est incompositum. Duobus enim id perficitur Interuallis: Ma che i Modernj oltra di ciò non considerino il Semiditono come di alcun Genere questo Artusi grandemente s’inganna; Conciosiacosa ch’essi lo considerano del Genere Chromatico come semplice Interuallo proprio di quello. Et Boethio nel medesimo Capitolo 23. alquanto prima delle sopradette parole lo afferma dicendo. In Chromate uerò Semitonio, ac Semitonio, incompositoque Trihemitonio posita diuisio est; Id circo autem incompositum hoc Trihemitonium appellamus; Quoniam in uno collocatum est Interuallo. Et il Zarlino già, come è stato detto, ce lo ha conirmato dicendo. Ch’Ei serue al Genere Chromatico quando è pigliato senza ueruna Corda mezana. Cosi dunque è comparatione, anzi conuenientia trà lo uno, et lo altro: Et il nome dello uno serue allo altro: Et è ueramente lo stesso [Et per ciò add. supra lin.] ueramente segue, che’l Tuono, e’l Semituono siano, come dice Boethio, lo stesso co’l Semiditono, si come può essere, et è possibile: Ma non giamaj, che ciascun di loro, ciò è, il Semituono, et il Tuono si dica (come si è lasciato uscur dalla penna, ò che trascuraggine, lo Artusi) Trihemituono. Hora, percioche ho già detto, Che monta, se’l moderno Trihemituono, è (come dice questo Artusi) consonante, et lo antico sia disonante, quasi che ciò si conformj si ben con isprezzatura: dico non di meno à più chiara intelligentia di ciò, Che se’l Trihemituono, ò Semiditono moderno cromatico (che di luj cosi parlandosi, di luj si ha cosi da intendere) è, come ueramente è, consonante, à noi che importa, se’l Trihemituono, ò Semiditono antico Cromatico creduto di Timoteo, sia, come [com’ante corr.] ueramente è dissonante? Ma il Trihemituono, ò Semiditono moderno anchora egli è antico per esser lo stesso di Didimo: Cosi dunque e lo antico, e’l moderno Trihemituono uiene ad esser consonante: Questo à noj che importa? Importa; [-78-] che’l Trihemituono Cromatico Tonico Aristossenico per essere il medesimo Trihemituono cromatico antico di Didimo uenda ad esser consonante: et essendo in Trihemituono cromatico di Didimo il Trihemituono, ò Semiditono cromatico consonante usato da’ Modernj: il Trihemituono cromatico cosi moderno, come antico uenga ad esser consonante, et ad esser cosi trà loro non solamente comparatione, ò conuenienita: ma una identità medesimissima> Hora, che’l Trihemituono cromatico Tonico Aristossenico sia il medesimo di Didimo usato da’ Modernj, si uede chiaramente per le proportioni loro, essendo la proportione Aristossenica, si come la Didimica Sesquiquarta contenuta da’ medesimi numerj 108. et 109. de’ loro Tetracordi; e per ciò consequentemente anchora apparisca, che’l Trihemituono cromatico Didimico moderno è contenuto da una proportione non punto diuersa da quella; dalla quale è contenuto lo antico Trhemituono cromatico Tonico di Aristosseno. Consonante adunque, et non disonante: contenuto da una medesima et non da diuersa proportione è il moderno, et lo antico Trihemituono Didimico, et Aristossenico. Il che sia quella chiara Dimostratione, et iscoprimento, che ho già detto, che per certo lo Autore delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi farebbe nella sua molta ignorante magniloquacità; E per ciò segu’egli. “Il tutto dice questo Autore per dimostrarsi accurato scrittore. Poi senz’altre parole trameze soggiunge. Ci apporta, che Tolomeo nel 14. Capitolo del secondo nella Tauola de Colori Cromaticj descriuendo questo Tetracordo per fattura di Aristosseno dice, ch’egli è lo istesso di quello di Eratostene; Et io ui aggiungo, che secondo quelle Tauole, questo è il Cromatico di Didimo, e forsi che questo Tolomeo cauò il suo Diatonico, non essendo altro questo descrittoui con proportioni cosi fatte, che il Diatonico di Tolomeo inspessato da una Corda cromatica. E pur lo douea considerare questo moderno Aristosseno, facendo professione dis criuere con ogni minutezza, et diligentia le cose dette da questo ualenthuomo.” Non ui dico io, Benigni, e sinceri Lettorj, che [[“]] questo Artusi attribuisce ad altri il uitio proprio. Ei dice, che lo Autore del Parere fà mostra di accurato Scrittore per hauer’Ei con buon proposito detto, che questa Diuisione del Tetracordo Cromatico Tonieo Aristossenico è la medesima di Eratostene, si com’è da Tolomeo descritta nelle sue Tauole delle proportioni cromatiche. Et [-79-] Esso poi dice, come trascuratissimo, “Et io ui aggungo, che secondo quelle Tauole questo è [[quel]] Cromatico di Didimo. Et percioch’Ei fonda questa sua Aggiunta sopra quelle Tauole di Tolomeo, uediamolo di gratia un poco. Nella quarta quinta et sesta Colonna della Tauola delle Proportionj de’ Tetracordi cromatici sono descrittj questi numeri con queste Iscrittionj secondo la Tradutione latina Gogauinica, et in questo proprio modo. [Bottrigari, Aletelogia, 79; text:Aristoxenj Toniaeum Chromaticum, Eratosthenis, Didymi, 90. 70. 30. 114. 120., quarta, quinta, sesta] Sono adunque I numeri descritti nella quarta Colonna sotto’l Titolo del Cromatico Tonieo di Aristosseno, et per lo Tetracordo graue, 120. 114. 108. 90. i medesimi ueramente descritti nella quinta Colonna sotto’l Titolo del Cromatico Eratostenico: Ma i descritti nella sesta Colonna sotto’l Titolo del Cromarico di Didimo non sono tutti gli istessj; Imperoche trà il primo 120. et il terzo 108. è il secondo 114. 30. ciò è, 114. particelle et 30. prima Sessagene di una particella che è meza particella. Et cosi 114 ½. Secondo lo uso del Tauolare di Tolomeo per la qual meza particella dunque esso numero [[114.]] secondo 114. 30. uiene ad esser diuerso da gli altri secondi numeri 114. Et per ciò conseguentemente diuerso esso Tetracordo Didimico dal Tetracordo Cromatico tonieo Aristossenico et dal cormatico di Eratostene; Et per ciò conseguentemene anchora questo Artusi trascurato Scrittore impertinente. E tanto più trascurato, quanto ch’Ei non ha sapiuto conoscere, che quel secondo numero 114. 30. sia uno di quegli Errori quas’innumerabili contenuti in essa Traduttione Gogauinica Et particolarmente in tutte quelle Tauole delle Proportioni et delle commescolanze de’ Generj armonici. E che poi non si presume questo Autore delle Inconsiderationi di essere un gran Colculattore, un gran Musico Spigolatiuo, et un’Occhiuto: ma bene addormentato dal suono del Biabue, ò del Cimbalo del’orecchiuto Mida. Quel numero 114. 30. Accioch’Ei, Benigni, e Sinceri Lettori, impari, dirò, che deu’esser correttamente 120. 112 ½. 108. 90. et ridutto ad intierj 240. 225.216. 180. talche le proportioni trà [-80-] suoi trè Interuallj siano la sesquiquindicesima per la graue, la Sesquiuentiquattrecima per la dimezo, la sesquiquinta per l’acuta. Et ch’esso termine secondo sia ueramente corrotto, et la correttione fattane sia buona, si può chiaramente conoscere non solamente per li numeri del secondo Tetracordo acuto, 80. 75. 72. 60. sopra il Tuono della Diuisione 90. 80. di essa sesta Colonna estraendone le proportioni loro, et conforme à quelle poi correggere il Tetracordo graue: come anco si può fare procedendo per la Diapente sesquialtera, et dicendo, se 2. fusse 75. che sarebbe 3. onde moltiplicati insieme il 75. et il 3. il loro prodotto che è 225. diuiso per lo 2. rimarrà 112 ½. che è quello; che si cercaua: Ma per quello; ch’esso Tolomeo dice nel Capitolo 13. di esso secondo [primo ante corr.] libro che è secondo la Tradutione latina Gogauinica [Nam add. supra lin.] In Tetracordis eos; quj primum locum tenent sonos ad eos; quj tertij sunt; iuxta sesquiquartam ponit [ponet ante corr.] rationem in utroque Genere Secundos autem in Chromatico iuxta sesquiquintam: in Diatonico iuxta Sesquioctauam; ut sequentes differentiae in ambobus Generibus colligant sesquidecimamquintam rationem: Mediae uero in Chromatico sesquiuigesimamquartam in Diatonico Sesquinonam contra experientiam; quam Sensus praebet. Nel Chromatico Tonico Didimico adunque, dice Tolomeo il primo Interuallo graue è di proportione Sesquiquindicesima, il secondo mezano di proportione sesquiuentiquattrecima, et il terzo acuto di proportione Sesquiquinta. E con taj proportioni et con tale ordine loro è composto il Tetracordo Cromatico, dal quale sono inspessati, participatamente però, i Clauacembali, le Spinette, gli Organj, e gli altri stromenti simili. Et che hora si canta, e si suona; Et per tale insomma tenuto, e conosciuto uniuersalmente da’ buonj Musici de’ nostri tempi, Et per ciò conseguentemente da esso Artusi; Il quale fatta una sottile sua Spigolatione soggiunge. “Quello che di nuouo ci apporta l’Autore sono tre Semituonj; che ci instituisce l’uno dell’altro maggiore; concetto che non fù mai detto da Aristosseno, da Euclide, da Aristide, Censorino, ne da Martiano Capella, ne da altrj, che sia stato seguace di Aristosseno.” Se questo Artusi hauesse letto, ò se pur letto hauesse sapiuto intendere i Libri di Aristosseno, et di Euclide (che in quej di Martiano, et di Censorino, et particolarmente [in add. supra lin.] quej di Aristide Quintiliano, De’ quali, di come di molti altri Autori ch’egli allega, io giurarej, che lo Artusi non debba hauer giamaj ueduto ne anche, secondo il suo dire, i Cartoni, io non credo, [-81-] che di questo particolare, come ad essi non pertinenete si contenga parola) haurebbe conosciuto, come hanno conosciuto insieme con Tolomeo, co’l Galileo et co’l Zarlino lo Autore del Parere che i Semituonj aristossenici sono non solamente trè: ma sej; Trà quaj non è connumerato uno di quei tre inuentato dalla profonda spigolatione di questo Artusi; che s’egli hauesse hauuto buona memoria, poi che dice esser merauiglia; che lo Autore del Parere non si sia rammentato quello; che à luj non accadeua, che si raccordasse, ne haurebbe anche inuentato un’altro . Ma de’ trè, ch’Ei dice, che à fare il conto (à suoi buon senno) saranno i Semituonj descritti da questo Moderno Aristosseno, uno sarà (et questo non conobbe Ei maj [giamaj ante corr.]) di proportione sesquidiciasettesima [sesquidecimasettima ante corr.] 18. 17. proportione Sesquidiciottesima 19. 18. Proportione Sesquidicianouesima 20. 19. E s’Ei contemplatiuo, cosi come sottraendo il Tuono 17/15. superbipartientequindicesimo da luj detto maggiore dal Semituono 18/15. ciò è, sesquiquinto ha con sottilissima spigolatione inuentato quel suo Semituono Sesquidiciasettesimo, hauesse ceruello di rammentarsi del Tuono 19/17. da luj nominato minore, sottrattolo da esso Semiditono 18/15., dico 6/5. ne haurebbe con ispigolatione anche radente ritruouato uno altro di proportione supersettepartioentenonantacinquesima, ciò è; da 102. à 95. Onde gl’Inuentati con accurate uana sottigliezza da luj sarebbono stati due, sicome sono due gli Semituoni cromatici Tonicj Aristossenici da me già detti Sej. Degli altri Quattro; De’ quaj le proportioni sono queste da 30. à 29. et da 29. à 28. per li cromatici mollj et da 80. à 77. Et da 77. à 74. per li Cromatici sesqualteri. Parmi hora ueder lo Artusi, come paralitico [paralittico ante corr.] scuotere il Capo, sbuffare, stralunare gli occhj, come spiritato: et parmi insieme udire il rumore, ch’Ei fà co’l battere de’ piedi à questa à luj gran nouità di tanti Semituonj Aristossenici parendoli pur troppo i trè descrittj da luj innumeratouj il trouato dal suo perspigolatiuo ingegno: Ma se cosi è, formisi, et si acquetj [acquetisi ante corr.] considerando, che questo auuiene per le quantità differentiali delle diuerse Diuisionj de’ Tetracordi fatte da Aristosseno nel Genere Cromatico: Et conoscerà, ch’essendo la differentia quantitatiua de’ Semituonj eguale in ciascuna delle tre Diuisionj essi Semituonj non uengono [-82-] ad esser ueramente se non trè: poi che trè sole, et rispettiuamente insieme Eguali sono le dette quantità differentialj, ciò è, di 4. et 4. particelle eguali nel Cromatico molle, di 4 ½. Et 4 ½. nel Sesquialtero, et di 6. et 6. nel Tonieo, si come nello uno, et nello altro Diatonico. Ma quando à luj, come ben pertinace in sùlla sua Credenza, et di sua testa questo non sodisfa, et non acconsente à ragion tale; acconsenta allo Essempio, ò imitatione. Essaminj Ei com la sua Squadra Zoppa ; che come buon Guardiano non deue altrimente hauere smarrito per le Distributionj, et compartimenti de’ Tetracordi Cromaticj di Tolomeo, et trouato, ch’egli habbia, come trouarà del certo, che Sei diuersi Semituonj sono stati costituiti da esso Tolomeo; Quattro de’ quali sono nelle due sue specie cromatiche, ciò è, due nella Cromatica molle, lo uno di proportione sesquiuentisetticima, lo altro di proportione Sesquiquatordicesima: Gli altri due nella cromatica incitata, lo uno Sesquiuentecimo, lo altro Sesquiundicesimo. Poi due altri in due delle sue specie Diatoniche, ciò è, lo uno nella Diatonica molle sua propria contenuto dalla proportione Sesquiuentecima: lo altro nella Diatonica incitata di proportione Sesquiquindicesima. Deponga la colera: E più non si marauigli: E s’è possible, non creda tanto à se medesimo ne tanto si appaghi del suo poco sapere, che reputi ignoranti gli altri; che molto sanno. “Ma perche ho detto (segu’Ei) che questo è il Tetracordo di Tolomeo, parmi bene di rapportarlo quiuj, accio in faccia si conosca, che quanto ho detto è il uero.” [Bottrigari, Aletelogia, 82; text: Diatonico di Tolomeo, Tuono diuiso in due semituonj. Cromatico di Aristosseno, di Didimo, et di Eratostene 15. 18 19 20] Di questo suo Tetracordo Tolemaico ha detto questo Artusi prima, ch’egli adducesse la nouità presso di luj de’ trè Semituonj Aristossenici. Onde io dissj, fatta da luj una sottile sua Spigolatione, et passaj à dimostrare l’antichità di quej per non hauer à replicare il detto da luj; et quello; che hora dirò di esso Tetracordo sottilmente da luj Spigolato. Dic’Egli adunque collà. “Ci assegna però (ciò è, lo Autore del Parere) un Semituono di Proportione Sesquidicianouessima frà 20. et 19. Et un’altro di proportione Sesquidiciaottessima frà 19. et 18. Et che altro sono questi due Semituonj, se non il Tuono Sesquinono in due Semituoni ineguali [-83-] diuiso?” Cosi è. Et Ei come Teorico diligente doueua al diuiso in due Semituonj ineguali aggiungere, aritmeticamente; Imperoche anche ineguali: ma non aritmeticamente diuisi sono i due Semituonj, sesquiquindicesimo lo uno, et lo altro sesquiuentiquattrecimo; ne’ quali fù diuiso esso Tuono Sesquinono da Didimo (com’è stato detto) nel suo Cromatico: Et in questi altri due ineguali, lo uno sesquiquatodicesimo [sesquiquatordecimo ante corr.], et lo altro Sesquiuentisettecimo diuuiso da Tolomeo nel suo Cromatico molle: et forse anche in altri. Seguita poi, e dice, che’l “Semituono da’ modernj detto Semiditono, è contenuto dalla proportione sesquiquinta frà 18. et 15. Et che cosa è questo, se non un Sesquiottauo congiunto con un Sesquiquindecimo? (cosi dice lo Autore del Parere et cosi stà) Et Tolomeo come ha diuisato il suo Diatonico Sintono, se non con Interuallj cosi fatti? Dirà forse, che non sia uero? [[E che differenza è fra di loro]] [(Ei sicuramente lo direbbe add. supra lin.] si come io fermamente hora lo dico) E che differenza è fra di loro, se non che restando gl’istessi Interuallj nel luogo suo, diuide quel Tuono che nel Tetracordo di Tolomeo è posto nell’acuto in due Semituonj, in uece di diuidere quellj che sono nel graue?” E questa [differentia add. supra lin.] par niente à questo diligente Spigolatiuo: E pur ella è tanta; che’l Tetracordo Diatonico Sintono di Tolomeo è diuersissimo da questo spigolato dallo spigolatiuo Usarti. È possible, che egli habbia tanto stralunati gli occhj per non dire il ceruello, ch’ei non ueda, ch’ei non conosca, se questo Tetracordo cosi da luj diuisato, (dirò anchora io) è tutto al contrario di quell di Tolomeo? Quel; ch’è nel graue in questo, in quello è nello acuto. In quel di Tolomeo il Semituono Sesquiquindicesimo è nel graue: In questo egli è nello acuto: In quel di Tolomeo il Tuono Sesquinono è nello acuto, in questo egli è nel graue. Il Trihemituono, ò semiditono Sesquiquinto in quel di Tolomeo è nel graue, in questo egli è nello acuto. In quell di Tolomeo il Ditono Sesquiquarto è uerso lo acuto, in questo egli è uerso il graue. Hor uedasi (come [ad imitatione del Galileo add.supra lin.] dice lo Artusi) in faccia, et conoscasi, che quanto egli ha di ciò detto, non è uero. [Bottrigari, Aletelogia, 83; text: 20. 10/9. 18. 9/8 16. 15.Diatonico dello Artusi Spigolatiuo 48. 16/15 45. 9/8 40. 10.9 36. incitato di Tolomeo] [[Hora]] [Ma] per uenire Egli alla conchiusione di questa sua decima Inconsideratione dice primieramente cosi. “È ben uero, che perche con queste sue noue Inuentionj di applicare le proportioni à gli Interuallj lontanissima Operatione dalla mente di Aristosseno,et de’[-84-] suoj Seguaci; et di diuidere la lunghezza della Corda in parti eguali, s’è accorto di non colpire nel bersaglio in quella maniera che haurebbe uoluto; perciò si è riuoltato allo accorciamento fatto rispetto al suono.” Lo applicare le proportioni à gl’Interuallj non è punto cosa nuoua ad alcuno fuorche à questo Artusi, huomo nuouo ueramente in ogni cosa buona. E che nuouo ciò non sia, si è già mostrato, et adduttine segnatamente i luoghi di Tolomeo, del Galileo, et del Zarlino che lo hanno fatto. Se poi il diuidere la lunghezsza della Corda in parti eguali sia lontanissimo dale mente di Aristosseno, non è da credere altrimenti à questo Artusi, poi che trà le altre cose, che li togliono la Credenza, questa è la principalissima ch’Ei nel principio (come è già stato [altre uolte add. supra lin.] detto) della sua Inconsideratione carta 8. fine si è dichiarato di non esser restato secretario, e meno herede della opinione di Aristosseno; Oltre che ciò sia stato tentato di fare, come di mente, et di opinione di Aristosseno dal Patricio; ch’egli ha tolto à difendere; Onde allo Autore del Parere non è accaduto di accorgersi di non hauer colpito nel Bersaglio; Et per ciò di hauere à ricorrere ad accorciamento fatto rispetto al suono se non al modo; che già si è mostrato non essere stato inteso per lo diritto, et chiaro, et uero suono, e senso delle parole di esso Autore. E per che lo Artusi per fine soggiunge: “Et quando di questo accorciamento lasciando il Mesolabio, ouero lo aiuto della tredicesima propositione del uj. di Euclide ne hauesse fatta la Demostratione, forsi che haurebbe potuto esser uera la Demostratione:” Dico, che per far questo attuale accorciamento della Corda affine di hauere i ricercati Suonj non era necessario ne Operatione di Mesolabio, ne di aiuto di Propositione alcuna degli Elementi Geometrici di Euclide Ma quella Dimostratione geometrica lineare; che facea bisogno per dichiarare intieramente la Descrittione aritmetica numerale fattane da quel gran Triumuirato, Tolomeo, Galileo, et Zarlino, è stata dal Caualier Bottrigaro autore del Parere effettuata, et ha potuto essere, et è uera Uerissima. La onde non accade altrimenti più, ch’egli affatichi il suo bello ingegno per ritrouare Operando [ ante corr.] forse il uero. Ne che lo Artusi; il qual cosi dice, habbia da stare uedere, et à sperare ogni bene: ne che siano per hauersi di ciò nuoue Inuentionj, cose; che di luj non si possono aspettare in alcun tempo: Ma in quella uece ognhora si nuoue [-85-] Calunnie, nuoue malignità, nuoue maladicentie, et nuoue Operationj del suo prauo iongegno, et della sua molta ignorantia. Eccouene, Benignj, e sinceri Lettorj, la [undecima add. in marg.] testimonianita in questa undecima sua Inconsideratione nel principio della quale fatto un suo Epiloghetto che si trapassa: segue dicendo cosi. “Uedremo hora come questo nouo [nuouo ante corr.] Aristosseno habbi inteso il Colore cromatico Sesquialtero. Dicono le parole di Euclide da luj commentate, et Annotationj non prima da altri dette illustate. Il Colore del Croma Hemiolio, ò Sesquialtero per Interuallj di Oncie quattro, e meza, et Oncie Quattro, e meza, Et uentuna Oncia: Et quando uiene alla Demostratione di cosi fatta cosa ci descriue un Diesis di Oncie quattro, et l’altro di cinque; ò particelle della linea fatta; dice però che le proportioni loro sono tali. Il primo è sotto la proportione cosi superpartiente70essima, uuol dire superpartiente77essima, ciò è, da 80. à 77. Et è il secondo li suoj dissegnj di 115 1/2. particelle. E’l secondo Diesis è contenuto dalla proportione supratripartiente74, ciò è, da 77. à 74. Et per un’Interuallo incomposto continente un Tuono con due altri Diesis Cromatici sesquialterj più graue della Quarta, et acutissima stabile di 90. particelle eguali; Onde sia trà loro cosi contenuta la proportione supersettepartiente30. che è da 37. à 30.” Io non sò, come acconciarmj hora questa pernna in mano per incominciare à discoprire questa si grande ignorante malignità di questo Calunniatore Padre ueramente delle Inconsiderationi Pur dirò, che ardire grandissimo è ueramente quello di Costuj il dire, che in essa Dimostratione del Tetracordo Cromatico sesquialtero lo Autore del Parere habbia posto un Diesis di Oncie quattro, et un’altro di cinque, douendo esser ciascuno di quej Diesis egualmente di Oncie 4 ½. Come suonano [suono ante corr.] le parole di Euclide tradutte in parlare italiano et commentate da luj. E dou’è questo Diesis di 4. Oncie, ò particelle? E doue lo altro di cinque? Ei pur afferma, che’l primo è cosi contenuto dalla proportione superpartientesettantasettecima, amettendo per sua insolita cortesia la ommissione del sette occorsa nella Stampa; La quale ommissione appare chiarissimamente per li due seguenti numeri di essa proportione ciò è, da 80. à 77. quando lo Artusi hauesse ben uoluto [in ciò add. supra lin.] malignare: Et con maggior chiarezza dal numero 120. della prima Corda grauissima stabile, et dal numero 115 1/2. della seconda mobile; trà quaj numeri 120. et 115 1/2. [-86-] manifestamente si uede esser lo spatio di Once, ò particelle 4 ½. et non di 4. solamente, come inconsideratamente Ei dice di queso primo Diesis, e molto più del secondo, dicendo, ch’egli è di cinque, et contenuto dalla proportione supertripartiente74. ciò è, da 77. à 74. non si accorgendo, ch’Ei cosi acconsente, che’l numero della terza Corda mobile sia, com’egli è, ueramente et nella Descrittione litterale, et nella Dimostratione lineare, 111. Onde trà esso 115 ½. Della seconda Corda, et il detto 111. della terza si uede chiaramente essere lo Interuallo quantitatiuo di Oncie, ò particelle 4 ½.e non di cinque, come ignorantemente afferma questo Padre delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni il quale non sà anco; che sottratto 115 1/2. da 120. resta 4 1/2. et sottraendosi medesimamente 111. da 115 1/2. resta parimenti 4 1/2. cosi per lo uno, come per lo altro Diesis Cromatico sesquialtero Aristossenico; Onde il rimanente Interuallo acuto continente in luj un Tuono, et due altri Diesis Cromatici Sesquialterj incompostamente traposto trà la detta terza Corda mobile 111. et la Quarta stabile 90. sia ueramente la proportione supersettepartientetrentecima, ciò è, da 37. à 30. Ma uolete Uoj, Benignj, et sinceri Lettorj, conoscere chiaramente quale, et quanta sia la malignità, et peruersamento di questo Autore delle Inconsiderationi Et Imperfettioni conoscetelo da questo, che nelle Calunniose Censure delle sopradette Dimostrationj de’ Tetracordi Diatonici di Aristosseno egli ha et nella detta et nella decima precedente et nella tredicesima et nella quattordicesima conseguente Inconsiderationi copiato, benche alteratamente, le parole non solamente di Euclide Uolgarizate dallo Autore del Parere Ma le proprie di esso Autore per dichiaratione della Dimostratione lineare da luj fatta del proposto Tetracordo Et hora in questa undicesima dalle parole di Euclide uolgarizzare in poi non ne copia pur una. Et questo; accioche non apparisca la Calunnia. Ma quì seguentemente io ue le adduco, et sono queste à carta 42. et 43. di esso Parere. “Chiamasi questo Colore, ò Specie cromatica Emiolia, ò Sesquialtera ouero, Sesqupla per rispetto dello altro Diesis; de’ quali ella è composta. Conciosiacosa che essendo ciascuno di quelli particelle Quattro, e meza, Egli uiene ad essere in proportione sesquialtera al Diesis Enarmonico il quale è solamente di 3. particelle; E per ciò continente quello una uolta, e meza. Tale adunque uiene ad esser la particolare Designatione {Diesegnatione ante corr.] del suo Tetracordo corrispondente alle Misure della lunghezza della linea, ò Corda del sopraposto Monocordo. Trà le due Corde estreme stabili del qual Tetracordo [-87-] l’A B. Compartita in 120. particelle