Author:
Lidarti, Cristiano Giuseppe
Title:
Aneddoti Musicali Di Cristiano Giuseppe Lidarti Accademico
Filarmonico Al Reverendissimo Padre Maestrio GiovanBattista Martini
Minore Conuentuale
Editor:
Massimo Redaelli
Source:
Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, MS H 60,
f.51r-53v
[-f.51r-]
Aneddoti Musicali Di Cristiano Giuseppe Lidarti Accademico
Filarmonico Al Reverendissimo Padre Maestrio GiovanBattista Martini
Minore Conuentuale
Io
nacqui l'anno 1730 ai 23 di Febbraio in Vienna d'Austria da Madama
Götz e da Giovanni
Damiano Lidarti coniugi parimente di Vienna, essendo peraltro la
Famiglia ed il Nonno Paterno d'Italia. Da Fanciullo mostrando
inclinazione alla musica ne fui istruito insieme ai primi rudimenti
ancora nel Canto, e nel Violino; e mandato dipoi a studio in un
Convento di Monaci Cisterciensi detto Vitring vicino a Clagenfurt in
Carvantia ebbi qualche principio di Clavicimbalo; e sicome il mio
Maestro del Latino suonava l'Arpa m'insegnò
per passatempo qualche suonatina; mà
avendo preso troppo Genio per questo stromento, e sorpreso dal
medesimo piuvolte, che in vece di studiare il latino strimpellavo
l'Arpa, su di cui in poco tempo giunsi a suonare senza altra
assistenza tutta la sua raccolta delle suonate d'Arpa, egli mi
minacciò de più severi castighi, se più toccato avessi detto
stromento. Passarono così da 3. anni senza il mio diletto stromento,
quando abbandonato detto Monastero, e la Città di Clagenfurt passai
nel Seminario di Loeben in Stiria sotto i studj de Padri Gesuiti.
Così mutando la voce di Soprano non aquistai nessuna Voce, che fosse
soffribile ad un orecchio armonico. In questo stato mi voltai
[-f.51v-] ad esercitarmi in varj stromenti, e pervenuto a<d>
una maggiore libertà in detto Seminario mi procurai un Arpa.
Pertanto privo idi Sonate, e di Maestr<i> della medesima ne
composi le mie Sonate, e Concerti da me senz'altra Guida, che
l'orecchio. Finita la Retorica risolsi di portarmi a Vienna
nell'Università per la Filosofia, e legge, alla quale promisi
d'applicarmi; mà per la soverchia passione alla musica, oh quante
finestre si trovavano nei miei scritti! Avendo quivi un Zio il Signor
Giuseppe Bono compositore di Camera di Sua Maestà Imperiale gli
portai un giorno un principio di Messa Solenne che senz'altra regola,
che un istinto naturale e l'orecchio per giudice composto io aveva
col solo ajuto della mia Arpa, e quel ch'è più in un<o>stile
sublime, e fugato: appena vide egli la prima facciata, mi gettò per
terra la mia povera grandissima fatica, esortandomi allo studio della
legge; però qualche giorno dopo mi concesse di leggere Fux Gradus ad
Parnassum, ed un tale Matheson Amburghese (:se bene mi sovvengo:).
Con
tutta la mia applicazione senza guida, e spiegazione io capiva poco
l'uno, e meno l'altro, e quasi mi persuasi, che questi libbri ad
altro non servissero che ad una vana pompa, o diceria di voler
dimostrare quello, che eglino stessi non intendevano<.> In
tanta oscurità d'idee mi risolsi a formarmi [-f.52r-] un sistema a
modo mio, credendolo di mia invenzione e dissi: mi fa sol la non è
altro, che si do re mi, ed ecco due pezzi di scala uniti insieme per
formare la Scala diatonica; la Cromatica pensai è la divisione
accidentale de' Toni, per formare poi l'istessa Scala diatonica più
alta o più bassa. Che l'Enarmonica divisione de Semitoni non fosse
piùin uso, mi levò d'un grand'imbarazzo; Che l'ottava e la quinta
fossero l'uniche consonanze perfette [io supra lin.] compresi
[comprese ante corr.] dalle proporzioni ne' miei libbri; che dalla
divisione d'esse proveniva la terza maggiore e minore, la quarta e
conseguentemente la sesta maggiore e minore, toccai colle mani
sull'Arpa; che la settima sulla quinta era quasi necessaria lo viddi
nelle cadenze, inclusive arpeggiando e trasportando le note basse
negli acuti trovai delle mutazioni ne' numeri, benché la sostanza
medesima. Insomma con queste semplici (:non del tutto false regole :)
formai le mie composizioni, unendo li accordi, preparando e
risolvendo le dissonanze a orecchio, e circolando di Modo [modo ante
corr.] in Modo naturalmente e forse meno criticabile, perché meno
ardito.