eguali di suono grauissimo, et l’A C. di suono acutissimo in 90. delle istesse particelle sono poste le due Corde mutabili mezane A H. Seconda di particelle più acuta di essa prima A B. Per un Diesis cromatico sesquialtero sotto la proportione cosi supertrpartientesettansettecima (è questo è lo errore di stampa, che per sua insolita cortesia si è [degnato add. supra lin.] questo Padre delle Inconsiderationi di ammettere per tale) ciò è, da 80. à 77. Et la A I terza di 111. particelle più acuta di essa seconda Corda A H per un’altro Simile Diesis cosi contenuto dalla proportione supertripartientesettantaquattrecima; ciò è, da 77. à 74. Ma per un’Interuallo incomposto continente un Tuono non due altri Diesis cromatici sesquialteri più graue della quarta, et acutissima statica A C. Di 90. particelle Eguali; Onde trà loro sia cosi contenuta la proportione supersettepartientetrentecima; che è da 37. à 30. In conchiusione (segu’esso [Artusi add. supra lin.] poi) uuole questo moderno Aristosseno, che questo Tetracordo Aristossenico sia diuiso in due Diesis, et un Tuono con due altri Diesis: Ma se uere siano le parole di Euclide ch’Ei traducendole in parlare italiano ci apporta, Tre Diesis andrano al riempimento del Tuono, che cosi dicono le parole di Euclide et di Aristosseno istesso quando diuide il Tuono in tre, et in quattro parti eguali: Ma la Diatessaron, ò il Tetracordo cosi descrittoci è di due Diesis priuncipalmente l’uno, et l’altro contenuti dalle proportioni dette: Et un Tuono, e due altri Diesis, che in tutto arriuano al numero di quattro Diesis. Ma quattro Diesis riempiono un Tuono, et una terza parte di Tuono. Adunque, questa Diatessaron, sarebbe ripiena di due Tuoni solamente et un Diesis, il qual’è la terza parte del Tuono. Non sarà uero adunque che la Diatessaron da Aristosseno il uecchio ordinata sia di due Tuoni e mezzo, Ma si due Tuonj et una terza parte di Tuono cosi dal moderno Aristosseno riempita.” Questo è uno inconueniente. Uerissima è la conchiusione; che ci riferisce questo Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni Aristarco moderno; Ciò è, che il moderno Aristosseno uoglia, che questo Tetracordo cromatico SesquialteroAristossenico sia diuiso in due Diesis, et un Tuono con due altri Diesis aggiuntouj sempre cromatici sesquialteri. Et uere anco sono le parole di Euclide tradutte in parlare italiano et rapportate dallo Auteore del Patricio Parere. Ma non è già uero, se bene Euclide et Aristosseno istesso diuise il Tuono in trè, et in quattro, et anco [-88-] in sej, et otto parti eguali, che nella Diuisione di questo Tetracordo Sesquialtero trè Diesis uadano al riempimento di un Tuono; Imperoche essendo ciascuno di essi Diesis di oncie, ò particelle 4 ½. tre Diesis uengono ad essere di Oncie 13 ½. et cosi maggiori di un Tuono per particella 1 ½. ciò è, di un mezo Diesis Enarmonico: Onde quattro Diesis riempiono non solamente un Tuono, et una terza parte di Tuono, come sillogizza questo Artusi: ma un Tuono, e mezzo; Et per ciò questa Diatessaron uiene ad esser ripiena non di due Tuonj, et un Diesis solamente ma di due Tuoni, e mezo Tuono. E cosi sarà ueramente uero, che la Diatessaron ordinata da Aristosseno il uecchio sia di due Tuonj, e mezo, come l’ha riempiuta il moderno Aristosseno; et non di due Tuonj, et una terza parte di Tuono, come frappa inconuenientemente questo moderno Aristarco; Il qual dice, che Aristosseno l’antico non disse maj, ne alcun de’ suoj Seguaci (innominato però da luj) cosi fatte spropositate. E se questo Artusi nomina spropositata (ciò è, credo io frittata) il dire un Tuono condue altri Diesis cromatici Sesquialterj hauendo uoluto lo Autore del Parere moderno Aristosseno significare quantità Interuallari le restanti 21. particelle di quel Tetracordo: Come ardirà nominare il detto di Euclide in questo particolare che è, descriuendo Ei la Diuisione di questo Tetracordo? Sesquialterum autem [(Come latinamente interpreta il Pena) Chroma per Diesin, et Diesin; quarum utraque Sigillatim sesquialtera sit Dieseos Enarmonicae: Et per Interuallum simplex constans è septem Diesibus; quarum quaelibet si Tonj quadrans? Ouero quello di Tolomeo nel Capitolo 12. del primo libro facendo Ei la Descrittione di questo medesimo Tetracordo Aristossenico con queste parole Gogauiniche. Porrò Sesquialtera Chromatis Spissj duo utraque Interualla facit quadrantis, et octauae partis tonj, (et non sonj, come si legge in essa erratissima Traduttione Gogauinica) Reliquum unius, et Semissis, et quadrantis, ut illorum quidem utrumque nouem, hoc uero 42. Onde la numerale Descrittione fatta da Euclide secondo il suono delle sue parole nel luogo adutto dal Patricio nella sua Poetica et dallo Autore del Parere è tale, 4 1/2. 4 1/2. (essendo che 4 ½. è sesquialtero di 3. Diesis Enarmonico.) 3. 3. 3. 3. 3. 3. 3. che sono sette Diesis; ciascuno de’ quali è la quarta parte di 12. grandezza ti un Tuono, et la Somma loro 21. La [-89-] fatta da Tolomeo uiene, conforme à quanto suonano le sue parole ad esser questa [Bottrigari, Aletelogia, 82; text: 6. quarta parte del Tuono 3. 9. 24. 12. Semituono 6. 42.] cosi descritta anche da Franchino nel Capitolo 16. del secondo libro de Harmonia Musicorum Instrumentorum. Inconueniente adunque, e spropositata non è stato quanto ha detto sin quj’ lo Autere del Parere moderno Aristosseno: si come anco sporpositata non è (cosi soggiunge il moderno Aristarco, Autore delle Inconsideratione et delle Imperfettioni) il dire, che lo uno Diesis sia di proportione supertripartiente77. e l’altro contenuto dalla proportione supertripartiente74. Essendo che queste proportioni non sono eguali, se ben eguali le differenze. E perche ci constituisce il Tetracordo delle proportioni dette. Eccolo ordinatamente posto. [Bottrigari, Aletelogia, 89; text: A. 80 B. 77 C. 74. Diesis D. 60. Tuono, e due] La qual Dimostratione, bench’ella sia formata con le medesime proportioni non è però conforme à quella dello Autore del Parere Essendo essa ueramante tale 120-1225 ½- 111-90 [1oo ante corr.]: qual’è la descritta da Tolomeo nella terza colonna della Tauola de’ Cromatici nel Capitolo frammentato del secondo libro con numeri di Sessagene, ciò è, 120-115.30-111-90. Et come anco la descriue il Zarlino nel secondo Capitolo alla 4. opinione del suo libri de’ Sopplimenti musicali anchora che corrottamente nel numero 115. mancandouj ½. Et nella proportione trà 11. et esso 115. dicendo supertripartiente 115 uolendo dire, supertipartiente 74. Et nella seguente proportione trà 115. et 120. sicendo sesquiuentesimaterza, hauendo da dire supertripartiente77. Cosi quasi trauisata dal Zarlino troppo confidente dal Dialogo del Galilei carta 109. al quinto Tetracordo Cromatico poiche in quello si trouano tutti i medesimj errore; appresso i quali è notata trà 111. et 115. la differentia enne tra esso 115. et 120. La differentia 5. Errore di stampa dimosrati chiaramente dalle due altre differenze 9. et 9. secondo Tolomeo. Et sono quej due Diesis di grandezza diuersa, fallo, ò peccato imputato allo Autore del Parere nuouo Aristosseno; che non ui ha una colpa la mondo, dal moderno Aristarco, Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni il quale con licentia arcimusicale, et autorità sua perculiare ha segnato dirimpetto i numeri [-90-] di questa Dimostratione de le lettere A B C D non considerando Ei, che trà Are, et [sqb] mj sono si troua giamaj posto alcun Diesis, come literalmente Ei ui ha [[posto:]] [segnato: add. supra lin.] Ma si bene trà [sqb] mi, et Cfaut, ouero trà Elamj, et F faut, come ha segnato giudiciosamente il Galileo in questo Tetracordo et in tutti gli altri antecedenti, et conseguenti. Et il Zarlino ponendouj sempre Hypatehypaton, Parhypatehypaton, licanos hypaton, Hypatemeson. Segue poi questo Artusi. “Dice (ciò è, lo Autore del Parere) che frà 74. et 60. ui è un Tuono, et due Diesis: et ritrouandosi il Tuono da 68. à 60. saranno li due Diesis frà 68. et 74. E perche gli constituisce di differenze, che sono eguali, sarà l'uno cosi da 68. à 71. et l'altro da 71. à 74. Et hauranno in cosi fatta ordinatione quattro Diesis in progressione aritmetica. Il che tutto conferma senza contraditione alcuna. “Ma se siano (soggiunge Ei) le proportioni eguali, come ce le dissegna Aristosseno, et tuttla la Scuola Aristossenica, dicendo quelli tutti, che di questa professione hanno intelligentia. Sono gli Diesis li seguenti. Diesis di proportione superpartiente 68 71. 68. Diesis di proportione superpartiente 71 74. 71. Diesis di proportione superpartiente 74 77. 74. Diesis di proportione superbipartiente 77 80. 77.” Chiarissimamente appare, che le proportioni di questi quattro Diesis cromatici Emiolj sono [[ineguali]] per le eguali differentie loro quantitatiue trà loro ineguali, et perciò tali quali ce li disegna Aristosseno: Ma perchioche dimandando questo moderno Aristarco se siano tali, par, che ne dubiti; E per ciò ne implori, et ne attenda la Sententia da gl'Intendenti di questa professione; potrà da' già nominati Intelligentissimj, Tolomeo, dico, Galileo, et Zarlino hauerla hauta per hora non solamente ne' luoghi soprarecitati: ma ne gli altri; che si mostraranno. Ben è poi gran cosa, ch'Ei non uoglia nominatamente palesare questi da luj solo intesi Seguaci di Aristosseno, et questa sua Scuola Aristossenica; Et pur lo dourebbe fare, se non per altro, almen come caritatiuo; Acccioche si potesse da quelli, et da quella imparare qualche dottrina: ma non già quale è la di luj: “Ma benissimo mi accorgo (dic'ei per conchiusione di questa sua undecima Inconsideratione) che perche [-91-] questo moderno Aristosseno s'è accorto, che non può per la diuisione della Corda in parti eguali, ne meno col mezo delle proportioni assegnarci uguaglianza alcuna di Interuallj, ne di farci una uera Demostratione come ci ha promesso si uuol saluar con lo accorciamento fatto rispetto al Suono [ritirandosi dietro alla Tauola per stare ad ascoltare ciò che dice il Mondo di queste sue bellissime Spropositate. add. supra lin.]” Ò che pertinace ignorantia è questa di questo Autore delle Inconsiderationi et Imperfettioni Aristarco Moderno. Doue troua Ei maj, che lo Autere del Parere nuouo Aristosseno faccia ricorso se non ad alcuno attuale, et certo accorciamento di Corda? Oh quanto è egli ceruicoso. Io ho già detto, che quello accorciamento [[da lo]] auisato da esso Autore del Parere finalmente è attuale, e certo, et non inastratto,et incerto, come pur uorrebbe questo Aristarco moderno con poco garbo persuadere, che debba esser inteso hauer uoluto inferire lo Autore del Parere; le parole del quale non hanno bisogno di alcuna interpretatione; Imperoch’Ei sà parlare, et parla chiaramente. Et il suo stare dietro la Tauola, quando fusse, sarebbe per udire, et ascoltare il dire di quej; che sanno: et à’ Cianciatori ignoranti, che bene ispesso parlano più di quello; che meno intendono, uscendo fuori dire: Sutor, non ultra Crepidam: Artusi, non più là, che’l sonare le Campane, officio tuo; Ne per ciò si potrebbe ragioneuolmente essergli ascritto à malitia, come dice questo Artusi, lo impugnare la manifesta malitia di luj; che senza alcun freno, et riguardo anco di se medesimo dice (per usar le sue ben proprie parole) queste [douodecima add. in marg.] bellissime spropositate. “Ispedita (cosi comincia questo moderno Aristarco, Autore delle Imperfettioni la duocecima delle sue Inconsiderationi) la Consideratione delli due Tetracordi Cromatici cosi malamente dimostrati (quanto al suo poco sapere si ha da intendere) con simigliante maniera (parole dello Autore del parere) et con molta breuità (prauità più tosto) ci spediremo dallo essamine del Tetracordo Molle, ò delicato descrito nella terza parte da luj fatta nella [[Descrittione]] [diuisione add. supra lin.] delle parole di Euclide; Le quali sono queste. Il colore del Croma molle ò delicato per Interualli di quattro, et quattro, et uentidue Oncie. Col mezo delle quattro linee in 12. particelle ciascuna di loro egualmente diuisa facendo lo accorciamento [[facen]] [di add. supra lin.] quattro, et quattro, et uentidue Oncie con gli scannelli, ò ponticellj per hauerne quegli Interuallj; che à constituire questa specie sono necessarij, ci fà la Demostratione secondo il solito suo, ma con molta diligentia [-92-] ci uà descriuendo da quali proportioni siano cosi fatti Interuallj contenuti. Et per il primo, et più grande Diesis dice ch’egli è dalla proportioni sesquiuentinouessima contenuto” (Et quel; che delle altre tre proportioni di essi Interuallj seguentemente Ei dice tutto sin’alla Descrittione di esso Tetracordo uiene da me approuato; segnango io però le parole sue per hauerne quegli Interualli, che à costruire quella specie sono necessarij: Et le altre), Essendo che uogliono essere eguali. Ho detto dj approuare quanto egli ha detto sin’alla Descrittione; Imperoche in essa egli ha posto i numeri dimezati, wt loro appresso qeuj delle differentie interj; ò totalj 22. 4. 4. che dourebbono [[ragioneuolmente]] anchora essi ragioneuolmente essere schizati per la metà cosi 11. 2. 2. Ma non cura Ei queste Inconsiderationi come Autore di quello, et delle Imperfettioni. Segue Ei poi “È ben uero, che perche non le paiono à bastanza le quattro specie di Diesis nella Consideratione passta dimostrate, che in questa ce ne uuol consignare tre altre l’una dall’altre diuerse, et ineguali: Ma come diceua il Barba Zeuaino la non starà lì. Egli [[ne]] uorrà inuentarne quantità, che possino al numero nouenario giungere; Et non è senza misterio, perche alcunj uogliono, che la Musica nasca dalle Muse alle quali è concesso il cantare, per una certa loro omnipotenza. Et però scherzando potrebbe con questo numero nouenario delle Diesis et delle Muse, dimostrare il suo bello ingegno. Gli Diesis poi sono li seguenti. Diesis di Proportione sesquiuentinouessima 20. 39. Diesis di Proportione sesquiuentiottesima 29. 28. Diesis di Proportione sesquiuentisettessima 28. 27.” Se oltre à’ quattro sopradimostrati Diesis Toniej cromatici diuersi quanto alle proportioni loro: Ma Eguali di grandezza quantitatiua lineare il moderno, e nuouo Aristosseno Autore del Parere hora descriue trè altri Diesis Cromaticj, e, percioche questi sono differenti da quelli; Essendo quej di Eguale quantità trà loro conforme, come si è dimostrato, ad detto di Aristosseno, et questi di altra minore, et eguale quantità trà loro. Quej del Cromatico Tonieo: Questi del Cromatico dilicato secondo il uolere di Aristosseno non ch’Ei sia inuentore ne di quej, ne di questi, ne di alcuno altro ne detto, de na douersi dire: Ma si bene sempre poscia semplice loro Dimostratore: Et si come di tutti gli antecedentj Diesis, Semituoni, et altri Interuallj tali: ma di ciascuno particolare [-93-] Tetracordo Aristossenico ho sin quj' addutto la testimoniantia di Tolomeo, del Galileo, Et del Zarlino, hora cosi l'adduco dicendo, che nella seconda Colonna di essa Tauola de' Cromatici nel capitolo frammentato 14. del secondo libro degli Armonici Tolomeo descriue lo stesso Tetracordo molle con gl'istessi numeri 120. 116. 112. 90. Et il Galileo. [[Et il Galilej]] [à carta 109. del add. supra lin.] Dialogo ne fà la Descrittione con quej medesimi [numeri add. supra lin.] ponendouj letteralmente le proportioni loro cosi. Sesquiuentinouesima trà 120. et 116. Sesquiuentottesima trà esso 116. Et 112. [[supertredicipartiente 15.]] [Et trà esso 112. et 90. supertredicipartientequarantacinque add. supra lin.] che è manifestissimo errore di stampa, douendo quel 3 . apposto quello 1. essere uno altro 1. et dire superundicipartientequarantacinquesima. Medesimamente il Zarlino alla terza Spositione nel Capitolo 2. del quarto libro de' suoj Supplementi segnando i medesimi numeri letteralmente pone trà quej le proportioni loro, ciò è, sesquitrentesimanona trà 120. et 116. Sesquiuentesimaottaua trà esso 116. et 112. Et trà esso 112. et 90. super13partientequarantacinque che parimente essendo manifesto errore di Stampa quel 3. presso quello 1. deu'essere uno altro 1. et cosi dire sup11partiente quarantacinque. Onde chiaramente appare, che à chiusi occhij il Zarlino anchora copiò questo [come lo add. supra lin.] altro Tetracordo cromatico molle del medesimo Dialogo del Galileo. À quel suo motto cosi nobile di Barba Zeuaino lasciarò, che sia risposto con quache altro tale di Zorzo Burattino. Ben notarò la publica, et gran Bestemia; ch'Ei dice: et massimamente di luj; che fà professione (come ben tosto si uedrà nella seguente sua tredicesima Inconsideratione) di credere alla sacra Teologia. La qual sua Bestemia è lo attribuire alle finte Muse de gl'Idolatri Paganj, la onnipotentia; la quale è di Idio solo, et con lo aggiuntiuo anche di certa, ciò è, uera, etindubitata. Ah, che tutto tremante se ne dourebb'Egli impalidire. Correga Ej se stesso; che di simile inquità dourebbe correggere i commettitori. Ben'è questa sua parte. Ben'è questo officio suo. Ma torniamo al nostro tralasciato lauoro. Dapoi che seguentemente si è faticato questo nuouo Aristarco, Autore delle Inconsiderationi in separare il terzo Diesis dal Tuono, Et Semituono co' quali si troua (com'Ei dice) accompagnato in questo Colore: Segue; “Et perche questa Proportione ha maggior denominatore di ciascuna delle tre proportioni delli Diesis dimostrati, Ella sarà maggiore, et maggiore Interuallo degli altri due Diesis seperatamente considerati: Doue ha trouato? Chi gli ha insegnato? In quale Scuola ha egl'imparato questa graue Dottrina da luj posta à carta 10. detta à [-94-] carta 22. et quj' replicata à carta [4. ante corr.] 41 [i ante corr.] [j ante corr.]. Et marginata non solamente ma tauolata [per Regola certissima nella Matematica add. supra lin.]; Che le Proportioni; che hanno maggiori Denominatorj, siano maggiorj [maggiore ante corr.] delle altre. Qual'è questo Denominatore maggiore delle proportioni di trè Diesis dimostrate? Di queste trè proportioni il 29. è Denominatore del 30. suo [[Denominatore, et]] [Numeratore et è add. supra lin.] maggiore del 28. Denominatore del 29. suo [[Numeratore]] [Numeratore add. supra lin.]; Onde secondo la dottrina di questo moderno Aristarco la proportione da 30. à 29. sarà maggiore della proportione da 29. à 28. Nella quale per esser similmente 28. il Denominatore del suo Numeratore 29. maggiore del 27. Denominatore del 28. suo Numeratoe essa proportione da 29. à 28. sarà per la medesima dottrina del nuouo Aristarco maggiore della proportione da 28. à 27. Et per ciò conseguentemente essa proportione da 30. à 29. sarà molto maggiore di essa proportione da 28. à 27. Il che è tutto al contrario. Essendo ch'essa proportione sesquiuentisettecima non solamente è maggiore della proportione sesquiuentottecima: ma molto maggiore della sesquiuentinouecima.Et che sia uero, che'l inore de' due numeri formatosi della proportione superparticolare et superpartiente sia detto loro Denominatore lo dimostra Gema frigio nella particella de Proportionibus della sua Aritmetica dicendo. Item [[se]] 16. ad 14. proportionem habet 1 1/7 hoc est sesquiseptimam: Initium enim nominis est semper dictio, Sesquj, Deinde à denominatore fractionis ex diuisione prouenientis perficitur et alquanto più oltre. Nomen igitur huius proportionis à, super, initium sumit, medium est ex numeratore fractionis ex diuisione prouenientis: Clauditur uerò à Denominatore eiusdem Fractionis. Ueluti, si proportionem uis explicare; quae est inter 7. et 4. Diuide 7. per 4. prodeunt 1 ¾. Uocatur igitur proportio supertripartiensquintas. Dice similmente Orontio Fineo nel Capitolo 2. del 4. libro della sua Prattica di Aritmetica. Dentur rursus in exemplum duae Rationes superparticulares, ut potè Sesquialtera; quam habet 3. ad 2. Et sesquitertia quae est inter 4. et 3. Duces igitur 1 ½ Sesquialterae rationis Denominatorem in 1 1/3 Denominatorem Sesquitertiae per Doctrinam 6. Capituli libri 1. fine, et cetera. Giouannj Martino Blasio nel primo Capitolo del 3. Trattato della sua Prattica di Aritmetica lo descriue chiaramente con queste parole. Numerator est numerus; qui integri partem, uel partes aliquotas representat. Ei talis numerus facta breui linea uenit desuper locandus. [-95-]. Denominatur est numerus partium aliquotarum integri denominatione representans, et talis sub linea semper est scribendus. Exempli gratia. 5/3 numerator. Denominator. E se ben la [chiara add. supra lin.] autorità di questi soli Aritmetici famosi dourebbono essere à bastanza, piacemj non di meno à corroboratione maggiore soggiungere queste altre. Dice il Tartaglia nel 10. notabile del primo Capitolo del settimo libro della seconda Parte del Generale Trattato: “Il terzo et ultimo modo (qual'è molto usitato da Musicj, et da altri) è di tal sorte, che pongono lo antecedente sopra una uirgola in forma di rotta, et il consequente sotto di detta Uirgola; Ciò è, uolendo rappresentare la detta Doppia, la notaranno in questa forma 2/1: Et uolendo rappresentare una subdupla, et cetera. Et notarassi, che'l Tartaglia quj' nomina antecedenetw, et conseguente quellj; che gli altri sopradetti dicono numeratore, et Denominatore: Et sono da Boethio nominati, Comites, et Duces. Uoco autem, dic'Ei nel 24. Capitolo del primo libro della sua Aritmetica maiores numeros Duces, minores, Comites. Ludouico Baeza nel suo libro de numerando Doctrina al Capitolo de inuenienda Radice quadratica et cubica in partibus dice Exempli gratia, Radix quadrata de 4/9 est 2/3, quia numeratoris Radix est 2. ac denominatoris 3. Et nel Capitolo de diuisione fractorum, dice, ut diuidenda sunt ¾ per 3/5 ducatur 3 in 5. et fient 15. numerator: Deinde 4. in 2 et prodeunt 8. Denominator 15/8. ut hinc etiam constat ¾ x 2/5 15/8. Lo Stifelio nel primo libro alla seconda particella del 6. Capitolo della sua Aritmetica introdutione dice cosi 4/3 5/4 6/5 7/6 uides, ut in his uarientur appellationes iuxta Denominatorum uariationes sesquitertia sesquiquarta sesquiquinta sesquisexta. tiones. Hora, che non sia uero, come lo Autore delle Inconsiderationi nuouo Aristarco quj' replicando quello, che ha prima detto nella sua quarta Inconsideratione dice; ciò è; “Che per hauere questa Proportione maggiore Denominatore, ch'ella è maggiore delle altre; che quello hanno minore, lo dichiara primieramente Fra' Luca nel secondo Articolo della sesta Distiontione del Terzo Trattato dicendo. “Ma perche nelli Rotti (come là sù dicemmo) quanto è magggiore il Denominatore el Rotto, tanto maggiore è il Rotto; Unde per questo ¼. è minore di 1/3. perche ¼ ha per Denominatore 4.et 1/3.ha per Denominatore 3. il qual 3. è minore di 4. E cosi 1/3. è maggiore che ¼ per la medesima ragione; E per questo la Sesquialtera è maggiore, che la Sesquiterza: Et cosi la sesquiquarta, et cetera. Unde [-96-] anchora per questo una Tripla sesquialtera (come da sette à doi) è maggiore che una tripla sesquiterza.” Boethio anchora Ei nel 9. Capitolo del secondo libro della sua Musica dice cosi. “Maiores uerò, et minores Proportiones hoc modo intelliguntur. Dimidia pars maior est quam tertia. Tertia pars est maior quam quarta. Quarta pars maior est quam quinta, ac deinceps eodem modo. Unde fit, ut Sesquialtera proportio sit maior Sesquitertia: Et Sesquitertia Sesquiquartam uincit. Atque idem in caeteris. Hinc euenit, ut in numeris maioribus minor, et in minoribus maior semper uideatur Proportio superparticularium numerorum.” Et per dimostrarlo soggiunge; “Quod apparet in numero naturali. Disponatur enim numerus naturalis 1. 2. 3. 4. Binarius igitur ad unitatem duplus est. Ternarius ad Binarium sesqualter est. Quaternarius uerò ad Ternarius sesquitertius. Maiores sunt numeri 3. et 4. Minores Binarius, et unus. In maioribus igitur minor [[est]] [et add. supra lin.] in minoribus maior proportio continetur,” In conformità del quale il Uenerabile Beda nella sua Musica specolatiua frammentata dice. “In superparticularibus quippè quantò maior est numerus, tantò maior est proportio. In superparticularibus uerò crescente numero decrescunt proportiones.” Dice anche Giordano nella penultima Diffinitione del 7. libro de gli Elementi di Euclide secondo il Campano. Denominatio dicitur proportionis minoris quidem numeri ad maiorem pars, uel partis quota, uel quotae illius fuerint. Maioris uerò ad minorem numerus secundùm quem eum continet, et pars, uel partes minoris; quae in maiore superfluunt.” Le parole di esso Euclide fatte latine dal Campano sono appunto queste. Denominatio dicitur proportionis minoris quidem numeri ad maiorem pars, uel partes ipsius minoris, quae in maiore [maiorj ante corr.] sunt. Maioris [[uero]] [autem add. supra lin.] ad minorem totum, uel totam, et pars, uel partes, pro ut maior superfluit. Se cosi poi finalmente uengano ad essere i numeri 27. et 28. maggiori de' numeri 28. et 29. et de' 29. et 30. come uuol conchiudere questo insuperlatiuo Aritmetico, si può chiaramente esser conosciuto dalle parole di Boethio per l'ordine naturale di essi numeri: Et consequentemente quale sia la dottrina di questo moderno Aristarco uero Autore delle Inconsiderationi et molto più delle maladicentie. Manifestamente per ciò dunque appare, se sia l'Autore del Parere come dice questo nuouo Aristarco, ò se pur esso è, che faccia straparlare [-97-] Euclide, Aristosseno, e tutti i non nominati giamaj da Costuj suoj Seguaci; Imperoche esso Autore del Parere non ha dimostrato, ne detto, che Aristosseno, ne Euclide, ne altri suoj Seguaci habbiano esser noue specie di Diesis, la una differente dall'altra (come afferma questo moderno Aristarco) sette sin'ad hora dimostrate, et due altre da dimostrarsi nel Colore Enarmonico. Tre sole ne ha ueramente dimostrate esso Autore del Parere. Una delle quali è del Colore cromatico molle di 4. particelle l'altra del Cromatico Emiolio, ò sesquialtero di particelle 4 ½. La terza del Colore cromatico Tonico di 6. particelle. Et un'altra sola di 3. particelle ne dimostra nello Enarmonico. Come tante, e tali le hanno medesimamente descritte, e Tolomeo, e'l Galileo, et il Zarlino ne' soprallegati luoghi de' librj loro: Et cosi non punto dimenticatosi (come troppo altieramente soggiunge questo Monarca di se stesso poco ricordeuole, straparlando con nominare poueretto chi nobile nobilmente viue del Suo; Il qual ben può dare, et tutto di ne dà liberalmente à molti altri alla barba di Costuj, che per fuggir gli Stenti fece buona elletione) che quando fà la diuisione delle parole di Euclide, et che le traduce in parlare italiano due solamente et non più (anzi quattro, come ho detto) dice, che sono gli Diesis? Il primo di 3. oncie, da Martiano (ecco la impatata allo Autore del Parere) detto Tetartemoria, ciò è, quarta parte (e poi diciamo, che lo Artusi non sà di Greco: E pur anco mostra chiaramente quanto Ei ne sapia dicendo à carta 12. b. nel primo Cicalamento delle sue Imperfettioni che la [gamma] Gamma greca è la prima lettera dello Alfabeto: Ma più propriamente hauurebbe'Ei del certo interpretato questa uoce, Tetramoria, s'egli hauesse detto quarta pazzia) l'altro di 4. oncie da luj (ciò è, da Martiano) detto Tritemoria, ciò è, terza parte (anzi anco io terza pazzia) Del terzo Diesis cormatico Emiolio di Oncie 4 1/2 fà mentione anchora sequentemente esso Martiano dicendo. Tertia uerò habet Tonj tertiam partem, ac dimidiam tertiae (per tal [[modo]] maniera di parlare non piacente à questo nuouo Aristarco da luj tralasciato) et uocatur Emiolia, et Armoniae diuisio, Quoniam Emiolij modum complet. Segue poi per conchiusione di questa sua duodecima Inconsidderatione con le Solite sue arroganti maladicentie dicendo prima. “Che poi la Demostratione sia uera all'istesso modo, che le altre sono state considerate, et conosciute per false, questa ancora simigliantemente (et dice senz'alcuna contradittione la stessa Verità) si [-98-] trouarà esser tale.” Soggiunge poi. “Nella diuisione della lunghezza della linea, ò Corda fatta in parti eguali non è uera (secondo la sua grande ignorantia) Nella consideratione delle proportioni si uede ragioneuolmente (più tosto irragioneuolmente) falsissima.” Finalmente dice. “Quando poi se ne uiene allo accorciamento fatto rispetto al suono, et non alla totale lunghezza della linea ci lascia al solito le manj piene di Mosconj. Et forsi sche questa non è una noua Inuentione, è uuero il prouerbui chi non fà non falla.” Ho dato tante uolte risposta à questa sua ignorante intelligentia di rispetto al suono, che hora à me pare bene il douere di lasciarlo non solamente con le manj (come à luj [[tanto]] aggrada quj; dire, hauendolo prima detto à carta 15. Et poi replicatolo anco à carta 52.) piene di Mosconj: ma co'l Capo pieno di Grillj, et di Farfallonj. Quanto à quel sententioso prouerbio, Chi non fà, non falla, supponendo io, ch'Ei lo dica per luj stesso, non ne dirò altro, poi ch'ei lo afferma per uero: potendosi anco dire in senso contrario, che Hauendo Ei fatto, habbia fallato: Et magggiormente essendo Ej, [[com'egli è, facile]] (com'egli è) facile, et usato non solamente in facendo: ma in pensando fallo fallare. [[fall<...>]] Gran presuntione poi uerament'è questa di Costuj; con credendosi esser persona da potersi pigliar la difesa di ognuno, anchora che irragioneuole: E non si auuerte il Meschino, che cercando Ei con le Sue debilissime forza difendere quej'; che di difesa non hanno bisogno alcuno, si mette in grandissima necessità di sperare in uano, che da altri à luj uenga soccorso. Cane orgoglioso, et non poderoso guardisi la pelle. Non bastando à questo Autore delle Imperfettioni in queste sue Inconsiderationi hauere hauuto animo di pigliar la protettione del Patricio [tredicesima add. in marg.] ripreso (com'egli ha già detto, et hora in questa sua tredicesima Inconsideratione replica) indebitamente, s'inoltra per quella di Plutarco contra lo Autore del Parere. Il quale cosi come non riprese giamaj (com'è stato detto) il Patricio: ma bene ha con ogni modesta uerità dimostrato à giudicio di ogni buono Intendente, ch'Ei si è grandemente ingannato: cosi non si è Riuoltato, come dice questo Aristarco moderno, ne per darlj una percossa tale, che per huomo indegno di fede uolesse, che fusse riputato: lasciandolo in quella credenza, et in quella stima; nella quale Ei si troua appressi i Dotti, et à gl'Indotti. E perch'Ei soggiunge, che “lo Autore del Parere nuouo Aristosseno adduce con arte una Autorità di Plutarco da luj tradotta in parlare italiano per hauere [-99-] occasione di tassarlo.” Io quj' si com'Ei quella recita replicatola, appresso quella recitarò tutte le circostantie, affine che da uoj, Benignj, et Sinceri lettori, sia conosciuta quanta è la immonditia dello animo, e spirito di questo moderno Aristarco; il quale sente gran diletto di pigliare ogni cosa buona alla riuescia. Tal'è quella Autorità di Plutarco tradutta in parlare italiano dallo Autore del Parere et recitata da questo Autore delle Inconsiderationi et Imprefettioni come copiata da esso Parere à carta 25. “Ma da' Musicj Olimpo è (come dice Aristosseno) riputato Inuentore del Genere Enarmonico. Conciosiacosa che auanti à luj tutt'i Generj erano stati Diatonicj, ò Cromaticj.” Hora le precedenti Circostantie si leggono a carta 24. di esso Parere et sono queste. “Hora spediti dalla totale Essaminatione, che da principio ci proponeremo, ricordandomj, che nello apparecchiarci di essaminare la Dimostratione del Genere Enarmonico propostaci dal Patricio sotto il nome di Olimpo Musico ho detto, ch'ella è tenuta d'Inuentione di Aristosseno con riserua di hauere à far di ciò disputa altroue; Il che fù, parte perche non si prolungasse il corso della Essaminatione; alla breuità della quale ho con ogni mio potere atteso: pare perche veramente il Patricio ce n'era (come ho detto anchora) per porgere maggiore occasione alquanto più basso; che è in questo luogo; Doue copiate che (da me) saranno state le parole' ch'egli à questo proposito soggiunge, raccontarò quel tutto; che mi ha persuaso à credere, che tal distributione Enarmonica sia di Aristosseno E non di Olimpo. Sono adunque le parole soggiunte dal Patricio ueramente queste. Con questo ritrouo, dice Plutarco, che Olimpo trouò il bello della Musica. Et loro appresso pone alcune parole di Plutarco nel suo Comentario della Musica da luj tradutte dalla lingua greca nella nostra: cosi Sembra, che Olimpo, hauendo la Musica accresciuto, et introdotto cose non più fatte, ne conosciute da' Primierj diuenisse Duce della greca, et bella Musica. All'autorità del qual testificato (solo dirò per non ne addurre egli altro) ha dato tanto di credenza, che si è lasciato indurre à scriuere, che Olimpo facesse la propostaci Distributione, ò specie enarmonica: Ma tale Testimoniantia di Plutarco in questo luogo ad honore grandissimo di Olimpo con la sua generalità di hauere accresciuto la Musica con nuoue Inuentionj non conchiude [-100-] però della particolarità della Specie; di che si tratta. E se tale generalitade hauesse forza di prouar essa particolarità, si l'haurebbe, et con efficacia maggiore certamente prouarebbe la Testimoniantia di esso Plutarco per alcune altre parole; ch'egli pose in quel suo Commentario della Musica alquanto prima delle addutte dal Patricio, le quali anchora io porrò quoj' da me tradutte in parlare italiano. Ma da' Musicj Olimpo,” et cetera che sono le già recitate; alle quali sono soggiunte dallo stesso Autore del Parere come appunto scriue il nuouo Aristarco, queste altre. “Ma per tanto esse non prouano, ò inferiscono, che se ben di Olimpo fù la inuentione del Genere Enarmonico sua però fusse questa Distributione, ò specie; Oltra che à Plutarco, quando bene anco questo luogo conchiudesse à fauore della particolarità proposta, non si hauurebbe da prestar credenza, se non quanta è la fede di Aristosseno allegato da luj; Il qual detto di Aristosseno se del Musico intende Plutarco; non si legge ne' suoj Scritti Armonici; che noj habbiamo per le manj. Et è conchiusione fermissima, che non si crede al Relatore, se non si ha manifesta chiarezza del rapporto.” Più oltre non segue questo moderno Aristarco persuadendosi di cosi poter lacerare calunniosamente lo Autere del Parere Com'Ei fà, et come si vedrà soggiunto che io habbia le consequenti circostantie da me promesse; che sono. “Non essendo adunque il Detto di Plutarco testimonio indutto dal Patricio basteuole, e sufficiente à prouare, che la proposta specie Enarmonica sia di Olimpo Inuentore di Genere tale, uedasi per gratia, se le Testimonianze; che da me saranno addutte, siano per essere basteuoli, e sufficienti à persuadere, et indurre gli animj altruj, come hanno fatto il mio à credere, ch'essa Specie, ò Distributione del Tetracordo Enarmonico sia ueramente di Aristosseno il Musico.” Le quaj testimonianze hora quj' non adduco io per fuggir la souerchia lunghezza, et la molta fatica del copiare: ma si possono leggere presso la fine della carta 25. et incominciano “Primieramente adunque Euclide nella sua breue Istitutione musicale.” Et seguentemente al mezo della carta 37. à. “Potrej qu' deporre questa penna, et cetera.” Ma porrò più tosto in consideratione quelle parole dello Autore del Parere nelle precedenti circostantie; che sono. “Raccontarò quel tutto; che mi ha persuaso à credere, che tal Distributione sia di Aristosseno, et non di Olimpo.” Et quelle altre poco di sotto. [-101-] “E se tale generalitade hauuesse forza di prouar'essa particolarità, si l'haurebbe, et con efficacia maggiore certamente prouarebe la Testimonianzia di esso Plutarco per alcune altre parole; ch'egli pose in quel suo Commentario della Musica alquanto prima delle addutte dal Patricio; Le quj sono le recitate dal nuouo Aristarco: Ma da' Musicj Olimpo, et cetera.” Et insieme quelle altre: “Vedasi per gratia, se le Testimonianze; che da me saranno addutte siano per essere basteuoli, e sufficienti à persuadere, et indurre gli animi altruj, come hanno fatto il mio, se lo animo, et le parole dello Autore del Parere siano state, et siano di dar percossa, ne di pigliare occasione di tassar Plutarco di bugìa.” Ma lo Specchio; nel quale si specchia questo Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni non rende à luj altra imagine, cha la di luj propra. Restamj anco di fare lungo viaggio di ciancie, per ciò ritorno al mio camino in questo proposito. Finendo questo moderno Aristarco, che lo Autore del Parere non si sia lasciato chiaramente intendere, quando Ei dice “Oltra che à Plutarco, quando bene anco questo luogo conchiudesse à fauore della particolarità proposta, non si haurebbe da prestar credenza, se non quanta è la fede di Aristosseno allegato da luj; il qual detto di Aristosseno, se del Musico intende Plutarco, non si legge ne' suoj Scritti armonici che noj habbiamo per le manj. Et è conchiusione fermissima che non si creda al Relatore, se non si ha manifesta chiarezza del Rapporto.” quelle commenta, et interpreta, et in un tempo istesso impugna essa Conchiusione con le medesime parole dello Autore del Parere. Et dice. “Volendo con questa conchiusione dire, che non trouandosi ne gli Scritti di Aristosseno, i quali habbiamo per le manj, il rapporto che fà Plutarco, à luj come Relatore di falsità (di falsità non dice lo Autore del Parere) non deu'esser creduto.” Cosi non dice assolutamente lo Autore del Parere. Ma non si haurebbe da credere: ò da prestar credenza (et con aggiunta) se non quanta è la fede di Aristosseno allegata da Luj. “Ma s'egli è uero (segue questo moderno Aristarco) che Aristosseno, come dice Suida Historico, et altri Autori graui (sempre innominati) habbi tanti, e tanti librj di Musica, Aritmetica, Historia, et di Filosofia, non può essere anchora, che Plutarco huomo di gran giudicio, ingegno, et Lettura habbi [-102-] letto qualche Opera d'Aristosseno da noi desiderata. Et perciò come historico il cui fine è di narrare il uero cene habbi fatta quella relatione che à uomo ueridico si appartiene?” Chi ha negato, che Aristosseno hauesse tanti, e tanti, et anche più libri di Musica di Aritmetica d'Historie, et di Filosofia? Tutti gli huominj studiosi, et letterati fanno ogni opera per hauer copia grandissima di Librj diuersi. Et se questo Autore delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi hauesse detto, come sarebbe stato più proprio, et di qualche sua maggior conchiusione il dire, che gli Armonici di esso Aristosseno per essere nelle nostr manj frammentati, non per hauerli cosi detti lo Autore del Parere. Ma con allegare, che nel principio del libro di quej titolato primo si legga. à nobis ostensum est in prioribus. Et poco più oltre. Id verò ostensum à nobis in prioribus fuit. Et poco appresso. Ut antea visum est, quando ipsum per se negocium inquirebamus. Et anco. Ut et in [[principio]] prioribus expositum à prioribus ostendimus esse motiones quasdam. Nella fine poi del terzo libro leggesi Post hoc verò dicendum, quae nam sit, et qualis secundùm speciem differntia; Onde si conosce, che manca non solamente il restante di esso terzo libro ma tutto'l quarto del qual fà mentione Ateneo nel suo quattordicesimo libro delle Cene de' sauij dicendo con parole latine dello xilandro. Aristoxenus libro quarto de Musica scribit, Priscas feminas cecinisse Cantionem quandam nomine Calycea: possa essere, che Plutarco quelli perfettj, ed intierj leggesse, et per ciò gli allegasse in quella parte; La quale hora mancante da noj vien desiderata, si come [di add. supra lin.] tuttu gli altri Librj di questo Scrittore, et Autore; de'quali è fatta mentione non solamente da esso Plutarco: ma dal medesimo Ateneo, habbiamo grandissimo desiderio. E quì che giouamento, et aiuto in somma apporta alla Causa del Patricio, che quella Distributione del Teatracordo Enarmonico sia ueramente di Olimpo, il dire di questo nuouo Aristarco, che “[[Aristosseno]] [Plutarco, add. supra lin.] come historico; il cuj fine è di narrare il vero, ce ne habbia fatto quella relatione; che ad huomo ueridico si appartiente?” Di quale Historia quì si tratta?” Non già di altra, che Olimpo distribuisce in quella maniera esso Tetracordo Enarmonico. E doue dice Plutarco, che Olimpo ciò facesse? Dic'Ei solamente che “pare che Olimpo per hauer nella Musica introdutto cose nuoue, et cosi accresciutala diuenisse Guida [guida ante corr.], ò [-103-] Capo della greca, et ben composta Musica.” Hauendo Egli anco prima detto, et narrato il modo; co'l quale è opinione, ch'Ei lo ritrouasse. Fà Plutarco in quel suo Commentario di Musica non men di otto uolte mentione di Olimpo, et cosi del Discepolo, et amato di Marsia, come dell'altro; che fù Tibicina: Et di Aristosseno non men di sej uolte trà quelle, allegandolo, che nel primo de gli Armonici dica, che Olimpo hauesse cantato alla Tibia nel tuono Lidio alcunj versi lugubri per la Morte di Pitone. Et neel secondo libro de' medesimi Armonici che Platone hauendo scacciato dalla sua Republica il Modo, ò Tuono Lidio, et il Missolidio non hauesse quegli scacciato per non sapere, ch'essi erano di qualche utile alla beneordinata Republica. Conciosiacosach'egli huesse posto molto studio nella Musica essendo stato Auditore di Diogene Ateniese, et di Metello Agrigentino. E pur nè quello si legge nel primo ne questo nel secondo de gli Armonici di esso Aristosseno; che noj habbiamo (come ho detto) per le manj, et segnatamente ne' tradutti in latino dal Gogauino, e stampati in Venetia presso il Valgrisio 1553. Ma supposto, che sia vero, che ne' Librj di Aristosseno si leggesse, et fusse vero quel tutto; che Plutarco riferisce di Olimpo, che giouamento replico, et che aiuto apporta questo alla Causa del Patricio? Disputasi dallo Autore del Parere, se la Diuisione del Tetracordo Enarmonico proposta per dimostrarsi dal Patricio come di Olimpo, sia di esso Olimpo, ò se pur Aristosseno. E non se Olimpo fusse, ò non fusse trouatore di esso Genere Enarmonico, Anzi acconsentesi, ch'ei fusse trouatore del genere [[et]] [ma add. supra lin.] di questa Specie particolare: Et particolare si dice; Imperoche oltra questa; che da Tolomeo, dal Galileo, et dal Zarlino è tenuta di Aristosseno, et da esso Aristosseno descritta, Eui quella di Archita, quella di Didimo, et quella di Tolomeo. Et della propria, et particolare di esso Olimpio in questo Genere da luj trouato è fatta descrittione non Solamente dal galileo à carta 110. del suo Dialogo nella prima Tauola del Genere Enarmonico sotto questo Titolo. “Tetracordo Hypaton Enarmonio antichissimo ritrouato da Olimpo, et cetera.” Et la Descrittione [iuj da luj add. supra lin.] fattane è tale. [Bottrigari, Aletelogia, 93; text: E. 6144 Ditono superdiciassettepartiente 64. 1632. differenza. D. 7776 Diesis Maggiore superquindicipartiente 486. 208. C. 7984 [sqb] 8192 Diesis minore supertredicipartiente 499. 208.] [-104-] Ma dal Zarlino anchora nel Capitolo terzo del quarto libro a carta [[104]] 124. de' suoj Suupplementi alla prima Specie in questa maniera ne' suoj minori numeri radicali. [Bottrigari, Aletelogia, 104; text: 384 Hypate Meson superdiciasettepartiente 64. licanos meson 499 supertredicipartiente 486. Parhypatehypaton 512 supertripartienate 1449. Hypatehypaton] Nel qual luogo esso Zarlino reuoca in dubio, se per ciò si ha da credere, che Olimpo fusse Inuentore di questo Genere facendone lunga disputa. Et amendue questi Scrittori, Galileo, dico, et Zarlino, sono i due; che innominatamente vengono allegati dallo Autore del Parere Patricio à carta 31. di quello: Et postiuj anco le Descrittionj numeriche Et loro appresso quella fattane da Boethio nel Capitolo 5. del 4. libro della sua Musica con numeri diuersi continenti però le proportioni medesime. Dice poi questo Auttore delle Inconsiderationi e delle Imperfettioni. “Ne quiuj uale al proposito nostro dire, gli Giureconsunti dicono, che questa Conchiusione è uera in caso tale. Titio addimanda ad Antonio Cento Scudi: E dice douerli hauere per un'Instromento fatto con suo Padre, et n'è negato et cetera. À Titio, che è il Relatore non se gli dà credenza, se non quanta è quella ch'egli dimostra per l'Istromento; Adunque à Relatori non si deue credere, se non si ha manifesta chiarezza del raporto. Et fatta con ggrandissimo stento piú Conchiusionj per la parte. Dico (soggiung'Ei) che delle cose li fini sono diuersi. Il fine de' Titio è di hauere, e cauar dalle manj ad Antonio cento Scudi, per il danno, che può succedere ad Antonio per il mezo di questo priuarsi del Denaro, bisogna, che Tito dia manifesta chiarezza di questo raporto ad Antonio, se vuole, che egli [[si priua]] [si priua add. supra lin.] di questo beneficio delli cento Scudi, potendo anco in questo Raporto esser uerità, et falsità per l’utile, che ne spera Titio. Et per ciò per l'interesse proprio, et per il danno che può succedere ad Antonio, bisogna dare manifesta chiarezza di questo Raporto.” Uedeste maj: Leggeste uoj maj, Benigni, e Senceri Lettorj, il meglio composto Essempio? La legge fatta in uniuersale da quello Imperatore per cosi [[a]] quella ancho trouarsi, dic'Ei, nelle leggi antiche, questo signore Dottore [Auuocato add. supra lin.] uuole con la sua Autorità glossandi, et interpretandi ristringere hora al particolare dello Essempio da luj dato. Et segue. “Ma il fine dell'Historico, che non spera utile à se, et danno (notisi questo sperar danno) ad altri, è solo di narrare il vero;” però come Historico uero ridico ui si deue dar credenza senza manifesta chiarezza del Raporto. Se bene [-105-] il fine dell'Historico deu'essere di narrare il vero; non resta però, che molti Historici non habbiano sparso ne gli Scrittti loro alcune bugie, et non per altro forse, che per hauer creduto alle false relationj altruj. Et à questi Historicj è stata data credenza sin che altri [[Scrittorj]] [Historici add. supra lin.] non hanno scritto diuersamente da loro. Et ciò s'intende di quegli Historicj; che liberamente scriuono: Ma à quelli; i quali fanno nelle Historie loro rapporto de gli Scritti altruj (Il che stimato vitio, e Sciocchezza è da' giudiciosi, et accorti Historicj fuggito) non viene, come à cosi compresi da questa legge uniuersale dello Imperatore d agli auuedenti Lettori data credenza, se non sono manifesti quegli Scritti; de' quali è da luj fatta mentione. E ciò sia detto per risposta à quanto soggiunge questo Padre delle Impertinentie sin doue dice: “Aristotele ci raporta opinionj di Melisso, Parmenide, Anassagora, et altri Filosofi antichi, senza che le Opere loro si uedano: adunque perche non ci è manifesta chiarezza di questo Raporto, non si deue credere ad Aristotele?” Narrando Aristotele le Opinionj di quelli, et di altri Filosofi non fà Rapporto di alcuna particolare scrittura loro; Et per ciò non importa, se non si trouano gli Scritti di quej Filosofi; che contengono quelle Opinionj recitate da Aristotele. Oltre che non è fuor del pensiero di alcunj giudiciosi Letterati, che Aristotele formasse molte di quelle Opinionj sotto l'autorità di quej famosi Filosofi, Empedocle, Anassagora, Democrito, Zenone, Eschilo, Anassimene, Parmenide, Leucippo, Heraclito, Democrito, et Hippocrate per disputarle e rifiutarle, com'Ei fece. Ne sarà per ciò mendace Aristotele. Et in cosi fatto proposito sarà uera questa Conchiusione addutta dallo Autore del Parere con quelle parole, con come ignorantemente dice questo moderno Aristarco, pregnanti: ma proprie, et efficaci. Ripiglia pur anco questo Autore delle Inconsiderationi questo Assioma per maggiormente impugnarlo, e dice. “Ò come bene si accorse di questo inganno Catone il sententioso, quando arditamente cantò. Noli tu quaedam referenti credere semper. Exigua iis tribuenda fides, qui multa loquuntur. Disse, che non si douesse credere ad alcunj, alcune cose, come è il Caso di Titio: ma non disse ogni raporto, come dice l'Autore del Parere.” Ò come cosi bene si mostra questo Artusi esser ueramente Autore delle Inconsiderationi, poi che Ei non si [-106-] accorge di scannarsi col proprio Coltello. Se'l Senso di quel primo verso è (rimettendomj io alla interpretatione fattane da luj) che non si debba credere ad alcunj alcune cose; Adunque ad ognuno non si dee credere ogni cosa. Adunque à Plutarco come uno di quelli alcunj non si ha da credere esso Rapporto. Soggiunge poi questo Autore delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi dichiarandosi meglio (poi che mj bisogna fare il Pedante) disse, “che non si douesse, prestar fede à quelli i quali molto ragionano.” Volendo escludere gli loquaci, et ciarlatori da questa Credenza. Allo Autore delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi adunque si come Ciarlatore, e loquace, ch'egli è, non si ha da credere cosa alcuna; ch'Ei per se stesso dica. E cosi duplicatamente Ei viene ad essersi scannato co'l suo proprio Coltello della Sentenza da luj allegata essere arditamente cantata da quel suo Catone il sententioso; La qual'Ei come quel Pedante; che dica bisognarli essere, ha sposto al suo consueto modo, molto diuersamente dal uero Senso di quella, et dala buona spositione fatta da Ascensio, et dal Mancinello [primi add. supra lin.] comentatori di esso Libretto pieno di Ammaestramenti morali; [[Et per ciò Catone intitolato dal proprio Autore quale Attestato, et <..ri>]] [ in Disticj eroici scritti da Dionisio Catone ad un suo Figliolo ne tempi (come si uà congietturando) ò di Commodo, ò di Seuero Imperatori cioè, intorno agli anni 190. di Christo Et per ciò uolgarmente detti uersi di Cato; non perche fussero veramente add. supra lin. et infra lin.]] compostj [composto ante corr.] da alcuno de' due Catonj, maggiore, et minore, ò diciamo, Uticense, et Censorino; Come [mostra add. supra lin.] di credersi [creder ante corr.] questo moderno Aristarco, non considerando Ei che lo uno; et lo altro Catone era per molt'e molte decine di annj morto, prima che nascesse e Virgilio, e Lucano, et Ouidio Poeti; de' quali è fatta mentione particolare nominatamente nel principio della seconda Parte di esso libretto; oltre che à luj, à luj dico nuouo Aristarco il qual fà professione di bei motti, di rarj prouerbj, et di perfette sententie non dourebb'esser nuouo, che Dettati sententiosi tali [[propriamente]] [popularmente add. supra lin.] si dicono essere usciti dalla bocca di Cato. [Et ò che Cato, si dica uno; che mostri sputare senno. add. supra lin.]