Non
solo terminai la mia Messa piena di Mottivi grandiosi, quali ero
incapace a sostenerli, e condurli mà la produssi in una publica
chiesa stimolato a ciò da miei amici, e fù eseguita per fortuna dai
più celebri Professori di Vienna. L'applauso, a sì buon mercato
nella musica lusingò tanto l'amor mio proprio, che non solo credetti
d'essere giunto al possesso dei Misteri dell'arte, mà sospettai
[-f.52v-] insino del troppo rigore e disprezzo del mio zio, come una
troppo superbia, o segreta sua invidia per il mio nascente Talento,
senza riflettere, che Egli era Scolare del famoso Leo, che consumò
dieci anni nello studio musicale in Napoli, e che fù a lato sotto
l'Imperatore Carlo Sesto del celebre Caldara<.> pieno dunque
d'alte mire, dando un eterno addio allo studio legale, e sentendo
allora in Vienna molt<i> esaltare un Pérez, un Jommelli, mi
risolsi, giunto nell'età d'anni 21. di abbandonare la Patria, e
portarmi in Italia sotto la scuola di quest'ultimo<.> Arrivato
in Venezia legai amicizia col Signor Gasm<an> allora studente,
e mio comtemporaneo, già capace a risvegliarmi de' dubbj di musica,
ma incapace a sciogliermeli. Appena dunque finita la stagione
incomoda dell'inverno indirrizzai il mio viaggio a Firenze per
impratichirmi della lingua. Costì io aveva sentito, che il Maestro
Jomelli unico scopo del mio intrapreso viaggio non si trovasse più
in Italia. Frattanto mi fermai 5. anni a Cortona esercitando la
musica per professione suonando, e scrivendo per stromenti e voci, e
dando lezzione di varj stromenti, insino essendomi capitato nelle
mani una scala di Flauto Traverso, mi riuscì dopo non molto istruire
altri.
Finalmente
avendo a caso sentito, che il Signor Maestro Jomelli dovesse scrivere
a Roma un Opera nel Teatro d'Argentina, corsi a quella parte,
m'impegnai di [-f.53r-] suonare all'Opera, e nell'istesso tempo
frequentai la scuola di questo grand'uomo nell'arte pratica del
Contrapunto; e benché null'altro da lui estorcere potessi che esempi
e correzioni pratiche, nonostante restò talmente la mia supposta
scienza, che sino da quell'istante fissai di non scrivere mai Opera
(:con tutto che avessi in più occasioni già composto dell'Arie per
Teatro, delle quali qualcheduna raccolse non piccolo gradimento del
publico:) tanto più, che l'opera del mio Gran Maestro scritta si
dottamente andò per terra senza risorsa. Questo servì per Epoca,
che annientì le mie sublimi Idée, umiliò l'amor mio proprio, e mi
presentò quasi in uno specchio la mia insufficienza, e troppa
presuntuosa immaginazione di essere qualche cosa di distinto.
L'occasione, che mi sì presentò della Cappella del Sacro Militare
Ordine di Santo Stefano Papa e Martire in Pisa (:benché come
semplice suonatore:) accettai immediatamente per consumare i miei
giorni in pace, ove attualmente mi ritrovo da 27. anni in qua
contento, niente curando di migliorare la mia sorte, di che
qualchevolta mi si presentò l'occasione.
In
questo fratempo mi portai apposta a Bologna per studiare, ed ammirare
piutosto personalmente i rari Talenti del dottissimo, e mio
amabilissimo Padre Maestro GiovanBattista Martini, di cui
giornalmente [-f.53v-] hò avanti gli occhi le sue rare Opere scritte
e stampata, ed il quale con tutta Bontà, e facilità mi dimostrò la
grand'Arte de Canoni, e Fughe, la ben regolata Armonia, e mi rese
capace, se non d'imitarlo, almeno di conoscere il vero dal falso
raggionare di tanti varj autori moderni. Le mie composizioni non
meritano essere accennate<,> mi glorio soltanto dell'onore
d'essere nel numero dei Accademici Filarmonici della sua Patria,
Accademico Ducale de' Filarmonici di Modena, e più di tanto d'essere
suo vero Ammiratore, Amico, e Scolare, se per tale mi stima degno,
come sono suo Devotissimo obbligatissimo servo
CristianGiuseppe
Libarti
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