. Hora la Spositione latinamente fattane da esso Ascensio è questa. Damnat uitium nimiae credulitatis, et loquacitatis. Si non uis, inquit, decipi, ne credas loquacibus. Et si uis, ut tibi fides adhibeatur, pauca loquere. Ordo est: Segue'Ei. Noli credere semper referenti quaedam idest Ei qui tacere [[nequit]] [nescit. add. supra lin.] Exigua fides idest credulitas est tribuenda, supple his; qui loquuntur multa. Et nella nostra lingua italiana ella è tale. Danna, ciò è, Catone, lo Autore, il uitio della souerchia credenza, e loquacità. Se tu non uuoj [-107-] (dic'egli) essere ingannato, non credere à Cianciatori. E se tu uuoj, che à te sia creduto, parla poco. L'ordine, ciò è, della [[Costruttione]] [Elocutione, add. supra lin.] è questo, Segu'Ej. Non uoler credere sempre alcune cose al Relatore, ciò è, à coluj; il quale non sà tacere. Poca fede, ciò è, credenza è da esser prestata, supplisce, à coloro i quali parlino molto. Et è da auuertire à quel supple his, supplisce, à coloro. Imperoche il Uerso di Cato è Exigua est tribuenda fides, quj multa loquuntur. Et cosi trouasi scritto appresso detto Ascensio, come pur anco correttamente stampati: Et non qui Exigua iis tribuenda fides, et cetera. si come allega questo padre delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi: il qual non può riferir se non stroppiatamente sempre (come ho già detto tante altre volte: et come io sono anco per replicare ben tosto) quel tutto; ch'egli allega. Per la qual cagione Ei si affanna, et affatica di uoler persuadere, che si debba senza che si habbia manifesta chiarezza del Rapporto dar credenza alla semplice relatione fatta da' Relatori: Et per ciò facendo Egli anco del Filosofo da maladetto senno allega uno Assioma di Scotto. Ueritas est adaequatio rej ad intellectum: Et ne caua questa sua consequentia, et conchiusione, Adunque essendo lo Intelletto dell'huomo causa della uerità, all'huomo Relatore se le deue credere in parte non ostante la incertezza del fatto, Et è quanto uolea dire Catone. Nella qual Conchiusione uuole questo padre uero delle Inconsiderationi Che lo Intelletto dell'huomo sia cagione della uerità. Et in che maniera auuiene questo, se per lo Assioma habbiamo, che la uerità è uno aggiustamento della cosa allo Intelletto? Allo Intelletto è portata cosi la uerità, come la falsità, se debbiamo credere ad Aristotele. Come può dunqu'essere, che lo Intelletto sia cagione della uerità? E qual cagione è questa? Non già la [[formale]] [materiale add. supra lin.]; non la [[materiale]] [formale add. supra lin.], non la efficiente, non la finale. Quale altra dunque? La stromentale. Ò ben dico io, che'l sonar le Campane è molto più proprio di questo Filologo, che'l trattar delle Scientie, et delle Arti liberali. Ma uedete, Benigni, e Sinceri lettorj, quanta sia la fermezza di questo moderno Aristarco, dice, All'huomo relatore se le deue credere in parte, con soggiungere, che è quanto uolea dir Catone. Et Egli ha già detto, che se li deue credere in tutto senz'hauer certezza del Rapporto. Poi per maggiormente mostrare [-108-] la sua Incostantia, e leggerezza segue. “E quando ui si creda, si debba credere, in tutto, ò in parte come ho detto per opinione de maggior Sauij di luj, et si come la isperienza in effetto Madre di tutte le cose, et la ragion uuole: falsa sarà la conclusione posta dal nostro moderno Aristosseno.” La qual conchiusione di questo moderno Aristarco come sopra ben salde fondamenta e della isperientia, Et del uoler della Ragione saldamente si regga, lascio al sincero uostro giudicio, Benigni, e sinceri Lettori, si come anche lascio il conoscere come ben propriamente [cosi add. supra lin.] habbia detto, che la Isperientia sia in effetto Madre di tutte le cose; che da’ maggiori Sauij, et dotti di luj è stata detta Maestra. Ma non ui pensate, che per ciò sia questa Causa finita. Imperoch’Ei quasi nuouo Anteo atterrato risorge inuigorito con maggiore audacia, ò quasi nuoua Hidra troncat’alcuna delle sette Teste, ne rimetta non solamente sette, ma diciassette altre. “Ma di più dico (ic’Ei) che se uniuersalmente, et assolutamente questa conchiusione fusse uera, ouero s’hauesse da crederlj, che si distruggerebbe la sacra Theologia.” Et cosi questo uouo Aristarco, anzi nuouo Anteo hauendo il prohibirsi ad alcuno il potersi ualere della ferma conchiusione de’ Leggisti nelle altre occorrentie, hora uuole imertinentemente mostrare che non sia lecito usarla nella Sacra Theologia, come ch’essa per ciò fusse rimastane distrutta. Ne sapiendo Ei, che à noj non è lecito mescolare lee cose sacre con le profane, prorompe in quella uana, et impertinente sua protestatione di credenza; la quale chi bene andasse poi essaminando, trouarebbe forse non esser cosi costante, et salda, com’Ei se la uà adombrando. Fà poi questo Autore delle Inconsiderationi una altra dimanda al moderno Aristosseno dicendo. “Dicamj questo moderno Aristosseno, se egli non hauesse dato credenza à suoi Maestri, quando gli hanno insegnato, et di nouo quando si consiglia di qualche passo à luj difficile, et ad altri facile, che cosa saperebbe egli di buono, e di bello? Con tutto che non habbi, ne certezza, se quello che gli hanno detto, et dicono sia il uero ouero il falso.” Hora, percioche il moderno Aristosseno Autore dle Parere ha (come hò già detto) da fare altro, che prestare orecchie à queste leggierezze, io; che non ho molto importanti facende, et che mi sono pigliato piacere di risponderli altra uolta: Et che in somma [-109-] ho fatto deliberatione, che questo Aringo sia tutto mio; Accioch’Ei non possa con uerità dire di esser restato hora senza risposta hauendola hauuta à tutte le altre, dicoli, che’l moderno Aristosseno peruenuto à gli annj della Interrligentia, et della Distintione delle cose, non ha maj dato credenza alla sola autorità: ma si bene à quella uerità; che le due principali Matematiche [Aritmetica, et Geometria add. supra lin.] et per consequente [[consequentemente ante corr.] le altre due immediatamente à quelle subalternate [Astronomia, et Musica add. supra lin.] portano con esse loro, come costituite, che sono nel primo grado di certezza. Alle opinioj poi di Platone, et di Aristotele pertinenti alle cose naturali ha creduto, et crede quanto il Senso comune gli ha mostrato, et mostra. Alle morali presta Ei fede conforme al giusto, et honesto. Et in questa maniera medesima credendo à chi lo consiglia in qual [qualche ante corr.] si sia occorrenza, uiene à sapere et di bello, et di buono. Soggiunge anche poi questo Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni replicato, chegli ha quasi il medesimo con queste affirmatiue, et non più interrogatiue parole. “Ha creduto à Maestri, et hora crede à Dotti con cuj parla, et si consiglia; Perche d’Insegnare il uero, et li ueri Fondamenti delle Scientie hanno fatto professione, et fanno. (soggiunge Ei, dico) Et il Mondo tutto crede alli Historici; perche sà che hanno fatto particolare studio di leggere Scritture autentiche, Annali; memorie Instromenti, le quali danno credito senz’altra chiarezza di Rapporto.” Et io replico, che à gl’Historicj è creduto sin tanto; che altro Scrittore del medesimo fatto non iscriue diuersamente. Oltre che à molti Scrittorj tali auuiene delle Historie hora quello; che al Pirausto. Et Labieno historico può farne questo Autore delle Inconsiderationi fede: Ma percioche, segue questo moderno Aristarco dicendo. “Stupisco come cosi liberamente senz’altra Dechiaratione hebbe quest’huomo, che fà il Sauio più d’ogni altro, apportata cosi fatta conchiusione.” Io ui dico, Benigni,e Sinceri Lettorj, che io molto più mj stupisco della inconsideratoa inconstantia di questo nuouo Aristarco. Egli ha detto poco poco prima, che’l moderno Aristosseno ouero Autore del Parere, non solamente ha pigliato dottrina da suoj Maestrj, et consiglio: Ma che anche di presente crede à’ Dotti; con quaj parla, et si consiglia. Et hora soggiunge, ch’Ei fà il Sauio più d’ogni altro: Chi parla, et si consiglia con Dottj non si persuade di sapere: E chi [-110-] si persuade di sapere, non parla ne si consiglia co' Dotti: Ma parla, et spera di suo Capo come si uede chiaramente, che questo Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni parla et opera senza parlare, et consigliarsi co' Dotti, co' quali, s'Ei parlasse, et si consigliasse, et si appigliasse al buono lor consignlio, non pubblicarebbe certo almeno per le Stampe queste sue tante Imperfettionj, et Inconsiderationi per le quali Ei si fà conoscere publicamete, non solamente per poco Sauio: Ma per poco modesto, cosi succedendoli tutto'l contrario di quello; ch'Ei come falso consigliere, et uano Adulatore di se medesimo si persuade, che sia per auuenirli, poiche gliene succede perpetuo Uituperio in uece di gloriosa Fama. “Ma come (dice seguentemente questo moderno Aristarco, intendendo di essa Conchiusione) nelle Leggi sia uera et anco falsa, Alessandro di Neuo sopra il Decretale Titulum de Appellatione Capitolo Cum paruerit, et l'Abbate nello istesso luogo, lo dimostrano;” che è per fine, et chiusa finalmente di questa sua cosi lunga, et capricciosa tredicesima Inconsideratione. Hora se alcuno ui ha, che sappia uolgere, et leggere le carte scritte, et che sono in istmpa di Alessandro de Neuo sopra il Decretale Et similmente quello dello Abbate [[ne]] [et add. supra lin.] trouj sotto’l Titolo de Appellatione il Capitolo Cum paruerit, Ei sarà certamente un gran ualentuhuomo, poiche ui trouarà cosa; che non ui è. À questo uero Padre delle false relationj, come, per lo innanzi si è sempre alle occorrentie dimostrato, si ha dunque da credere senza hauer chiarezza del Rapporto? Che marauiglia dunque è; s'egli ha fatto si grande Schiamazzo, se si è tanto dimenato per uoler dare ad intendere, che per ogni modo si habbia da dar credenza al Relatore, ne cercare altra chiarezza del Rapporto? Ma bastaua solamente ch'egli hauesse presentato il priuilegio di questa sua Eccetione, et immunità, et non uoler, che altrj contra la chiara dispositione delle Leggi possa cosi sfrontatamente scorrere questo Campo. Ma affine; che apparisca un'altra falsità nel detto di luj, come nelle Leggi sia uera, et anco falsa, essa Conchiusione, Dico, che'l Capitolo Cum peruerit, et lo altro di quej Giuresonsulti parla in particolare della fede; che si ha da prestare, et da non prestare al Noncio, ouer Messo publico, giurato portatore delle Citationj intorno alle Relatione delle Citationi et delle cose prossime, et annesse à quelle. Et esso Capitolo è il 19. Et Alessandro da Neuo, Notabile 64. Uenio nunc ad tertium principale, scilicet An credatur Nuncio, et cetera. Et al 74. Nonquid autem Nuncius possit alicuj committere; quod citet loco suj, et cetera. Et lo Abbate Notabilia 4. Notat quarto Textu Ualde notabile quod Nuncio creditur non solum super nuda citatione: Sed etiam super his, et cetera. Et Notabile 12. Quaero etiam, et reuoco in dubium, An Nuncio sit credendum? Solus Glossator in primo inducit, et cetera. Ma com'essa conchiusione, che al Relatore non si crede, se non si ha manifesta chiarezza del Rapporto sia [uniuersalmente add. supra lin.] sempre uera, lo dimostra chiaramente il Natta nel suo Consiglio 634. al Notabile 14. Tomo iij Non enim dispositio referens se ad aliud (ne uuò di rifereire intieramente tutto esso Notabile) sortitur effectum, nisi constat de Relato. Ut est Textus optimus in Littera In Testamento l. 1. ff. De Conditione et Demonstratione. Et facit quod dicit Baldus in 1. ciuile ff. De Conditione et demonstratione. Ubi uult, quod ubi una Scriptura mittit se ad aliam, tunc utraque est edenda, quia una continuatur alteri ex natura relationis. Et si non apparet illa, ad quam fit relatio, et remouatur Rationis perfectio, et intellectus, una sine alia non ualet. Accedit, quod dicit Baldus in littera prima in 10. C. de Episcopo. Et Clericis ubi quaerit utrum, quando Statutum [Statum ante corr.] refert se ad aliud, debet fieri fidem de Statuto relato. Et distinguit, quod aut Statutum [Statum ante corr.] refert tenorem alterius Statuti: Et tunc Statutum referens sufficit, nec oportet aliud quaerere [signum] Quibus, in primo Constit. [signum]. Et questo; Percioche lo Statuto è cosi da se stesso certa legge, non referendo, come referendo le pretese parole di altro Statuto. Et segue, Aut non refert tenorem. Et tunc si dispositio certa non habeatur, oportet constare de Statuto relato: alias Statutum referens est inefficax. allegat d. l. in Testamento ff. de conditione et demonstratione. Similiter dicit Baldus in l. 2. per illum Textum C. de erroribus. adun 16. a si, et cetera. Dapoi nel Consilio 618. Notablle [[44]] 4. Parte iiij. [[del]] il medesimo Natta dice cosi. Et refferens est nullum, ubi de relato non apparet l. in Testamento ff. De consideratione et demostatione Auctorum Si quis in aliquo Capitulo de Edendo. Et paria sunt non esse, et non apparere. l. duo Sunt Titij ff. De testamento tu. l. si fuerit. ff. de rebus dubiis. Le Dottrine poi di Baldo si possono poi uedere; Percioche io non uoglio quj' formare sopra ciò una lunga Scrittura; Et essendo anco il già detto più che di souerchio non che à bastanza. Comincia poi questo nuouo Aristarco la sua quattordicesima Inconsideratione cosi dicendo. “Andauo credendo, che questo moderno Aristosseno si fosse contentato d'hauere attribuito ad Aristosseno, ouero ad Euclide come Seguace di Aristosseno le cuj parole ha tolto à glossare, sette specie di Diesis, cosa molto lontana dalla mente dell'uno, et dell'altro; ma uedo, che per dimostrare, che non sono sufficienti, et basteuolj à conseguire il suo intento, se ne uogliono prendere de gli altrj. però uenendo secondo il solito alla Demostratione del Colore Enarmonico, di cuj una sola Spetie da Aristosseno, et suoj Seguaci è stata consignata ci uuole ancora dare nelle loro proportioni dalle passate differenti, la forma di due altri Diesis, tanto che si arriuaranno al numero delle noue Muse, come poco fà io dissj.” Finge al solito suo questo [[uero]] Padre delle Inconsiderationi Et delle Imperfettioni che nel uoler confutare la Dimostratione del Tetracordo Enarmonico di Aristosseno fatta dallo Autore del Parere moderno Aristosseno quj' quasi come allo improuiso li sopragiungano due Diesis differenti da gli altri Sette sopradetti secondo luj diuersi trà loro; Onde noue, dic'Ei, uengono ad essere in tutto: Poi smemoratamente scoprendo questa sua uana fintione dice, ch'egli cosi uengono ad arriuare al numero delle noue Muse, come ha poco fà detto. Et è uero;chEi lo ha detto presso il mezo della duodecima sua Inconsideratione, hauendoli à carta 42. anteposto quel sententioso motto di Barba Zeuaino. La non starà lì. Ma percioch'Ei dice, che dallo Autore del Parere è stato attribuito ad Aristosseno, ouero ad Euclide suo Seguace essi noue Diesis diuersi, dico, che ne ad Aristosseno ne ad Euclide sono stati da esso Autore del Parere attribuiti altri Diesis, ne in altra maniera, che quelli; i quali, et nelle quali sono stati loro attribuiti e da Tolomeo, et dal Galileo, et dal Zarlino ne' luoghi già soprallegati, et che alle occorrentie seguentemente si allegaranno. Et poiche anco insieme dice questo Padre delle Inconsiderationi ch'essj Diesis sono molto lontanj dalla mente dello uno, et dello altro, ciò è, di Euclide et di Aristosseno: s'egli hauesse, dico io, quella buona memoria, ò facesse quella reuisione delle cose; ch'egli ha scritto, e scriue, la qual si conuiene, et si deue ad auueduti, et diligenti Scrittori, si sarebbe ricordato et haurebbe ueduto quello; che altre uolte in questi similj casi gli ho ricordato io; che è, di hauere egli nel principio della quarta sua Inconsideratione à carta 8. scritto, ch'Ei non è restato Secretario, ne meno herede della Opinione di Aristosseno. Ond'Ei non uenendo ad hauer di ciò uoce in Capitolo dourebbe starsene cheto, come similmente dourebbe hauer taciuto, che lo Autore del Parere habbia tolto à glossare le [-113-] parole di Euclide, [[et]] [come seguace add. supra lin.] di Aristosseno; Essendosi Ei cosi dicendo grandemente ingannato; Imperoche non à glossare quelle: Ma si bene à chiaramente dimostrarle per linea si è con diligente industria esso Autore del Parere adoperato, cosi cercando di conseguirne, come appresso ogni [[inteligente]] Intelligente ha ueramente conseguito, lo intento suo. Ma uediamo di gratia di spedirci solicitamente. “Questo Colore (ciò è, Enarmonico Aristossenico dice questo moderno Aristarco [[)]] recitato, ch'egli ha: ma non però senza qualche sua solita alteratione, le parole dello Autore del Parere et fattane la Dimostratione) secondo la Descrittione delle proportioni assignateci dal moderno Aristosseno necessariamente sarà cosi ordinato.” [Bottrigari, Aletelogia, 113; text: A., B., C., D., 40, 39, 38, 30 Diesis enarmonico, Ditono incomposto 24, 3.] E dice il uero secondo i numeri radicali delle proportioni assignati ma non già conforme alla Dimostratione Aristossenica linearmente fattane dallo Autore del Parere che quj' linearmente anco replica questo Autore delle Inconsiderationi ciò è. 120. 117. 114. 90. Ma da luj poi schisata per 3. per cosi dimostrarsi uno eccellente Mattomattico: Ma Ei si è poi smenticato di Scisare similmente per 3. le differenze loro 3. 3. 24. che sono trà 120. et 117. et trà esso 117. et 114. et trà esso 114. et 90. riducendole ad 8. 1. 1. che uengono ad essere trà 40. et 39. et trà esso 39. et 38. et trà detto 38. et 30. “Alla dichiaratione del quale procedendo [[io]] dico (segu'Ei) che ci assegna (ciò è, lo Autore de Parere) due altre specie di Dieesis Enarmoniche che collocare si possono nel numero con gli altri Sette, et sono li Seguenti. [Bottrigari, Aletelogia, 113; text: Diesis Sesquitretanouesima, 40, 39, Diesis Sesquitrentotttesima 39, 38] Ne può negare, (soggiung'Ei) che tutti questi noue Diesis, non siano l'uno dall'altro differenti, perche sono ne suoj radicali terminj, da proportioni differenti contenuti. E'l Ditono in questo colore entra incomposto, per le ragionj di sopra dette, e non sonoro, non di meno frà l'altre considerationj che Aristosseno ha hauuto, una delle principali è stata di dar soddisfattione all'udito.” Dice adunque questo Aristarco, che i due Diesis Hermafroditi per nominarli egli hora maschij, et hora femine, si possono connumerare con gli altri sette sopradetti. Et che lo Autore del Parere non può negare, che essi non siano differenti. Et io dico, che non ch'Ei lo nieghi: ma che gli afferma differenti; Imperoche i primi sette sono Cromatici, et di specie cromatiche diuerse trà loro, ciò è, Cromatico Tonico, [-114-] Et cromatico molle, ò dilicato, Et cromatico Sesquialterro. Et questi altri due sono Enarmonicj semplicj. I cromatici Tonicj poi come Semituonj per diuideere aritmeticamente in due parti eguali il Tuono di 12. Oncie, ò particelle. I cromatici mollj, come alquanto minorj del Semituono per diuidere aritmeticamente esso Tuono di 12. Oncie, ò particelle in tre parti eguali. I cromatici Sesquialteri per essere in proportione Sesquialtera con gli Enarmonicj, et alquanto maggiori de' cromatici molli, ò dilicati. Gli Enarmonicj poi come ueri Diesis per diuidere aritmeticamente il Semitono di 6. Oncie, ò particelle in due parti Eguali, ouero in quattro esso Tuono di 12. Oncie, ò particelle. Che'l Ditono Incomposito tale di questo Colore Enarmonico non sia [[men]] sonoro, dico essere impossibile; poich'Ei nasce da due Suoni diuersi in acutezza, et [in add. supra lin.] grauità: Ma se [si ante corr.] [[Ei]] [questi Artusi add. supra lin.] uuole con tale suo parlare improprio intendere sonoro per consonante, Et che Aristosseno trà le altre sue considerationjj habbia hauuto questa per una deelle principali di sosdisfare allo udito, dico, che questo moderno Aristarco si scuopre di poca letteratura, et di minor memoria; Imperoche Aristosseno presso [[i]] la fine del secondo libro de' suoi Armonici chiama il ditono dissonante, et per tale ne fà particolare ricerca insegnando di trouare gl'Interuallj disonanti per li consonanti: Et esso Autore delle Imperfettioni et uero padre delle Inconsiderationi adduce essa Regola di Aristosseno per dimostratione, benche male intesa da luj, et imperfettamente [al suo solito recitata add. supra lin.] nel primo [[suo]] Cicalamento delle sue Imperfetioni à carta 31. b. ett 32. Et che trà dette principali Considerationi hauute da Aristosseno una sia il dar sodisfattione allo udito, io non sò, ne credo, che ciò sia detto da Aristossono, ne uero: Ma so bene io certo, ch'egli in molti, e molti luoghi de' tre suoj libri armonici [frammentati add. supra lin.] ha detto, et costituito il senso dello udito Giudice, et Arbitre de' Suonj: et sò di hauere con ciò detto, et allegato molti di essi luoghi negando questo Autore delle Inconsiderationi che Aristosseno habbia uoluto, che si creda al solo senso dello udito. Segu'Ei poi cosi. “Dice di sopra l'Autore (ciò è del Parere) che se saranno sonate ambedue le corde di sopra dette insieme si sentirà quello cosi fatto interuallo da luj descritto. Et che uorrebbe? Forse ch'io in luogo di un Diesis io sentissj una Ottaua Unisona?” Et perche? Rispondo io. Pare à luj forse ciò cosi gran marauiglia? Uno impossibile? S'egli hauesse memoria (replico) come luj bisognarebbe, non li parerebbe ciò strano, ricordandosi che'l suo signore Patricio in facendo uan sua Dimostratione [-115-] [- 117-] di questo Tetracordo Aristossenico inuece di questo istesso Ditono incomposto ne dimostra, come un passa per parte di mezzo Mucchio un Semituono maggiore sesquiquindicesimo. Et similmente nella sua Dimostratione del tetracordo Diatonico Aristossenico in cambio di un Semituono fà risonare un Ditono sesquiquarto Didimico, et Tolomatico. E che più? nella istessa Dimostratione fà, che si oda per un Tuono Aristossenico quella Diapason unisona; della qual'esso Padre ueramente delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni et Maladicentie [insieeme add. supra lin.] pare, che si pigli hora tanta marauiglia. Non ha per ciò ne impertinentemente ne souerchiamente detto lo Autore del Parere hauendo detto, Come si sentirà sonate insieme ambedue esse corde A D, et A E. Et che anche ciò sia uero, esso moderno Aristarco lo conferma sequentemente dicendo. “Chi dubita, che quelle parti ritrouate nella magnitudine secondo quelle proportioni che sarà di bisogno, ch'io senta quello, et non altro Interuallo? Et anco nella magnitudine ritrouarò per il mezo delle loro proportioni assegnatomj gli Estremj del Ditono incomposto; Chi non sà, che in luogo suo, io non sentirò una quinta, ma uno Interuallo dissono nella maniera, che di sopra ho dimostrato?” Non lo seppe il uostro signore Patricio, et meno il suo millantatore [millantantore ante corr.] Campione, difensore, et protettore; Il qual cosi potrà conoscere homaj, che i dispropositi sono suoj proprij, et non de gli huominj prudenti, e scientiati. “Horsù (dice molto fastosamente questo Autore delle Imperfettionj, et [[parimente]] padre ueramente delle Inconsiderationi sognandosi di hauer ueduto) che nella Demostratione di questo Colore, s'è abbagliato, come nelli altri.” E dou'è questo abbagliamento dello Autore del Parere? À chi lo ha dimostrato questo moderno Aristarco? Che glorioso uanto è questo suo? Egli ha pur dettto, Chi dubita, che quelle parti ritrouate nella magnitudine secondo quelle proportioni che sarà di bisogno ch'Ei non sentirà una quinta: ma uno Interuallo Dissono: co'l rimanente.Dimostra Ei ciò forse con dicendo, “Et ultimamente con il uolersi saluare col mezo dello accorciamento fatto non rispetto alla totale lunghezza della linea con li ponticelli, ma rispetto al suono ha dimostrato intieramente quanto poco intenda di questi concetti. Ma questa con le altre ci uanno argomentando, che tutte le Dimostrationj da luj fatte, non sono secondo la mente di Aristosseno come ci propone nel [-116-] principio del suo Parere. Et nel mezo à carta 36. et 37. di dimostrarci?” Pare [[à uoj]] forse à uoj, benigni, et Sinceri Lettorj; che questa sia una Dimostratione dello abbagliamento dello Autore del Parere? Pare à uoj, che si possa riuolger ueramente il suo dettto contra di luj, et dire, che questa con le altre sue conchiusionj ci uata certamente argomentando quanto egli bene intenda questi concetti musicali? Et le Dimostrationj; ch'Ei si propone? Et al dir suo, che lo Autore del Parere per saluarsi ricorre allo accorciamento fatto non rispetto alla totale lunghezza della linea con li particellj: ma rispetto al (manca, diuersità del) suono, io non uuò rispondere hora altro, che quello; che ho già risposto tante altre uolte, ch'egli ha ciò replicato impertinentemente per non intendere il detto dello Autore del Parere il quale, bench'egli habbia parlato sempre con ognj chiarezza di parole, non per altro che per maggior dilucidatione del detto suo soggiunse nella fine del suo Parere queste proprie parole. “Et in somma tale accorciamento loro accidentale s'intenda douer'esser rispetto alla diuersità del Suono, et non rispetto alla totale lungheza, et quantità della Corda proposta; Percioche ciascuna di queste; et di tutte le altre uarietà di suono; che distingue, et intenda, ò non intenda, e non distingue lo udito si possono (come si è ueduto) hauere per una sola Corda, e Stromento per ciò detto Monocordo.” Per le quaj parole sono io certissimo ch'esso Autore del Parere non intende hora, si come non fù sua intentione allhora ch'egli scrisse quel suo Parere di fare alcuna alteratione, benche minima, à' tagli, et accorciamenti da luj fatti delle linee, ò corde conforme intieramente et giustamente sempre alla quantità proposta, et assignata da Aristosseno trà lo uno, et lo altro suono de gl'Interuallj de' suoj Tetracordi, si come hanno anchora inteso prma di luj Tolomeo, il Galileo, et il Zarlino: Et io sono uenuto sempre allegando i luoghi' ne' quaj ciascuno di loro ne fà mentione, et descrittione numerale, si come hora medesimamente io dico Tolomeo far di questo Tetracordo Enarmonico Aristossenico: alla seconda Colonna della sua Tauola delle proportioni Enarmoniche nella fine del 14. Capitolo frammentato del secondo libro de' suoi Armonici cosi: 120. 117. 112. 90. Il Galileo à carta 110 del suo Dialogo Descrittione terza in questa maniera. [Bottrigari, Aletelogia, 116; text: D. F. G. a, 120. 117. 114. 90. superquattripartientequindici. Sesquitrentottesima, sesquitrentanouesima. 24. 3. 3. differenza] [-117-] Et il Zarlino nel terzo Capitolo alla terza Spositione del quarto libro de' suoj Supplementi carta 128. similmente in questo modo. [Bottrigari, Aletelogia, 117; text: 120. 117. 114. 90. Hypate meson. Superpartientequindici Ma uuol ueramente dire, superquattropartientequindici, Lycanos Hypaton. sesquiuentesima ottaua, ma uuol ueramente dire, sesquitrentesimaottaua., Parhypate Hypaton., Sesquitrentesimanona, ma uuol ueramente dire sesquitrentesiamanona., Hypate hypaton.] Le quaj Descrittionj numerali, et insieme tutte le altre tali da me addutteuj non può con uerità negare questo Usarti, padre delle Imperfettioni et uero Autore delle Inconsiderationi di hauer ueduto, dirò primieramente nel Dialogo del Galileo poi che lo ha imitato in ogni sua parte anco in preponendo à ciascun numero di ciascun Tetracordo il qual'Ei descriue, la lettera significantiuo essa Corda; Anchora che per sua imperfettione, et inconsideratione le habbia nel Tetracordo Diatonico incitato notate alla riuescia, hauendo posto lo A. significante Are, alla corda 90. più acuta: Et la D, significante D sol re, al 120. più graue: Et quando anco poi cosi fusse, sarebbe anco inuece per la ragione del Semituono altra uolta allegata; che è trà [le add. supra lin.] due [corde add. supra lin.] più graui ciò è 120. et 117. Similmente poi ne' Supplementi del Zarlino et con maggior certezza, poiche oltre lo hauer Ej copiato quas'intieramente essa Descrittione del Tetracordo Enarmonico à carta 117. et quella del Tetracordo molle Diatonico che è alla terza Spositione nel terzo Capitolo del medesimo libro à carta 119. alcune uolt'egli allega essi Supplementi trà le quali una segnatamente nella sua 4. Inconsideratione carta 10. dicendo cosi. “Il che dimostra il Zarlino nel libro 4. Capitolo 14. de' Supplementi luogo in quellj à carta 169.” non più lontano da esse Descrittionj, che una sola Carta: Et in conchiusione tutte le altre in detto quarto libro. Chiude finalmente questo nuouo, e moderno Aristarco questa sua quattordicesima Inconsideratione con un de' suoj soliti garbatissimi scherzi dicendo. “Et forse, che non fà un romore, un Strepito grande con questo suo Euclide, Tolomeo, Gaudentio, Boetio, et altri tanti Autori, che pare uogli mettere all'ordine tanti Capitanj per andare à battere la fortezza di Minerbio. Al quale Scherzo, se dalla mia protestatione mi fusse fatto lecito, non sono certo, che io non rispondessi, che à luj suo proprio Essercitio <....uale> si lascia il caricot pensiero d'inuiare il suo Essercito per la Culina uerso Montebudello à compir tale à luj diletteuole espugnatione. Ma riuolgomj à quello, ch'Ei soggiunge, che è quasi che “à luj solo come intelligente di cosa alcuna, ò [-118-] delle opinionj di Aristosseno, Et herede uniuersale de' suoj detti s'habbia da dare affirmatiua credenza senz'altra replica, et che basti à dire Magister dixit.” Se questo Autore delle Inconsiderationi, hauesse considerato qualche poco il Titolo co'l quale Ei nomina la persona' ch'Ei calunnia; il qual Titolo è, lo Autore del Parere, e tale è ueramente la Iscrittione di quel libretto, oltre il principale; che è il Patricio, non sarebbe tanto inconsideraatamente corso a dire quel Magister dixit: detto molto più conueniente à luj stesso: Ma s'egli hauesse ciò considerato, Ei non sarebbe, come ueramente è lo Autore, e uero Padre delle Inconsiderationi. Hora, non parendo à questo Usarti, Aristarco moderno di hauuere intieramente sodisfatto à se stesso alla insita sua malignità, rapiloga il più calunniosamente detto con nuoue maledicentie nella seguente quindicesima sua Inconsideratione alla qual'Ei dà questo principio. “Et perche parmi hormaj tempo di dar fine à questo libro di Consideratione, sarà questa l'ultima, nella quale racccogliendo alcune cose che spropositi ragioneuolmente si possino addimandare, le andrò toccando, non tutte, ma quelle che mi paiono al proposito per fare il Lettore auertito. Uolendo di poi riuolgere la penna altroue, in queste bagattelle sforzatamente occupata.” Haurej certamente creduto, ch'egli hauesse fatto meglio, et con maggiore sua riputatione à non hauere scritto quel tutto, ch'egli ha sin'ad hora scritto, e publicato per le stampe; Imperoche egli hauendo creduto di acquistarsi honore scriuendo et publicando i suoj Scrittj, ha perduto affatto quella stima, e presuntione del suo sapere; nella quale facilmente altri haurebbe potuto luj tenére. Et maggiormente ch'egli stesso à ciò dà nome di Bagattelle; nelle quali dice di hauer tenuto sforzatamente la penna occupata. Ma chi fatto à luj ha questa forza, questa uiolenza? Non altri ueramente che la sua propria, e naturale complessione maledica, e maligna; che del continouo gl'inquieta, e perturba lo animo, non li concedendo riposo se non quanto egli ò con fatti, ò con detti disturba, et molesta chi del riposo, et della quiete si compiace. E doue credete uoj, Benigni, e sinceri Lettori, che sia poi questo moderno Aristarco per uolger la sua penna, che occupata hora in queste malediche [maledicentie ante corr.] Bagattelle dice di uoler riuoltare altroue? Non altroue u'imaginaste, che in qualche Scrittura [-119-] simile ad una sua Lettera titolata apologetica del Burla Academico Burlesco al Reuerendo Don Uincentio Spada da Faenza. Ouero, ad un’altra sua Operetta con non [[men]] breue Iscrittione, et con Chiosa assai ben lunga tale. Giudicio muisicale del signore Cabalao Nobile di Poueia, Academico Infarinato intorno alle Differenze nate trà il dottissimo Zarlino, et il signore Dottore Uincenzo Galilej nobile Fiorentino, Mathematico, Musico Teorico, Pratico, sonatore di lauto, et Maestro di da Scuola [Scuiola ante corr.]; Nel quale si scuoprono molte impertinenza, sognij, Chimere musicali dette nel Discorso ultimamente dato in luce. E la Lettera precedente à questo Giudicio dirizzata ad esso Galileo soto la Data del di 8. di Aprile 1590. incomincia cosi. “poiche non sete restato sodisfatto della Correttione fatta al uostro nonuostro Dialogo della musica, et moderna: Ma molto più pertinace sei uscito nella Scena con tanti Spropositi, sogni, Chimere, et Fantasmi di prima in forma di nuouo Gratiano, et andate cercando che’l Mondo con nuoue Impertinenze ui scuopra a fatto a fatto per ignorante ostinato, e malitioso: son contento, et cetera. Le parole poi del fine di Esso Giudicio [[Apologetico]] rititolato cosi “Trattato apologetico in difesa dell’Opere del Reuerendo Zarlino da Chioggia; il quale comincia. Mentre dhe questi signori [[Dottore]] Accademicj erano ragionati per alcuni affari, et cetera sono queste. L’Arte adunque ha imparato dalla Natura, et ha quella per Duce intutte le sue Operationj, et non la Natura l’Arte. Et è somma pazzia la uostra signore Dottore il dire, et lo credere al contrario. Et il principio di essa Lettera apologetica è questo Che domine è quello che costì di uoj si sente? c’hauete uoj fatto? Un bisbiglio, un fracasso, un romore tanto grande, che m’ha per amor uostro hormaj leuato il ceruello da luoco, à luoco, et cetera. Il fine poi di quello è tale. Imitate nell’opre uostre Adriano, Cipriano, il Merulo, il Porta che sono Autorj della buona Scola approbati, lasciate le Bagattelle d’alcunj Modernj, et attaccateuj à uno Stile che sia purgato, che à guisa di un Cicerone, d’un Tito Liuio, d’un’altro Cesare ui acquistarete un credito incredibile, ma frà tanto che state inuolto nell’ignoranza, et che ue ne uiuete senza pensiero di passare più oltre nell’intelligenza delle cose, credete à me che gitate il tempo à pigliar Cocodrillj, et assicurateui che à pena hanno le uostre labra tocco le Acque del Fonte di Parnaso. Horsu ui [-120-] lascio à Dio della nostra Cancelleria il 14. Genaio 1588.” Tale finalmente è la sua Soscrittione. Uostro cordialissimo Amico. Il Burla. Dice (segue [[esso]] [[Costui add. supra lin.] poi [Costuj add. supra lin.] in detta sua quindicesima Inconsideratione) che'l “Semituono è parte del Tuono sesquiottauo, Et le sue parole (ciò è, dello Autore del Parere) sono tali à carta 10. Et la Sesquiottaua che è il Tuono da per se sola è maggiore del Semituono per esser egli parte di quello.” E chi è quello nella Musica tanto insensato, che non sappi che il Tuono è maggiore del Semituono? Non uuole in modo alcuno questo moderno Aristarco restar di ueramente dimostrasi Autore delle Imperfettioni. Et per ciò co'l mezo della [[solita]] [naturale add. supra lin.] sua malignità propone [com'egli è solito add. supra lin.] imperfettamente quelle parole dello Autore del Parere che da luj come notissime sono in quel luogo addutte à maggior forza della sua Argomentatione; la quale io quj compiutamente adduco, addutta [[però la]] prima però anche in maggiore intelligentia del tutto la proposta del Patricio nella sua Dimostratione lineare del Tetracordo Diatonico incitato: Et sono queste appunto. “Trà la prima Corda A, et la seconda B, detrattene le 6. prime particelle eguali da A, à B, uuole il Patricio (come habbiamo ueduto) che resti lo Interuallo di un Semituono Diatonico Aristossenico: Ma percioche il Patricio imaginandosi di cosi fare udire trà quelle Corde risonare il Semituono, in quella uece fà sentire un Ditono incomposto Enarmonico di Didimo, et di Tolomeo; Perciò lo Autore del Parere sillogiza cosi seguendo. Hora, perche l'una Corda tutta A, si come tutta l'altra B, è parimente diuisa in 30 particelle eguali; Et perche anco tra l'A, et il B, sono 6. di esse particelle che è la quinta parte di essa Corda tutta A, ouer B, et perciò restando la B, fin al fine cosi dell'una prima A, come dell'altra seconda B. 24. particelle che sono le quattro parti delle cinque di tutt'esse linee A, et B, segue, che tutta linea A, alla parte (maggiore) della seconda B, habbia proportione da 30. à 24. che è sesquiquarta. Ma la Sesquiquarta è proportione composta delle due proportioni sesquiottaua, e sesquinona giunte insieme: Et la Sesquiottaua; che è il Tuono da per se sola è maggiore del Semituono per esser parte di quello; Adunque la Sesquiquarta proportione è molto magggiore della proportione del Semituono: Ma cosi trà tutta la linea A, et la parte maggiore della seconda B, è la sesquiquarta, adunque, toccandosi l'una, et l'altra di quelle insieme non ui si udirà il Semituono Diatono [-121-] dj Aristosseno: ma si bene il Ditono composto enarmonico di Didimo, et di Tolomeo; il qual è contenuto da essa proportione Sesquiquarta. Come, et cetera.” Cosi dunque chiaramente appare, che ciò non si può con uerità chiamare sproposito dello Autore del Parere ma si bene intende disproposito, et una delle Impertinentie dello Autore delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni Aristarco moderno; Il qual non contento delle calunniose sue Censure de gli Scritti altruj, alla Fama di quelle anche troppo scopertamente uà detrahendo. Et eccone un'amplissima dimostratione. “Io non sò, come possa (dic'Ei seguendo) un'huomo, che fa professione d'hauer tradotti di greco in italiano, Aristosseno, Briennio, Euclide, Tolomeo, et altri grauissimj Autori dica cosi fatte cose. È ben uero, che quelle Traduttionj da luj semplicemente non sono state fatte, ma ui ha gran parte il gentilissimo signore Ascanio Persio delle greche lettere professore, et nello studio di Bologna Lettore.” Ò gran temerità: Ò souerchio ardire. Ben posso io affirmare, che non sò come giamaj huomo di quello habito riguardeuole; che ueste questo Usarti, che ha fatto professione di humiltà, dica, et commetta tanto spetiatamente cosi fatte cose. E doue ha trouato Egli: Et da chi ha egli inteso, che'l signore Ascanio Perseo professore, et intelligentissimo delle greche letter, et per ciò di quelle pubblico lettore nello Studio di Bologna gentilhuomo ueramente ornato d'ogni nobile qualitade habbia gran parte nelle Traduttioni che'l Caualier Bottrigaro Autore del Parere ha fatto in parlare italiano di Libri Armonici non di Brienio: ma si bene di Aristosseno di Euclide, di Alipio, di Gaudentio, di Plutarco, e di molti altri grauissimi Scrittori? E come potrà maj costuj giustificare se medesimo di questa cosi graue ingiuria fatta ad altri con macchiata Coscientia? Sono io certissimo che'l signore Ascanio Perseo non potrà maj affirmare, ma affirmarà giamaj il detto di questo precipitoso Scrittore, s'Ei però merita nome di Scrittore, che più tosto di Scicheratore il Titolo li conuiene. Et di questa mordace calunnia hauendo Ei nel principio anche ragionato, più oltre non ne dice. “Tratta (segu'Ei) dico del Semituono in quel luogo, ma di quale essendo li Semituoni molti, et diuersi dicalo luj.” Ma dubitando, et ragioneuolmente questo Aristarco moderno, che dallo Autore del Parere non li sia dato, com'Ei merita, et come [-122-] sarebbe il conueneuole, il tacere per risposta facendosela Ei, et dicendosela à se stesso risponde in questa maniera. “Si uuol dire di quello di Aristosseno, di cuj egli è (locutione Artusiana) in proposito; che ha da far gl'Antipodi con la Gaza marina? (ò buono) il Cucco con il Cane? (meglio. Queste sono ingiurie. Questi sono mottj da far rider Saturno) Et s'egli stesso (segu'egli appresso) ci uà descriuendo nel Tetracordo Diatonico due sorti di Tuono dal Sesquiottauo differenti secondo la mente di Aristosseno, et ci dimostra tre specie de Semituonj nessuno de' quali ha da fare con il Sesquiottauo, non essendo maj questo Tuono da luj considerato in queste distributionj, ne nominato, che sproposito è questo?” Gran cosa è ueramente, che tutto quello; che questo poco giudicioso Censore non intende, uenga da luj detto sproposito: E pur spropositi sono uueramente i suoj. Quì confessa Ei, che dallo Autore del Parere sono, secondo la mente di Aristosseno in esso Tetracordo Diatonico descritti non solamente due Specie, ò Sorti di Tuono differenti dal Tuono Sesquiottauo: ma tre specie di Semituoni; de' quai niuno ha che fare co'l Sesquiottauo: poi subito soggiunge, che questo Tuono, ciò è, il Sesquiottauo non è maj stato da luj, ciò è, [da add. supra lin.] Aristosseno, considerato, ne nominato in queste Distributionj. Com adunque stà, che se le due specie di Tuono diuerse dal Sesquiottauo sono secondo la mente di Aristosseno, che Aristosseno non dico nominasse, che certamente Ei non nominò giamaj ne' suoj trè libri armonici frammentati il Tuono sesquiottauo: ma quello non [[nominasse]] [considerasse add. supra lin.]? E se le [trè add. supra lin.] specie de' Semituonj dimostrate da esso Autore del Parere non conuengono co'l Tuono Sesquiottauo, che marauiglia è questa? Gran marauiglia dourebbe parere, se per contrario essendo diuersi quej Tuonj; da' quaj questi Semituonj deriuano, hauessero conuenientia co'l Sesquiottauo: Ma quando essi poi gliele hauessero, non sarebbono conformj alla mente di Aristosseno. “Se dica (segue lo Autore delle Inconsiderationi) del Tolemaico frà li terminj 16. et 15. cosi determinato, Egli non è parte, ne pezzo del Sesquiottauo, ma del Sesquinono, che per ciò alla reintegratione di esso Sesquinono, ci uà il Sesquiquindicesimo co'l sesquiuentiquattresimo insieme accopiati come sue parti.” E doue ha questo Padre uero delle imperfettionj, trouato, che'l Semituono sesquiquindicesimo; del quale non ha lo Autore del Parere hauuto in quel luogo pensiero alcuno, non possa esser parte, ne pezzo del Sesquiottauo? [-123-] Ma solamente del Sesquinono? Cosi come à reintegrare esso Sesquinono si aggiunge il Sesquiuentiquattresimo ad esso sesquiquindicesimo, non si accoppia similmente con esso Sesquiquindicesimo il supersettepartientecentouentottecimo [supersettepartienteuentottecimo ante corr.] mentionato dal Zarlino nella fine del 18. capitolo del 4. libro de' suoj Supplementi et da luj detto mezano; che ha seguentemente il suo luogo trà il [sqb] fa, Sinemmenon, et il [signum] acuto, come rimanente del Tuono Sesquiottauo della Diuisione trà a la mi re, et [signum] mj. Et una primiera parte del seguente Tuono Sesquiottauo trà esso [sqb] fa, G re sol fa ut, in detto Tetracordo Sinemmenon? Cosi [Bottrigari, Aletelogia, 123] Cosi dunque manifestamente appare, quanto poco sia considerato nel suo scriuere questo nuouo Aristarco; il quale per buona conchiusione di questo suo Discorsetto arditamente soggiunge. “Non ragiona adunque questo moderno Aristosseno del Semituono Tolomaico, ne di quello degli Antichi; che al suo proposito sarebbe un disproposito; ma di quello di Aristosseno. Et se bene Aristosseno, come ho detto, altre uolte ne suoi fragmenti non nomina maj ne proportione sesquiottaua, ne Tuono sesquiottauo, ma semplicemente il Tuono, nondimeno si piglia spasso quest'huomo di uolere, che Aristosseno dica à suo modo, et tutto fà per ridurre le cose à suo gusto, et secondo li disegni suoj.” Chi è smemorato più di questo Padre delle Inconsiderationi è bene smemorato da douero. Un Grillo per mio credere ha maggior memoria di luj. Poco di sopra Ei dice, che'l detto del nuouo Aristosseno Autore del Parere è uno sproposito, et hora dice, ch'Ei non ragiona del Semituono Tolomaico, ne dello antico; Imperoche sarebbe un disproposito al suo proposito. Et percioch'Ei segue dicendo, che si com'egli ha detto, altre uolte Aristosseno ne' suoj frammenti (ciò è, ne' suoj Elementi armonici frammentati) non nomina maj proportione sesquiottaua, dico, ch'ei si mostra hauer poco consideratamente letto quej libri di Aristosseno; Imperoche se bene Aristosseno non fà mentione maj particolarmente della Sesquiottaua, dic'Ei nondimeno secondo il Gogauino latinamente cosi, passato il mezo del suo primo libro di essi Elementi Armonici Tertia, quae dissectionem in simplex, et duplex, et multiplex conficit. Quacumque enim accipias complexione, simplicem, uel mutiplicem [[habebis]] inuenies. Et che poi lo Autore del Parere si pigli spasso, anzi diletto grandissimo non che Aristosseno dica à suo modo: ma di dire egli à modo di Aristosseno [-124-]: E che ciò tutto faccia ueramente per ridurre le cose secondo i suoj disegnj à gusto suo; che è d'hauer fatto quelle Dimostrationi linearj à dilucidatione della mente di Aristosseno conforme alle Descruttionj numerali che ne hanno fatto e Tolomeo, e'l Galileo, et il Zarlino ne' luoghi particolarj de' loro Scritti da me soprallegati. Et questi sono ueramente stati, et sono i disegnj del moderno Aristosseno. Et se lo Autore delle Inconsiderationi cosi dicendo intendeua, et ha inteso, et hora intende diuersamente, credamj, ch'Ei si è per lo passato grandemente ingannato, et che adesso maggiormente s'inganna. Hora, chi non sà, come questo moderno Aristarco, Usarti per calunniare à suo potere lo Autore del Parere auuertisca al modo quj tenuto da luj, che è, di non addurre i luoghi, come ha per lo innanzi sempre fatto anche à carta delle carte in esso Parere ch'Ei uuole censurare: Ma recita solamente alcune parole scompagnate, e smembrate, et quelle anco al solito suo alteratemente: Ma per iscoprire il gabbo si addurranno. “Per lo che (segu'Ei cosi) dice più oltre (ciò è lo Autore del Parere) che ci fà sentire far Due Corde la Diatessaron formalmente in atto: et allo istesso proposito, non facendo distintione dall'atto alla potentia, dice, che potentialmente si trouano. Et saltando Ei sù'l Puledro à disdosso bene, ò senza bestina soggiunge: uedo, che mi bisogna insegnarle la differenza dall'atto alla potenza: gran patientia, che mi bisogna hauere con questo huomo. Si può dir meglio? Si può meglio sporre un suo concetto? Tutto'l Fornaro, uolle dire il Boccaccio dell'Aposa stampato in Porta Rauignana: Ma bisogna, dice, insegnarle, ponendo le, della feminaa, per li maschile, com'è suo solito uezzo, se non uitio: [Gran patientia add. supra lin.] Mi bisogna (replica) hauere. Poi quelle rime differenza, potentia, patientia grattano il cuore: Ma uediamo alcunj luoghi nel Parere sospetti dalla Censura, cosi accennati appena da questo Autore delle Imperfettioni et delle Inconsiderationi Aristarco armonico. À carta 18 adunque linea 4. primieramente si legge cosi “Trà la prima et estrema Corda graue A, (come da principio è stato fermamente supposto) e tutta la quarta Corda estrema acuta D, Uiene per la risonantia trà loro della Diatessaron ad esser potentialmente trà loro anco la proportione sesquiterza, segue di necessità, et cetera” et linea 12. leggonsi poco men che le stesse parole: et sono: “Et trà tutta essa prima Corda A. et tutta la Quarta, et ultima Corda D, si troua per la supposta tra [-125-] loro Diatessaron la potentiale proportione sesquiterza della quale, et cetera.” Medesimamente à carta 20. linea antefinale, et carta 25. sono le quasi medesime parole. Et essendo anco, che “trà tutta essa prima Corda A, et tutta la Quarta D, si è supposto fermamente esser Diatessaron conteuta dalla proportione sesquiterza, segue, che detratta da essa proportione sesquiterza potentialmente posta trà le due Corde estreme A, et D. la proportione sesquiquarta per esser minore, et che habbia mostrato trouarsi potentialmente trà la parte maggiore C. della terza Corda mezana, et trà tutta la prima Corda A. graue, et ultima D, uenga per la conuersione, et cetera à restar potentialmente la proportione sesquiquindicesima; la quale, et cedera.” Cosi deue primieramente à Uoj, Benigni, e sinceri Lettori, esser manifesta l'alteratione fatta da questo infedele per non dir, come potrej con ogni uerità dire falso relatore; il qual per ciò pur uorrebbe; che si credesse à' Relatorj senza ricercare il confronto de gli Scritti; de' quali uiene da loro fattto rapporto. l'alteratione dico, e corruttione della fermatamente supposta Diatessaron, cosi detta, replicata, et triplicatamente scritta dallo Autore del Parere nella Diatessaron formalmente in atto, come scriue lo Autor delle Imperfettioni in questa sua quindicesima Inconsideratione ma si bene, et ueramente come da principio è stato [[detto]] fermamente supposto per la risonantia trà loro della Diatessaron, ouero, per la supposta trà loro Diatessaron: Et anche, si è supposto fermamente esser la Diatessaron, potrej facilmente imaginarmj, che uoj, Benigni, e Sinceri Lettorj fuste per comprendere benissimo il uero senso delle parole di esso Autore del Parere senza altra mia spositione, ò dechiaratione di quella; io non dimeno; accioche quj' non resti di esser posto anchora meglio il poco sapere, et la molta malignità di questo moderno Aristarco, dico, ch'essendo nella prima Dimostratione fatta dal Patricio del Diatonico incitato Aristossenico per le quattro Corde, stato supposto primieramente che di quelle la prima (et queste sono appunto le sue proprie parole) “in ogni tetracordo, oue la prima Corda con la quarta sonassero una consonanza Diatessaron (ò quarta, che la diciamo) fosse partita in 30. parti eguali a misura l'una conme l'altra.” Dopo la qual suppositione, et compartimento uenendo [- 126-] egli alla distributione di esse parti segue “Delle quali 30. parti, 6. ne andassero nello spatio della lungheezza della prima alla seconda (ciò è Corda) si che risonassero trà loro un semituono, et da questo per lunghezza della terza corda fosse doppio spacio al primo ciò è, 12. delle parti dette, che risuonano un Tuono intiero. Et altretanto fusse la lunghezza della quarta. Corda fin'alla fine, che sono le restanti 12. parti delle 20. sopradette per un'altro Tuono. Si come nell'Esempio sottoposto in 30. parti diuise tutte.” Non si deue dico in questo proposito, come forse auuiene in altri molti confondere la potentia con lo atto. Et atto quj' primieramente ha da essere inteso per l'attione, ouero Operatione, che dir la uogliamo; la quale si fà diuidendo ciascuna [di esse add. supra lin.] Corde cosi nelle 30. parti eguali, come nell'assignatione particolare delle 6. et 12. et 12. parti; ouero altro conforme alla distributione de gli Interualli armonici proposti; Onde poi uengono ad apparire le proportioni dello uno accorciamento deelle due Corde tramezze con lo altro. Potentia poi quj' si ha da intendere la Supppositione fatta dallo Interuallo Sonoro Diatessaron, ouero Quarta; che auanti ad ogni altra cosa è dal Patricio commandata, che sia trà tutta la prima Corda graue, e tutta la quarta acuta amendue non siuise; Onde poi trà quelle uenga ad esser potentialmente, ò uirtualmente poi che non apparentemente contenuta la proportione Sesquiterza, forma di essa Diatessaron. Cosi dunque non ha detto se non bene lo Autore del Parere hauendo, come si è mostrato hauer detto, che trà la prima et estrema Corda graue A (come da principio è stato fermamente supposto) et tutta la quarta Corda istessa ouero D, uiene per la risonantia trà loro della Diatessaron ad esser potentialmente trà loro anco la proportione Sesquiterza. Et medesimamente negli altri luoghi simili in esso Patricio Parere da me [per ciò add. supra lin.] recitati. Cosi dunque manifestamente anco appare, che lo Autore del Parere non ha bisogno alcuno, che da questo Aristarco Filologo moderno li sia ne mostrato, ne insegnato: E come presume questo Padre delle Inconsiderationi et delle Imperfettioni potere insegnare ad altri, s'Ei non ha maj imparato à bastanza per se? E perche disdegnosamente Ei soggiunge, mi bisogna con quest'huomo hauer gran patientia, io dico, che se'l portar la patientia [gliaggraua, e add. supra lin.] non li piace, non se la uesta: ò se può, la getti al tutto, ad ogni modo portandola Ei mostra chiaramente portarla dispettosamente [-127-] dispregiandola. Ne sò, che à luj sia bisogno alcuno hauer minima, non che gran patientia, com'Ei dice, con quest'huomo: ma son bene io certissimo che à quest'uomo, ciò è, al Caualiere Bottrigaro è necessario hauere non che grande: ma grandissima patientia con la immodesta [immensa add. supra lin.] importunità di questo Filologo Aristarco [[moderno]] armonico; la cuj Dottrina, e Scientia del distinguere, e del mostrar la differentia trà lo Atto, et la Potentia; che dice esserli bisogno d'insegnare, è tale, che ueramente Ei mostra di essere studioso molto di Ari sto tele; Onde infinita patientia bisogna, che habbia chi si dispone di ostinatamente leggere quelle 10. ò 12. regghe di sua Scrittura. Et io per me stupisco, trasecolo, e mi rido insieme di tanta sua imbecilità, di tanta sua presuntione di luj medesimo. E chi può maj tenér le risa leggendo quella gentil sua conchiusione. “Quando due Corde essendo unisone, non risuonano altro che un solo Suono:E che uorrebb'Ei che risonassero, uno Eptacordo, ò uno Enneacordo? Ma di questi spropositi (cosi poco appresso, et bene dic'Ei) ue ne sono le Cataste:” uoce, che mostra ueramente un grandissimo disproposito; Conciosiacosa che Catasta da' Latinj era detto il luogo, la piazza, il Mercato; doue si uendeano i Seruj: Ouero, i Ceppi cosi uolgarmente hora nominati quej legnj quadrati, grossi, et grandi; ne' qualj erano [[serrati]] [inchiauati add. supra lin.] allhora i piedi, ò Gambe de gli Scellerati seruj, si come hora si usa di racchiuderuj quej de' ribaldi prigionierj condennati. “Dice (ciò è lo Autore del Parere soggiunge questo Autore delle Inconsiderationi) che dalla Proslambanomenos alla Parhpatehypaton uà il primo, e grauissimo Tetracordo de' Modernj. Seguitano forse gli Modernj la Diuisione del Sistema massimo per Tetracordi fatta, come faceuano gli Antichi? Ò per la Diuisione di Guido Aretino Monaco in essacordi partito, detto Deduttione?” Sarebbbe ueeramente una gran marauiglia, se proponendosi questo Moderno Aristarco, Spirito peruerso, di far censura di qualche luogo ne gli altruj scritti, quello adducesse non adulterato, non falsificato da luj. Nella fine della carta 23. di Esso Patricio Parere leggesi cosi. “da Gammaut, à Cfaut, primo, et grauissimo Tetracordo de' nostri Musicj Modernj:E non da Proslambanomenos à Parhypatehypaton.” Ma rispondendo io alla dimanda, ch'Ei fà, se i Modernj seguono, ciò è usano la Diuisione del Sistema massimo fatta per Tetracordi, come gli Antichj, [-128-] ò pur la Diuisione di Guido Aretino in Essacordi, detta da qualcuno, Deduttione: ma non già da esso Guido: Dico, che i Musicj pratticj modernj nello insegnare di cantare la diuisione del massimo, et più che perfetto, et soprabbondante Sistema fatto da Guido Aretino; la qual Diuisione hauendo il suo principio in Gammaut, è distribuita in sette Essacordi, ciò è, (com'essi Prattici dicono) per [sqb] quadro, ò duro, et per b rotondo, ò molle [lascio quel loro per Natura, da me tenuto uano add. supra lin.] ciascuno de quali Essacordi contiene un proprio e particolare Tetracordo ad imitatione de gli Antichj; Il fine del quale è principio sempre del Tetracordo seguente; Donde nasce la duplicatione, et la triplicatione delle Sillabe, [[inserite]] [inseriti add. supra lin.] poi ne gli Essacordi con ordine conseguente delle sette Lettere Gregoriane Abcdarie, ciò è, [gamma] ut, composto del [gamma], Gamma, lettera (non già prima, come ho detto affirmare questo non sò, che mi dirlo, pur dirò Padre uero delle Inconsiderationi nel primo Cicalamento delle sue Imperfettioni nella fine quassi della carta 13. b. Ma si bene [[è lettera] quarta dello Alfabeto greco; et della sola Sillaba utt, si come anche è tutto il resto di quel primo Tetracordo, et di tutto lo altro seguente Cfut; il quale è similmente composto della sola C maiuscula, et delle due Sillabe, fa, per segno della fine di quel Tetracordo Et dalla ut, replicata per segno del principio dellaltro seguente Tetracordo terzo. poi il Ffaut cosi composto anch'Ei della F, maiuscola et delle due Sillabe medesime fa, ut ut, quella per simil segno della fine del Tetracordo C fa ut, questa per segno del principio del Tetracordo congiunto, ò diciam del b rotondo, ò molle. Poi Gsolreut, composto della sola G, maiuscula ma delle tre Sillabe Sol, re, ut: la prima sol, per quinta uoce, ò suono dello Essacordo C fa ut: la seconda per segno della seconda uoce, ò suono del Tetracordo Ffaut: la terza ut per segno, che iuj comincia il Tetracordo disgiunto, detto per [sqb] quadro, et insieme lo Essacordo quarto. Poi csolfaut, composto parimente della sola c, minusula à differenta dello uno Essacordo allo altro: Et delle tre medesime Sillabe sol, fa, ut: la prima sol, per quinto Suono, ò uoce dello Essacordo Gsolreut: la seconda fa, per dimostrare, che iuj finisce quel Tetracordo: Et la terza ut, per segno, che iuj principia il quinto Essacordo; Il che tutto insieme co'l rimanete della intiera distributione delle 22. uoci, ò suonj in esso più che perfetto, et soprabbondante Sistema chiaramente si uede nella quj' per breuità post'appresso figurata Descrittione. [-129-] [Bottrigari, Aletelogia, 129; text: Fine dello Essacordo settimo Ee, la dello Essacordo sesto dd la, sol del Tetracordo settimo cc sol, fa, [signum] mi. sesto bb fa Fine dello Essacordo quinto A a la, mi, re, g sol, re ut, principio settimo et settimo quinto f fa, ut, quarto e la mi, terzo d, c sol, fa, ut, [signum] mj [sqb] fa sinemmenon Dine dello, G, disgiunto, congiunto, E, D. C, fa, ut, mj, [Gamma]] Cosi dunque manifestamente appare [[ue]] esser uero, che da Gamma, ut, à C fa, ut, è, come dice lo Autore del Parere, il primo et grauissimo Tetracordo de' nostri Musici prattici modernj secondo la diuisione fattane da Guido Aretino in conformità de gli Antichj, et inserita ne' suoj Essacordi, manifestamente anche [per conseguenza add. supra lin.] appare esser uera calunnia la oppositione fatta da questo moderno Aristarco; il quale ha [[tanto ardito]] [come troppo add. supra lin.] pretenditore di se medesimo et indifferente dispregiatore degli altri tanto ardisce d'inconsideratamente [[riprendere, et di correggere lo]] [opponere, et contradire à gli Scritti dello add supra lin.] Autore del Parere soggiungendo. “Era il suo proprio douere frà le prime quattro Corde del primo, et grauissimo Essacordo non ci essendo altra diuisione da Modernj seguita:” Ma uedete, ui prego, Benigni, et Sinceri Lettori, come bono sia questo Autore delle Inconsiderationi et uero Padre delle Imperfettionj, inetendente delle cose musicalj. In essa trasformatione malignamente, et inconsideratamente fatta [da questo moderno Aristarco add. supra lin.] delle parole da Gammaut, à C fa, ut, dello Autore del Parere, nelle, dalla Proslambanomenos alla Prhypatehypaton, [[da questo moderno Aristarco]], “è (dic'egli) il primo, et grauissimo Tetracordo de' Modernj.” E doue troua Ej, che trà Proslambanomenos, et Parhypatehypaton sia un Tetracordo? Ò poco auueduto luj. Euuj bene un Tricordo, ò diciamo, una Terza, et non un Tetracordo, come Ei si è lasciato cadere inconsideratamente dalla penna, et [(quel, ch'è peggio) add. supra lin.] uscire in istampa questo [-130-] Aristarco moderno; che ardisce di uoler fare il riprensore et il Correttore di chi con ogni acuratezza scriue, e scriue buona dottrina; Onde non pur falsamente: ma con grandissima ignorantia recitando Ei quel luogo, et cosi credendosi di poter riprendere altri, si fà meriteuole di graue riprensione; et di seuera correttione. “Ma che dirò (segu'Ei) del tempo consumato intorno al uolere addurre autorità per agrandire il uolume. Che questa specie Enarmonica dal Signor Patricio descritta non sia inuentione d'olimpo ma di Aristosseno?” O gran felicità, che ha questo Censore nello sporre [scriuendo add. supra lin.] un suo Concetto [[scriuendo]] uolendo essere inteso non per quello, ch'egli scriue, e dice: ma per quello; che uorrebbe scriuendo dire. Hor come dolentesi del tempo consumato, à suo giudicio, dallo Autore del Parere in addurne autorità per dimostrar, che quel Tetracordo Enarmonico descritto dal Patricio come di Olimpo, sia di Aristosseno ripigliando questa da luj già fatta altercatione nella tredicesima sua Inconsideratione per aggrandire (cosi dic'ei d'esso Autore del Parere) il Uolume: aggiunge alle [già da luj add. supra lin.] soprallegate ragionj queste altre; che sicuramente Ei non douea per la bellezza, et rigorosa uiuacità loro tacer giamaj. Questa è la prima. Eraui forse luj presente? Poi replicando con ironìa la disputa dello hauere à dar credenza à rapporti ridice quello, che lo Autore del parere [in quello à carta 31 add. supra lin.] afferma, che descriuendo [scriuendo ante corr.] Boethio esso Tetracordo Enarmonico non dice di [[qu]] chi quello sia: Ma s'ei non lo dice apertamente lo dice tacitamente per lo confronto fattone co'l detto di quelli Autori; che lo dicono. Et percioche non sà questo Aristarco armonico procedere se non con motti sempre pungenti, dice seguentemente che lo Autore del Parere mostra lo studio grande; ch'egli ha fatto intorno à Pietro Hispano, Accioch'Ei conosca con molta maggiore chiarezza, ch'esso Autore del Parere ha studiato Burleo, et per ciò fuor da Pietro Hispano sà formare Sillogismj, et far buone conchiusionj assaggi questi formati da luj. Ogni loquace e bugiardo lo Autore delle Inconsiderationi è loquace; Adunque lo Autore delle Inconsiderationi è bugiardo [adunque lo Autore delle Inconsiderationi add. supra lin.] non è huomo da bene. Parmj poi questo argomento stemperato in Baroco; il quale non è da lasciare [esser add. supra lin.] in alcun modo. Ogni huomo uirtuoso è modesto nel parlare: Lo Autore delle Inconsiderationi è immodesto nel parlare: Adunque lo Autore delle Inconsiderationi non è huomo uirtuoso. Ò anco. Ogni [-130-] huomo da bene è ueritiero: Lo Autore delle Inconsiderationi non è ueritiero; Adunque lo Autore delle Inconsiderationi non è huomo da bene. E di ciò questo basti. Risponde poi queto moderno Aristarco à quanto scriue lo Autore del Parere per prouare la sua Conchiusione; che è (cosi dic'Ei) che “lo Autore del Parere dice, che Euclide non nomina maj Aristosseno se non nel luogo doue tratta de Modi. Et per che dimostra il Genere Diatonico E'l Cromatico secondo che Aristosseno fà; Adunque lo Enarmonico anchora è da Euclide descritto secondo la mente di Aristosseno: Ma questo è quella specie, che luj descriue, ne segue adunque che questa sia specie di Aristosseno, et non di Olimpo.” Pare forse, che questo Argomentante non sia buono Risumitore de gli argomenti; à’ quali Egli intende contradire? Ecco le parole proprie di esso Autore del Parere à carta 26 fine et 27. “Essendo adunque, che’l Genere è da Euclide quj’ diuiso in tre Specie, et quelle distributioni, si come appunto fece Aristosseno; Et che similmente Euclide diuida si come Aristosseno in due Colori, ò Specie il Genere Diatonico, et amendue ce le descriua conforme alla Distributione medesima fattane da esso Aristosseno; Et essendo etiandio, che la Specie sola rispettiuamente dello Enarmonico ci distribuisca secondo Aristosseno, segue, che Euclide intese di dimostrarci anchora questo Colore Enarmonico come procedente da quello Autore istesso; dal quale procedeuano le altre cinque specie di Armonia. Ma quelle altre cinque Specie di Armonia sono ueramente di Aristosseno; Adunque, questa una sola anchora è di Aristosseno: E tanto maggiormente che Euclide non nomina giamaj Musico alcuno (et questo è dal medesimo Aristarco taciuto) nella sua breue Istituione armonica sudetta, se non Aristosseno; che è collà; Doue Ei tratta della quantità de’ Tuonj, ouer modi. Et ciò fece fors’Ei per esser, come già fù detto, della Scuola Aristossenica.” Per la seconda ragione poi dice esso Aristarco moderno “Non potrebbe Euclide hauer descritto gli due Colori Diatonico, e Cromatico secondo Aristosseno, et lo Enarmonico secondo che Olimpo lo ha trouato.” Et che poi sia stato ancora descritto da Aristosseno? Se Euclide fusse stato anteriore ad Aristosseno lo insonnio di questo Autore delle Inconsiderationi potrebbe forse (come si dice) spianarsi: ma poiche Aristosseno ha preceduto Euclide, et conosciuto per ciò seguaci della setta Aristossenica, totalmente [-132-] lo insonnio; Al quale come per terza ragione Ei soggiunge “Chi mi rende fede e chiarezza, e manifesta testimonianza di questo, accio lo possi, et debbe credere?” Tolomeo, replico io, Boethio, il Galileo, il Zarlino. E che più? Lo stesso Aristosseno ne' soprallegati luoghi de' loro Scritti rispetto ad Aristosseno: rispetto poi ad Olimpio, il Galileo et il Zarlino nominatamente et Boethio per confronto, com'è stato da me detto, et prima scritto dallo Autore del Patricio in esso Parere à carta 31. Hora non uolendo io, che à modo tali mi passi, come due altre uolte mi è passata la occasione di palesare, che mi sarebbe molto grato sapere la cagione, et la ragione insieme; per la quale il Patricio hauendo preso à dimostrare i Tetracordi de' trè generi Armonici secondo la Distributione, ò Diuisione fattane da Aristosseno; Et per ciò accostatosi alla Relatione; che Euclide ne fà: dimostrati i due primi, ciò è, Diatonico, et Cromatico, nel far la Dimostratione poi dello Enarmonico, lasciato il uero di Aristosseno, si appigliasse alla Ombra di Olimpo, seguendo non di meno il detto di Euclide: si com'egli scriue à suo proposito nel 6. libro della Deca historiale della sua Poesia alla Distintione Melodia carta 86. Et maggiormente hauendo Ei ueduto il Dialogo dell'antica et moderna Musica del Galileo à carta 110. nel qual Dialogo (come ho già detto) è fatta particolare mentionedel Tetracordo Enarmonico di esso Olimpo, et poco appresso, di quello di Aristosseno con molta loro diuersità. Strano trapasso, e strano da douero è poi quello; che fà questo Autore delle Inconsiderationi senz'alcuna consolatione di parole, seguentemente soggiungendo. “Non è rimasto in oscuro come, et il qual maniera gli Antichi accommodassero quelle Harmonie, e frà quali spatij, se'l moderno Aristosseno dimostra confusione frà gli Scrittori, et tale che chi uuol credere à l'uno, bisogna dar contra l'altro?” E tanto più strano, et più ridicoloso è trapasso tale; quanto ch'esso Autore delle Inconsiderationi ciò dice non hauendo inteso il Patricio; Anchorach'Ei parli chiaro: Et che il fine; al quale sono indirizzate le sue parole sia manifesto. Le parole sono à carta 303. nel settimo libro della Deca historiale Et dallo Autore del Parere poste in quello à carta 32. et sono queste: “Ma come tra questi Spatij accommodassero i cinque primi Tuonj, e Armonie, Doria, Eolia, Ïonia, Lidia, e Frigia, et le altre sej sopranominate in oscuro è rimaso: Et quando in [-133-] chiaro fosse lungo fora per auuentura il diuisarlo.” Et molto maggior chiarezza apparisce esser la loro per le altre poco prima dettte da luj à carta 286. che sono. “Ma e' ci basterà oltre alle cose dette una gentil memoria, che ci è rimasa, registrata nel suo libro da Uincenzo Galileo (et questo è quello; perche di sopra ha detto [[di hauere]] il Patricio [hauer add. supra lin.] ueduto il Dialogo del Galileo) Et ciò sono un'Ode greca di un Dionigi, con segni à ciascuna Sillaba sopraposti, di quegli che Alipio Scrittore musico pone per segnj delle Corde di ciascun Tropo Dorio, Frigio, e gli altri; I quali segni ragione è che additino, come quelle Sillabe, e con che Tuono si denno cantarsi per le uoci delle Corde da loro distinte; Il che l'Essempio seguente farà, et cetera.” Il dire adunque di questo moderno Aristarco in conformità del Patricio che non è rimaso in oscuro come, et in qual maniera gli Antichi accommodassero quelle Armonie, et trà quali Spacij, se il moderno Aristosseno dimostra confusione trà gli Scrittori, e tale, che si uuole credere à uno bisogna dar contra l'altro non tende ad altra cosa, che à calunniare di confusione esso medesimo Aristosseno Autore del Parere. Il qual con somma chiarezza mostrando quanto anche in questa parte di essa oscurità si sia ingannato il Patricio, à carta 34. di esso Parere dice appunto cosi. “Conchiudo adunque, secondo Aristosseno per la relatione chiara di Euclide et cetera. Dirassi hora, come non sia rimaso in oscuro, anzi [[che]] [come add. supra lin.] chiarissimo sia, in che modo trà quegli Spacij, ciò è, trà quej Tetracordi adagiassero gli Antichi non solamente i trè principali Tuonj Dorio, Fricio, Lidio: ma tutti gli altri sopranarrati. Et ciò farassi con molta breuità rimettendoci à' soprallegati Capitoli 10. 11. et 14. del secondo libro de gli Armonici di Tolomeo et à quello, che Euclide trattando di essi Tuonj soggiunge à quanto habbiamo della sua breue Institutione Armonica poco di sopra quj' rapportato.” Et à carta 35. Dice, Gaudentio Filosofo poi, et Alipio; Dal quale Boethio indubitatamente trasse le Tauole de' Caratteri, ò segni grechj musicali antichi; le quali Ei pose nel 3. et nel 14. et nel 15. Capitoli del 4. libro della sua Musica ne trattano tanto copiosamente et tanto chiaramente ne' Frammenti delle Istitutioni loro musicali che oscurezza alcuna non è restata del Come fussero adagiatj quej Tuonj in tutte le Specie trà esssi Tetracodri, come dice il Patricio essere rimaso.” Et quj seguentemente posto da esso Autore del Parere quel, [-134-] che di sopra ho [[detto] recitato scriuere il Patricio à carta 286. della Deca historiale della sua Poetica libro 6. alla Distintione Melodia, ciò è, Ma e ci basterà con tutto ciò, che segue sin à, Il che l'Esempio seguente farà più chiaro. Doue l'Autore del Parere soggiunge.”Et quello è il principio della prima delle trè Cantilene; il quale stimando esso Patricio di hauere à chiara intelligentia della antica prattica musicale et [[per]] conseguentemente alla nostra moderna iuj anco ridutto in Tuono Lidio: Et essendosi in diuerse parti di essa Riduttione anco forte ingannato; Di che in altro luogo (ciò è, nel Melone, suo Discorso armonico à carta 10. et 11.) et con più opportuna, et commoda occasione farò mentione particolare con soggiungeruj quanto per lo uero Riducimento di tutti e trè quej principij alla Prattica nostra musicale è necessario.” Et soggiunge ch'l “Patricio dopo lo hauere anco detto. Li quali segnj di mio conoscere non altrimente seruirono à gli Antichi in questo Affare, che seruano hora à nostri Cantorj le Note, et à' nostri Sonatorj l'Intauolature” Soggiunge anco poi. “Tutte le quaj cose certo testimonio ci danno, che non pure questi ò Ode, ò Innj, cosi si cantarono: Ma anchora, che tutte le altre Poesie meliche, ò liriche nel medesimo modo si cantassero, co' segnj proprij de' Tuonj di ciascuna Sillaba de' uersi, uariandoli secondo i sette, od otto Tropi sopradetti.” Hor come cosi dimostra il moderno Aristosseno confusione trà gli Scrittorj? E quaj sono essj Scrittorj? Qual'è la confusione; per la qual chi uuol credere ad uno li bisognj dar contra lo altro? “Confrontano forsi ((dic'Ei seguentemente) tre, ò quattro di loro insieme?” E chi sono questi che hanno da confrontarsi? E se non confrontano (cosi soggiunge questo Autore delle Inconsideratione) Come non è rimaso in oscuro? Et in quale oscurità, se lo stesso Patricio ne accenna il lume, et lo Autore del Parere lo scuopre, et lo scuopre affatto nel detto suo Melone, Discorso Armonico? Dice poi questo Aristarco moderno, Autore delle Imperfettioni che “lo Autore del Parere à carta 31. di quello dice le formate parole. “Dalle quali cose tutti noi potiamo hora indubitatamente raccogliere, che i due Diesis di Olimpo se bene sono di una medesima grandezza ò quantità frà di loro, non sono però come quei di Aristosseno, ma il primo, si come il secondo essere alquanto maggiore; Onde tutte due posti [-135-] insieme trapassano la giusta metà di un mezo Tuono; Il che non fanno quej di Aristosseno.” Intorno alle quaj parole (trauestite alquanto però, ne senza manifesto errore di Stampa, mostrando Ei l'acutezza dello Acquilino suo ceruello con propouere nouj sottilissimi dubij <)> discorre seco stesso in questa maniera. “[primo add. supra lin.] Se li due Diesis attribuiti ad Olimpo sono di una istessa grandezza, ò quantità, come potrà essere, che uno sia di proportione maggiore dell'altro? [secondo add. supra lin.] Ouero, Se li terminj delle loro proportioni sono una dell'altra maggiore, come potranno essere di una istessa grandezza? [terzo add. supra lin.] Se trapassano la giusta metà di un mezo Tuono, quale è la giusta metà del mezo Tuono? [quarto add. supra lin.] Di qual Tuono parla, del Sesquiottauo, ò pur dell'uno, ò dell'altro, che egli ci descriue di mente di Aristosseno? [quinto add. supra lin.] Se del Sesquiotttauo, che proposito è questo nominare un Tuono, che maj è stato da Aristosseno mentouato? [sesto add. supra lin.] Se dell'uno, ò dell'altro da luj descritti, quale sarà l sua giusta misura? [settimo add. supra lin.] Se lo descriue con proportioni come lo diuiderà in due parti eguali, che di loro una non sia maggiore dell'altre? [ottauo add. supra lin.] Se uuol ritrouare questa giusta metà in parti che siano nella quantità continoua proportionali, à che le proportionj? [nono add. supra lin.] Se la uuol ritrouare nelle proportioni come la potrà dimostrare se con certi, e determinati numeri rationali non si può partire? Doue sarà questa tanto giusta metà? Ma è d'auuertire, che dice la giusta meta del mezzo Tuono. Non dice la metà del Tuono: ma la metà del mezo, che uiene ad essere una quarta parte del Tuono.” Hora poich'Egli à queste noue sue da luj risolute Interrogationj aspetta risposta, attenda, che io sono per dargliele, per breuità lasciando però di rassumerle, à parola per parola replicandole: [[”]] Ma solamente toccando il numero dell'ordine loro. Dico adunque quanto alla prima benche non essendo nelle parole dello Autore del Parere fatta alcuna Mentione di proportione non si debba ragioneuolmente ridurre quel dubio à proportioni Et ciò douerli bastare: nondimeno accioche non resti questo Autore delle Inconsiderationi in sì asciutta risposta, che i due Diesis Enarmonici di Olimpo; i quaj sono di una eguale, anzi dalla istessa grandezza quantitatiua Interuallare si riducono à proportioni diuerse con paragonare insieme la proportione della [dello ante corr.] [[uno alla proportione dello alterj]] lunghezza della Corda dello uno alla proportione della lunghezza della [[altro]] corda dello altro Interuallo. E questo non auuien'Ei chiaramente [-136-] nel primo et grauissimo Tetracordo Diatonico intenso da' Musicj modernj per dir cosi con buona licentia se occorre, di questo Aristarco moderno, trà [Gamma] ut, et Cfa, ut, per li proprij numeri assignatili da Tolomeo secondo la da luj fatta distributione di quello? ciò è, 120. 108. 96. 90. che'l Tuono trà 120. et 108. et il Tuono trà esso 108. et 96. sono di una Eguale anzi della istessa grandezza quantitatiua Interuallare, ciò è, di 12. particelle ouero Oncie insiem'Eguali cosi lo uno, come lo atro: Et pur la proportione del primo trà [gamma] ut, et Are sesquinona è minore di quella del secondo trà Are, et [sqb] mj, Sesquiottauo. Questa medesima risposta conuertendo il conseguente nel precedente, et per contrario potrà senz'altro seruire alla seconda Dubitatione, ò dimanda per essere ella la conuersa della prima. Alla terza Interrogatione poi rispondo, che la giusta metà del mezo Tuono è il Diesis Enarmonico. Alla quarta dico, che non del Tuono Sesquiottauo Ei parla: ma de' Tuonj di Aristosseno. La quinta dalla Risposta fatta alla quarta è distrutta, affermando io per uero, ch'esso Tuono sesquiottauo non fù maj hauuto in consideratione da Aristosseno. La risposta alla sesta è che 6. parimente insieme eguali delle 12. nelle quali egualmente è diuiso il Tuono, è la giusta metà cosi dello uno, come dello altro Tuono descritto dallo Autore del Parere. Et il descritto in proportioni che è la settima Interrogatione, lo diuiderà con mezj proportionalj, come insegna lo Stifelio nel Capitolo 8. del secondo Libro della sua Aritmetica intera con luj correndo la Posta (cosi dice appunto in questo proposito lo stesso Autore delle Imperfettioni à carta 34. b. del primo Cicalamento delle sue Imperfettioni) il Tartaglia nel Capitolo 9. del 7. libro parte seconda. Et si come Euclide non si mouendo, e stando fermo dimostra nella proportione seconda problema 1. dell'8. libro de gli Elementi. Et cosi la una delle due proportioni non sarà maggiore dell'altra. Alla ottaua Se inuece di parti; che siano nella quantità continoua, Egli seguendo poi, À che le proportioni cosi leuandosli quella confusione di proportionali con proportione io indubitamente risponderej, che non solamente à quejj Tuonj, Semituonj, et Diesis: ma à' Ditonj, Semiditonj, Et ad altr'Interuallj Aristosseno tali ritrouati nella quantità continoua con grandezze Eguali rispettiuamente trà loro, è stata aggiunta la proportione particolare di ciascuno da [-137-] Tolomeo, dal Galileo dal Zarlino, dallo Autore del Parere non come punto necessaria: ma solamente come dimostratiua de' termini loro nella lunghezza delle Corde; nelle quali sono [[compartiti]] [paragonati add. supra lin.]; Accioche ad ognuno; che sà; che cosa è proportione sia facile ritrouarli nel Monocordo, ò Tetracordo unisuono [unisono ante corr.] Ultimamente alla nona dubitatione proposta; Benche per esser quasi la medesima che la settima potessa bastare quanto si è detto per breue risposta à [di ante corr.] quella, soggiungerò nondimeno per maggior chiarezza, ch'essendo dalla Eccellentia delle alte Speculationi matematiche occupata, ingombrata, et corrotta la ueduta del debile Intelletto di questo moderno Aristarco; E per ciò non potendo Ei conoscere, ne discernere la importante continentia della da me soprallegata Propositione seconda Problema 1. dell'8. libro de gli Elementi di Euclide Et i Capitoli 8. dello Stifelio Et 9. del Tartaglia autori da luj nominati Corrierj da posta, ciò è, per mia interpretatione, soliciti, sicuri, diligenti, et fedeli, chieda hora quj', come impossiile quello; che neel medesimo sopradetto Cicalamento primo delle sue Imperfettioni à carta 34. b. et à carta 46. b. nel secondo Cicalamento fà, che quel signore Luca suo dica, et il signore uario Usarti non solamente acconsenta: ma affermi per uniuersale, et per uerissimo. E pur non è sempre cosi. La onde io quj', si come per correttione di quegli altrj luoghi de' Cicalamenti delle sue Imperfettioni è stato copiosamente et con molta chiarezza dimostrato nello Antartusi dal suo Autore: dimostrarò come con certi numerj, et rationalj si possa diuidere ogni proposta proportione non solamente in due: ma in trè, et quante più si uogliono parti proportionalj: Ma che dico io dimostrarò? Egli stesso lo dimostra ne' sopraccennati luoghi, et nè dà Regola essemplificata; la quale, ben'è uero imperfetta per non mancare di esser egli il uero padre delle Imperfettioni Et conchiudentemente mostra, che diuisa la proportione superquadripartientecinque [ciò è, da 9. à 5. add. supra lin.] in due parti Eguali, il termine mezano è [Radice] 45. “Et cosi [[si]] scriuesi, perche (dic'Ei) non si può con certi, et determinati numerj cauare questa Radice per dimostrare la sua irrationabilità:” Ma s'egli [non add. supra lin.] hauesse hauuto, et hora anco non hauesse tanto offuscato il lume dello Intelletto dalle tenebre della sua persuuasiua ignorantia, haurebbe soggiunto, che à uoler ridurre quel mezo termine à numeri rationali, come sono i due termini Estremj di essa proposta proportione bisognaua quadrare ciascuno di essi termini estremj, ciò è, moltiplicarlo in luj medesimo poi moltiplicare lo un termine nello altro: et il produtto loro pigliare [-138-] per lo termine mezano; Onde il termine maggiore estremo fusse 81. il mezano 45. Et il minore estremo 25. Et stessero con quest'ordine 81. 45. 25. Cosi dunque manifestamente appare; che pur potendosi diuidere qual si uoglia proposta proportione con certi, et determinati numeri rationalj si trouarebbe, quando fusse necessario, quella giusta metà; che intende questo moderno Aristarco, che si hauesse à dimostrare. Quello; ch'Ei poi soggiunge essere da auuertire, che lo Autore del Parere dice la giusta metà del mezo tuono, Et non dice la metà del tuono: ma la metà del mezo; che uiene ad essere una quarta parte del Tuono: haueendo uoluto Ei dire, che li due Diesis sono maggiori, ò trapassano la metà del Tuono, nonla giusta metà del mezo Tuono, si potrebbe da esso Autore del Parere accettare per amoreuole correttione del fallo non da luj [commesso: add. supra lin.] ma dallo stampatore [ò dal Copista add. supra lin.] ò da chi hebbe la cura, et il pensiero della Reuisione di quelle stampe [[commesso]]; Imperoche nell'Originale di mano dello Autore ueramente si legge giusta metà del Tuono; doue prima con iscarsi era scritto, la giusta quantità di un mezo Tuono (delineato: ma debilmente quello, un mezo: et del, di, fatto del) Et questo errore poi lasciato di mettere nella Tauola non è solo; Conciosiacosache questi altri di qualche importante [importantia ante corr.] ommissione non ui sono notati: à carta 28. Riga 18. si legge nel Capitolo 14. Si legga nella fine del 13. Capitolo et nel Capitolo 14. Et à carta 29. Riga 6. Materia habbia. Matera, si come anco fece nel primo Capitolo del suo 4. libro inserendo il Proemio di essi Elementi armonici. Et nel capitolo secondo le prime 9. Specolationi congiunte ad essi Elementi. Et alcuni altri appresso. Et mi rendo io sicuro, che ciò non sia per douer'essere di alcun dubio à coloro, i quali hanno qualche prattica delle stampe, e de gli Stampatorj, et di niuno ad esso Autore delle Imperfettioni come uersatissimo in quelle, et con quellj; Onde à carta 4. delle sue Inconsiderationi parlando nella seconda di quelle de gli Stampatori dica precisamente cosi. “Perche il priuilegio de' Stampatori è di lasciare talhora fuori qualche parola, e taluolta delle Righe intiere; Però, et cetera.” Ma conchiudendo poi quest moderno Aristarco co'l plebeissimo motto prouerbiale da luj molte altre uolte usato non solamente in queste sue Inconsiderationi ma nelle Imperfettioni anchora: che lo Autore del parere “ha preso un Moscone, Et pur fà dello Aritmetico in Eccellenza”: non può se non per somma maledicentia esser pigliata, et senz'altra risposta lasciata tutta questa chiusa di sue parole. [-139-] Ma uedete, ui prego: Considerate, ui scongiuro, Benigni, et Sinceri Lettori, che giudicioso huomo è Costuj. Mentr'Ei tassa, et uitupera un picciolo fallo; che non è ueramente dello Autore del Parere Ei cade in un grandissimo errore ueramente suo. “Et se (dic'Ei) li due Diesis non sono altro che lo Apotome contenuto dalla Proportione supertredicipartiente243. il qual'è maggiore di un mezo Tuono, perche non sarà egli maggiore di una quarta parte del Tuono, sia poi qual Tuono si uoglia?” Hor doue fonda questo ArchiDidascolo [Didascolo ante corr.], che lo Apotome sia contenuto dalla proportione che è da 256. à 243? Tolomeo nel Capitolo 8. del primo libro de' suoj Armonicj dimostra, che in essa proportione 256/243 è il Limma, ciò è, il Restante, da' più modernj Musici detto Semtuono minore Et lo Apotome, ciò è, Taglio, detto Semituono dagli Antichi, et da' più modernj Semituono maggiore è formato dalla proportione super139partiente2048. Si come anco riferisce Boethio nel Capitolo 17. del primo libro et ne' 25. et 29. del terzo della sua Musica. Lemma adunque, et non Apotome: [[Et forse meglio Apotome, et non]] [senza aggiungeruj ne add. supra lin.] la proportione superpartiente243. doueua dire questo Aristarco moderno Autore delle Inconsiderationi. Ma quj' presentando egli il suo gran priuilegio di poter commettere questo, et ogni altro Capocchione à suo gusto, et diletto, bisogna, che altri uoglia, ò non uoglia se ne contentj, e lasci passare. “Et quando poi seguita (ciò è, lo Autore del Parere soggiung'Ei) Ma il primo si come il secondo essere alquanto maggiore. Se intende delli due Diesis, come pare, che uoglia dire di Olimpo secondo luj, ha prima detto che sono di una istessa grandezza, hora che sia l'uno dell'altro amggiore cosi subito, troppo sarebbe scopera la contradittione, et troppo manifesta. Se intende che quellj Diesis di Olimpo siano l'uno maggior dell'altro comparati con quellj di Aristosseno; ma sono tanti in numero quelli di Aristosseno da luj descritti che de quali uoglia dire, cercalo tu. Se nel proponer questo suo Dilemma hauesse, questo nuouo Aristosseno, ò replicato le parole dello Autore del Parere precedenti à quelle; che sono queste, “i due Diesis di Olimpo, se bene sono di una medesima grandezza, ò quantità trà loro, non sono però come quelli di Aristosseno: Ma et cetera.” Ouero le seguenti che sono queste altre. “Onde tuttedue post'insieme trapassano la giusta metà del Tuono; Il che non fanno quej di Aristosseno.” Non haurebbe hauuto fatica di uenire à quella strana intelligentia scriuendo lo Autore del Parere com'egli scriue chiaramente. Imperoche nelle prime [-140-] euidentemente appare, ch'Ei dice de' Diesis di Olimpo, et che sono di una istessa grandezza quantitatiua; Percioch'Essj cosi [[sono]] ueramente sono, con aggiungere, che bench'essi siano insiem'Eguali, non sono però come gli Aristossenici; Conciosiacosa che gli Aristossenici sono contenuti trà minori Spacij. Et nelle consequenti apparentemente si contiene, che congiunt'insiem'essi Diesis Ilipici per esser compresi trà Spacij maggiori trapassano quella giusta metà di un Tuono; la quale apparegggiano giustamente gli Aristossenici congiunt'insieme . Come chiaramente si uede paragonando [[Essa]] la grandezza di essj [due add. supra lin.] Diesis Olimpici (ciascuno de' quali uiene ad essere di particelle 3 1/20' Onde sommat'insieme sono di particelle 6 1/10) con la grandezza de' due Diesis Enarmonici di Aristosseno; che per essere di 3. particelle cosi lo uno, come lo altro, la somma loro è 6. che è tanta appunto, quanta è la giusta metà della grandezza del Tuono [aristossenico add. supra lin.] che è di 12. particelle insiem'eguali. E cosi non sarà stata molto gran fatica il ritrouar di quaj Diesis uoglia quj' dire lo Autore del Parere et insieme il conoscer chiaramente come lo uno di quej Diesis sia maggiore dello altro, poiche lo uno di Olimpo è 3 1/20. et lo altro di Aristosseno è 3. Hora percioche non uuole questo uero Autore delle Inconsiderationi à patto, ne à partito alcuno restar di palesemente scoprirsi un diligente Specolatiuo, un ben da douero perspicace Mattomatico, soggiunge: “Dirò bene, che quellj, ciò è, Diesis, che ad Olimpo sono attribuiti, di proportione sono gl'istessj con quelli, che il moderno Aristosseno ha descritti nella da luj fatta Demostratione del Croma molle, ò delicato.” Et questo potete ueder uoj, Benignj, et sinceri Lettori, esser cosi uero, come sono uere tutte le altre cose; che deriuano dal profluuio della Costuj magniloquacità. De' due Diesis Cromatici dimostrati dallo Autore del Parere nella Specie molle, ò dilicata Aristossenica è cosi lo uno, come lo altro (et facilmente uoj ue ne douete ricordare) di 4. particelle delle 120. nelle quali egualmente è diuisa la proposta corda tutta; Onde secondo le proportioni quella del primo et più graue uiene ad essere da 120. à 116. ciò è, sesquitentinouesima, da 30. à 29. Et quella del secondo et men graue Diesis ad essere da 116. à 112. ciò è, sesquiuentottesima da 29. â 28. Come parimente si è detto referire [[anche]] di amendue [anche add. supra lin.] il Galileo et il Zarlino. Ma questi due Diesis di Olimpo ciascuno egualmente è 3 ½. Delle [120. add. supra lin.] medesime particelle conforme al modo però tenuto da Tolomeo nel tauolare per sessagena [cosi add. supra lin.] 120. - 116. 57. per lo primo [-141-] Et più graue Diesis, Et per lo men graue 116. 57. -113.54. Ma secondo lo uso commune de' Musicj,et descrittj prima da Boethio, dal Galileo et dal Zarlino sono uerameente quej; che seguentemente à questi di Tolomeo si leggono à carta 31. del Patricio Parere, ciò è, da 512. à 499. il primo et più graue, et cosi contenuto dalla proportione supertripartiente499. Et il secondo et men graue da esso 499. à 486. contenuto cosi con [la add. supra lin.] eguale [[proportione]] [differentia add. supra lin.] quantitatiua 13. dalla proportione super13partiente486. Per lo che paragonate insieme le Proportioni de' due primj, et più grauj [30/29 et 512/499 add. supra lin.] tale uiene ad esser la differentia loro 7485/7424. Et paragonate insieeme quelle de' due seco ndi, et men grauj [29/28 et 512/499. add. supra lin.] la differentia loro è 7047/6986. Cosi dunque manifestamente apparendo, che le proportioni de' Diesis Enarmonici di Olimpo sono differenti da quelle de' Diesis del Cromatico molle, ò dilicato di Aristosseno descritti dallo Autore del Parere conseguentemente anco appare che il detto dello Autore delle Inconsiderationi non è da quello Eccellente et perspicace maneggiatore de' numeri; ch'Ei si persuade, che altri habbia per le sue cantafauole à tenerlo, et à reputarlo insieme per un Censore; al qual non si trouj pari à' nostri tempi in qual si uoglia professione. Ma ben ne è uero, che dal Coltello; ch'Egli inconsideratamente sforeda contr'altro, ritornandosi contra à luj stesso resta sempre mortalmente ferito. Per conchiusione poi dice. “Però è piú uerisimile, che Aristosseno si sia seruito delle cose d'Olimpo, che Olimpo d'Aristosseno;” Et accioche non paia, ch'Ei parli da huomo; che non habbia poche lettere, soggiunge. “Perche [Parmi ante corr.] Olimpo è stato prima tanto, e tanti annj d'Aristosseno.” Hora, se questa sua conchiusione sia primieramente à proposito, ò come [ella add. supra lin.] poi sia ben conchiudente, io non uoglio stare à perder tempo in dimostrarlo per essere cosa; che per se stessa mostra troppo apparentemente la sua torbida impertinentia, ò, com'Ei suol dire, spropositata. Si come anchora è la seguente da luj formata obiettione tacita. “Ma perche l'Autor del Parere (segu'Ei) potrebbe dare la negatiua che Aristosseno hauesse, ò fosse di opinione, che il Tuono si douesse [[d]] diuidere in due parti eguali, per potersi ritirare dietro alla Tauola, che questo è il suo Colpo, però con l'autorità de buonj Autorj, et di quelli appunto, che da luj sono citati, se le farà la proua (et segue) Dice Tolomeo nel 12. Capitolo del primo libro de gli Armonici. Ma noj riferiremo hora le Descrittionj Aristosseniche; le quali stanno cosi. Diuide egli il Tuono in due parti eguali, hora in tre, alcuna uolta in quattro altra uolta anco in [-142-] otto. Et di più Aristosseno istesso nel secondo libro de' ssuoj fragmenti colà passato il mezo dice. Il Tuono è quello per lo quale è la Diapente maggiore della Diatessaron, Et delle parti del Tuono noj cantiamo la metà. Di modo, che questa conclusione per lee parole di Tolomeo, et di Aristosseno istesso è chiara.” Alla quale tacita da luj formata obiettione io uorrej pur dare qualche risposta: Ma liberamente confesso di non saper ben comprendere per la sua molta confusione qual ella sia. Imperoche, s'egli intende, che uolendo lo Autore del Parere negare, che mente di Aristosseno sia, che si diuida il Tuono in due parti Eguali, Ei uoglia prouare, ch'ella era tale: questo è quello; che lo Autore del Parere non ha maj negato, ne è per negare; Onde la proua; ch'Ei di ciò fà, è souerchia: et maggiormente essendo ella stata già fatta da esso Autore del Parere con le medesime parole de gli istessi Autorj allegati da questo moderno Aristarco: Et parte di quelle si legge à carta 27. ciò è; Ma noj rideriremo hora: mancando però trà Tuono, et in due parti la parola, hora et cetera. Et parte à carta [[2]] 30. di esso Parere ciò è, il Tuono è quello; per lo quale, et cetera. et con altre parole de' medesimi Autorj, come di Euclide, et di Boethio; le quai non ha sapiuto raccogliere esso Aristarco moderno. Et percioch'Ei dice, che lo Autore del Parere potrebbe ciò negare per potersi ritirare dietro alla Tauola; percioche questo è il suo Colpo, non dicendo Egli à che fine douess'esser [tal add. supra lin.] ritiro dello Autore del Parere. Et come ciò sia suo colpo. Io dirò replicando quello; che per questo medesimo motto dettoda questo Moderno Aristarco [[risposi]] [nella add. supra lin.] fine della sua undicesima Inconsideratione io risposi: che quando lo Autore del Parere si ritirasse dietro alla Tauola, ui si ritirarebbe ad imitatione di Apelle per cosi potere ascoltando imparare passaggieri ben periti nelle Arti: Et dire ancho occorrendo arditamente à gl'ignoranti, et prosuntuosi non ultra Crepidam, ò come [disse add. supra lin.] Stratonico Citaredo à quel Fabro; che uolea contendere con luj di Musica: Non sentis, te ultra Malleum loquj? Uà Moderno Aristarco, [uà add. supra lin.] et attendi à sonar le Campane, che queste, et non il trattar della Musica; [[che]] [ è add. supra lin.] la tua propria Arte [[che]] Et cosi fù già detto anchora ad uno; ch'essendo stato uenditore di herbamj, uoleua far del Musico. Artem; quam quisque nouit, canat. Et cosi questa conchiusione sarà uera, et chiara; Per corroboratione della quale esso Moderno Aristarco soggiunge; “che Il Ualguglio similmente huomo di grande ingegno (à questa Eleganza [-143-] di parlare io non posso tenercj di non ridere) con Aristosseno dice lo stesso, anzi difende Aristosseno da quellj; che tengono il contrario;” Et accioche essa difesa quale ella è, sia in pronto, et manifesta à me non sarà fatica il copiar quj' le parole tutte, anchorache molte di Esso Ualgulio contenute in quella sua Operetta titolata. In Plutarchi Musicam, alquanto più oltre della metà: et sono primieramente queste per proposta. Tonum in duas aequas parte; quae Semitonia paria dicuntur secarj non posse; Id quod posse fierj Aristoxenus censet, sic rationibus numerorum demonstrare se putant. Tonus, inquiunt, in sesquioctaua [est add. supra lin.] ratione, Sesquioctauum Interuannum; in quo est Tonus, in duas aequas partes secari non potest; Ergo nec Tonus. Inter Senasdenas, et octodenas unitates contineri dicunt Sesquioctauum Interuallum, id nihil intersecare nisi unitatem unam indiuisibilem; quae sit septimadecima, duo Interualla ex uno facta necessariò inequalia esse. Maius enim semper Interuallum esse, quod minoris numeris intercedit quam quod maiores: maius igitur futurum Semitonium; quod est inter Senasdenas, et Septenasdenas unitates eò quod septenisdenis, et octonisdenis interiret. Uera haec dicuntur, neminique dubia sunt tanto uiro, haud tamen efficiunt, quod uolunt; nec propterea sequitur Tonum non posse in duo paria diuidi, tametsi interiacens unitas sesquioctauam rationem in numeris non possit secari. At neruus ipse, in quo tanquam in Regula aliis atque aliis partitionibus ritè factis concentus uocum uarij formantur. Quoniam magnitudo perpetua est, et continua quacunque in parte quotocunque in spatio seruari potest; Ergo et aequas in partes. Supradictum est enim de sententia Panetij, Theophrasti, Porphyrij, et aliorum, et certè patet latissimè ipsa per se res; Consonantias Diapason Diapente, Diatessaron, Tonum, et reliquas haud quoque ideo statuj in numerorum rationibus, atque magnirudinibus; Quia uoces ipsae, uocomque Interualla sint numeri, magnitudinesuè, et respectum inter se quantum habeant, quum manifestissime sint qualitates: Sed quia neruus, partesque ipsius; quae uoces edunt, habet illo, inter se respectus, quantos. Quid igitur obstat quominus spatium illud neruj sesquioctauum; in quo statuunt Tonum, diuidi in duas aequas portiones; quae Semitonia paria sint, diuidi queat, quum quantancumque portionem continuae quantitatis in infinita secari posse Mathematici demonstrent? Mihi quoque promptum est in Monochordo, [-144-]; quod Canona Pythagoricj appellant idem mathematicè demonstrare, si satis perspicuum foret, quod proposuj, falsò Aristoxenum accusari, quod Tonum censuerit in duo Semitonia aequalia posse diuidi. At uerò ignorabat (et queste sono parole, che imparate dal Padre delle Inconsiderationi ha [[posto]] [nella fine della add. supra lin. Sua 6. Inconsideratione uolgarmente poste). Aristoxenus Arithmeticam; qui uolumina de ea ipsa facultate conscripsit? Aut Dogmata Pythagorica cum latuêre; quj Xenophanem nobilem Pythagoricum praeceptorem habuit? Et dicendo Ei, Sed haec hactenus. Dà fine à questa Aristossenica difesa; che quale ella si sia lascio hora al buono, et diritto giudicio uostro benignj, et Sinceri Lettori. Et me ne ritorno allo Armonico Aristarco moderno; Il qual con somma perspicacia promoue un'altro dubio dicendo: Ma può dire lo Aduersario (che s'egli intende cosi lo Autore del Parere grande mente per certo s'ingannò; Imperoche lo Autore del Parere, (et lo sò io certissimamente) ne in questa, ne in alcuna altra cosa non uuole esser suo Aduersario; Oltreche Ei non direbbe maj, si come non ha maj detto cantafauola tale) “quando Aristosseno dice, che'l Tuono si diuide in due parti senza l'aggiunta d'Egualità, ò d'inegualità, non si può intendere, che quelle due parti siano ineguali, et non eguali? Ò buono, quasi che'l dire ineguali sia differente da non Eguali) Dico, che le parole sussequenti di Aristosseno dichiarano le antecedenti; Però quando dice che si diuide il Tuono in due parti, dice ancora, che si diuide in tre alcuna uolta et anco in quattro: Et se si hauesse da credere, che quelle parti douessero essere inequali ciascuna di quelle parti in se considerate non sarebbe la terza, ouero la quarta parte del Tuono come inferiscono le sue parole. Ma sarebbe di più ò di meno. Però quando Aristosseno ha detto, che il Tuono si diuide in due, in tre, in quattro parti, intende che siano parti eguali, et non ineguali, come ci danno le proportionj.” Questa proposta è stata fatta da questo Autore delle Inconsiderationi non per altro, che per darle questa risposta: Et la una, et l'altra per impire il foglio, et far, com'Ei dice ingiustamente de gli altri, ben grande il uolume, et farsi conoscere affatto, affatto. Quando bene [[an]] le parole di Aristosseno fossero anco dubiose, come le propone il moderno Aristarco; Il che non è; Conciosiacosa che egli oltre à due terzi del primo libro de' suoj Armonici con parole latine del Gogauino dica appunto cosi. Diuidatur autem (ciò è il Tuono detto poco prima) in tres partitiones: modulemur enim eius semissem [-145-] et tricatem, et quadrantem: minora uerò iis Interualla omnia incondita, à cuiusque abhorrentia sunto. Et alquanto più oltre (emendati alcunj errori però, si come sono stati emendati dallo autore del Parere nella Traduttione da luj fattane in parlare italiano che iuj si leggono) dice. Oportet autem, quia Tonus in Chromate quidem trifariam diuiditur, ac triens uocatur chromatica Diesis, Harmonia uerò in quatuor secatur, ac eius quadrans uocatur harmonica Diesis, ut triens unius, [[et eiusem]] et eiusdem quadrantem eius Uncia superet. Ut proponatur, uerbi gratia, xij. si ea diuidentur in tria, fiunt quatuor quadrantes: si uerò in quatuor, erunt tres Trientes. Excedit igitur quaternarium ternarium, siue triens quadrantem unitate; quae totius est pars duodecima; Quare Chromatica Enarmoniam Uncia superat. Duae uerò chromaticae duas Enarmonias excedent duplo, nimirum sextante; quod Interuallum minus est minimo eorum; quae modulamur. E che significa la parola sumissem altro che la metà? Trientem la terza parte? quadrentem la quarta parte? Sextantem la Sesta parte? Et che importa ella, se non che un tutto proposto è diuiso in due parti eguali? E che similmente la terza, la quarta, la sesta parte, se non che quel tutto è diuiso in tre parti eguali; ciascuna delle quali contiene quattro particelle insieme eguali? cosi in quattroparti Eguali tre particelle insieme eguali. Et in sej parti Eguali [[di]] due particelle inseme Eguali? Et Aristosseno istesso apertissiamemnte lo dichiara latinamente dicendo. Excedit igitur quaternarium ternarium, siue triens quadrantem ubutate; quae totius est pars duodecima. Et quando non hauesse Aristosseno fatta egli stesso questa Dechiaratione, l'hanno fatto Euclide, et Tolomeo; Quegli dicendo nella sua Isagoge armonica latinamente per opera del Pena. Mostrantur autem Colores hi omnes per numeros hoc modo. Ponatur enim Tonum diuidi in minimas partes duodecim inter [se add. supra lin.] aequales; quae quaelibet uocetur Toni Uncia; Reliquaque [Reliquaeque ante corr.] Interualla eadem ratione; qua Tonus diuidi intelligantur; Nempe Semitonium in Uncias sex. Diesis ea, quae Tonj quarta pars est, in tres. Diesis uerò ea, quae Toni tertia pars est, in quatuor. ita ut totum Diatessaron Interuallum sit triginta Unciarum. Questi poi nel 12. Capitolo del primo libro de' suoi Armonici con parole latine del Gogauino dice cosi. Ceterum et in his his recentiores faciunt plures differentias. Sed nunc Aristoxenus referemus descriptiones; quae sic habent.Tonum secat nunc in duo aequalia, nunc in tria, quandoque in quatuor, [-146-] est ubi in octo. Et lo uno, et lo altro detto di questi Scrittorj tradutto in parlare italiano legga à carta 26. et 27, del Patricio Parere. Ma che? Non habbiam noj ueduto, che lo Autore delle Inconsiderationi ne fà poche reghe di sopra anch'egli stesso la Relatione, et con le parole cosi medesime dello Autore del Parere? Uana adunque è questa Proposta fatta da questo Aristarco moderno: Et uana più molto è la sua Risposta; Alla quale come indomito non resta che soggiungere, che questa Egualità si possi hauere nella linea, ò corda in parti eguali diuisa, come ha fatto il moderno Aristosseno. questo è falso. Che si possi hauere con le Proportioni è falsissimo. E pur questo moderno Aristarco non ha mostrato, ne può ne maj potrà mostrare questa falsità; ch'Ei dice della diuisione della linea, ò corda fatta in parti eguali dal medesimo Aristosseno. Che poi falsissimo sia, che tal diuisione si possa hauere con le proportioni è tanto fuor di questo proposito Aristossenico, che non occorre dirne altro. Oltra di questo dic'Ei, “Che con lo accorciamento rispetto al Suono si possi conseguire, Quando co'l Messolabio, ò con lo aiuto della 13. [[[diss'io add. supra lin.] propositione [(diss'io add. supra lin.] et non proportione, come [iuj add. supra lin.] si legge, ammetttendolo per Errore di Stampa) del sesto di Euclide si operarà, ò altri instrumenti secondo che il Zarlino in molti luoghi delle Institutionj, Demostrationj, et Supplementi, e'l Stapulense, et altri hanno dimostrato, crederò, che si potrà conseguire, se bene lo Autore no l'ha saputo dire, ò dimostrare come douea.” Dello accorciamento rispetto al suono, souerchissima cosa è certamente il ragionare: E che ciò sia uerissimo quel Zarlino che tante uolte è stato da questo moderno Aristarco, Autore delle Inconsiderationi chiamato in suo fauore, et aiuto sarà quello (et per ciò sin da principio diss'io, ch;egli andasse destramente con esso Szarlino) che li darà lo Scaccho matto di pedone spingente. Il Zarlino adunque nella fine deel 16. Capitolo del 4. Libro de' suoj Supplementi musicali dice appunto cosi. “Non è dunque da marauigliarsi, se per la difficoltà, che si troua nella dottrina [[di]] Aristossenica, costoro insieme co'l loro Bolzone dicono, ch'Ei diuideua non come semplice matematico nella quantità continoua: ma come Musico nel corpo sonoro la qualità del suono, et non la quantità della linea, ò Corda, ò spatio; che lo uogliamo dire, in parti eguali (et questa anchora è la opinione del Padre delle Inconsiderationi et imperfettioni) Ma che bisogna dire à questo, poi che dal moderno filosofo conosciamo esser tutto il contrario, quando dice (in lingua sua greca: ma cosi nella [-147-] nostra italiana) Ma in uero fà di bisogno saper primieramente, che molti si sono ingannati, credendosi dire, che noi cantiamo il Tuono diuiso in quattro parti; il che à loro è intrauenuto, perche ueramente non intendono, altro essere il pigliare la terza parte del Tuono, et altro cantare il Tuono diuiso in tre parti. Di doue si comprende, che Aristosseno non era tanto fuor di se, che non sapesse, che'l diuidere in cotal modo il Tuono facea, che nel canto, ò nel suono le proportioni; che si trouano trà le uocj, ò suonj non poteano uenire eguali, et proportionali. Essendo che quanto alla misura equale, et alla quantità dice. Altro è pigliar la terza parte del Tuono: Ma quanto alla proportione et qualità soggiunge. Et altro cantare il Tuono diuiso in tre parti. Il perche è da auuertire, che Aristosseno non dice, che tali parti siano equali: Ma quando dice di sopra, ch'egn'Interuallo consonante da qual si uoglia dissonante discorda nella magnitudine: è da credere, che queste due qualità consonante, et dissonante, sono anco poste sotto la quantità; dalla quale, et non da altro luogo si cauano le ragionj de tali Interuallj, hauendosela pigliata per fondamento di ogni sua ragione; Il che manifesta, quando dice. Ma perche sono molte differentie delle Consonanze trà loro, pongasi una trà esse celeberrima: Et questa è ueramente qualla, che si tiene, che uenga dalla Magnitudine, et siano otto le Magnitudinj delle Consonanze, delle quali la minima sia la Diatessaron. Non sapea forse Aristosseno, che [kata megethos], uolea dire, secondo la Magnitudine, ò grandezza? Et che la Magnitudine,ò grandezza era quantità? Troppo ben lo Sapea. E se ben questi si sforzano di mantenere le loro ragionj con interpretare al loro modo quello, che dice questo Eccellentissimo Musico non si ricordano però quelle, che dicono, e dimostrano gli estremj de' Tetracordi, che aducono come mezo delle loro ragionj; Perche confessano esser contenuti dalla istessa proportione che sono contenuti quelli del Diatono. Anchorache per forza dimostrano per le proportioni de gl'Interualli, ch'esso Tetracordo contiene, che i Tuonj non sono eguali, et ddimostrano, che Aristosseno non cauasse le ragionj de gl'Interuallj del suo Sintono d'alcuno de Tuonj posti nel suo Tetracordo, ne anco del tuono posto nel Diatono; Percioche altre sono le proportioni e parti, che nascono dalla diuisione del Tuono sesquiotttauo fatto [-148-] in due parti, et altre quelle, che dimostrano nel loro proposto Tetracordo [Monocordo ante corr.]; In niuna delle quali sitroua la Equalità delle parti fatte di cotali interuallj; La onde da quello, che sin quj' habbiamo in questo fatto dimostrato si può conoscere quanto questi, et altri seguaci di questo Eccellentissimo Music l'habbiano potuto intendere. Resti dunque per ciò questo Aristarco moderno bene instrutto della mente di Aristosseno: et conoscendo homaj se medesimo, le sue Imperfettioni, et le sue Inconsiderationi ammendato si taccia: et sapia certissimamente, che e lo Autore del Parere hauesse giudicato; che fusse stato oportune, e necessario dire, e dimostrare quello; ch'esso Aristarco moderno dice, ch'Ei douea dire, et dimostrare, lo haurebbe sapiuto (se ben' esso Aristarco moderno lo niega) et dire, et ddimostrare, si come non lo seppe ne dire, ne dimostrare il signore Patricio suo ne elgi ha [potuto, ne add. supra lin.] saputo difenderlo, benche se ne sia con souerchia animosità milantato. “Restamj hora (dice finalmente questo nuouo, et moderno Aristarco) per conchiusione di queste mie Consiedrationi di far sapere, che quello che ho detto, e scritto l'ho fatto; accioche'l Mondo, e li studiosi di questa Scienza non siano ingannati da questi, che uogliono dar di becco alle Sensale, et affin che conoscano le cose per il suo uerso.” Cosi per fine di queste cosi lunghe ciancie, resta anche à me di diruj, benignj, e sinceri Lettorj, che quel tutto, che nelle presenti carte ho scritto, è stato da me scritto, affine, che uoj non restiate gabbati dal troppo presumersi di se stesso questo Autore delle Inconsiderationi et Imperfettioni et siate certissimj, che omnis, qui Cytheram habet, Cytharedus non est. Non per tanto io uuò lasciar di diruj, che se hauete bisogno di un Musico Teorico, pigliate luj, se di un prattico Eccellente infilzatore di Solfe, pigliate luj. Se desiderate un Cantore Contraltino pigliate luj. Se un'Organista pigliate luj. Et quando ui occorresse l'opera di uno Aritmetico, di un Geometra, ò di uno Astrologo, ò di un Cosmografo, ò di un Cronichista ricorriate à luj. Et se hauete uoglia di un Filosofo cosi morale, come naturale non lasciate luj: se di un Teologo, et di un Metafisico, non lasciate luj: Se di Logico, di Dialettico, di Retodico, di Oratore, di Poeta, di Uersificatore, di Giureconsulto, pigliate luj: Se di Medico fisico, ò Chirugico, di Speciale, di Simplicista, di Distillatore, et Alchimista pigliate per ogni modo luj: Se di Motteggiatore, ò Prouerbiatore cosi mordace, [-149-] come piaceuole, non lascate luj: Se di Grammatico, se di Pedante, non lasciete lu per tutto l'oro del Mondo. La Betonica in somma, et per intera conchiusione non ha tante uirtù, ne quell'honorato Saglino del Muto dell'Hospitale della Morti, reuerendae memoriae, non hauea per suo ornamento [à guisa [[del Centone]] ueramente de' [[gli Antichi]] Centonj] [à guisa [ueramente add. supra lin.] de' Centonj de gli Antichi, add. in marg.] tante pezze di forme diuerse di uarij [[Colori]] drappi, di Lana, di Seta [uariamente colorita, et add. supra lin.] di Broccato [cosi add. supra lin.] di Argento, come di Oro (Et [[qui]] Chi ueduto ha quello indosso à luj, come ho più uolte ueduto io con cinquenta milla [altre add. supra lin.] persone, piò far uera, et piene testimoniantia, ch'egli era latra cosa, et molto più degna [[di]] [che add. supra lin.] quel Grembiale del Dipintore; del qual'è fatta mentione non solamente à carta 8. del Cicalamento delle Imperfettioni di questo Autore delle Inconsiderationi ma in quell'altra [soprallegataui add. supra lin.] Inuettiua sotto'l nome del Burla Academico) quante Eccellentie contiene il profondo petto, et ne sputa soprauersantissimamente la spicatissima lingua, et la districatissima mano di questo [[Autore]] [Uero padre add. supra lin.] delle Inconsiderationi. Delle quaj tutte sue molte, e gratiose, et mostruose prerogatiue qualhora à questo mio breue Rapporto, come forse di troppo per affettione sospetto Rapportatore fusse quella ferma credenza; che io desidero, denegata: la chiara, etmanifesta proua fattane da luj medesimo ne; due primj Ragionamenti [Cicalamenti ante corr.] delle sue Imperfettionj, Et più molto nella seconda Parte delle medesime Imperfettionj con le aggiunteuj loro sue Inconsiderationj sa quella; che gliene impetri, et acquisti la deuuta certezza. Et per lo intiero, et perfetto Ritratto dell'accorta, et giudiciosa sua persona aggiungasi le sette Parti principali con le circostanti pertinentie loro molte; che da luj medesimo (benche per sua solita modesta con artificiosa fintione attribuite ad altri) sono medesimamente nel principio di essa Parte seconda delle sue Imperfettioni quasi quelle proemiando co'l suo proprio Stilo felicemente effigiate, et co'l suo gratiosissimo pennello uiuamente colorite. Ma che? Parmi uedere hor uoj per marauiglia Stringer le labra, et inarcar le ciglia: [[Ma]] Cessj [[nondimeno, add. supra lin.]] cessi in uoj, Benignissimj, et Sincerissimi Lettori tal marauiglia, sicurissimj, che alle manj di esso Aristarco moderno sia per superna influentia peruenuta la Steganographia del Tritemio, Libro pretiosissimo, et famosissimo per contenere in luj (com'esso Tritemio Autore di quello afferma per una [[sua]] Lettera [da lui scritta ad Arnoldo Bostio, e stampata ne' primi foglj della Sua Polysofia per fine della Spositione di [da ante corr.] Adelfo da Claubano) secreti co'l mezo add. supra lin.] [[) secreti, col mezo]] de' quali si possono effettuare cose non solamente di grandissima marauiglia: ma d' [-150-] immenso stupore; Et per ciò da essere stimate impossibilissime. Et ueramente altre, che le incredibili Strauuaganze dello Scottrino, et del Colorno, huominj; che [[à' tempi]] [all'Età add. supra lin.] nostra [nostri ante corr.] hanno [(si com'è notissimo add. supra lin.)] lasciato di grandisslima lunga [[(si com'è notissimo)]] à dietro [[si come]] E di tempo, [[cosi]] [e add. supra lin.] di peritia dj [tale add. supra lin.] [dell' ante corr.] Arte ciascuno altro, benche famosissimo et celebratissimo Prestigiatore. In Bologna à hor' 2 sonate della ns. Il dì 16. di Febbratio Giobbia grassa 1604. Hercole Bottrigaro. Et Finita di copiare à hor' poco meno che 2. (secondo che mostra il mio Horologietto [Horoglogietto ante corr.] da Fascia in Mandola): della ns. Il di Domenica 10 di Ottobre 1604. Nella mia à me diletteuole uilla nel Commune di Santo Alberto. Hercole Bottrigaro. Ordine de' Fogli in Quaterni A. B. C. D. E. F. G. H. I. K. L. M. N. Stutti sono di tre. Finita di rilegere, et d'incontrare con l'Orginale, sonando il mio Horologio grande e hore 7. della n. s. il dì Lunedì 8. di Nouembre. 1604. IN BOLOGNA. [-151-] TAVOLA DELLE COSE NOTABILI NELLA PRESENTE LETTERA APOLOGETICA À' Bugiardi esser dato per castigo delle loro bugìe il non esser loro creduta la Verità carta 67. Acusa prima seconda terza quarta quinta data dallo Artusi carta 112. Alcune scuse sciocche addutte dallo Autore delle Imperfettionj nelle sue Inconsiderationj per difesa del Patricio carta 2. 3. 4. Antartusi esser cosi titolato un Dialogo non per honorare: ma per onerare lo Artusi carta 12. 41. 19. 44. 66. 37. Aristosseno, Tolomeo, Boethio, Uitruuio, Macrobio, Martiano, Gaudentio, Euclide descriuendo le tre Specie de' Generi armonici seruano l'ordine dimostratiuo carta 30. 33. Ascanio Perseo professore, et Intelligentissimo della lingua greca laudato carta 121. Auuertimento ridicoloso narrato carta 5. Bestemia grande dello Artusi carta 93. Catasta [come add. supra lin.] da' Latinj [fusse intesa add. supra lin.] [[era detto il Luogo, la Piazza, Il Mercato; Doue si uendeuano i Seruj; Et erano anche detti cosi quej legnjnquadrati grossi, e grandi;ne' quali erano inchiauate le Gambe, ò i Piedi de' Seruj ribaldi; che hora sono uolgarmente detti Zeppi: et si usa di rinchiuderuj quei de' scelerati prigionieri condannati]] carta 127. Cato autore de' Distici morali sententiosi non essere stato alcuno de' sue Catonj, ò maggiore, ò minore, ò diciamo Uticense, ò Censorino: Ma di un Dionisio Cato, et da luj scrittili ad un suo figliuolo ne' tempi (come si congiettura) di Commodo, ò di Seuero Imperatore carta 106. Corruttione della Tauola de' Cromatici descritta da Tolomeo, nel 14. Capitolo del secondo libro degli Armonici carta 79. Dimanda fatta di nuouo dallo Artusi, et sua Risposta carta 60. Dispropositissimo trà gli altri innumerabilj dispropositti dello Autore delle Imperfettionj carta 39. Due Cose; nelle quali si è ingannato il Patricio in dimostrando i Tetracordi armonici di Aristosseno carta 12. [[Elettione nuoua fatta dal Caualier Bottrigaro di un numero, solo atto, et proprio à dimostrar la mente di Aristosseno nella di uisione de' suoj tetracordi armonici de' quaj [si add. supra lin.] fà mentione nello Antartusi, Dialogo scritto allo Artusi: ma da luj non ueduto carta 66. Episodio dallo Autore dello [delle ante corr.] [[Inconsiderationj]] [Artusi add. supra lin.] nella seconda sua Inconsideratione fatto in dispregio non solamente dello Autore del Parere; ma di uno de' più famosi Musici di questa nostra Etade, et insieme di tutto un Populo, di tutta una nobilissima Natione carta 34. Errore dello Autore delle Imperfettionj nello schisare 380. carta 53. Errore dello Autore delle Imperfettioni [-152-] nel componere il Semitono da 20. à 17 co'l Ditono da 19. à 17. carta 54. Errori commessi dallo Artusi parte per causa degli Stampatori parte per esser cosi di suo gusto carta 72. Erroranza dello Artusi carta 117. Essaminatione fatta dal Melone della prima Dimostratione del Patricio del Tetracordo Diatonico di Aristosseno carta 11. Essamine della prima Inconsideratione dello Artusi carta 28 della seconda carta 28. della terza carta 3. della quarta carta 7. della quinta carta 22. della sesta carta 27. 35. della settima carta 45. della ottaua carta68. della nona carta 71. della decima carta 72. della undecima carta 85. della duodecima carta 92. della tredicesima carta 98. della quattordicesima carta 111. della qundicesima carta 118. F. Furto fatto fallo Artusi al Caualier Bottrigaro di quanto è da carta 49. à 69. del secondo Cicalamento delle Imperfettioni di esso Artusi carta 19. 31. G. Giudicio musicale del Signore Cabalao nobile di Padoua, Academico Infarinato intorno alla differentia trà il Zarlino et il Galileo dirizato ad esso Galileo carta 119. H. I Inciuile, e barbaro costume è l'offendere ò nominatamente ò innominatamente alcuno non colpeuole carta 72. I libri armonici di Aristosseno come si conoscano essere frammentati carta 102. Il Melone facile troppo à dar credenza indifferentemente à gli Scritti altruj carta 13. Il Particio laudato. L. La Diapason, e la Bisdiapason esser da Tolomeo detta uniuoca, et unisuona carta 20. La Diffinitione del Genere armonico recitata dallo Artusi alteratamente dalla data da Euclide carta 40. Le Alegationj fatte dallo Artusi ò che non si trouano ne' Libri allegati da luj, ò se pur ui si trouano, sono ò per manchezza, ò per accrescimento, ò per mutatione, e Uarietà di parole sempre alterate carta 26. Lettera Apologetica del Burla Academico Burlesco al Reuerendo Don Uincentio Spada Faentino. Lettera del Uerdicelli à' benigni, e discreti [sinceri add. supra lin.] lettori scritta nel fine dello anno 1602 carta 1. 8. 14. Lettera scritta dal Caualier Bottrigaro allo Artusi per lo Furto da luj fattoli; la Copia della quale è registrata nella fine dello Antartusi dialogo carta 19. Lo Artusi afferma non esser restato S...., et meno Herede della opinione di Aristosseno carta 7. [-153-] Lo Artusi adducendo le sue proprie parole non le adduce conforme à quelle; ch'egli ha poste altroue carta 71. Lo Artusi è gran presumitore di se medesimo e della sua Autorità carta 72. Lo Autore del Parere hauer tenuto l'ordine [istesso add. supra lin.] tenuto da Euclide nel descriuere i Tetracordi armoni ci e perche carta 34. L'ordine naturale esser diuerso dall'ordine dimostratiuo carta 29. M. Modo da poter difendere il Patricio taciuto, et rimesso allo Artusi carta 12. Motto di Stratonico Citaredo ad un Fabro; che uolea contendere con luj di Musica carta 14. N. Nuoua Elettione fatta dal Caualier Bottrigaro di un Numero solo atto, e proportionato à dimostrar chiaramente la mente di Aristosseno nella diuersità de' suoj Tetracordi armonici. Del qual numero si fà mentione nello Antartusi Dialogo carta 66. O. Ottuso Academico Laudato carta 72. P. Parientia dispettosamente portata, et dispregiata dallo Artusi carta 126. Prouerbio greco κακός κόρακος κακόν ωόν[[...]] mal Coruo male vuouo carta 22. Q. Quanto bene lo Artusi intenda la lingua greca carta 97. R. Regola delle Variationj di un'Ordine dato di cose quante possono esser le [Variate add. supra lin.] compositioni loro potersi dire in un subito, et allo imporouiso carta 29. Regola falsissima nel Conoscer le proportionj date dallo Artusi carta 94. Risposta alla prima Propositione dello Artusi carta 46. alla seconda carta 48. alla terza carta 49. alla quarta carta 51. alla quinta carta 51. alla sesta carta 51. S. b – Scottino, et Abraam Colorno famosissimo Prestigiatorj ne' tempi nostri carta 150. a – Saglione del Muto dell'Hospitale della Morte ornato à guisa di Centonj degli Antichi d'innumerabili pezza di forma,e grandezza diuerse di varij drappi di lana, di seta variamente coloriti, et di Brocato, cosi d'oro, come di argento carta 149. Sei diuersi Semituonj essere fatti costituiti da Tolomeo nelle proprie sue distributionj de' Tetracordi armonici carta 82. Sperimento fatto dallo Autore del Parere del del Congiungimento delle 4. Corde delle Dimostrationi armoniche del Patricio sognate dallo Artusi altutto uano, et ridicoloso carta 57. Spositione di un Problema di Aristotele fatta dal Melone non solamente da altri [Ma add. supra lin.] come dice lo Artusi, [[ma]] [-154-] [[d]]al Caualiere Bottrigaro [[stesso]] da luj stesso à se medesimo attribuito, e da quello dichiarata non esser sua, ne uolerla, quando bene ella anco fosse per sua carta 15. Steganographia, Libro dello Abate Tritemio continente secreti stupendissimj carta 149. Strano Trapasso fatto dallo Artusi senza consolatione di parole carta 132. Testimoniantie, e Fedi fatte in iscritto da molti per la uerità loro manifesta pertinenti al Furto fatto dallo Artusi al Caualiere Bottrigaro co'l proprio loro nome, cognome anno, mese, e giornj, e luogo; Le Copie delle quali sono registrate nella fine di esso Antartusi Dialogo carte 19. 21. Tetracordo armonico stromento in tutto quale il Monocordo, diuiso in 60. in [[60.]] [120. in add. supra lin.] 180. [et in add. supra lin.] 24. particelle Egualj carta11. Tuono, come Interuallo non essere mai stato da Aristosseno considerato in proportione sesquiottaua, ne in altra 53. Tutt'i Pentecordi de' Diatonici di Tolomeo non essere di proportione sesquialtera, si come ne anco sono quej di Archita, e di Didimo carta 52. Vana, et impertinente protestatione della sua Credenza fatta dallo Artusi carta 108. Fine di questa Tauola. Nomj de gli Autori allegati. Musici 10 – Tolomeo 7 - Galileo 12 – Zarlino 2 – Beda 3 – Boethio 6 – Euclide 9 – Plutarco 1 – Alipio 8 – Gaudentio 4 – Cassiodoro 5 – Censorino 11 – Valgulio Aritmetici 4. Gema Frigio 5. Orontio Fineo 6. Martino Blasio 7. Nicolò Tartaglia 8. Boethio 9. Ludouico Baeza 10. Michele Stifelio 11. Fra Luca 12. Giordano 13. Euclide 14. [[Nicolò Tartaglia]] Uolgarij Filosofi morali Catone Ascensio, et Mancinello Commentatorj de' Distici morali di esso Dionisio Cato, Disiderio Erasmo Fra Gian maria verato, et Iosef Scaligero di Giulio cesare.

Comments

Popular posts from this blog